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Autore: _shesunbroken    28/09/2011    1 recensioni
Vivere.
Un semplice verbo, composto da sei lettere, che forse lei non ha mai veramente coniugato.
Charlotte. Diciottenne costretta a vivere una vita che ormai le sta stretta.
Figlia di due genitori ricchi sfondati, che non le assomigliano affatto.
Lei non vuole gioielli, regali, carte di credito.
Lei vuole vivere la sua vita, senza regole, senza proibizioni.
Fare per la prima volta le sue scelte, senza che qualcuno decida per lei.
Incontrare qualcuno che la faccia impazzire soltanto sfiorandola.
Che la travolga come una tempesta, non lasciandole nemmeno il tempo di ragionare.
Gia, non ragionare ma vivere. Si dice così no?
Vivere come se non ci fosse un domani.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Second Chapter.





Quella fu la prima volta che mi svegliai con il sorriso.
Mi alzai dal mio enorme letto per vedere che ore fossero.
Le 7.30.
Avevo un' ora e mezza prima di andare in aereoporto.
Iniziai a prepararmi.
Mi misi una camicietta, dei jeans e le mie superga bianche.
Niente vestiti, niente scarpe con tacco, niente gioielli pesanti mezzo quintale.
Solo la mia collanina portafortuna, comprata durante una delle mie fuge notturne.
Scesi al piano di sotto e mentre le cameriere sistemavano io mi recai in cucina.
Mangiai qualcosa al volo e poi tornai immediatamente in camera mia per preparare le ultime cose.
Per le scale incontrai Robert, il mio magiordomo.
«Robby, se arrivano i miei genitori sai cosa devi fare!» gli dissi sorridendo.
«Certo, signorina Charlotte
«Te lo devo ricordare ogni volta che non mi devi dare del voi quando non c'è mia madre? Chiamami semplicemente Charlie.» gli dissi abbracciandolo.
«Ok, Charlie. Ora si vada - gli diedi una gomitata - vatti a preparare.» disse ridendo.
Gli diedi un bacio sulla guancia e corsi in camera mia.
Accesi lo stereo.
I Paramore rimbombavano tra le quattro mura della mia stanza.
Mia madre era contraria a questa musica "da quattro soldi", soltanto grazie a mio padre, dato che era il loro produttore, li potevo ascoltare.
Certo non con il volume a 400, ma li potevo ascoltare.
Mentre infilavo le ultime cose nella valigia cantavo Misery Business a squarcia gola, saltavo sul letto e mi scatenavo.
All'improvviso entrò Robby, ed io in piedi sul letto sapevo già cosa mi stava per dire.
«Stanno tornando!» mi disse.
Mi gettai a peso morto sul letto e poi mi ritrovai in un attimo di fronte allo stereo.
Tolsi il cd, mentre lui mi lanciò come un frisbee un 45 giri di Beethoven.
Lo so, meglio una martellata in testa.
Lo misi nel lettore, puntando la puntina già a metà disco.
Intando Robby stava rifancendo il letto.
Tolsi le ultime cose e poi gli lanciai un lenzuolo.
Sentivo il rumore della scarpe con il tacco di mia madre che salivano le scale.
Robby prese il lenzuolo al volo e quando mia madre aprì la porta facemmo finta di piegarlo.
Mia madre controllò in lungo e in largo la stanza cercando qualcosa che non andava.
Poi con i suoi occhi si concentrò su di me.
«Hai preparato le valigie?» mi disse.
«Si, mamma»
«Bene, Robert che per caso può uscire?»
Robert guardò mia madre.
«Certo, mia signora» disse abbassando la testa.
Mi fece un'occhiolino e se ne andò.
'Oh robert, come avrei fatto senza di te!'
Si avvicinò a me e mi fece sedere sul letto.
Lentamente ci si sedette anche lei.
Mi sorrise.
Era un sorriso diverso, non come i suoi soliti.
Era un sorriso da madre a figlia.
Tirò fuori una scatolina dalla sua borsa.
«So che questa vita non fa per te e che tu vuoi essere tutto tranne che una viziata...»
Cosa? Proprio lei sta dicendo queste cose?
«...ma come madre credo di averti fatto crescere come meglio potevo. Spero che a Los Angeles ti diverta, ma non combinare guai!» mi disse ridendo.
Io le sorrisi.
«Questo è per te, per la mia rockstar.»
La guardai confusa, e lei da madre lo capì.
«Pensi che non abbia mai visto tutti i tuoi cd rock mascosti sotto il letto?» 
Sorrise divertita e mi porse la scatolina.
C'era un bracciale con un ciondolo, una nota musicale.
Mi stavo per commmuovere, non lo sapevo il perchè.
Forse perchè in diciottanni non mi aveva mai detto o fatto cose di questo genere.
L'abbracciai.
«Scusami se non sono la figlia perfetta.» le dissi.
«Tu sei semplicemente te stessa, e sei perfetta così come sei.»
Ora i suoi occhi erano blu cielo, come i miei, esattamente come i miei.
Rimanemmo a parlare per molto tempo finchè non era arrivato il momento di andarmene.
Salutai tutti e "stramanente" con un po' di rancore me ne andai.

Il viaggio durò solo poche ore, e quando arrivai all'aereo porto vidi da lontano Brianna con un cartello con scritto sopra "Charlie!"
Quanto la adoravo?





Non avevo ispirazione perciò spero vi siate godute questa mezza cacchetta DD:
Recensiteee mie belle fanciulleee (?) :3
With Love,
Clotilde.
  
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