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Autore: orual    30/09/2011    14 recensioni
Dopo le Cronache della Seconda Guerra... arrivano quelle della vita normale: tra progetti, studi, quotidianità, amori che sbocciano e bambini che nascono, carriere intraprese e ripensate, accompagneremo i nostri eroi nell'era post-Voldemort per scoprire che la routine non richiede meno impegno del pericolo. A voi la lettura!
...Rimasero un po’ in silenzio, poi Charlie si alzò. La notte intorno a loro era fresca e limpidissima.
La tomba di Tonks brillava lieve, illuminata dalle luci fatate dei fiori.
"Magari potrei davvero cercare qualcosa da queste parti. Giù in Galles, negli allevamenti statali...
Per qualche annetto e basta, o i Gallesi Comuni diventano un po’ noiosi.
Potrei veder crescere Teddy, per un po’...
Sì, potrei."
Charlie si incamminò, le mani in tasca, giù verso i cancelli.
"Il tuo... il vostro bambino è davvero uno splendore, Tonks."
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Famiglia Weasley, Un po' tutti | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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 Eccomi di ritorno! Sono stata impegnata con qualche esame ed ero un po’ incerta su come costruire questo capitolo, per cui mi ci è voluto un po’. E’ venuta fuori una trama piuttosto tenera... ma del resto è una storia di Natale... anche se immaginarla e descriverla in questo mese caldissimo non è stato facile!;)
Come vedrete, ci saranno, verso la fine, accenni al passato di Molly, Arthur e Andromeda: questo perchè nel frattempo ho scritto una one-shot natalizia con i personaggi di E’ illegale Molly Prewett! e visto il tema comune non ho resistito alla tentazione di fare collegamenti. In fondo vi ho messo il link.
Buona lettura, le recensioni sono sempre bene accette!

 
Il primo Natale
 
La neve si era depositata sul davanzale di pietra, ed aprire la finestrella impiombata non era stato facile. Il gelo aveva disegnato sul vetro una sottile ragnatela di ricami, che quasi impedivano di guardare fuori il lago e le montagne che circondavano il castello. Ginny lasciò entrare Leotordo che picchiettava con una certa insistenza al vetro, e lo guardò planare attraverso la stanza per andare a svegliare Hermione con colpetti di becco non troppo delicati.
-Mmh... cosa.. Leo, no, sei tutto b... ho capito, ho capito... ah, guarda qua che disastro!
Hermione si sporse, e con la mano afferrò a tentoni la bacchetta lasciata sul comodino, per asciugare Leo e tutte le sue lenzuola, bagnate dal suo scrollarsi la neve di dosso. Poi gli sfilò la lettera assicurata alla zampa, e lui andò dignitosamente a posarsi sullo schienale di una seggiola, vicino alla finestra. Era mattina presto, e dagli altri letti, tutti con le cortine chiuse, non proveniva alcun rumore. Ginny rabbrividì e rientrò a letto, scambiandosi un silenzioso buongiorno con Hermione, che si accingeva ad aprire la lettera, ben riparata dalle coperte.
Nonostante la stanza fosse piuttosto affollata, i fiati delle occupanti non erano sufficienti a renderla neanche tiepida, all’alba.
Era l’anno scolastico più strano che avesse mai vissuto, a meno che non si volesse considerare quello appena passato un anno scolastico invece che una detenzione. I dissesti del’anno precedente facevano sì che un sacco di studenti fossero rimasti indietro e frequentassero corsi di anni precedenti ai loro: tutti quelli che non erano riusciti a superare gli esami di ammissione di settembre ai rispettivi anni, o quelli che neanche ci avevano provato, come il numero consistente di Nati Babbani, che avevano ricevuto un indennizzo dal Ministero, ma ai quali nessuno poteva restituire l’anno perduto, trascorso a casa quando non in fuga. Così le lezioni erano un caos di facce insolite, in mix sempre diversi.
La stanza dove dormiva, ospitava, oltre a Judith Lee e Calì, come l’anno passato (lei ed Judith erano state accorpate alle più grandi perchè rimaste troppo poche nelle rispettive camere), anche Jean-Louise Friars, del suo anno, ed Hermione, entrambe Nate Babbane ed assenti durante tutto il precedente anno scolastico.
Quanto a lei, aveva superato l’esame di settembre a pieni voti, forse per la volontà quasi feroce con la quale aveva studiato non solo quanto era possibile farlo nel corso dell’anno precedente, ma anche tutta l’estate, nel disperato tentativo di non pensare troppo a Fred. Judith non ce l’aveva fatta e ripeteva il sesto anno, ma non era colpa sua: aveva passato l’anno ad Hogwarts terrorizzata per la sua famiglia e sconvolta per sua madre, spedita in quanto Nata Babbana ad Azkaban durante i rastrellamenti del settembre precedente. Jean-Louise, ovviamente, non ci aveva neanche provato, e tutto sommato lei e Judith erano state contente di ritrovarsi insieme, amiche per la pelle da sempre come erano. Per Ginny, invece, superare gli esami aveva significato cambiare quasi tutti i suoi compagni di classe, almeno nei corsi principali, ma la cosa non le dispiaceva. Negli ultimi due anni si era molto allontanata da chiunque non avesse fatto parte dell’ES, ed ora che Colin era... morto, non c’era nessuno del suo anno a Grifondoro con il quale avesse rapporti stretti.
Naturalmente, c’era Hermione, c’erano Neville e, in tutti i corsi in comune con i Corvonero (quell’anno Incantesimi e Cura delle Creature Magiche), Luna, e poi Dean e Seamus, e Calì che, come sua sorella Padma, aveva deciso di ripetere l’anno per ottenere un buon MAGO, invece che tentare di darlo a settembre. Lavanda non era tornata, ed era una delle tante. Ferita gravemente da Greyback, era uscita dal San Mungo solo ad ottobre, e Calì era riservatissima sulle sue condizioni di salute.
-Cosa scrive?- mormorò, rivolta ad Hermione per non svegliare le altre. Lei, che scorreva il foglio aggrottando le sopracciglia ogni volta che faceva fatica a decifrare qualche sgorbio particolarmente oscuro nella grafia di Ron, ma alternando alla perplessità rossori incantevoli, le sorrise, dicendole di rimando:
-Il negozio va piuttosto bene... e naturalmente tua madre mi ha invitata per Natale.
-Naturalmente. Verrai, vero?
-Magari qualche giorno, ci sono anche i miei a cui pensare.
Ginny annuì. Natale si avvicinava, e non ne era affatto contenta. Sarebbe stato il primo senza Fred, e inoltre Natale a casa sua significava Harry, senza ombra di dubbio. Si sentiva un po’ in colpa, ma non aveva potuto fare a meno di essere felice del fatto che lui avesse deciso di non tornare ad Hogwarts. Dubitava che avrebbe sopportato una vicinanza simile, quando invece il non averlo visto per mesi aveva avuto il potere di tranquillizzarla tanto, dopo gli eventi dell’estate. D’altra parte, però, vedeva la preoccupazione di Hermione e sapeva via lettera quanto anche Ron si occupasse di tenere Harry lontano dalla depressione, e anche se nessuno di loro le aveva mai rinfacciato niente... la preoccupava l’idea di rivedere Harry.
Si alzò, visto che era quasi ora di colazione, e si diresse verso il bagno prima che anche le altre si svegliassero.
Mezz’ora più tardi, scendeva con Hermione in Sala Grande, piena dei familiari odori della colazione. Lei ricontrollava di aver preso tutto l’occorrente per la mattinata nella borsa di cuoio dove teneva i libri. Essere compagna di classe di Hermione aveva i suoi lati sgradevoli, come avevano potuto constatare tutti gli studenti del suo anno: era talmente più brava degli altri che rischiava sempre di mettere in imbarazzo qualcuno. Ma, anche in considerazione del fatto che era, più che mai, una celebrità, aveva scelto un profilo assai discreto, e si limitava ad un’eccellenza quanto più silenziosa possibile... se mai era possibile ad un’eccellenza come quella di Hermione passare inosservata. Alle lezioni di Difesa, soprattutto, sembrava non fosse possibile insegnarle nulla. Ma del resto, nella loro classe, c’erano diverse punte di diamante, in quel campo, lei e Neville inclusi: la professoressa Jones si era complimentata caldamente.
Sedettero vicino a Neville, che ripassava un tomo di Erbologia mai visto prima. Si preoccupò che le fosse sfuggito qualcosa:
-Neville, che roba è?- chiese, perplessa.
-Oh, nulla... la professoressa Sprite mi sta dando delle letture facoltative, visto che sono così avanti col programma... per il concorso alle Serre, sai?
-Concorso?- intervenne Hermione, terminando l’esame della sua cartella son aria soddisfatta –Che concorso, Neville?
-Oh, sapete- un’ombra del Neville timido di sempre spuntò sul suo viso, mentre arrossiva lievemente: -La professoressa ha... suggerito che potrei tentare di... entrare alle Serre Sperimentali Ministeriali, dopo il MAGO. Sono due anni di tirocinio... per accedere bisogna superare un concorso, e allora...
Le due ragazze annuirono. Hermione sembrava colpita, e cadde in una sorta di meditazione con aria assente sulla sua tazza di caffellatte.
Quanto a lei, avvertì come un senso di malessere che le serrava lo stomaco. Non aveva idea di cosa avrebbe fatto dopo Hogwarts. Quando la scuola aveva riaperto non aveva dubitato neanche un minuto che sarebbe tornata, perchè avvertiva troppo profondamente quanto fosse un rifugio per lei, in quei frangenti. Cercava di vivere alla giornata, di godersi le amicizie e di dimenticare più cose possibili dell’anno passato.
-Siete a posto con i regali di Natale, ragazzi?- stava dicendo Hermione.
-No, veramente. Quando saremo a casa dovrò fare un salto a Diagon Alley, ad Hogsmeade la volta scorsa non ho trovato nulla per George e per mamma- rispose Ginny. E per Harry, aggiunse mentalmente. Avrebbe dovuto fargli un regalo? Non riusciva a risolvere la questione.
-Cosa regalerai a Ron?- chiese ad Hermione.
-Gli ho comprato... un libro.
-Un libro?
-Un libro di Difesa. Anche se ha deciso di dedicarsi al negozio insieme a George, credo che non dovrebbe dimenticare altre sue aspirazioni.
Ginny annuì lentamente: -Probabilmente hai ragione.
-A mia nonna regalerò una delle Bombegonie che sono riuscito a far germogliare nella Serra numero Cinque il mese scorso- intervenne Neville, spalmando un’abbondante dose di marmellata sul suo pane tostato –Quanto a voi... vedrete la mattina di Natale.
-Neville, non dovevi farci un regalo!
-E’ stato un piacere, ragazze.
Lo disse con un tono talmente disinvolto che non sembrava neanche lui: Hermione e Ginny si guardarono e poi scoppiarono a ridere.
Si alzarono da tavola, quasi subito raggiunti da Luna. Dean e Seamus si unirono a loro, e tutti insieme si avviarono verso l’aula di Incantesimi.
 
Teddy cominciò ad urlare mentre i suoi capelli diventavano rossi quasi come la sua faccia. Harry, in preda al panico, lo prese in braccio, dondolandoselo da una spalla all’altra. Si conoscevano da quasi otto mesi, e supponeva di poter dire di stargli simpatico, ma non era riuscito a calmarlo una sola volta quando cominciava a piangere. E visto che la signora Tonks era appena uscita per andare a fare delle commissioni, e si sarebbero dovuti incontrare direttamente alla Tana quella sera, dove erano invitati per la Vigilia, si prospettava un lungo pomeriggio.
-Cosa... dove ho sbagliato?- chiese sgomento al bambino, che continuava a piangere.
-Sei bagnato... no, non lo sei. Sete? Non ti piace la pappa? Ma come, è buonissima!- fece, mettendosene un cucchiaio in bocca e guardando Teddy con aria accattivante. Era purè di pastinaca, un elemento del vasto campionario di pappe che Andromeda aveva cominciato ad inserire da circa un mese nella dieta di Teddy, e non poteva dire che fosse proprio squisito, ma gli ordini erano di introdurre quella scodella di materia arancione nel corpo di Teddy, in un modo o nell’altro, e lui avrebbe cercato di eseguire.
Il bambino continuava a strillare. Adesso aveva anche gli occhi molto neri. Sbattè le manine sul piano del seggiolone, urtando il cucchiaio e facendogli compiere un arco quasi perfetto.
-Ehi, niente male!- commentò Harry, piegandosi pazientemente a terra per riprenderlo, poi cambiando idea e dirigendosi al cassettone per prenderne un altro pulito.
Si muoveva in quella casa ormai con grande disinvoltura, e Andromeda Tonks lo lasciava fare. Certo non si poteva dire che, con lei, fossero grandi amici, ma era più che altro perchè entrambi cercavano di concentrare tutte le energie sul bambino, ed Andromeda, vista la perdita di tutti i suoi cari, aveva accettato piuttosto a fatica, almeno all’inizio, che ci fosse qualcun altro che avanzava pretese sull’affetto di Teddy. Anche se si trattava di Harry Potter, il Salvatore del mondo magico.
Però era una donna profondamente giusta, e non se l’era sentita di rifiutare Teddy ad Harry, che già i primi giorni dopo la tragedia, si era presentato alla sua porta con un’espressione che le aveva ricordato quella di un cane intimidito, a chiedere di vedere il bambino:
-Sono... beh, Remus mi aveva detto che mi avrebbe nominato suo padrino, sa... il suo... tutore.
Andromeda si era irrigidita, ma Harry non intendeva portarle via il bambino, cosa peraltro piuttosto ragionevole, data la sua giovane età (era però rimasta piuttosto stupita, pur senza fare commenti, quando lui non era rientrato ad Hogwarts in settembre). Sembrava aver capito il bisogno quasi fisico che aveva Harry di quella compagnia, ed avevano finito per giungere ad una sorta di pacifica convivenza, con lui che veniva a casa loro quasi tutti i giorni, ed un babysitter assicurato per ogni volta che ne aveva bisogno. Col trascorrere dei mesi, Teddy aveva smesso di essere l’unico tramite che li univa, e si era sviluppata una sorta di amicizia, piuttosto insolita, vista anche la differenza di età.
-Avanti, Teddy, cosa posso fare per te? Per farti piacere questa buona pappa? Chissà se i Legilimens sono più bravi con i loro figli? Vuoi... oh, avanti, io... dai, almeno smetti di piangere! Ti darò... niente pastinaca, ti darò...- fece per allungare la mano verso il frigo, ma quello commentò, impassibile:
-La signora Tonks ha detto pastinaca, per oggi.
Sobbalzò, perchè non si era ancora abituato all’intransigenza vocale del frigorifero di casa Tonks, sbatté la nuca contro uno scaffale ed inciampò, piombando sul divano retrostante.
-Ouff...- esclamò. Poi notò che Teddy aveva smesso di piangere.
-Che vorresti dire, scusami? Non vorrai che mi faccia male per divertirti?
Teddy era l’unico al mondo a non avere alcuna pretesa su di lui, ed anche per questo Harry era disposto ad accontentarlo pressoché su tutto, ma quello sembrava un po’ troppo.
Il labbro inferiore del bimbo ricominciava a tremare, però, per cui si alzò dal divano, si mise in piedi di fronte a lui e si lasciò cadere a terra. Teddy sorrise apertamente, ed alla successiva caduta fece una risatina, lieve come tanti piccoli colpetti di tosse, mentre i suoi capelli diventavano celesti e poi verdi, il che, lo sapevano bene, esprimeva intensa soddisfazione.
-Bravo, Teddy... così, niente broncio. Adesso che ne dici di un bel cucchiaio di pappa?- chiese, restando per terra.
Quasi incredulo, guardò il bambino impugnare maldestramente il cucchiaio e raccogliere un po’ di purea dal piatto.
-Bravissimo... aspetta che...
La pastinaca contenuta nel cucchiaio gli si spiaccicò in faccia come un proiettile, e Teddy rise in modo adorabile. Harry si tolse lentamente gli occhiali, li pulì nell’orlo del maglione e li inforcò di nuovo per fronteggiare il bambino che troneggiava nel seggiolone.
-Non intendevo questo.
 
Hermione era arrivata alla Tana subito dopo pranzo, anche se aveva passato i primi giorni delle vacanze di Natale a casa dei suoi, ed in cucina aiutava a sbucciare le patate, seduta accanto a Ginny al grande tavolo mentre la signora Weasley cucinava con grande concentrazione. La Tana non era molto diversa da altri Natali: i vecchi mobili e le pareti storte erano state ornate con decorazioni vecchio stile, tralci di edera si arrampicavano intorno al passamano di legno delle scale ed in salotto un albero era stato coperto di candele. C’era animazione, ma meno chiasso di altri anni. Charlie era arrivato prima di pranzo direttamente dalla Romania, e stava giocando a Quidditch con Percy nel cortile (se lo svolazzare instabile di Percy poteva essere definito “gioco”).
Bill e Fleur arrivarono nel pomeriggio, lei meravigliosa in un abito rosso fiamma con ricami dorati, lui trasandato come sempre e pronto ad aiutare suo padre che ancora inchiodava alle pareti statuine di legno che cantavano “Bianco Natal”.
Ron e George arrivarono verso la fine del pomeriggio insieme ad Andromeda, come avevano concordato in precedenza: loro avevano lavorato in negozio fino alle cinque, quando a fatica, insieme ai commessi, erano riusciti a far uscire la folla di gente che ancora stipava il negozio e ad abbassare le saracinesche, e Andromeda li aveva raggiunti lì per usare il camino di Tiri Vispi, dopo alcune compere a Diagn Alley che le avevano impegnato il pomeriggio. Harry, che era rimasto a casa con Teddy, avrebbe dovuto raggiungerli nel primo pomeriggio, ma non si era visto, e nessuno ci aveva fatto caso, fino all’arrivo di Andromeda, che naturalmente aveva subito cercato il nipote.
-Santo cielo, in effetti non sono ancora arrivati. Ci dobbiamo preoccupare?- fece subito Molly, in apprensione. Ron, che aveva sorriso ad Hermione con una faccia che le parve molto stanca appena entrato in cucina, si affrettò a tranquillizzarla:
-Sarà tutto a posto, mamma. Provo a chiamarlo dal camino.
Aveva gettato la polvere verdastra nel fuoco del caminetto, dove si consumava un ceppo natalizio profumato e bellissimo e vi aveva infilato la testa. “Harry?” lo sentirono chiamare.
Quando la ritrasse, guardò chi lo aveva seguito in salotto:
-Ci sono e stanno bene, perchè li ho sentiti ridere, ma probabilmente non ha sentito che lo chiamavo.
Si strinsero nelle spalle, e Ron si voltò per reggere la scala a suo padre, impegnato negli ultimi ritocchi, e parecchio barcollante, mentre Molly cominciava ad apparecchiare. Scaricando un improbabile numero di piatti sulle braccia di Hermione dalla credenza, disse:
-Forse è meglio che qualcuno vada a chiamarlo. Ginny, tesoro, per favore, fai un salto.
Quasi tutti si immobilizzarono, perchè sapevano che la richiesta poteva essere pericolosa, ma fu chiaro a tutti, Ginny compresa, che la signora Weasley lo aveva detto soprappensiero, perche Ginny era l’unica con le mani libere in quel momento. Così lei annuì senza scomporsi troppo, prese una manciata di polvere dal vaso e pronunciato forte l’indirizzo di casa Tonks, scomparve in un turbinio di riflessi verdi.
 
Non era mai stata a casa di Andromeda prima di allora. Dall’interno provenivano tonfi e strani urletti, e quando uscì dal camino ebbe la forte tentazione di sguainare la bacchetta... tanto per stare sul sicuro. Invece la casa era vuota, a parte la cucina. Teddy, dall’alto di un seggiolone, imbrattato di pappa in modo quasi disumano, ne gettava i resti a cucchiaiate verso il pavimento, dove Harry, sdraiato, faceva da bersaglio. Teddy rideva in maniera irresistibile ed i suoi capelli avevano accecanti mutamenti cromatici dal verde al turchino. Harry rideva a sua volta, pur cercando di ripararsi gli occhiali dagli schizzi di pappa.
-Ma... che sta succedendo, qui?- chiese Ginny, del tutto sconcertata. La sua voce fece sussultare Harry, ma non scompose in nessun modo Teddy, tanto che un ennesimo proiettile di pappa centrò in pieno il viso attonito con cui Harry dal pavimento la stava fissando.
Subito dopo lui si tirò in piedi incespicando e si passò una mano sulla faccia per togliere residui di pastina.
-Ehm, ciao- disse, -Che... che cosa ci fai qui?
Fece un paio di gesti inconsulti, come se fosse indeciso se porgerle la mano o avvicinarsi per dare e ricevere un bacio sulla guancia, ed in entrambi i casi si fosse ricordato di essere del tutto impresentabile, impregnato come si trovava al momento di pappa quasi ovunque.
Un altra cucchiaiata arrivò a spiaccicarsi sulla sua schiena, perchè Teddy non dava segno di intendere che il gioco fosse finito, e lo splat lo fece sussultare. Si girò, avvicinandosi al seggiolone, togliendogli gentilmente il cucchiaio di mano e dando al bambino una ripulita con il tovagliolo.
-Stavamo... ehm... giocando- fece, dandole le spalle.
-Vedo- commentò lei. Allungò la mano verso una chiazza sul cassettone, vicino a dove si trovava, vi immerse un dito ed assaggiò con aria critica:
-Purè di pastinaca.
-Andromeda ha detto che è... ora di cominciare  a svezzarlo.
-Non mi sembra che sia d’accordo.
-No.
-Non mi sorprende, visto quanto è cattiva questa roba.
Harry prese a sua volta una ditata da quel poco che restava nella scodellina di Teddy e storse il naso:
-E’ davvero cattiva.
-Ma perchè te la stavi facendo tirare addosso?
-Erano ore che piangeva. Ero disposto anche a venir ricoperto di pastinaca pur di farlo smettere, e questa cosa lo divertiva. Comunque...- indugiò, guardandola fisso: -Come mai sei qui?
-Ti stanno tutti aspettando, alla Tana. Ci chiedevamo dove foste finiti tu e Teddy.
Lui la fissò, inespressivo:
-Che significa che ci state aspettando? La festa non è stasera?
Ginny alzò le sopracciglia e guardò l’orologio:
-Harry, non so quanto tempo abbiate passato qui a tirarvi pastinaca, ma sono quasi le sei.
-Come?- Harry si girò a fissare il pendolo di legno scuro, poi sbarrò gli occhi –Io...
-Sono ore che cerchi di farlo mangiare?
-Più o meno. Credevo fossero al massimo le tre. Devo essere un po’ stanco.
Oltre la pastinaca, Ginny guardò il viso segnato. Non si vedevano da settembre, e non le sembrò molto migliorato. Aveva sempre gli occhi verdissimi, ed i capelli più disastrosi che mai, ma era strana la sensazione di estraneità che le dava il rivederlo, dopo una così lunga lontananza, mista pur sempre a tutti i ricordi che aveva di lui e la consapevolezza di anni di amicizia e ben di più.
-Andromeda era preoccupata, voleva venire a vedere.
-Accidenti! Meno male che non l’ha fatto, non so se sarebbe stata tanto felice di... questo.
Le tornarono in mente certi pomeriggi trascorsi in riva al lago, quasi due anni prima: un Harry spiritoso e segreto che nessuno conosceva. Un tempo avrebbero riso insieme, trovandosi in un tale teatro di guerra all’ultima cucchiaiata di purè alla pastinaca.
-E’ meglio se vai a dare una ripulita a te ed a Teddy, io penso alla cucina.
Harry le scoccò un’occhiata indecifrabile, nella quale la gratitudine rappresentava solo lo strato più superficiale, sollevò il bambino dal seggiolone con una abilità ed una sicurezza che la stupì, e mormorando un “Grazie, credo sia il caso” sparì per le scale, di sopra, da dove presto arrivò un rumore di acqua corrente, ed un parlottare confuso inframmezzato da gorgheggi di Teddy.
Ginny cominciò a lavorare di Gratta e Netta sulla carta da parati macchiata, sui mobili di legno lucido della cucina vecchio stile di casa Tonks, sul pavimento di terracotta e sul disastro del seggiolone ed i suoi dintorni. Spedì scodellina e cucchiaio nel lavello. Appese al frigorifero c’erano una decina di foto magiche, tutte che raffiguravano Teddy. La più vecchia doveva essere stata scattata quando aveva solo pochi giorni di vita, e con un moto di nostalgia Ginny osservò Remus e Tonks salutarla dai due lati del neonato Teddy, che dormiva placidamente. Tonks aveva i capelli più rosa che mai, e non stava ferma un attimo: sorrideva, le strizzava l’occhio, la sua mano correva a raggiungere quella di Remus, intrecciando le dita alle sue. Lui si voltava e si allungava per darle un bacio dietro l’orecchio, continuando a carezzare un piedino di Teddy con l’altra mano. Sentì che gli occhi le si offuscavano, guardandoli. Cosa avrebbe pensato Tonks di lei e delle sue scelte recenti, se fosse stata ancora viva? L’avrebbe capita?
Le altre foto erano state scattate nei mesi successivi, così che vari Teddy, di età diverse dormivano o si muovevano da soli o insieme ad Andromeda, salutando qualcuno oltre l’obiettivo, forse Harry stesso, che compariva in diverse foto, con il bambino in braccio, o intento ad intrattenerlo con un giocattolo morbido (che nella foto Teddy gli toglieva di mano per ciucciarlo con grande soddisfazione), ed in una sdraiato sul divano con Teddy sulla pancia, entrambi addormentati profondamente.
Harry sorrideva (nelle foto in cui era sveglio), ma non sembrava mai davvero, del tutto felice. Aveva un’espressione che le era estranea e la spaventava, e Ginny non sapeva se avrebbe dovuto in qualche modo ritenersene responsabile. Aveva sempre accuratamente scacciato pensieri del genere, perchè sapeva che erano una china pericolosa. Ma anche se si era sempre rifiutata di ascoltare Ron o chiunque altro su argomenti come “la sofferenza di Harry”, quelle foto gliela facevano guardare in faccia. Non bastava una pace formale, come quella con lui sottoscritta quella sera alla Tana, prima di tornare a scuola.
Dal piano superiore continuavano a provenire rumori teneri, e la tentazione di andare a vedere fu troppo forte. Salì le scale con qualche esitazione, si affacciò alla porta del bagno ed osservò, appoggiata allo stipite, Harry terminare di far indossare a Teddy i minuscoli vestiti della festa (una microscopica salopette a strisce viola ed oro dall’aspetto così sgargiante che doveva trattarsi di un acquisto della stessa Tonks per il suo bambino), parlandogli sottovoce:
-Adesso andiamo dalla nonna, sì? E da tutti i nostri amici: zia Molly, zio Arthur, Ron, George... te lo ricordi George, quello che ti ha fatto tanto ridere l’altra volta? E ci sono anche Hermione e Ginny che non ti ricordi di sicuro perchè sono state via... sono tornate per Natale apposta per te.
Teddy rise, senza capire una parola, poi gorgheggiò animatamente indicando la porta alle spalle di Harry, dove era comparsa lei. Harry le fece un sorrisetto.
-E’ un bambino adorabile- disse lei.
-Sono d’accordo.
-Non parla, ancora?
-Per nulla. Ma quasi sempre si riesce a capire abbastanza bene cosa vuole. Per esempio, gli piaci.
-Come fai a dirlo?
-Capelli verdi. E’ contento quando gli diventano verdi- rispose Harry, carezzando i ricciolini del bimbo, di sapore decisamente punk con quella tinta.
-Come il rosa di Tonks?
-Più o meno.
Sollevò Teddy dal fasciatoio, spedì con la bacchetta la lurida tutina che gli aveva tolto nel cesto della biancheria.
-Se me lo guardi un attimo, faccio la doccia- disse, piuttosto disinvoltamente. Ginny annuì, ben contenta di prendere in braccio un bimbo così grazioso e profumato, che le sorrideva in maniera incantevole:
-Ehi, Teddy! Anche tu mi piaci molto!- gli disse, tendendo le braccia e lasciandoselo adagiare in collo da Harry, che la aiutò a prenderlo bene come avrebbe fatto una mamma ansiosa.
-Guarda che ce la faccio.
-Attenta a non farlo cadere.
Ginny evitò di ribattere, ed alzò lo sguardo sul viso di Harry, mentre il peso di Teddy le gravava le braccia con dolcezza. Harry fece un piccolo sorriso, Ginny gli sorrise a sua volta e si rese conto che non erano più così vicini da mesi. E non si trattava solo di vicinanza fisica.
-Grazie, Ginny. Faccio in un attimo.
-Ti aspettiamo di sotto.
Lui fece un’ultima carezza a Teddy, poi Ginny indietreggiò, staccandosi da quel contatto perchè potesse chiudere la porta del bagno.
Teddy blaterava e gonfiava bollicine di saliva, e Ginny pensò che al momento non aveva le idee abbastanza chiare per esprimersi in modo molto migliore di lui.
 
-Signora Weasley, questa sera ha superato se stessa!
Una Molly dai capelli quasi completamente grigi sorrise, ed apparve più simile ad un tempo di quanto fosse mai stata negli ultimi mesi, mentre faceva levitare davanti a sé un enorme pudding di Natale. Erano tutti stipati nel soggiorno della Tana, dove si erano spostati, muniti di piattini e forchette, al termine della Cena della vigilia: Arthur, grigio a sua volta e tranquillo, Charlie con una nuova bruciatura che occupava quasi tutta la guancia sinistra, Bill con Fleur splendida nell’abito rosso, Percy con gli occhiali cerchiati di corno alzati sulla fronte e gli occhi stranamente nudi senza quel riparo, George magro, più sbattuto di Harry, taciturno e seduto vicino a suo padre, Ron sul profondo davanzale della finestra ammorbidito da un cuscino con l’aria stanca ma soddisfatta ed un braccio intorno alle spalle di Hermione, che aveva la schiena appoggiata al suo petto e vezzeggiava Teddy, in collo a Ginny seduta all’altro suo lato.
Harry, su una seggiola di legno poco lontano da loro tre, si sporse verso Hermione:
-Quindi stanotte vai a casa?
-Sì, al momento di andare a dormire... sai, mi sembra giusto passare il Natale con i miei... ero un po’ combattuta e questo è il compromesso- rispose lei, sorridendo a Ron oltre le sue spalle.
-Tu resti, vero Harry?
-Accompagno la signora Tonks e Teddy e poi torno, sì- annuì lui.
Andromeda, molto elegante nel suo vestito verde cupo con ricami dorati, i capelli ancora nerissimi intrecciati in un nodo sopra la testa, aveva voluto spiegazioni per il ritardo di Harry, ma non si era arrabbiata, forse cogliendo l’ironia della situazione. Adesso aiutava la signora Weasley a fare le porzioni del dolce sul vecchio buffet in un angolo, spedendo i piattini con precisi movimenti di bacchetta ai vari presenti.
-La Tana non è cambiata per niente, in questi anni- disse poi, guardandosi intorno con i profondi occhi scuri, seduta sul divano accanto a Molly, quando tutti ebbero il loro piattino: -Mi ricordo il primo Natale in questa casa.
Hermione ed Harry alzarono lo sguardo, incuriositi:
-Andromeda ed i tuoi erano amici, da ragazzi?
-Sì, la mamma me ne ha accennato, qualche volta- rispose Ron, vago –Erano a scuola insieme, sai, ed il papà di Tonks... era in Grifondoro, lo stesso anno di mia mamma.
-Non lo sapevo!
-A volte, con gli anni, questi contatti un po’ si perdono... e con tutti i problemi che ci sono stati, e gli impegni... sì, credo che i miei siano stati parecchio impegnati con noi, per un bel po’ di tempo- fece Ron.
-Andromeda non me ne ha mai parlato, in questi mesi- intervenne Harry, le sopracciglia aggrottate, -pensavo che si fossero frequentati soprattutto attraverso l’ordine!
Molly, la testa appoggiata ad una mano, il gomito puntato sul bracciolo del divano, guardava Andromeda con un piccolo sorriso, mentre lei continuava:
-C’eri tu, ragazzo... ed anche tu- fece indicando Bill e poi Charlie -...anche se eri lungo un soldo di cacio. E...
Ma tacque, e tutti capirono che c’erano state anche altre persone, quel Natale di ventisei anni prima, anche se nessuno sembrò comprendere tranne Arthur e Molly che si sorrisero dai due lati opposti della stanza dove si trovavano, un sorriso così malinconico che Harry avvertì un nodo allo stomaco.
-E’ stato quel Natale che hai lasciato definitivamente la tua famiglia, mi ricordo- intervenne Arthur pacato, ed Andromeda annuì:
-Mai fatta scelta più saggia.
-Sei venuta a raggiungere Ted che era da noi a metà serata... in mezzo alla tormenta di neve, povera cara...- commentò Molly, fissando Andromeda con un’aria materna decisamente buffa, visto che si trattava di una sua coetanea di mezza età.
Tutti i giovani della stanza ascoltavano incantati, ed Harry si ripromise di chiedere, in futuro, ad Andromeda, di raccontare quel passato.
Teddy si era addormentato in braccio ad Hermione,  e anche Ginny aveva abbandonato la testa sulla spalla dell’amica. Il grande albero, mano a mano che il fuoco nel camino scemava, restava l’unica fonte di luce nella stanza, dove il brusio delle varie linee dei discorsi si intrecciava nella penombra.
-Anche questo è un... primo Natale, in fondo- commentò Ron –Il primo senza... beh, senza Fred.
-Come sta George?- chiese Hermione, lanciando un’occhiata all’interessato che rigirava il pudding nel piatto con il cucchiaino, senza mangiarlo.
-Non bene. Ultimamente era migliorato abbastanza, ma le feste sono sempre pericolose, giusto?
Hermione ed Harry annuirono silenziosamente.
-Ti ricordi il Natale dello scorso anno, Harry?- chiese Hermione, e lui rivide, incredibilmente nitide le immagini di loro due nel bianco cimitero di Godric’Hollow, la neve chiazzata di colori per il riflesso delle vetrate della chiesetta. Erano ricordi assai più nitidi di quelli relativi alla disavventura che era immediatamente seguita a casa di Bathilda. Ricordava persino l’arricciarsi dei capelli dell’amica sulla tempia, mentre tracciava in aria un cerchio per far apparire una ghirlanda, e l’appoggiava sulla lapide spoglia e semplice dei suoi genitori:
“L’ultimo nemico ad essere sconfitto sarà la morte”
Fred era da qualche parte con i suoi, con la mamma di Teddy, che ora si succhiava un pollice nel sonno, e Remus, che gli aveva parlato proprio di suo figlio quando gli era apparso insieme a Sirius, sua madre e suo padre, nella Foresta Proibita la notte in cui anche lui era andato incontro alla morte.
-E’ stata la più brutta vigilia della mia vita. Anche peggiore di questa, anche se Fred non c’è più- disse Ron, carezzando col pollice il braccio di Hermione –Se avessi saputo che di lì a poco vi avrei trovato, forse...
-Anche a noi non è andata tanto bene... ricordi, Harry?
Harry non rispose: in quel momento voleva ricordare solo il cimitero con la sua pace, e l’aria che si riempiva delle carole di Natale cantate dal coro della chiesina.
Sussultò quando Arthur cominciò a cantarne davvero una, mentre la pendola batteva la mezzanotte:
From starry skies descending...
La signora Weasley aveva le lacrime agli occhi, forse per Fred, o forse per altri pensieri o ricordi che loro non potevano comprendere. George non cantò, ma Ron si unì immediatamente a suo padre, seguito da tutti gli altri, mentre Fleur si alzava per versare il ponce dalla pentola tenuta in caldo sulle braci e mandare in mano a ciascuno una tazza di spessa ed irregolare ceramica.
-Buon Natale a tutti voi- disse Arthur, tranquillo, quando ebbero finito di cantare –Certo i nostri cari... sono contenti di vederci festeggiare qui insieme, anche se ci mancano.
-Buon Natale!- rispose Bill, alzando la tazza, e tutti bevvero agli assenti nel soggiorno caldo e nella notte fredda, mentre il cielo di Natale si stendeva ancora una volta immoto e luminoso sulla terra.
 
Spero che non sia risultato troppo “buoni sentimenti”, ma per me una famiglia riunita a Natale è dolce sempre e comunque! ^_^
Eccovi, se vi siete incuriositi, il link a Primo Natale alla Tana.
A presto, ragazzi!

 
 

   
 
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