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Autore: Jezabel_89    28/09/2011    2 recensioni
Qualcuno si diverte un mondo ad origliare le disastrose avventure amorose di Adam H. . Ma chi? E perchè?
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Adam era un normale ragazzo turco.

I suoi genitori la Turchia non l'avevano mai davvero vista, sia ben chiaro, ma questo non aveva davvero molta importanza, per loro: la cosa che davvero contava, era il contenuto puramente turco del sangue contenuto nelle loro vene ed in quelle dei loro otto figli. Possedevano un locale in una zona ben frequentata, il "Turkish", e ci lavoravano tutti e dieci a turni, così il locale era sempre aperto e vi si potevano ascoltare i più disparati generi di musica.

La mattina, ad esempio, quando erano proprio il signor Hikmeth e sua moglie ad essere padroni dell'impianto stereo, si ascoltava solo musica turca. Dall'ora di pranzo in poi, invece, era Adam, l'ultimo figlio maschio, ad occuparsi del locale insieme a due delle sue tre sorelle, e si ascoltavano solo standard jazz e classici della prima metà del secolo scorso. Dalle sei alle dieci c'era il pop del figlio maggiore, al quale della musica non importava un fico secco e, da bravo business-man sceglieva solo i pezzi che sapeva essere popolari fra la clientela. Il venerdì, il sabato e la domenica non c'era molta scelta dalle dieci in poi, visto che i tavoli venivano spostati ai lati della sala per aprire le danze e si alternavano serate a tema rock, dance o latino-americano e non si chiudeva prima di mattina, così finiva sempre che chi aveva passato la notte a ballare aspettava che arrivassero le cinque per farsi fare un bel caffè, magari accompagnato da un cornetto, dai signori che davano il cambio ai figli.

Insomma, il Turkish non chiudeva praticamente mai.

Adam aveva, per fortuna, un orario che non gli pesava per niente. Inoltre andava davvero d'accordo con le sue sorelle Yasmin, di ventuno anni, e Ajda di ventisette.

Aveva venticinque anni, spalle da nuotatore, altezza notevole, pelle ambrata, naso lievemente importante, labbra carnose come se fosse stato appena baciato, capelli corti e neri e occhi verdi da mozzare il fiato. Tra tutti i suoi cinque fratelli maschi era il più bello e, ovviamente in quanto minore, il più coccolato. I suoi genitori ed i suoi fratelli maschi pensavano che la sua vita fosse praticamente perfetta e non avrebbero nemmeno avuto tutti i torti, se non fosse stato per il suo oscuro segreto.

A pensarci bene, faceva rabbia anche a lui: avrebbe potuto metterci tutti gli scheletri che voleva, nel suo armadio – tutti lo facevano – ma lui no. Lui, nell'armadio, ci si era ficcato con tutte le scarpe, talmente in fondo che i suoi amici più stretti e le sue sorelle, il Turkish lo avevano ribattezzato Narnia.

Uno dei sopracitati amici, Evan per la precisione, entrò, quel pomeriggio, nel locale.

-"Evy!"- salutò Yasmin con il solito entusiasmo, mentre Adam sospirava.

-"Ciao. Quel sospiro affranto significa che non vedi l'ora di raccontarmi gli ultimi sviluppi con il biondino?"- fece l'ultimo arrivato.

-"Non proprio"- rispose, prima di essere interrotto dalla sorella maggiore.

-"Ma come, ancora non lo sai? E' tutta la settimana che prova a lasciarlo e non ci riesce!"-.

Evan lo guardò con sguardo inquisitore.

-"Come non ci riesci? Come si fa a non riuscire a lasciare qualcuno?"-.

-"Si fa, invece! Tutte le volte che Adam prova a dirgli "Ti devo parlare" quello se ne esce con uno dei suoi discorsi ispirati sul loro amore indistruttibile ed eterno!"- rispose la più piccola ridendo

-"Una volta l'ha fatto anche qui: dovevi vederlo."- disse Adam, con una mano fra i capelli -"Era così carino che lasciarlo mi avrebbe fatto sentire come un cacciatore che uccide cuccioli di foca"-.

-"Sai che non me l'hai ancora detto come vi siete conosciuti?"- chiese l'amico.

-"Eravamo..."-.

-"Zitto tu!"- lo interruppe Ajda -"Erano alla festa sulla spiaggia...

 

 

 

 

 

Il falò ardeva illegalmente sulla sabbia, mentre la musica della chitarra di Adam faceva da sottofondo alle chiacchiere dell'allegra brigata che stava festeggiando la fine dell'estate.

Era una sera chiara ed anche abbastanza fredda e lui stava suonando sovrapensiero finchè il suo sguardo non si spostò su un fagotto bordeaux che stava tremando.

Chiaramente non era un vero fagotto, ma una persona infagottata in una felpona di diverse taglie più grande. Quando qualcuno gli si avvicinò e gli abbassò il cappuccio, una nuvola di capelli biondi esplose tutta intorno alla testa di quello che si rivelò essere un ragazzo. E che ragazzo!

Adam aveva praticamente l'acquolina in bocca quando questi alzò lo sguardo che si andò ad incrociare col suo, e gli sorrise timidamente.

Gli fece un cenno con la testa, avendo le mani impegnate con la chitarra, e lui si andò a sede lì vicino.

-"Ciao"- fece quasi sottovoce, arrossendo tutto.

"Che carino", pensò, mentre con fare disinvolto gli chiedeva quale canzone avrebbe potuto suonare per riscaldarlo un pochino.

-"Una canzone non mi riscalderebbe poi così tanto"- rispose il biondino, storcendo il nasino alla francese -"Un bacio, invece: quello sì che mi aiuterebbe a sopravvivere a questo freddo polare"-.

Adam rise del suo tono drammatico ed accantonò la chitarra al suo fianco per avvicinarsi fino a sfiorare le labbra dello sconosciuto.

All'inizio sembrava tutto perfetto. Lui si chiamava Noah e studiava Filosofia all'Università. Era attraente, rideva a tutte le sue battute e non diceva mai di no.

Ci mise un po' ad accorgersi che ridere non era altro che un escamotage per nascondere la sua completa mancanza di argomenti di conversazione.

In pratica, Noah era tanto carino quanto stupido.

 

 

 

 

 

-"Stupido?"- Evan interruppe il racconto -"Addirittura?"-.

Adam sospirò di nuovo.

-"Non è che sia proprio stupido"- fece imbarazzato -"Più che altro è poco interessante. Insomma: non ha hobby particolari, ha avuto una vita assolutamente normale, nessun talento, nessuna ambizione..."-.

-"Oh"-.

-"Esatto. Oh."- ribadì Ajda.

-"Noioso come un comizio elettorale"- annuì Yasmin.

Evan lanciò al suo amico uno sguardo pieno di comprensione.

-"E tu cosa hai fatto?"-.

-"Ah! Adesso arriva il bello!"- disse la sorella minore battendo le mani.

-"Lui ha avuto la brillante idea di...

 

 

 

 

 

Adam, che aveva sempre avuto la passione per la poesia, probabilmente per via del suo cognome, a cui avanzava una acca per combaciare perfettamente con quello di uno dei suoi poeti preferiti, lo portò con sè in un pub frequentato da gente smunta e vestita di nero, in cui a turno, chi voleva poteva salire sul piccolo palco e recitare poesie proprie o altrui.

All'inizio Noah non sembrava particolarmente divertito, ma Adam gli fece capire quanto lui apprezzasse la poesia e lui, accecato dalla frenesia di compiacerlo, cominciò ad interessarsi a quelle serate.

Tirò fuori dal suo armadio tutti i suoi vestiti neri ficcando i soliti capi colorati nei cassetti più in basso, comprò dozzine di libri di poeti d'avanguardia e prese a girare sempre con un taccuino in cui scriveva cose che ad Adam non era concesso di leggere.

Nel giro di un mese, il ragazzo carino e sorridente che aveva conosciuto alla festa sulla spiaggia, si tramutò in una delle creature emaciate che infestavano quel pub e, a giudicare dalla carnagione grigiastra e dalle occhiaie, smise di dormire troppo preso a scrivere i suoi capolavori.

La prima volta che ne lesse uno davanti a quei giovani acculturati, Adam avrebbe voluto sprofondare in un buco nero: l'opera consisteva in un'accurata descrizione dei sentimenti d'amore eterno ed assoluto che Noah provava per il poveraccio. Una schifezza, insomma.

Col passare del tempo, la situazione peggiorava di volta in volta.

Quando i versi cominciarono a contenere, fra le altre cose, dettagliate descrizioni delle loro imprese sessuali, Adam cominciò a rifiutarsi di accompagnarlo.

 

 

 

 

 

A quel punto, tutti si stavano scompisciando dalle risate, tranne Adam, che poverino aveva l'aria di chi davvero non sapeva come fare.

Quando Evan riuscì a smettere di singhiozzare, anche se la pancia gli faceva male dal troppo ridere, disse finalmente la sua.

-"Ascolta me, amico"- fece -"Mollalo per sms"-.

 

   
 
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