«-(¯`v´¯)--« RICORDATI DI ME «-(¯`v´¯)--«
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L’UOMO
CHE VIENE DA LONTANO aawaa
(Parte2)
Lo
cerco ancora un po’, percorrendo la via per qualche metro, nella speranza
di vederlo; è solo, è stravolto, probabilmente non saprà
neanche dove andare.
E
poi è pazzo. E questo basta.
Però
lo sto cercando, e non so nemmeno chi sia.
Perché
lo sto cercando?! Perché me ne preoccupo tanto?!
Infondo
potrei voltarmi, ritornare al mio lavoro, alla mia vita. Ma non posso.
Ha
bisogno di me, lo sento. Forse, sono pazza anche io.
-“Signorina,
hai idea di quanto mi ha fatto aspettare là fuori?!”-.
Mi sbuca davanti, in mano ha un sacchetto; è della pasticceria
all’angolo, quella dei bignè favolosi.
Lo
guardo, non so che dirgli, mi lascia spiazzata ogni volta!
Però
sono felice d’averlo ritrovato, infatti rido e la mano si posa dinnanzi alla bocca, “come
fanno le brave signorine” mi diceva sempre la mia allevatrice,
all’orfanotrofio.
-“Ero
sicura d’averci messo giusto un po’!”-.
-“Eh
no, non lo sa… ora che finisce di dire po’, sono già passati
cinque minuti! Il tempo è tiranno!”-.
-“Però,
vedo che lo ha speso molto bene il tempo in
attesa!”-. Gli indico il sacchetto che stringe
fra le mani, grandi e rovinate, dagli anni o da chissà quale loro
compagno.
-“Sono
biscotti. Vuole?! Betty dice sempre che finirò
per ingrassare come un maiale, prima o poi!”-.
Betty, ancora lei. Chissà chi
sarà mai questa donna.
Ora
che lo guardo bene, ogni volta che nomina il suo nome torna serio; il suo sguardo
ridente si spegne e quegli occhi piccoli si abbassano come una saracinesca,
alla fine di una lunga giornata.
-“Sì
grazie, molto volentieri!”-. Infilo la mia mano esile nel pacchetto, un
biscotto al cioccolato mi riempie il palmo “questi, sono i miei
preferiti!”-. Addento la meraviglia.
-“Vede?!
La vita è un po’ come un pacchetto di biscotti, infila la mano,
pesca quello giusto e tutto ha un altro gusto. Così, chi demorde nella
vita non ha capito che basta sfidare la sorte, per trovare il giusto sapore.”-.
Lo
guardo, cerco di carpire le sue parole.
Il
biscotto si scioglie sulla mia lingua, regalandomi note di cioccolato dolce e
denso.
Mi
fermo pensando ai tempi in cui la mia vita assomigliava a quel sapore; io,
Simone, la nostra vita… era una sfida! Ma eravamo felici, perché
essa ci conduceva alla felicità.
E
quando ho smesso di sfidare la vita, questa ha perso sapore.
-“Ha
ragione lo sa! Credo ne comprerò un sacchetto anche io di questi
biscotti buonissimi, chissà che non mi aiutino
a migliorare le cose!”-.
-“Bene!
Prima però vorrei trovare una chiesa, se non le dispiace…”-.
Ora
cammina più spedito, fatico a stargli dietro, ma quando prendo il suo
passo si ferma, all’istante; si guarda intorno, si
tocca i capelli, poi mi fissa.
-“Forse
è meglio che cammina lei davanti, io non conosco la strada.”-.
Non
riesco a trattenermi! E’ troppo buffo, scoppio a ridere rigogliosamente.
Oh
mamma, se me lo avessero detto che mi sarei trovata in mezzo alla strada, con
un perfetto sconosciuto a ridere così, non ci avrei creduto!
-“Venga
con me!”- Lo prendo sotto braccio, tracciando un nuovo cammino
–“se passiamo di qui facciamo molto prima!”-.
-“Questa
città è molto grande…”-.
-“Come
ogni metropoli che si rispetti. Non c’era mai stato prima?!”-.
-“Betty si perderebbe sicuramente…”-. Sfugge alla mia domanda, perdendosi
ancora fra i suoi pensieri.
-“Oh
sì, è probabile.”-.
Ci
fermiamo; dinnanzi a noi, il parco che costeggia la chiesa si apre in tutta la
sua meravigliosa bellezza.
-“Questa
è la chiesa di S.Patrizio, una delle
più importanti della città, se non la più grande!”-.
-“E’
molto bella, dice che possiamo stare un po’ nel giardino?!”-.
-“Certo!
Anche se credevo volesse seguire una
messa…”-.
-“Oh
no! A quest’ora la mia Betty era abitudinaria
andare in chiesa, così ovunque mi trovo sento
il bisogno d’andarci anche io, così che mi possa illudere di
vederla arrivare come un tempo.”-.
-“Doveva
essere molto speciale questa Betty, se continua a
cercarla a distanza di tempo.”-.
-“L’amavo
molto.”-. Mi risponde serio, ma mi guarda
spiegando un sorriso compiaciuto e sereno, facendomi cenno d’
addentrarci nel parco.
Amavo.
Era.
Anche
lui ha usato il passato. Anche la sua Betty, ERA sua.
Improvvisamente
mi sento così vicina a quell’uomo, i
dolori del mio cuore sembrano meno pesanti, come se fosse più semplice
se a dividerli si è in due.
Camminiamo
un po’, fin che non ci accomodiamo ai piedi di una grande fontana.
Il
sole è alto, crea giochi di luce e riflessi con l’acqua e le
vetrate colorate della chiesa; sembra tutto una festa, anche se
c’è quiete intorno.
-“E
lei, cos’ha nel cuore lei?!”-. Lo fisso
serio, sorrido un po’ disabituata a sentirlo fare domande.
-“Io
veramente non lo so.”-.
-“Ognuno
sa cos’ha nel cuore! Persino lei!”-.
-“Confusione.
Credo d’avere questo nel cuore…”-.
-“Ma
no signorina, la confusione può stare solo qui…”-. Mi sfiora
leggermente le tempie, innegabilmente mi ritrovo a sussultare.
–“perché nel cuore non c’è posto per troppe
cose!”-. Lo sento ridere, la cosa mi da un piacere estremo.
-“Allora
non ho niente nel cuore.”-.
-“Le
persone cattive non hanno niente nel cuore! E lei non assomiglia neanche
lontanamente a una persona cattiva.”-.
-“Come
può dirlo, lei non mi conosce!”-.
-“Non
starei qui, se avessi percepito questo stia tranquilla!”-.
-“Ma
è lei che mi ha portato qui! E non capisco neanche perché…
mi scusi la franchezza.”-.
Parlo
ridendo, ma in realtà sono seria.
Voglio
sapere. Ci sono dentro come non credevo d’essere mai stata dentro, in
vita mia.
E’
un enigma che devo sciogliere.
Una
spiegazione a lui, che mi fa sentire così stranamente serena e appagata.
-“Sì
che lo sa, stamattina lei ha sentito che avevo bisogno ed è accorsa in
mio aiuto. E la strada per questo posto, scusi la franchezza, me l’ha
indicata sempre lei!”-.
-“Lei
è molto furbo… questo non glie lo ha mai detto la sua Betty?!”-.
-“Lei
nel cuore ha sicuramente qualcosa di speciale, perchè è
così forte da mandarle in confusione la mente. Se la liberasse,
sicuramente se ne renderebbe conto!”-.
Glissa
le mie domande, nuovamente.
Le
sue parole mi turbano. Sembra mi scavi nella mente, ogni volta che apre bocca.
Adesso
ho paura.
Ciò
che dice è giusto, ma ciò che dice mi costringe a pensare,
riflettere. Ed io non voglio.
Basta
farmi del male, io non voglio più chiedermi il perché delle cose.
Mi
alzo stizzita, gli urlo contro.
-“Ma
lei chi è?! Perché è qui?! Cosa vuole da me!”-.
-“Si
calmi, non faccia così troverà ogni risposta se libererà
la testa dai pensieri…”-.
Si
è alzato, mi tiene il volto fra le mani, non stringe, è una morsa
delicata.
Sta
massaggiando le mie tempie, piano, metodicamente.
Sento
un fluido scorrermi lungo il corpo, dentro le vene che pulsano forte.
Chiudo
gli occhi, mi lascio andare.
Il
mio corpo è elettricità, immagini confuse della mia vita si
rincorrono fra loro, giocando a una lotta senza armi.
Mi
lascia andare.
Riapro
gli occhi. Lo guardo intensamente nei suoi.
-“E
tu chi sei?!”-. Parlo sussurrando, a fil di voce.
-“Nel
mio paese, colui che salva la vita ad un uomo, fa sua quella vita. Ecco, ora la
mia vita ti appartiene.”-. Parla piano anche
lui, il suo tono non è più informale.
-“Vieni
da molto lontano, perché io questa legge non l’ho mai
sentita.”-. Sorride.
-“Sono
ciò che vuoi farmi essere, non preoccuparti delle forme. Ascolta e fai
ciò che senti! Anche se tu hai sentito, che io avevo bisogno di te.
Sibilla.”-.
Sibilla.
Ha pronunciato il mio nome imperiosamente.
Ma
lui come conosce il mio nome?!
Tremo.
Adesso sì che ho davvero tanta paura.
Ma
lui mi accarezza una guancia, amorevolmente; con il meno indica il cartellino
identificativo dell’ufficio, appeso al colletto della mia camicia.
Lo
guardo sospirando, dandomi della scema.
-“Io
sono l’uomo che viene da lontano, non un indovino…”-.
Lo
abbraccio, istintivamente. Mi sento meglio.
Ricambia
il mio abbraccio, massaggiandomi dolcemente i capelli.
Odora
di buono. Di sapienza. Di mistero.
-“Sì
è fatta ora di andare a casa. Sono molto stanca.
Vieni…”-.
Gli
allungo la mano. Annuisce.
Non so chi fosse, non so perché evadeva sempre dalle mie
domande, ma provai un tale senso di protezione nei suoi confronti, che non
potei far altro che portarlo via con me.