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Autore: Claire Knight    27/09/2011    7 recensioni
Nuova fanficion. Vi anticipo un poco della storia, anche perché dal prologo, ve lo dico, non capirete una mazza xD
Jordan Greenway, da tempo amico di Xavier Foster, si rendo conto di un drastico cambiamento nel comportamento dell'amico. COmincia a stupirsi e a domandarsi perché Xavier, l'amico di una vita, abbia improvvisamente cominciato ad ignorarlo, a trattarlo con distacco.
Detto questo, che è il succo della questione, vi lascio al testo.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Buonasera!! Spero che questo capitolo non vi deluda. In fondo è la parte finale, alla quale seguirà un capitolo 8 o una cosa... simile al prologo. Comunque, davvero, sono terrorizzata! Ho paura di aver tirato fuori una schifezza e che il capitolo non sia all'altezza delle vostre apettative... uff... *prende un bel respiro*. COmunque, questo è, non posso inventarmi un'altro finale! Perciò spero vi soddisfi!
Buona lettura!


Capitolo 7.
 
Le vacanze natalizie passarono velocemente. Per tutto quel periodo non vidi più nessuno dei miei amici e nemici o persone a metà strada fra le due cose.  Solo compiti, libri e neve. E pensieri, ovviamente. Troppi, come al solito.
Quando la scuola ricominciò la seconda settimana di gennaio, faceva ancora freddo e l’aria pungeva le guance rosse per il freddo.
Quando entrai in aula c’era ancora poca gente e mi sedetti ad un banco libero. Quando entrarono, Mark e Nathan vennero subito a salutarmi. Si sedettero assieme un banco dietro di me.
Poi, sulla soglia apparve un ragazzo altro, con i capelli rossi e gli occhi chiari. Incrociai il suo sguardo e ebbi l’istinto irrazionale di saltargli addosso. Non sapevo nemmeno io se per menarlo o dargli un bacio. Avevo passato l’inverno a pensare, chiedermi se ne ero innamorato o no come mi aveva detto Gazel. E non ero giunto ad una conclusione razionale e precisa. Niente da fare.
Ma la cosa che mi sorprese di più fu che poi mi venne incontro e posò sul banco un squadernino bianco con fare sbrigativo.
< Credo sia tuo > disse con un tono strano.
Io guardai il blocchetto e mi sorpresi nel constatare che era il mio quaderno dei pensieri. Lo aveva tenuto con sé per tutto l’inverno? E quando me l’aveva preso?! Poi ricordai quel giorno in cui lo dimenticai sul banco.
Idiota, mi dissi.
Mi alzai in piedi.
< L’hai letto? > feci sperando in un “no” improbabile.
< Certamente >.
< Oh, grazie. Ti sembra una risposta naturale? > feci infuriato. Lui fece spallucce e si sedette davanti a me senza aggiungere una parola.
Mi dava fastidio che avesse letto quelle pagine. Non che ci fosse niente di troppo personale, ma erano comunque i miei pensieri: era come se fosse entrato nella mia testa, violando ciò che io chiamavo privacy.
Mi risedetti e infilai con rabbia il quaderno nello zaino mentre la professoressa di scienze entrava in aula.

***

All’uscita da scuola fu consegnato il giornalino scolastico in ogni classe dell’istituto. Io lo leggevo sempre, per curiosità.
Ne presi una copia e me lo misi sottobraccio. Mentre uscivo dall’istituto, notai che la gente mi guardava in modo strano. Mi mettevano in soggezione, ma feci finta di non vedere.
Appena fuori, incamminandomi verso casa, aprii il giornale sulla prima pagina. C’era un articolo che mostrava alcune fotocopie in grigio di pagine scritte a mano. Il mio cuore perse un battito. La cosa che mi sconcertò più di tutte fu leggere il mio nome e riconoscere la mia scrittura in quella sulle pagine fotocopiate.
Una tremenda certezza mi riempì di rabbia cieca. Non poteva! Non poteva aver reso pubbliche sul giornalino tutte le pagine piene dei miei pensieri! Dov’era? Dov’era quel maledetto bastardo?
Feci per buttare a terra il giornale con tutta la forza che avevo, ma poi mi dissi che sarebbe stato meglio sbatterglielo sulla faccia. Ora capivo il suo comportamento schivo di quella mattina. Capivo perché era corso via appena suonata la campanella.
Feci retrofront e percorsi a piedi quei quattro isolati che ci separavano senza fermarmi un istante. Era la rabbia a farmi sentire le braccia quasi deboli e leggere le braccia e forti e veloci le gambe?
Quando giunsi davanti alla porta di casa sua presi a tempestarla di pugni.
< Chi è? >.
< IL POSTINO! > gli urlai attraverso la porta con tutta la voce che avevo, spostandomi per evitare che mi vedesse attraverso lo spioncino.
< Apri, bastardo! O hai paura? >.
Xavier aprì la porta ed io mi ritrovai faccia a faccia con lui. Non seppi dove trovai il coraggio, ma lo spintonai dentro e lui indietreggiò. Mi richiusi la porta alle spalle con rabbia.
< Come hai osato? Come hai osato! > gli gridai contro, < E non dire che non sai di cosa parlo perché lo sai benissimo! > aggiunsi quando stava per aprire bocca.
< Che fai? Ora stai zitto? >.
La casa era piuttosto buia ed il silenzio totale oltre la mia voce.
< Mi dispiace… > disse poi lui in un sussurro.
< Ti dispiace… > feci io, < Mi stai prendendo per il culo? Hai fatto pubblicare sul giornalino scolastico i miei pensieri le mie idee! Diventerò in poco tempo lo zimbello della scuola! Ti rendi conto di quello che mi hai fatto? >.
Lui continuava a tacere e quello era ciò che mi irritava di più.
< Ti vorrei dare uno schiaffo > gli dissi.
< Fallo > rispose.
Rimasi interdetto.
< Fallo > ripeté, < Nessuno te lo vieta, no? >.
Non seppi mai dove trovai la forza, ma uno schiaffo glielo diedi, con tutta la forza che avevo. Il rumore risuonò nella stanza. Lui non si mosse di un passo, solo voltò lo sguardo a destra.
< Tu con me hai chiuso definitivamente >.
E proprio quando feci per andarmene lui mi fermò afferrandomi per il braccio.
< Aspetta >.
< Non mi toccare! >.
< Sì ma, aspetta >.
Lo guardai in faccia, aveva uno sguardo terrorizzato. Facevo così paura quando ero arrabbiato? Ad ogni modo ero felice che finalmente capisse cosa pensavo di lui, cosa non avevo scritto su quelle pagine.
< Davvero mi dispiace. Io non l’ho fatto per farti del male >.
< Per cosa allora? Sicuramente per divertirti >.
< No >.
< Sai, io non ti capisco. Non capisco più chi sei, come sei, cosa ti passa per la testa. Io non ti riconosco più. Non sei più l’amico su cui ho sempre potuto contare, sei cambiato e per me ora non sei più niente. L’unica cosa che mi preme è il perché hai fatto tutto questo >.
< Stupido! > esclamò prendendomi per le spalle, < Non hai ancora capito che io ho fatto tutte queste cose solo per attirare la tua attenzione? >.
Rimasi spiazzato da quella risposta.
< E che motivo c’era? Dimmelo! Perché non ti capisco >.
< Dopo la tua sconfitta contro la Raimon, ai tempi della Alius Accademy, hai cominciato ad allontanarti da me e non sapevo come fare perché senza di te non ci potevo stare >.
< Io mi sono allontanato solo perché credevo che mi disprezzassi perché avevo perso! Ma quando ho capito che sbagliavo ho provato a riavvicinarmi a te ma era già troppo tardi! Eri già diverso allora! >.
< Stupido, come sei stupido! >.
< Io? > esclamai allontanandolo da me, < Non sono venuto per farmi insultare! >.
Restammo in silenzio entrambi per un tempo infinito, o così m’era parso, a guardarci negli occhi. Ed io sentivo la rabbia svaporare ogni secondo che passava.
< Era solo per attirare la tua attenzione… > disse piano Xavier, < …ma nemmeno così ci riuscivo >. Poi sorrise fra sé, avvolto nei ricordi e si passò una mano nei capelli, come faceva sempre.
< Ed ogni sera mi dicevo che ero uno stupido. Me lo dico ancora ogni sera. Perché ero incapace di tornare tuo amico e non sapevo come fare >.
Poi tacque ed io feci lo stesso, mentre sentivo qualcosa di strano smuovere la mia anima. Un’emozione che non conoscevo. Sentii una lacrima scendere lenta sul mio viso e sferzare la mia guancia come un rasoio. Face male.
< Davvero… > aggiunse, < Non ho mai avuto intenzione di farti del male. E mi sento un mostro anche perché ne sono stato capace. E se mi sono comportato da bullo, ti ho preso in giro ed umiliato è stato solo perché avevo il disperato bisogno di entrare in contatto con in tuo mondo. Sono stato cattivo, vero? >.
Io annuii quasi impercettibilmente, ma lui mi vide.
Era così? O era un’altra scusa falsa. Poi avrebbe ripreso a comportarsi da bastardo? Qualcosa mi disse che quella volta era diversa. Che era sincero e mi sentii più debole che mai, senza forze.
Mi coprii il volto con le mani mentre le lacrime scendevano copiosamente lungo il mio viso e sentii due braccia stringermi al suo petto. Mi dimenai un poco ma lui mi disse: < Ti prego, rimani qui >.
Ed io cedetti perché non avevo più energie per ribattere.
< Io ti odio > dissi fra le lacrime, < ti sarebbe bastato rimanere te stesso per tornare mio amico e invece hai solo creato problemi ad entrambi. Io ti odio! >.
Mi parve quasi che mi stringesse di più.
< Perdonami per tutto, davvero… io… ti prometto che cambierò >.
< Sei serio? >.
< Sì. Per te farò qualsiasi cosa. E se tu mi odi, mi dispiace dover ammettere che io ti amo >.
Mi aggrappai alla sua maglietta e continuai a piangere senza ritegno. Ero disperato, ma felice. Mi amava, mi amava davvero. Non potevo credere di aver pianto e sofferto tanto per una tale stupidaggine. Supido! Ma in fondo ero felice, felice che fosse sempre lui. E mi sentivo al sicuro lì, fra le sue braccia, dopo tanto tempo.
Poi non capii come, e non opposi resistenza, ma alzò il mio viso con due dita e le nostre labbra si trovarono senza difficoltà. Come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Mi lasciai andare e tutto ciò che sentivo dentro sembrò voler uscire fuori all’improvviso. Mentre le nostre lingue si toccavano, intrecciai le dita fra i suoi capelli, premendo di più sulle sue labbra, e lui mi strinse ancora di più, accarezzandomi la schiena sotto la maglietta. Rabbrividii.
Quello era uno di quei baci che rischiano di portarti alla follia da un momento all’altro se non provi a resistergli. Uno di quelli che ti toglie il fiato fin dal primo istante. Non credevo che mi sarebbe mai accaduto nulla di simile. Non con lui almeno. Ormai nulla aveva più una sua logica e quello che stavamo facendo mi sembrava essere una cosa proibita. Una cosa che non avremmo mai dovuto fare, nemmeno immaginare.
 



 

  
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