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Autore: GreenNightmare    27/09/2011    2 recensioni
Ci tengo a specificare che questa storiella nasceva come one-shot dedicata al compleanno di American Idiot e che, beh, non mi sarei mai aspettata di scrivere un secondo capitolo. Cosa che però è successa, precisamente ieri sera, attorno alle undici e mezza.
Che dire, non so bene neanch'io cosa sia. Parla di Jimmy, il Gesù della Periferia che tutti noi conosciamo, e della sua Whatsername. Ma c'è anche un terzo personaggio, che conosciamo altrettanto bene, ma che più che una creatura in carne ed ossa è una presenza nella testa di Jimmy, una presenza decisamente maligna, anche se nel nome si presenta come Santo. Beh, che altro dire, spero che vi piaccia!
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Voglio ri-specificare che questo secondo capitolo non era assolutamente previsto, e che non so ancora se ne scriverò degli altri. L'ho buttato giù così, senza pensarci troppo, ed è venuto fuori questo. A proposito, lo so che il primo capitolo era al presente e questo è al passato remoto, ma, come ho già detto, mi è venuto fuori così, e non mi sono sentita di modificare niente.
Buona lettura **



Uscisti di casa sbattendoti violentemente la porta alle spalle. Avevi bisogno d’aria, sì; la cucina piccola e squallida di casa tua si era fatta tutt’a un tratto soffocante, sentivi odore di marcio, di chiuso. Avevi bisogno di respirare a pieni polmoni l’aria fresca della notte. Una leggera brezza notturna ti accarezzò il viso e tu chiudesti gli occhi, inspirando profondamente. Fuori, lontano da quel piccolo appartamento che cadeva a pezzi, era più difficile credere di essere pazzo.
T’incamminasti lentamente per le strade polverose di quella cittadina dimenticata da Dio e dagli uomini, ascoltando solo il rumore delle foglie secche che scricchiolavano sotto la suola dei tuoi anfibi, finché non udisti un rumore in lontananza. Sembrava musica. Non riuscivi a crederci: un concerto lì, nella Jingle Town? Impossibile. Affrettasti il passo in direzione della musica, finché non riconoscesti la melodia famigliare.
Non era musica rock. No, affatto. Sembrava… Ma sì, ne eri certo: si trattava sicuramente della sigla di un cartone animato che aveva popolato gran parte dei tuoi sogni infantili, un cartone popolato di robot e supereroi e altre cazzate di cui, ora come ora, non ricordavi assolutamente niente. Però avevi riconosciuto immediatamente la canzoncina che trasmettevano all’inizio di ogni puntata: aveva il sapore amaro dei ricordi e di un’infanzia perduta. Un’infanzia che nessuno avrebbe mai avuto il coraggio di definire tale.
Ma ora la domanda era: cosa ci faceva quella canzone lì, nell’aria di quella sporca città dei dannati? Perché la sentivi? Da dove proveniva? Più in fretta, ti dirigesti verso il luogo da cui sembrava provenire la musica.
Finalmente, svoltasti un angolo e chiaristi il mistero di quella allegra marcetta: in un piazzale di solito deserto avevano allestito una specie di mini-luna park. C’erano giostre e luci e bambini dappertutto, un costante formicolio di colori e profumi rassicuranti come quello delle castagne arrosto e dello zucchero filato; ovunque risate deliziate e musichette allegre. Tutti i tuoi sensi erano rimasti catturati da quella visione che ti rimandava a un’epoca più felice, quando la cosa peggiore che poteva capitarti era che tua madre si rifiutasse di comprarti lo zucchero filato, e tu non capivi che era perché non c’erano i soldi per il dentista, così come non capivi il perché delle sue crisi di pianto isterico, o cosa significasse la parola “papà”, o cosa fossero quelle specie di caramelle colorate che lei non ti lasciava mai assaggiare.
Perso in questi pensieri, all’inizio non avevi notato la sagoma che se ne stava seduta sul marciapiede, una sagoma che avresti saputo riconoscere in mezzo ad altre mille.
Portava una felpa nera col cappuccio tirato sulla testa, e i lunghi capelli biondi le nascondevano il viso. No, quella sera non portava la sua solita parrucca turchese, era naturale, per così dire. Potevi intravedere attraverso le ciocche biondo cenere un paio di cuffie nere che le coprivano le orecchie costellate di piercing. Muoveva la testa e batteva un piede per terra a ritmo della musica che solo lei poteva sentire. La guardasti a lungo, pensando che, anche senza sapere che canzone stesse ascoltando lei, sicuramente era fuori tempo. Così come già conoscevi la sua espressione senza vederla: potevi immaginare benissimo il suo viso assorto, gli occhi chiusi, il modo che aveva di mordersi il labbro inferiore e che ti faceva impazzire.
Ti avvicinasti a lei, esitante, e le desti un colpetto sulla spalla, interrompendo così la sua danza statica e solitaria.
Whatsername alzò lo sguardo verso di te e ti fissò con quei suoi occhi grandi da cerbiatto cerchiati di nero, del colore che secondo te dovevano avere i non-ti-scordar-di-me. Non potevi esserne certo, dato che non eri un esperto di botanica, ma se per caso qualcuno ti avesse descritto, per qualche stramba ragione, dei non-ti-scordar-di-me, ecco, allora tu li avresti immaginati esattamente del colore dei suoi occhi.
E poi le sue guance pallide e la bocca piena, nera come la matita che le circondava gli occhi, che faceva un forte contrasto con il biancore spettrale della sua pelle e il biondo cenere dei capelli.
Sorridesti incerto, frastornato da tanta bellezza, e ti sedesti accanto a lei, che spense il suo mp3 e si voltò verso di te, guardandoti con quella sua espressione densa di splendore e di mistero, che ti incuteva quasi timore.
- Hey – disse semplicemente.
- Hey – sussurrasti, e, come per un gesto automatico, le prendesti una mano, che però lei ritrasse altrettanto istintivamente.
Detestava il contatto fisico, lei.
- Che stai ascoltando? –
- Avenged.-
- Ah, si… Grandi. –
- Già.-
- Che ci fai qui? –
Lei si strinse nelle spalle, come a dire che un posto valeva l’altro.
- Aspetto amici. Tu che ci fai qui? –
- Ci sono capitato per caso. Ho seguito la musica e… - Proprio mentre pronunciavi queste parole la voce ti morì in gola. Dov’era finita la musica? Perché non si sentiva più alcun rumore se non il fruscio del vento e lo scricchiolio delle foglie appassite? Ti guardasti attorno disorientato, e, con il cuore a mille, constatasti che era tutto sparito: non c’era più traccia dei bambini, delle risate, delle giostre e del chioschetto dello zucchero filato; il piazzale era buio e deserto come sempre. Non c’erano più né luci né colori né bambini, né odore di caldarroste o di dolciumi, ma solo la vecchia solita puzza di fogna esplosa. C’era buio e ogni suono era ovattato. Sentisti i brividi correrti lungo la schiena mentre una risata fredda e crudele, la risata di Saint Jimmy, echeggiava nella tua testa.
- Jimmy? Hey, dico a te, mi ascolti? Di quale musica stai parlando?- Fu la sua voce a riportarti sulla Terra. Scuotesti la testa, indeciso se essere furioso o terrorizzato. Deglutisti.
- Qui prima c’erano giostre e bambini, e musica…- La tua voce si perse in un sussurro roco, mentre guardavi fisso davanti a te nella strada che si perdeva nella nebbia notturna.
Sentisti una leggera stretta al braccio destro, e capisti che lei stava cercando di vincere la sua repulsione per il contatto fisico per consolarti e starti vicino.
- Non c’è mai stato niente qui, Jimmy. – Osservò con dolcezza, e fece addirittura un gesto che non aveva mai azzardato prima: lentamente, con cautela, posò la testa sulla tua spalla.
Respirasti a fondo quel profumo di limone leggermente acidulo che ti invadeva le narici e che proveniva dalla sua pelle e dai suoi capelli, e che era l’unica cosa che riuscisse a tranquillizzarti.
Spintonala via, poi violentala e poi zac-zac, falla a pezzettini! Canticchiò una voce nella tua testa, così improvvisa e satura di malignità e rancore che ti fece sobbalzare. Whatsername alzò la testa di scatto e ti fissò:
- Che succede, Jim?-
Chiudesti gli occhi senza risponderle e ti presi la testa tra le mani, cercando di reprimere l’ondata di brividi, odio e violenza che ti aveva assalito all’improvvisa comparsa della voce di Saint Jimmy: la persona che più ti terrorizzava al mondo e che faceva parte di te, che avvelenava i tuoi pensieri e s’insinuava nei tuoi sogni tramutandoli in incubi, e che stava rendendo la tua esistenza, letteralmente, un inferno. 

  
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