-Buono?-
Constance gli sorride riconoscente. –Grazie, Dave. Ci voleva proprio- confessa, appallottolando nella
mano la salvietta che, fino a un attimo prima, era avvolta attorno a un
voluminoso cono gelato.
David Canter sorride di
rimando, allungando il braccio dietro la schiena della ragazza e stringendola
teneramente. –Vedrai, ce la faremo- le sussurra, dolce, baciandole la punta
dell’orecchio.
Connie espira lentamente, accoccolandosi meglio contro il
petto dell’uomo e godendosi quei primi raggi di sole primaverili.
Non era così sicura.
Dall’agosto del’anno
prima, quando aveva incontrato Piton, non avevano
fatto molti passi avanti. Vista la scarsa voglia di collaborazione dell’uomo avevano deciso di seguire i suoi spostamenti,
piazzandogli addosso una microspia. Il problema era un altro. Chester aveva
scoperto che gli oggetti elettronici, se entravano in contatto con delle
radiazioni particolarmente potenti rilasciate dalle
molecole che aveva isolato, facevano contatto e si rompevano.
Esattamente com’era successo al microfono che Constance aveva indossato prima di andare nella casa di Piton. Dave aveva detto di aver
sentito un fastidioso ronzio e poi più niente. A un’analisi più attenta di Erick si era scoperto che i collegamenti dell’apparecchio
si erano fusi e Constance, rileggendo gli appunti
sull’appartamento dell’uomo, aveva fatto notare agli amici che erano assenti
apparecchi elettronici. Non aveva segnato la presenza di una televisione, di un
telefono… neppure la luce corrente! C’era una candela che pendeva dal soffitto,
una candela!
“Ehi, Fratello
Becher, quante molecole pensi di poter estrarre ancora?” aveva chiesto Erick a Chaz, interessato. E così, sfruttando la laurea in Chimica
di Chester e quella in Informatica di Erick, avevano
inserito nei circuiti delle microspie le molecole estratte dai particolati,
fino a riuscire a ottenere la perfetta convivenza delle due forze.
Dave poi, con noncuranza, aveva finto di urtare Piton durante la sua uscita settimanale, piazzandogli
addosso, proprio nel risvolto del funereo soprabito
sempre indossato dall’uomo, la cimice l’ultima settimana di agosto.
Il segnale c’era.
Un puntino verde, identificativo dell’uomo, aveva
brillato a intermittenza sul computer di Erick, fino
a sparire, il primo settembre. Eppure non c’era stato alcun cortocircuito. Piton era come finito in un limbo che aveva,
momentaneamente secondo Chaz, addormentato la
microspia. Secondo i vicini, spariva a settembre e tornava a giugno, ma nessuno
poteva dire di preciso dove, quel tipo silenzioso, si recasse per tutto quel
tempo.
E così, da ormai troppi mesi, non avevano nulla su
cui indagare.
Erick aveva sfruttato la sua prima laurea in
Archivistica per trovare ogni informazione possibile su quel Remus Lupin, l’ultima persona raffigurata nella foto della
signora Minus su cui non sapevano ancora nulla,
senza, fra l’altro, ottenere risultati.
Come Sirius Black e come James Potter, sembrava un fantasma.
E, se almeno Dave, Erick e Chaz avevano da lavorare
ai soliti casi e dovevano affrontare la monotona routine dell’ufficio, Connie non poteva fare altro che rimanere ben nascosta
nell’appartamento di David a sfogliare l’agenda.
Quel pomeriggio, esasperata, aveva deciso di andare
da Eugene, mandare al diavolo l’indagine e pregarlo in ginocchio di reintegrarla
nell’incarico.
David, per fortuna, l’aveva bloccata in tempo,
trascinandola a mangiare un gelato e a passeggiare mascherata per le strade di
Londra.
-Ehi, ma quello…- borbotta David, aggrottando la
fronte e alzandosi stancamente dalla panchina. Constance
segue incuriosita il suo sguardo, individuando fra la folla un uomo vestito in abiti scuri.
-Lo conosci?- domanda, un attimo prima di essere
afferrata per un braccio dal ragazzo e trascinata all’inseguimento. –E’ Kingsley Shacklebolt- la informa il ragazzo,
osservando con aria professionale l’uomo che, a passo svelto, cammina fra la
folla.
–Chi?- chiede Constance, cercando di recuperare dalla memoria quel nome.
-Era sul luogo
dell’omicidio di Bryce, ha rivendicato la
giurisdizione del caso- le ricorda paziente, strattonandola poi per una via
parallela a quella che l’uomo stava percorrendo. –Fa parte di quell’unità
speciale che rivendica la giurisdizione sul caso Black-.
Svoltano veloci verso la strada principale. David
abbraccia per la vita la ragazza, fingendo di ridere divertito per una cosa
appena detta, urtando poi, con finta noncuranza, Kingsley.
-Oh, mi scusi, non volevo…-
finge di scusarsi David, afferrando l’uomo per la
spalla. –Io… oh, non posso crederci! Io… davvero…. Agente Shacklebolt?-
domanda, falsamente sorpreso, per poi distogliere la mano dall’uomo e passarla
vicino al suo orecchio.
L’uomo lo squadra un
attimo, perplesso, per poi ricollegare il volto al nome. –Agente Canter, giusto?- lo saluta, stringendogli la mano con una
presa forte. –Che coincidenza!- ridacchia, prima di salutare con un cenno del
capo la ragazza.
-La mia fidanzata, Constance- la presenta David, mentre Connie
squadra attenta l’uomo. Ha un’aria amichevole, una voce profonda e
tranquillizzante.
-E’ da molto che non ci vediamo… ah sì, adesso
ricordo! L’omicidio Bryce- riprende David. –Avete preso il colpevole?- domanda poi, con professionale
interesse. Kingsley sorride cordiale, per poi liberarsi dalla stretta del
ragazzo. –Non ancora, purtroppo- scuote la testa l’uomo,
riprendendo lentamente a camminare e facendo intuire alla coppia di avere
fretta.
–E Black?-
Shacklebolt sorride, ammirando lo zelo
del poliziotto. –Non posso parlare dell’indagine, mi dispiace- si scusa,
accelerando il passo.
-In Centrale abbiano avuto
diversi casi strani…- lo informa
David, inventando al momento. –Forse potrebbero essere collegati a Black. Potremmo collaborare nelle indagini- offre, con una
scrollata di spalle.
Kingsley si ferma, afferra le
spalle del ragazzo stringendole rassicurante. –Dubito fortemente che siano
collegate a Black. Dalle ultime informazioni in
nostro possesso si trova in Tibet1 in questo momento- mente,
sperando di risultare convincente. –Io non vi ho detto
niente, però- sorride, salutando la ragazza con un cenno del capo e allontanandosi
velocemente, sicuro di aver in quel modo scoraggiato totalmente ogni tipo di indagine da parte dei Babbani.
David sorride sornione.
-Perfetto-.
Constance lo trascina di lato,
fissandolo torva. –Perfetto?- Ripete,
storcendo il naso schifata. –Che cosa ti sembra perfetto? Non ci ha dato nessuna
informazione utile!- sbotta, appuntando di malavoglia quella conversazione
sulla straripante agenda.
Dave continua a sorridere, estraendo dalla tasca
dell’impermeabile il cellulare. –Quel Shacklebolt sa più di quanto vuole farci credere- mugugna, soddisfatto.
–Non avrai davvero creduto alla storia del Tibet?- chiede derisorio alla
ragazza.
Connie, offesa, gonfia le guance.
–Perché no?- sibila, infastidita.
David sorride compiaciuto.
–Perché vuole lasciarci fuori da questa storia. Agente White, mi meraviglio di
te! Pensi davvero che un ricercato si rifugi prima al caldo sole delle
Mauritius e poi sotto i freddi ghiacciai del Tibet?- domanda, retorico.
-Ah, magnifico allora!-
risponde Constance, tornando ad appuntare le
informazioni sulla sua agenda. –Adesso sappiamo che Black
non è in Tibet, meraviglioso! Ci
rimane solo tutto il resto del globo da perquisire, ma è già un inizio- lo
prende in giro, scrivendo concitatamente sull’agenda.
-Io non volevo informazioni
da lui- le spiega, sorridente. –Volevo solo attaccargli una di queste- bisbiglia, estraendo dalla tasca
dell’impermeabile una manciata di cimici. Constance spalanca gli occhi. –Sei riuscito a mettergliela
addosso?- domanda con trepidazione.
-Ovvio, dietro l’orecchino.
Sfido chiunque a trovarla. Adesso abbiamo un agente-invisibile della sezione
speciale delle indagini su Black da seguire. Che te
ne pare?- si vanta, accarezzando la guancia arrossata della ragazza.
-Chiamo Erick e Chaz per informarli dello sviluppo- la informa,
allontanandosi di qualche passo alla ricerca di campo.
Constance espira soddisfatta, finendo di appuntare le
informazioni. Quando rialza la testa, però, la sua attenzione viene catturata da una ragazza che, veloce, le passa davanti
di corsa.
-Dave!- urla, riconoscendo quei capelli rosa e quel
volto a forma di cuore. –DAVE!- ripete, cercando con gli occhi il collega che
però, per la lontananza, non la sente.
Constance si abbassa il berretto sulla fronte, iniziando a
camminare a passo svelto dietro la ragazza.
La segue fino al punto dove
hanno visto Kingsley Shacklebolt sparire, la vede
voltare l’angolo e iniziare a percorrere strette stradine. Superano una fermata
della metro, un paio di piccoli edifici dall’aria malridotta e uno squallido pub.
Connie, estasiata, appunta tutto
con foga, senza perdere di vista la ragazza che l’aveva aggredita quel giorno,
per poi nascondersi dietro un angolo per spiare meglio la giovane che,
all’improvviso, si è fermata.
Tonks si ferma davanti a un muro pieno di graffiti e,
dopo essersi guardata attorno, entra nella cabina telefonica. E’ in ritardo! Dawlish la ucciderà se non la troverà nella sala riunioni Auror fra tre minuti! Al diavolo, userà l’entrata dei
visitatori. Per una volta, che cosa importa?
Constance scrive febbrilmente sull’agenda, per poi sporgersi
guardinga oltre l’angolo.
Sparita.
No, non può essersela lasciata sfuggire!
Con urgenza raggiunge la cabina telefonica2,
osservandola con rabbia. Diversi vetri mancano e l’apparecchio sembra decisamente instabile. Chissà se il telefono funziona.
Entra con sospetto, lasciando la cigolante porta
aperta e cercando qualche indizio che potesse tornarle utile.
-Cosa sta facendo?-
Connie si volta spaventata, incontrando gli occhi
indagatori di un ragazzo dall’aria piuttosto arrabbiata.
-Secondo te?- domanda, guardinga, ostentando
sicurezza.
Il ragazzo la squadra indagatore.
–Chi è lei?- domanda poi, con tono severo.
-Non credo proprio che tu abbia l’autorità per
saperlo, ragazzo- glissa Connie, notando con orrore
un bastoncino spuntare dalla tasca dei pantaloni del giovane.
Ok, deve inventarsi qualcosa.
Il giovane strabuzza gli occhi, preso
alla sprovvista. –Che… cosa? Guardi
che sta parlando con l’assistente del Primo Ministro!- la informa, rimarcando
con particolare enfasi la carica rivestita.
Constance inizia a sudare freddo. –Sul
serio?- domanda, cercando di mantenere un tono monocorde. –Beh, allora
dica al Ministro che non è questo il modo di trattare un informatore- mente,
mordendosi in ansia il labbro.
Il giovane si passa una mano fra i capelli rossi,
aggrottando la fronte. –Informatore?-
ripete, stupito.
Constance si avvicina al giovane con aria guardinga. –Ho
delle informazioni su Black- mormora a denti stretti,
notando il ragazzo sbiancare all’improvviso.
-Cos… come…- balbetta il rosso, fissandola con gli
occhi spalancati.
-Sirius Black- ripete, piccata. –Devo forse scrivertelo?- lo prende in
giro, cercando di calmare i battiti accelerati del cuore.
Il giovane scuote la testa con forza. –Ma…- tenta, prontamente interrotto dalla ragazza.
-Dovevo incontrarmi con Shacklebolt, è lui l’incaricato della sua cattura, no?- lo
aggredisce, con aria minacciosa. –Beh, non si è presentato all’appuntamento! Sai
che ti dico? Peggio per lui allora! Troverò altri a cui
vendere le informazioni!- sbotta, ricordando le parole di Piton
secondo cui sono più i soggetti che cercano Black.
-Deve… deve
esserci stato un disguido- la blocca il ragazzo, impedendole di uscire dalla
cabina. –Se… se mi permette la scorterò personalmente
all’ufficio Auror competente e mi farò giustificare
l’inadempimento degli obblighi da Shacklebolt
stesso!- si offre, chiudendo risoluto la porta della cabina alle proprie
spalle.
L’idea di Constance di fuggire da lui sembra sfumare.
-Non so…- pigola, terrorizzata
da quel discorso. Chi diavolo sono gli Auror? Che sia il nome dell’organizzazione con quelle
bacchette? E il Primo Ministro? Non sarà il vero
Primo Ministro, giusto?
-Oh sì invece!- sbotta il
ragazzo, rosso in volto. –Gli Auror si prendono troppa libertà, l’ho sempre pensato! Ma arrivare fino a questo punto, rischiare di perdere
informazioni su Black… informerò il Ministro
personalmente, non ne dubiti!- le dice, in modo concitato, afferrando la
cornetta dell’apparecchio e iniziando a far ronzare il disco del telefono.
Constance, con le mani tremanti,
stringe l’agenda al petto, iniziando ad annotare quelle che, teme,
potrebbero essere le ultime informazioni raccolte sul caso.
“Benvenuti al
Ministero della Magia.
Per favore dichiarate il vostro nome e i vostri affari” dice
una voce metallica con fare gentile.
Connie si guarda attorno
sorpresa, fissando con stupore la cornetta e cercando di individuare gli
altoparlanti.
-Percy Weasley,
assistente personale del Ministro Cornelius Caramell- si presenta il ragazzo, parlando alla cabina più
che all’apparecchio. –Accompagno…- biascica, fissando con aria interrogativa la
giovane.
-Sono un informatore anonimo- mormora
con un filo di voce Constance, appiattendosi contro
la parete della cabina. Percy storce la bocca. –Un
Informatore- annuncia alla fine.
Constance riprende a scrivere febbrilmente, mentre
le immagini di Chaz, sua madre, Eugene, Erick e Dave le affollano la
mente.
“Grazie” dice
la limpida la voce femminile. “Informatore, è pregato di prendere il tesserino
di riconoscimento e di attaccarlo alla parte anteriore dei suoi vestiti”.
Percy afferra i due foglietti usciti dallo
scivolo di metallo per il resto, per poi passargliene uno e cercare di spiare
lo scritto. Connie chiude di scatto l’agenda, inserendovi
dentro con cura il tesserino.
“Informatore, le è richiesto di
sottoporsi a una perquisizione e di presentare la sua bacchetta per la
registrazione al banco di sicurezza, situato all’estremità opposta dell'Atrio”.
-La accompagno io- la rassicura prontamente Percy, mentre le parole “bacchetta”, “perquisizione” e
“banco di sicurezza” risuonano malvagie nella testa della ragazza.
In un attimo il pavimento inizia a tremare e, con
enorme sorpresa della ragazza, la cabina sprofonda nel pavimento.
Ascensore
mascherato da cabina telefonica non funzionante. Ingegnoso! Appunta Constance, sempre
sotto lo sguardo vigile e attento di quel Weasley.
Dopo circa un minuto di discesa, la voce metallica
risuona nella stanza.
“Il Ministero della Magia vi augura una
piacevole giornata”.
Il… cosa?
MINISTERO
DELLA MAGIA!!! Scrive, febbrile. Ecco come quei matti chiamano la loro
organizzazione segreta!
-Siamo arrivati- la informa
cordialmente Percy, aprendo la porta della cabina e
cedendole il passo.
Connie non riesce a credere ai propri occhi.
Si trova in una enorme
sala, stracolma di gente vestita in modo bizzarro. Le pareti sono rivestiti di legno scuro, intervallate da un numero
spropositato di camini.
-Da questa parte- la invita Percy,
iniziando a camminare a passo sicuro verso un angolo dell’enorme atrio.
Constance, lentamente, indietreggia, fino a voltare le
spalle al ragazzo e correre verso un cunicolo laterale, nascondendovisi spaventata.
E’ circondata!
E’ terribilmente nei guai!
Estrae dalla tasca il cellulare di servizio,
sbiancando d’un tratto.
Morto.
Quel posto deve essere dannatamente pieno di quella
molecola isolata da Chaz.
Ok, niente panico.
Dave la starà sicuramente cercando.
Appunta veloce ogni particolare che riesce a
vedere, compresa l’enorme fontana in centro alla sala.
Quello deve essere senza dubbio il quartier
generale di quell’organizzazione delle bacchette, quella di cui fanno parte la vecchietta incontrata a Godric’s
Hollow e i tre che l’hanno aggredita a casa, oltre al
rosso di prima. E forse anche quel Shacklebolt! E se fossero coinvolti anche quello sgradevole Piton e il misterioso Lupin?
-Signorina?-
Connie si alza in piedi con un
salto, socchiudendo gli occhi per la troppa luce che un uomo le sta puntando in
faccia.
-Si identifichi- le domanda
annoiato, avvicinandosi di qualche passo.
-I-io…- balbetta Constance,
nascondendo veloce l’agenda nel retro dei pantaloni.
L’uomo aggrotta la fronte, pensieroso,
per poi abbassare il fascio di luce. E’ quel bastoncino, non è una pila!
-Mi mostri la bacchetta- le ordina, con tono
imperioso.
-La ba-bacchetta? Oh sì…
ce-certo!- farfuglia la ragazza, portando la mano al fianco sinistro ed
estraendo veloce la pistola.
-Mani in alto o…- riesce a gridare, prima di
sentire l’uomo borbottare un annoiato stupeficium e una luce rossa colpirla in pieno petto.
Connie si accascia al suolo, priva di sensi.
-Oh, per la barba di Merlino!- si sfoga l’uomo,
avvicinandosi con stizza al corpo privo di senso della ragazza.
-Qualche problema, Herbert?- domanda un uomo,
fissando con sospetto lo stretto cunicolo in disuso.
-Un altro Babbano, John- borbotta l’addetto alla sicurezza, raccogliendo la
pistola della ragazza da terra e cercando a fatica di farla rientrare nel
fodero. –E’ il terzo questo mese- si lagna, girando la
ragazza in posizione supina.
-Falle nel sistema?- domanda
sbrigativo l’Auror, controllando sull’orologio
di non arrivare in ritardo alla riunione.
Herbert fa spallucce. –L’ho detto a quelli dell’Ufficio per l'Uso Improprio dei Manufatti dei Babbani che l’entrata dei visitatori è rischiosa, ma
figurati se mi ascoltano- sbuffa, iniziando a
trascinare la ragazza per le braccia verso la propria scrivania.
-Ti mando giù un Oblivatore, allora- si offre l’Auror,
avvicinandosi di qualche passo.
-Nah, lascia perdere- risponde
l’uomo, riprendendo fiato. –Quelli lì non si muovono dalle loro scrivanie se
non c’è un ordine in carta bollata. Ho l’autorizzazione speciale per oblivare dieci minuti dalla mente dei Babbani
proprio per velocizzare situazioni come questa. Sarà più che sufficiente. La
scocciatura sarà compilare tutte le scartoffie e avvisare l’ufficio dei Babbani che contatterà chi di
dovere. Quelli lì vogliono essere informato di ogni oblivazione
fatta su uno dei loro- lo rassicura, agitando la
bacchetta in aria e facendo alzare il corpo della ragazza.
-E dopo?- domanda
incuriosito l’Auror.
-La lascerò vicino alla
cabina. C’è un pub poco lontano, penseranno tutti che si è fatta una bella
sbornia-.
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Note:
1.
“Anche Kingsley Shacklebolt è un elemento prezioso; lui ha l’incarico di
dare la caccia a Sirius, così ha alimentato le
informazioni al Ministero che Sirius è in Tibet” da Harry Potter e l’Ordine della Fenice
2.
““Siamo arrivati,” disse
il Sig. Weasley con un gran sorriso, indicando una
vecchia cabina telefonica rossa, dalla quale mancavano vari pannelli di vetro,
davanti a un muro pieno di graffiti” da Harry
Potter e l’Ordine della Fenice