Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
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Autore: Vis    02/10/2011    4 recensioni
Avanzò nella notte e solo quando si ritrovò davanti l’enorme nave capì di essere arrivata.
Sorrise: un sorriso furbo, soddisfatto. Con un salto agile salì sul ponte della nave e si guardò in giro: non c’era nessuno; avanzò verso la cabina del capitano.
Sentì uno spostamento d’aria dietro di sé e si voltò all’istante. La mano sinistra scattò alla pistola che teneva al fianco. Scrutò gli angoli bui, ma non sentì i passi felpati che si spostavano alla sue spalle. Solo quando si ritrovò puntato al collo un pugnale si rese conto che era caduta nella trappola del suo nemico. Si concentrò per cercare di capire chi stava affrontando: sentiva la lama fredda del pugnale sfiorarle la pelle del collo, e una mano grande, di certo di un uomo, le teneva la testa all’indietro prendendola per i capelli biondi. Sentì il respiro caldo sulla fronte e constatò che l’uomo era molto più alto di lei. Capì anche che il corpo del ragazzo era ben allenato, lo sentiva, pigiato contro il suo, e solo i suoi vestiti la dividevano da degli addominali e dei muscoli allenati. Fece per prendere la pistola, ma il suo nemico
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Portuguese D. Ace
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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 Emerald... Obsidian




Il mattino seguente, Ace svegliò Hanabi scuotendola leggermente. Hanabi si svegliò e stropicciandosi un occhio si alzò. Prima che finisse di prepararsi Ace era già andato a fare colazione. La ragazza non fece molto conto a quel comportamento: era capitato più volte che il ragazzo era corso a fare colazione senza aspettarla. Ma non sapeva cosa stava per succedere.
Quando arrivò in cucina trovò i posti accanto e di fronte ad Ace occupati, e ne trovò uno accanto a Barbabianca. Si sedette e iniziò a mangiare, in silenzio. Barbabianca la guardava e ne studiava il comportamento. Spostò lo sguardo su Ace e vide il ragazzo silenzioso che spizzicava nel piatto. Sospirò silenziosamente: Ace gli aveva detto che era la cosa migliore, ma  non ne era molto convinto. Ma se suo figlio era così sicuro… Si chiese se Hanabi ne era al corrente, ma dal suo comportamento sembrava non saperne niente.
Hanabi alzò lo sguardo e sorrise a Barbabianca. Il vecchio ricambiò, ma distolse lo sguardo, evitando così di dover affrontare una conversazione con la ragazza. Non sopportava dover mentire ai suoi figli, lei era pure la sua prima figlia… ma non voleva deludere neanche Ace.
 
La sera stessa la Moby Dick si era messa in viaggio, chissà per quali luoghi sconosciuti e Barbabianca dovette dare l’ordine di navigare verso un preciso punto. Per il resto della giornata rimase chiuso nella sua cabina, a pensare a cosa era meglio fare, ma la sera, quando fu ora di andare a cenare, non aveva ancora trovato una soluzione. I tre giorni di viaggio passarono lentamente e Hanabi sentì Ace più distante che mai, anche se era vicino a lei, o nella stessa stanza: le sembrava che il ragazzo si allontanasse sempre di più da lei. E la ragazza era scoraggiata. Cosa poteva fare?
Il secondo giorno, ad esempio, nella mattinata non aveva visto Pugno Di Fuoco, scomparso a divertirsi chissà dove con gli amici. E Hanabi poteva sfogarsi con Satch, essere consolata da lui.
-Dai Hanabi, cosa ti va di fare? Qualche scherzo? Giochiamo?-
-Va bene qualsiasi cosa- disse Hanabi. Satch ghignò: perfetto.
La portò nella cabina di Marco. La ragazza non c’era mai stata. Vide la fenice dormire placidamente sul letto, la camicia adagiata a terra.
Hanabi si mise in punta di piedi e bisbigliò all’orecchio di Satch:-E se si sveglia?-
-Stai tranquilla, Marco ha un sonno pesante, molto pesante, peggio di Ace. Ora passami la tua pochette per i trucchi-
Hanabi gli passò l’astuccetto. Non che avesse tanti trucchi, ma a volte le servivano.
Satch si abbassò su Marco e scelse con cura i trucchi poi si mise all’opera.
Uscirono dalla cabina mezz’ora dopo, ridendo. Satch era riuscito a farla distrarre.
-Grazie Satch, sei un vero amico- gli disse.
-Già…- fece una risata nervosa e distolse lo sguardo, a disagio. Hanabi non sapeva che Satch era al corrente di tutto. Ace glielo aveva detto lo stesso giorno che aveva preso la decisione. E così pure a Marco.
Stettero sul ponte, ad aspettare che Marco arrivasse, per guardare il lavoro del ragazzo. C’era anche il resto della ciurma e l’arrivo della fenice fu annunciato da un grido:-SATCH!!-
Un attimo dopo ecco Marco: aveva la solita camicia fucsia, il tatuaggio sul petto e sulla tartaruga…
Due occhi e una bocca che ad ogni passo dell’uomo, assumevano facce buffissime facendo ridire tutti i presenti.
-Satch! Come hai osato!?-
Satch per tutta risposta continuò a ridere.
-Satch…- digrignò i denti e con passo minaccioso si avvicinò al ragazzo. Poi però sentì le risate aumentare sempre di più e rivolgendo uno sguardo minaccioso a tutti i presenti, batté in ritirata per ripulire l’orrore sulla sua pancia.
Hanabi non era una che si piangeva addosso per troppo tempo. Quel pomeriggio stesso, dopo la mattinata passata con Satch, cercò per tutta la nave Ace e lo trovò appoggiato alla ringhiera di uno dei corridoi esterni a dormire. Quel giorno stranamente indossava una camicia. Lo afferrò per il colletto e Portuguese si svegliò subito. Si guardò intorno, spaesato, e quando vide il viso di Hanabi ad un soffio dal suo si calmò e si rabbuiò. Hanabi notò benissimo quel cambiamento, grazie agli occhi. Come si dice, gli occhi mostrano l’anima, no?
Gli occhi di Ace erano Ossidiana fusa, bollente, ma appena videro Hanabi si fece fredda, dura. Hanabi non mollò.
Ma anche Ace poté capire cosa provava Hanabi in quel momento: quando si era svegliato, gli occhi di Hanabi erano vivi, Smeraldo accesso di mille riflessi e luci. Ma subito dopo aver letto dentro gli occhi del ragazzo, una a una le luci si erano diradate, i colori spenti. Erano rimaste solo le iridi verdi, sì, ma cupe.
-Hanabi… che c’è?-
-Ace perché mi eviti? Perché non mi calcoli?- attese, ma Ace abbassò lo sguardo e non disse niente. Non bisognava scordare che Hanabi era una ragazza innamorata, e da ragazza innamorata, aveva le sue paranoie:
-Forse non ti piaccio più? Ho fatto qualcosa che ti ha fatto arrabbiare?-
Ancora silenzio.
-Ti prego, Ace di’ qualcosa, qualunque cosa- la stretta al colletto di Ace si allentò, e Hanabi fu scossa da un singhiozzo. Ace alzò lo sguardo, pensando di vedere il viso della ragazza solcato dalle lacrime, ma niente. Hanabi si era lasciata scappare un solo singhiozzo. Le lacrime le aveva rimandate indietro.
Il cuore del ragazzo stava scoppiando. Doveva baciarla, stringerla, rassicurarla, non poteva vederla così.
No.
Tutto quello era per il suo bene. Poteva far male all’inizio, ma alla fine le avrebbe fatto bene. Ma a lui? Cosa avrebbe fatto?
Hanabi tentò un ultimo, disperato tentativo. Si avvicinò piano e poggiò le sue labbra su quelle di Ace. Il ragazzo facendo uso di tutto il suo autocontrollo, si costrinse a non rispondere. Hanabi dischiuse le labbra di Ace con le sue, ma vedendo che il ragazzo non accennava a fare niente, si allontanò, gli occhi inondati dalla lacrime puntati a terra e per non scoppiare a piangere lì davanti a lui, scappò via. Ace la guardò correre, poi quando fu lontana, si prese a pugni la testa, affondata nelle ginocchia. Non era più tanto sicuro di quello che faceva.
Arrivò l’ultimo giorno di viaggio. Hanabi lo passò in cabina, non avendo nessuna voglia di farsi vedere nello stato pietoso in cui era dagli altri. Satch aveva provato a convincerla a uscire, ma lei era stata irremovibile. Tentò anche Marco, ma anche quel tentativo fu vano.
A pomeriggio inoltrato, la nave approdò in una città grande, non molto caotica, ma molto popolata. Hanabi uscì sul ponte, per vedere dove erano capitati, ma quando riconobbe il paesaggio il suo cuore perse un battito. Cosa ci facevano lì!? Sentì un frusciare di vestiti alla sua sinistra, ma non ci fu bisogno di voltarsi per capire chi era.
-Mi spiace-
Non rispose. Ora quadrava tutto.
-Perché?- chiese, guardandolo, gli occhi pieni di rancore e tristezza.
-La notte dopo la battaglia con Teach ti ho sentita piangere. Ho capito che era perché aveva ucciso quell’uomo-
Hanabi si odiò per aver pianto.
Ace le si avvicinò e le disse:-Hanabi, nella vita di un pirata uccidere è necessario. Se tu continuassi a esserlo, quel cadavere sarebbe solo il primo di molti altri. E non reggeresti a lungo-
-Tu che ne sai?- sibilò.
-Hai un carattere forte, sì, ma tutti hanno delle debolezze-
Il discorso fu troncato lì dall’arrivo degli abitanti della città sulla spiaggia. E fra quelli i genitori di Hanabi. La riconobbero.
-Hanabi!- la chiamarono. Lei si voltò e rivolse loro uno sguardo freddo. Tornò nella cabina e Ace la seguì, chiudendo la porta.
Lei si voltò e con sguardo implorante disse:-Ti prego non farlo. Non farmi andare da loro-
Ace fece per parlare, ma sulla soglia della porta comparve Barbabianca.
Hanabi lo guardò e dall’espressione dispiaciuta sul suo viso, capì che lui sapeva tutto.
Afferrò la borsa che Ace le aveva regalato e ci mise con malagrazia tutti i suoi vestiti.
La chiuse e prima di uscire, disse:-Non ha senso rimanere qui se non sono desiderata. Divertitevi-
Il vecchio Imperatore la fece passare e Hanabi con un salto agile saltò sulla sabbia.
Non si sentiva desiderata. Non aveva capito che lui l’aveva fatto proprio perché l’amava?!
Barbabianca se ne andò e Ace vide Marco e Satch scendere a terra anche loro per salutare Hanabi. La ragazza li ignorò e Ace si immaginò la faccia dispiaciuta di Satch. In fondo anche Marco era triste, ma lui non dimostrava quello che provava. Non in pubblico almeno. Ace vide Hanabi mimetizzarsi nella folla e quando la perse di vista si sentì vuoto. Satch e Marco comparvero davanti la porta, e Marco con un tono neutro disse:
-Nostro Padre ha deciso di ripartire subito-
Ace annuì e chiuse la porta della sua cabina. Sapeva che avrebbe fatto male, ma non aveva immaginato così male.
 
Le settimane passarono ed Hanabi stava chiusa sempre in camera sua, usciva solo per sgranchire a volte gli arti e la ali. Le piaceva volare di notte, avvolta dal buio. La sua vita era ricominciata, monotona. Non aveva neanche provato a fare altro. Non voleva fare altro.
Quella notte era seduta sul davanzale della finestra, i piedi penzolanti, trasformanti in artigli, a volte infuocati altre no. A cosa pensava? Ad Ace, naturalmente. Chissà se il ragazzo la pensava qualche volta. Guardò il mare davanti a sé. Non dovevano farle quello, non doveva farle quello. Non se l’amava davvero.
Non bisogna pensare che Ace stava meglio. Anzi, stava peggio. Più volte aveva pensato di prendere una barchetta per andare a riprendere Hanabi, ma si era sempre trattenuto. Da quel giorno, da quel maledetto giorno, non era stato più lo stesso. E tutti lo sapevano, ma rispettavano la sua volontà.
Ace crollò due mesi dopo, dopo che tutta la sua forza di volontà si era prosciugata davanti ai sentimenti. Prima di colazione, era corso nella cabina di Barbabianca, e il vecchio pirata sorrise quando lo vide. Sapeva che sarebbe andato a parlargli, prima o poi.
-Padre, ti prego, torniamo da Hanabi! Non resisto, non riesco a non averla accanto!-
-Fino a poco tempo fa, Ace, pensavi fosse un scelta da egoista- affermò l’Imperatore, ridendo sotto i baffi.
-Sai benissimo che mi sbagliavo! Non ce la faccio più!-
Barbabianca sospirò e disse:-Figliolo, dovrai aspettare ancora cinque giorni prima di riabbracciare Hanabi-chan-
Ace sgranò gli occhi, poi si ricompose e disse:-Mi sono torturato per due mesi. Posso aspettare altri cinque giorni-
La situazione cambiò radicalmente: Ace era più attivo, più allegro, più sorridente. E questo perché stava per rivedere Hanabi. Al solo pensiero, il cuore gli si riempiva di felicità.
Cinque giorni passarono lenti, ma passarono. Ed Ace era sul ponte, pronto a correre da lei. Appena la nave toccò la sabbia Ace saltò giù e come un pazzo iniziò a correre. Vagò, vagò e dovette chiedere. Gli indicarono la casa della ragazza, ma quando andò a bussare alla sua porta, gli dissero che non c’era. Non si perse d’animo. Poteva trovarla, doveva trovarla. Iniziò a vagare, capitando più volte in vicoli cechi e ritrovandosi a volte in vie già percorse.
 
Hanabi quella mattina aveva deciso di andare al mercato. Lì c’erano molti chioschi, avrebbe riassaggiato qualche pietanza tipica di lì. Uscì e appena arrivò al mercato mille odori diversi le inondarono le narici. Iniziò a comprare ogni tipo di alimento, passando dal dolce al salato. Ma non mangiava solo per fame. Anche per consolarsi. Cosa che non aveva previsto fu quella di rincontrare Mei e Cail. Se li ritrovò davanti, a braccetto. Quando la videro entrambi impallidirono e Hanabi ingoiò un boccone. Non dissero niente, Mei imbarazzata, sapendo benissimo che Cail piaceva all’amica e anche Cail era in soggezione, sentendosi di troppo: c’erano tanti fraintendimenti fra le due ragazze. Hanabi li guardò un ultima volta, poi li sorpassò e se ne andò ricominciando a mangiare. Poco dopo incontrò Aki. Il ragazzo le sorrise languidamente e Hanabi si infuriò. Per colpa sua aveva litigato con Mei. Per colpa sua non era stata con Cail. Per colpa sua… per colpa sua aveva conosciuto Ace. Aki le si stava avvicinando. Pensò subito a colpirlo con un artiglio… no, non era più un pirata, e il ragazzo non era un nemico. Quando alzò lo sguardo, vide qualcosa che la colpì: due faccine azzurre su un cappello arancione. Le cercò fra la folla, ma le aveva perse di vista. Poi lo rivide: Ace, dietro Aki, che la guardava, un sorriso stampato in faccia. Superò Aki, che la seguì con lo sguardo deluso e Hanabi abbracciò Ace. Il ragazzo per l’entusiasmo la sollevò da terra e girò più volte su ste sesso. Quando si fermò, si baciarono, a lungo, sotto lo sguardo allibito di Aki. Quando lui la mise a terra, Hanabi lo guardò raggiante, senza pensare a mesi prima. Il passato era il passato, l’importante era che lui era lì. 
-Sono stato uno stupido- disse Ace, dandole un bacio sulle labbra. Lei rise e disse:-Già, proprio uno stupido-
Ace sorrise e disse:-Dai, andiamo, nostro Padre ci sta aspettando- le prese la mano.
-Ace, aspetta devo passare a casa mia e…- solo ora con la coda dell’occhio vide che Mei, Cail e Aki li fissavano.
-Hanabi, che succede?- chiese Mei, senza distogliere lo sguardo dalle mani intrecciate dei due ragazzi.
Hanabi pensò che doveva essere arrabbiata con lei, che in fondo era tutta colpa sua, ma non ci riusciva.
-Sono un pirata, ora- disse, guardandola negli occhi.
-Cosa? Ma, ma che stai dicendo?- fece un passo verso la ragazza, lasciando il braccio di Cail.
-E’ una lunga storia- lasciò la mano di Ace.
-Ho tutto il tempo- Mei avanzò verso di lei. Hanabi non poté evitare di seguire l’amica e di raccontarle tutto. Parlarono tutto il giorno, e quando si lasciarono la sera, era come se non fosse successo niente, se quei due anni non fossero passati.
Ace era tornato alla nave, a chiedere a Barbabianca se potevano restare lì qualche giorno e il pirata accettò, doveva anche fare rifornimenti.
Quando Ace accompagnò a casa Hanabi fece per andarsene, ma la ragazza gli prese una mano con le sue e tirandolo verso la porta disse:
-No, tu sta notte dormi qui, bello!-
-Ma nostro Padre…-
-Nostro Padre capirà e aspetterà. E’ da due mesi che non ci vediamo- disse Hanabi sorridendo dolcemente.
Così Ace fu ospite a casa di Hanabi. La madre era un’ottima cuoca e il padre della ragazza non era un tipo particolarmente geloso, ma Ace non provava a baciare la ragazza davanti all’uomo, anche se Hanabi lo provocava praticamente ogni minuto.
Arrivò l’ora di andare a dormire, e Ace fece per accamparsi sul divano, ma Hanabi lo trascinò in camera sua. Lì, nella camera, troneggiava un letto matrimoniale. A terra vari tappeti e una grande finestra che affacciava sul mare. Un gigantesco armadio conteneva i vestiti della ragazza, e accanto ad esso un scrivania, con sopra fogli e libri vari.
-A tuo padre va bene se dormo qui? Con te?- chiese.
-Certo- rispose Hanabi alzando le spalle.
La ragazza stava indossando una camicia da notte e si buttò sul letto, facendo segno ad Ace di venirle accanto. Il ragazzo si tolse il cappello e gli stivali e si mise accanto alla ragazza. Hanabi gli buttò le braccia al collo e appoggiando la testa sul petto disse, felice:-Sei tornato-
Ace l’abbracciò a sua volta, ma quella frase lo fece sentire ancora più in colpa.
-I-io credevo fosse la cosa migliore…- borbottò.
Hanabi si allontanò per guardarlo e con sguardo duro disse:-Ace, non devi decidere cosa è meglio per me. Prometti che non lo farai più-
-Promesso- disse subito Ace. Non avrebbe mai rifatto lo stesso sbaglio.
Hanabi tornò sorridente e gli diede un leggero bacio. Gli era mancato da impazzire. Si addormentarono abbracciati e si svegliarono in quella stessa posizione.
Rimasero stesi a letto, svegli, ad assaporare quel dolce momento quando Hanabi si alzò di scatto e spalancò l’armadio, borbottando:-Oh cavolo, oh cavolo, oh cavoli…-
-Hana, che succede?- chiese Ace seguendola con lo sguardo.
-Mi ero scordata dell’appuntamento con Mei!-
 
Hanabi ed Ace uscirono di casa tre quarti d’ora dopo, lui diretto alla Moby Dick e lei a casa dell’amica.
Bussò e le venne ad aprire proprio Mei.
-Hana! Sei in ritardo, ma non importa- chiuse la porta dietro di sé -su, andiamo-
Andarono a fare una passeggiata e Mei disse:-Carino il tuo fidanzato…-
-Carino? Carino è poco!- rispose la ragazza, per niente modesta.
Mei la guardò, poi guardando il cielo disse:-Sei molto cambiata da due anni fa. Prima era insicura, un po’ timida, invece ora, sei tutto il contrario…-
-La vita ti cambia- affermò Hanabi, guardando fisso davanti a sé.
-Cos’è successo?- chiese Mei.
Hanabi non rispose: non poteva dirle quello che le aveva passato, non avrebbe capito.
-Hana, torneresti a vivere qui?-
-No! Non potrei mai! Questi due mesi sono stati un inferno, voglio tornare dai miei amici- disse subito Hanabi.
-… Ed io non sono una tua amica?-
Hanabi si voltò verso di lei. Trasformò le mani in artigli, li fissò e disse:-Io voglio fare il pirata. Ho mangiato questo Frutto Del Mare per fare il pirata. Niente mi può trattenere qui-
Mei provò a dire qualcosa, ma Hanabi se ne andò, piantandola in asso.
Stava solo perdendo tempo. Per due mesi aveva sognato il momento di tornare in mare, ed ora che poteva andarsene si tratteneva ancora lì. Passò da casa e fece quello che aveva fatto mesi fa. Prese tutta la sua roba e salutò appena i genitori. Quando chiuse la porta dietro di sé le ali le comparvero sulla schiena e volò verso il mare. Vide la Moby Dick e quando fu più vicina vide Ace sul ponte.
-Aceeeee!- urlò, il ragazzo si voltò ma fece in tempo a vedere quella furia che era la sua fidanzata buttarsi addosso a lui, facendo cadere e rotolare a terra entrambi.
-Ma che…?-
Hanabi sorrise e disse, alzandosi:-Spero tu non abbia tolto il mio letto, altrimenti dovrai comprarmene un altro-
Ace sorrise, ma non fece in tempo ad alzarsi che Hanabi fu abbracciata da Satch. Il ragazzo prese a girare su stesso, delle lacrime agli occhi, mentre urlava:
-Hanabi-chan, quanto mi sei mancata!!-
Hanabi rideva e quando finalmente Satch la mollò, Marco si fece avanti e mettendogli una mano sulla spalla le disse:-Ora che sei tornata non ci sarà più la calma sulla nave-
Hanabi prese quella frase come un benvenuto e disse:-Anche tu mi sei mancato, Marco-
-Chi ha detto che mi sei mancata?- disse la Fenice, affondando le mani nella tasche e facendo un mezzo sorriso.
Arrivò Barbabianca. Non ci fu bisogno di parole, e i pirati si misero all’opera: era ora di salpare. Hanabi salutò il Padre, e con Ace andò nella cabina a posare le sue cose.
Si buttò sul letto e disse:-Ora si che mi sento a casa-
Ace sorrise e le diede un bacio. Era di nuovo lì con lui, e non l’avrebbe lasciata mai più.

 
   
 
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