Aaah! Mi sembra sia passato un secolo! (?) Un capitolo
interessantissimo, questo! (Non è vero). Come vi avevo detto, questo è un
BakFou con del Laven per contorno. Molto poco. Più un Allen e basta (e non
perché non volevo Lavi ma… Lavi in quel momento era impegnato in un’altra
faccenda lololol come si capirà dalle prime righe).
Beh, cheddire apparte che
non scriverò MAI PIU’ IN VITA MIA una BakFou perché è
una COPPIA IMPOSSIBILE DA SCRIVERE (IC tendente a zero in questo capitolo)? :D Nulla.
Quindi buona lettura, e ditemi cosa ne pensate.
Nota che rasenta l’inutile:
mentre facevo un po’ i calcoli progettistici (?) su questa fic,
avevo vagamente pensato che forse sarebbe stato figo fare
anche qui sette capitoli. Ma contando i capitoli che avevo in mente di scrivere
(ebbene sì! Vi ho ingannati per tutto il tempo, perché in realtà ho
praticamente già deciso cosa scrivere quindi se volete qualcos’altro io vi
ignorerò HAH.) ho fatto l’orrenda scoperta che sono
otto D: In realtà senza saperlo inizialmente ne avevo progettati sette, ma poi
dato che svariati volevano un capitolo postdichiarazione
con Lavi ancora ad Hogwarts, sono diventati otto E E E. Panico, non riuscivo a
decidere quale togliere. Perciò alla fine, panicando
inappropriatamente, sono giunta alla conclusione che l’ultimo capitolo sarà un’unione
sminchia tra due capitoli A__A
E così i capitoli saranno ufficialmente sette!
Disclaimer: semplicemente, no.
.
Why Fou went to
see Bak
( S E V E N
)
.
Poco
distanti da un gruppo di studenti del sesto anno che ridono sommessamente e si
scambiano confezioni di merce sospetta, Lavi e Lenalee
sono seduti sul lungo e comodo divano della Sala Comune. La ragazza si passa le
dita nel suo caschetto di lucidi capelli neri con un movimento insofferente,
mentre le dita dell’altra mano tamburellano veloci sullo schienale ricoperto di
stoffa rossa. Lavi, invece, ha palesemente la faccia di uno che vorrebbe
Smaterializzarsi a qualche miglio di distanza.
Sfortunatamente
per lui, a Hogwarts non ci si può Smaterializzare.
“Mi confondo
sempre tra Nettuno e Urano: qual è quello che simboleggia la fantasia e auspica
il crollo di illusioni?” la voce di Allen la fa trasalire, e la piuma scivola dalla
sua mano sulla pergamena gialliccia , tracciando una riga sbavata d’inchiostro
sul foglio precedentemente intonso.
“Ma poi perché
mi preoccupo di Divinazione,” prosegue Allen, mentre si abbandona contro lo
schienale della sua sedia e si stropiccia gli occhi stancamente, “se so già che
all’esame improvviserò tutto? Dimmi la verità: tu hai mai visto qualcosa in
quella stupida boccia di cristallo?”
In risposta,
Fou si limita a sghignazzare sonoramente, prendendo
in mano un pesante tomo rilegato in pelle e buttandolo davanti all’altro. Il ‘thump’ sordo che provoca incontrando il tavolo sembra quasi
un presagio di sventura e insuperabili fatiche. “Infatti, dato che con Sokaro non avrai problemi, ti consiglio vivamente di
ripassare Trasfigurazione. La Nine ha esplicitamente
detto che non accetterà al sesto anno chi ha preso meno di O nei suoi G.U.F.O.”
Allen
giocherella spassionatamente con la sua penna piumata di grigio e scruta con svogliatezza
quel libro che ora è piazzato in bella vista davanti a lui, impossibile da
ignorare.
“Lo so,”
risponde, tormentando un angolo della sua pergamena distrattamente, “ma non
voglio immaginare cosa farebbe la Lotto se qualcuno dei suoi studenti prendesse
una D… o peggio, una T. Cosa che trovo peraltro
piuttosto possibile.”
Il comune
senso di colpa contrae i loro visi in una prolungata smorfia di ansia e
comprensione reciproca.
“Beh, magari
c’è abituata…” suggerisce Fou
con poca energia. “La divinazione non è una cosa che possono praticare tutti. E
poi sicuramente il Preside le impedirà di fare qualche sciocchezza.”
Scoraggiato,
Allen scrolla le spalle e apre il libro di Trasfigurazione, non risparmiandogli
l’ennesima, ormai consueta occhiata critica.
“Odio il
fatto che tu abbia la metà degli incantesimi da conoscere rispetto a me,”
commenta aspramente.
Fou gli rivolge
un sorriso impertinente, e per provare il suo punto, modifica la tonalità dei
suoi capelli fino a farli diventare da rosa cicca a un altrettanto insolito
rosa salmone tendente all’arancione.
“Non è colpa
mia se mio padre è un Metamorphomagus,” chioccia con
soddisfazione, arricciandosi una ciocca di capelli all’indice per esaminarne
più da vicino il nuovo colore.
Allen
aggrotta la fronte, sempre più rabbuiato. Prende in mano la sua bacchetta ed
effettua un incantesimo di Rabbocco sul suo bicchiere, che immediatamente si
riempie di nuova acqua limpida e fresca.
“Allora odio
i Metamophomagi,” rettifica tetramente, afferrando il
bicchiere e bevendo un sorso d’acqua, con una tragicità tale nei suoi movimenti
che la scena risulta oltremodo comica.
Fou fa le fusa
senza alcuna vergogna di sé, lisciando la sua pergamena e allungando la mano
verso il libro di Antiche Rune con una pacatezza regale.
“Allen,
Allen, persona debole, la tua invidia
intensifica solo le mie abilità.”
Nonostante il
fulmineo attacco di depressione, Allen scoppia a ridere quando Fou si volta verso di lui con uno schiacciato naso all’insù
dall’aria spocchiosa e le sopracciglia arcuate in una forma assurda ma in una
perfetta riproduzione di quelle di un loro passato – e odiato – insegnante di
Difesa Contro le Arti Oscure.
Una volta
calmate le risa, Fou si mette in bilico sulle gambe
posteriori della sedia e allaccia le dita dietro la testa. Mentre studia le
curve dei drappi rossi dagli orli dorati che decorano la parete opposta con
finto interesse, si mordicchia il labbro inferiore, taciturna. Di fianco a lei,
Allen riprende a sfogliare il suo libro.
“Beh, Allen,
mi sa che devo andare,” afferma, e fa per alzarsi.
Quando l’amico
le chiede dove, lei esita un attimo, prima di replicare con un borbottio
indistinto che spera vivamente basti a soddisfare l’altro.
Però
ovviamente Allen si gira, questa volta più attento alle sue parole. “Eh?”
“A ripassare
Antiche Rune,” ripete distintamente Fou, con una
scrollata di spalle che mira a distrarre l’attenzione dalla sua immediata
agitazione. “Con Bak. E i soliti di Tassorosso. Rou Fa, eccetera.”
Il ghigno d’intesa
che si allarga da orecchio a orecchio sul viso pallido di Allen la infastidisce
nel profondo, perciò reagisce rapidamente e istintivamente
donandogli garbatamente un lieve
pugno alla spalla.
“Ow! Che cosa ho
fatto!” si lamenta Allen mentre si massaggia l’arto ingiuriato, comportandosi come
se lo avesse invece pugnalato a fondo.
“Sorridevi
come un idiota,” si giustifica Fou asciutta. “Non lo
sai che l’idiozia è un reato in certi Paesi? E Allen, era lieve.”
“No che non lo era!”
Fou non degna l’amico
di una risposta, e procede a chiudere il suo libro di Antiche Rune e a
metterselo sottobraccio.
Mentre lei
si alza, il ragazzo incrocia le braccia e la scruta con attenzione, la malizia
che gli illumina le iridi tempestose.
“Si dichiarerà
entro la fine dell’anno. Lui, o te,”
commenta con voce limpida e esageratamente fiduciosa.
Fou solleva il
mento e ostenta un’aria di indifferenza che non le è propria. “Non sono neanche
sicura che mi piaccia, Allen.”
“Sì,
proprio. È da un mese che vi girate intorno con occhi predatori! E anche se tu
non fossi ancora sicura, lui secondo me lo è,” dice Allen, con una sicurezza che
un po’ spiazza la ragazza.
“Non credo
proprio, Al… Ci sono le stesse probabilità che
succeda di quante ce ne sono che tu
ti dichiari a Lavi entro fine anno. O
in generale.” E questo è classificato, nell’enciclopedia personale di Fou, come un colpo basso. Ma Fou
non si trattiene mai dal ricorrere a spietati sotterfugi quando si sente messa
all’angolo – anche se di questo particolare ‘sotterfugio’ è davvero convinta.
La smorfia
di Allen ha un che di profondamente patetico. Non esce mai una buona espressione
quando si tenta di mischiare l’afflizione e l’amarezza con il fastidio.
“Allora mi
dispiace per voi,” risponde con eccessiva calma. “Speravo vi poteste mettere
insieme prima della mia morte.”
“Allen, dovresti…”
“Ne abbiamo
già parlato, Fou.”
La durezza
nella sua voce è un chiaro segnale, che intima a Fou
di non inoltrarsi nell’ennesimo battibecco destinato a sfociare inevitabilmente
in un litigio. Ma questa volta Fou si sente particolarmente
stufa di assecondare l’ennesima
parata di finzioni adombrate da patetica rassegnazione che Allen trascina
avanti con crescente fatica.
“Ne abbiamo
già parlato, sì, e sai cosa ne penso,” esplode Fou,
riuscendo però sorprendentemente a mantenere bassa la sua voce. “La verità,
Allen, è che sei un codardo senza palle. Tutti quei discorsi sul lasciarlo
decidere da solo, sul non condizionarlo… In realtà
hai solo paura. Esattamente come lui. E se continuate così ancora per molto
probabilmente non andrete a finire da nessuna parte. Uno di voi due si
stancherà, e non avrete più occasioni. Perciò quello che ti consiglio di fare è
alzarti, andare da lui, e dirgli… qualcosa. Risolvete la faccenda, prima
che l’anno termini. Chi era che aveva detto di non lasciarsi rimpianti alle
spalle?”
Allen si
rifiuta di guardarla, ha gli occhi puntati caparbiamente su Lavi. Ma il suo cipiglio,
le spalle rigide e le labbra serrate in una linea inflessibile dicono a Fou che l’ha ascoltata, e che è arrabbiato. O frustrato, Fou non riesce a capire. D’altronde non è lei quella
innamorata del suo migliore amico, questa volta.
Perciò sospira
pesantemente e, senza aspettare una risposta o il saluto di Allen, gira sui
tacchi e s’incammina da sola verso la biblioteca.
Sulla
strada, scivolando di corridoio in corridoio, evitando a malapena studenti e
professori che vi passeggiano, Fou si massaggia impacciata
il collo, realizzando di aver esagerato con Allen; e mentre si avvicina al
punto d’incontro con Bak, pensa anche che si sia
comportata in modo un po’ ipocrita.
Non è che
Allen sia propriamente un codardo. In fondo ha anche lui le sue ragioni per
fare quello che fa – seppure un po’ contorte, sono accettabili. Due anni
passati con la speranza che Lavi si accorgesse di lui e dei suoi sentimenti devono
essere stati piuttosto pesanti psicologicamente, soprattutto con il timore sempre
incombente di poter rovinare un’amicizia vitale. Non è poi cosa da tutti giorni
innamorarsi del proprio migliore amico, e in più dello stesso sesso. Al tempo, Fou non era stata capace di dispensare molti utili consigli
– sia benedetta Lenalee.
Inoltre, se anche
Allen fosse da considerare un codardo, di conseguenza lei certo non è da meno. Tra
il primo e il secondo anno, Allen le era piaciuto per molti mesi, e così come
aveva fatto il ragazzo, anche lei non aveva mai detto nulla – non sa neanche se
Allen sia a conoscenza di questo dettaglio della loro lunga amicizia. Non che
ora abbia molta importanza.
Ma forse,
riflette Fou con una certa dose di vergogna, è per
questo che tenta sempre di spingerlo ad agire, seppure spesso con troppa
violenza: non vuole che Allen commetta i suoi stessi errori.
Nonostante
ora Allen non le piaccia più, capita che, ogni tanto, quando è stesa sul letto a
occhi chiusi, a ripensare alle giornata trascorsa o a un incontro con Bak, o ad Allen e Lavi che sono sempre così vicini – sempre
più vicini – si chieda cosa sarebbe successo.
Cosa sarebbe
successo se lei si fosse confessata. Se, facendolo, avrebbe scoperto di avere una
possibilità, e si sarebbero poi messi insieme, sarebbero stati una coppia,
quanto sarebbero durati…
Si rende
conto che, ragionando obiettivamente, Allen e lei non sarebbero mai stati una
coppia duratura. Non ne è certa, ma quasi. Da sempre Allen l’ha di certo vista
sempre e solo come una sorella, niente di più, e ormai anche Fou non riuscirebbe a vederlo in altro modo. Ma
soprattutto, Fou non ha mai avvertito tra loro quella
sensazione che invece avverte a vere e proprio ondate tra lui e Lavi.
Lavi. Allen
non le ha mai dato l’impressione di essere gay, eppure…
c’è qualcosa che clicca perfettamente tra di loro. Sono come due tasselli di un
puzzle, che scivolano l’uno sull’altro e s’incastrano alla perfezione,
dentellatura per dentellatura. E questo solo perché sono loro. A questo punto, Fou non riesce a
spiegare a se stessa cos’è che davvero senta, però è innegabilmente lì, la
percezione di una sintonia a un livello che tra lei e Allen non è mai stato
raggiunto.
Ma è stato
meglio così, si dice sempre Fou, ora che il dolore
non esiste più.
Poi spesso le
viene in mente anche Bak, con il suo passato amore
viscerale per Lenalee, e la medesima confessione
mancata. Si rende conto che lei e Bak appartengono
alla stessa specie: persone che hanno amato, e che non hanno avuto il coraggio
di mettersi in gioco, che fosse per paura, e per un senso di inadeguatezza. Ogni
tanto Fou si chiede se potrebbe essere semplicemente
quello ad averli uniti, il fatto che siano fatti della stessa pasta. Sono elementi
di scarto di un quadro più grande che alla fine hanno trovato il loro posto
insieme, accontentatisi l’uno dell’altro nonostante non siano ciò che desiderano.
Ma Fou non è mai stata una persona da ‘se’ e ‘ma’. Sa, in
realtà, di essere forte e di non essere lo scarto di nessuno. Ha fatto le sue
scelte, e andrà avanti per la sua strada innamorandosi di qualcuno che a sua
volta sarà molto più di un semplice scarto.
Preferisce
vivere nel presente invece che rinchiudersi nel passato e rimpiangere le
occasioni perse. Perciò a questo punto delle sue deprimenti riflessioni, di
solito, Fou scuote la testa e pensa ‘cosa cazzo me ne
frega’, e ritorna con la sua mente al presente, al momento che sta vivendo, e smette
di provare rimorso, che ha sempre pensato fosse una sensazione che non le addicesse.
E anche se
ancora non è molto sicura che Bak le piaccia così
tanto come Allen sembra pensare, si rende conto che la sicurezza che mostrava il
suo amico parlando della sua confessione, e l’idea stessa della confessione di Bak, non la
dispiacciono poi così tanto. E ciò le pare un utile indizio.
Quindi
capita soltanto qualche volta che Fou non riesca a
trattenersi dal chiedersi se—
Una mano si
stringe attorno al suo avambraccio con delicatezza, e Fou
alza di scatto la testa per prendere visione di un Bak,
dall’aspetto trafelato e il codino dal biondo dorato semidisfatto, che preme al
petto il suo libro di Antiche Rune e le indirizza con i suoi occhi color cioccolato
un mezzo sguardo apologetico.
“Scusami,
aspetti da tanto?”
Fou sbatte le
palpebre un paio di volte, per poi lanciare un’occhiata intorno a sé e
accorgersi di essere già arrivata all’entrata della biblioteca. “Ah,” risponde
laconicamente, sinceramente stupita. Non ricorda di aver camminato fino a là.
Questo è il
motivo per cui non le piace pensare ai problemi di cuore. Liquefa il cervello
alla radice.
Quando Bak si fa perplesso e manifesta un crescente affanno, Fou si preoccupa di elaborare. “No no, non aspetto da… tanto. O almeno credo.”
Bak sembra non
capire, e Fou non lo biasima. “Beh, in ogni caso… non è che ti va di andare a studiare fuori, oggi?”
chiede il ragazzo con voce agitata, ma tinta di speranza.
“E Rou Fa e gli altri?” indaga lei.
“Ah,” Bak si dimena sul posto come se stesse camminando su braci
ardenti, e questa volta è Fou a non capire, “non
potevano. Stavano facendo… altro.”
Fou annuisce
riluttante, ma segue obbediente Bak nei corridoi, oltre
il portone e infine fuori dal castello – e ritornando piano piano
in se stessa, biecamente e con un sorrisetto tronfio, la ragazza fa notare all’amico
la differenza tra le quantità di rubini e topazi che riempiono le rispettive,
gigantesche clessidre accostate all’ingresso che rappresentano i punteggi delle
Case.
Poco dopo
raggiungono un rigoglioso e robusto albero che si innalza imperioso su una
collinetta del vasto prato a loro disposizione, e che sparge ombra e frescura
tutt’intorno alle sue lunghe radici. Sedutasi subito sull’erba, da lì Fou contempla per un attimo lo specchio d’acqua scura che si
stende in quel bacino verdeggiante, che da lontano sembra un’infrangibile lastra
di vetro opaco. Nonostante il piacevole venticello che scorre tra gli steli d’erba
e smuove con leggerezza le cime degli alberi della Foresta Proibita, non una
sola onda increspa la calma quasi spettrale del Lago Nero.
In quei
tranquilli secondi, Fou viene colta da una fortuita e
piuttosto idiota rivelazione: le dispiacerebbe lasciare Hogwarts
senza mai aver visto la Piovra Gigante.
“Sei
silenziosa oggi,” constata Bak a mezza voce, come
impaurito che parlando possa disturbare la sua apparente concentrazione. “Voglio
dire. Di solito mi insulti di più.”
Con un
sospiro, Fou si butta a terra, e alza gli occhi verso
le fronde verdi dell’albero, tra cui ammiccano luminosi i raggi di sole. “Sono
solo stanca. Non ho più voglia di studiare.”
Bak annuisce
comprensivo, ancora indeciso se parlare o no. Probabilmente il suo silenzio lo
disorienta, realizza Fou, per poi scoprire che la
cosa la diverte un poco. È in momenti come questo che si chiede se suo padre,
oltre alle capacità di un Metamorphomagus, le abbia
trasmesso anche il suo naturale sadismo.
“Beh, ma… dovremmo studiare, ormai che siamo qui. Con i libri.”
Fou si tira di
nuovo su e quando si volta verso Bak con una sorpresa
per lui in serbo, quest’ultimo starnazza qualcosa in modo incomprensibile e
arrossisce fino alla punta delle orecchie.
“Dovremmo
studiare, ormai che siamo qui,” lo scimmiotta Fou dilettandosi
in svariate smorfie con le fattezze di Bak che ha
appena assunto. Bak pare oltremodo indignato – ed è la parola più perfetta
con cui lo si possa descrivere, manca solo la mano con le dita tese davanti
alla bocca, ed è un quadro perfetto di pura ed elegante ‘indignazione’.
“Non ho un
naso così lungo!” obietta scandalizzato, puntando un dito accusatorio contro la
protundenza per lui inaccettabile.
Fou ride
sguaiatamente, ma decide bonariamente di concedergli una pausa psicologica,
tornando lentamente alle sue solite sembianze. “Sì che ce l’hai, stupiBak!”
“No che non
ce l’ho… stupiFou!”
“Beh, quello
sì che era un insulto creativo,” asserisce Fou con pesante
sarcasmo.
“Creativo
quanto il tuo!”
“Sì ma io
quello lo uso sempre, quindi a prescindere dalla sua creatività, è consolidato.
Affermato come verità indiscutibile.” Fou ignora
spudoratamente l’espressione scettica che ha davanti a sé, e piega le labbra in
un nuovo ghigno di scherno. “Non dovevamo studiare, Bakkino?”
Così, con un
Bak dalle guance imporporate e una Fou dal sorriso maligno, lo studio di Antiche Rune all’ombra
di quel grande albero florido ha inizio. I minuti passano e si trasformano in
una mezz’ora piacevole, durante la quale i due dividono un unico libro per
ripassare e tentare delle traduzioni aiutandosi a vicenda.
Bak è
insolitamente irrequieto quel giorno, si accerta finalmente Fou
dopo un po’. Se il fatto che continui a stropicciarsi la frangia i capelli
biondi non è un segno, dato che lo fa spesso, di certo lo è il suo continuo
intrecciare le dita in una morsa convulsa, come anche la circospezione e l’allarme
nei suoi occhi che sarebbe più naturale vedere nelle pupille di un animale
braccato, e alcune altre inezie che nel complesso iniziano a dare a Fou il mal di testa.
Però con
quel mal di testa, giunge anche il presentimento che…
qualcosa stia per succedere. Lo avverte nell’aria vibrante che staziona tra di
loro, nei gesti impacciati di Bak, nel modo in cui i
muscoli delle sue stesse spalle si sono tesi come corde di violino ai primi
accenni dell’irrequietezza di Bak, come se il suo
corpo avesse intuito prima della sua mente l’attesa di quel…
qualcosa.
In realtà ha una mezza idea di quello che potrebbe
succedere di lì a qualche secondo. Bak ha l’aspetto
di uno che sta per rivelare un gravoso segreto – non sa bene come fa a saperlo,
ma immagina sia dovuto al fatto che in quei gesti riconosce la lei di qualche
anno prima… il Lavi di questi giorni – e, per lo
stesso motivo, Fou è parecchio certa di sapere di che
segreto si tratta. La cosa invece preoccupante è il conflitto che prende luogo
nella sua testa quando tutto quello che avverte e intuisce assume quel chiaro significato:
seppure fino a non molti minuti prima abbia esplicitamente sperato che ciò
avvenisse, seppure Allen glielo abbia praticamente predetto e lei non abbia mosso
un muscolo per impedirlo, ora come ora Fou non è più
sicura di volere che quel qualcosa succeda. Non è più sicura di niente, per
essere precisi.
O forse si è
solo dimenticata cos’è che vuole veramente.
“Questo
corno di Erupmental è un due, giusto?”
Ma spesso sapere che qualcosa sta per accadere,
non rende preparati al momento in cui
questo accade.
Nell’attimo
in cui Fou adocchia la runa indicata e rialza lo
sguardo, pronta a rispondere di sì, la ragazza si accorge che Bak è oscenamente vicino a lei – eppure un secondo prima
non lo era. O almeno non così tanto. Ma ora lo è così tanto che quel misero, insignificante, monosillabico ‘sì’ non
abbandona mai la punta della sua lingua.
Bak agisce con
tale rapidità che Fou ci mette un po’ a portare il
suo cervello al passo con gli eventi, anche se i suoi nervi funzionano
perfettamente, perché la sensazione delle labbra di Bak
che si posano sulle sue di certo non passa inosservata. Anzi, in quel momento
sembra l’unica cosa rilevante al mondo.
E come è
arrivata, la bocca di Bak si allontana, ma solo di
qualche centimetro. Bak la guarda negli occhi e per
un attimo sembra essere soddisfatto di se stesso. Quello dopo, deve invece aver
notato l’espressione di Fou pietrificata in uno stato
di shock e i suoi occhi spalancati e vitrei che assomigliano più a due Boccini che
a bulbi oculari, perché Fou inizia ad intravedere i
primi segni delle familiari chiazze rosse sulla sua pelle.
“Hai cambiato
colore di capelli,” tira Bak fuori dal nulla, anche se la cosa stupefacente è
che sembra serio e stupito mentre lo
dice, come se non avesse sfruttato quella frase casuale solo per spezzare la
tensione.
Ma a
prescindere dal perché l’abbia detto, sono quelle parole che gli costano il
repentino pugno che scatta verso il suo volto dalla sua destra.
Mentre si
alza di scatto e scappa in direzione del castello come se avesse alle calcagna
un esercito di Folletti della Cornovaglia, senza degnare Bak
di un ulteriore sguardo, in un angolo remoto della sua testa Fou giura con spregiudicata sicurezza che mai più insulterà Allen per essere un codardo
e che, soprattutto, s’impegnerà nell’imparare a non reagire a chiunque tenti di
intromettersi verbalmente o fisicamente
nella sua vita amorosa, dispensando pugni in faccia.
Deve davvero lavorarci, su questa cosa.
.
E fu così che,
alla fine del suo quinto anno ad Hogwarts, Bak si dichiarò a Fou e ricevette,
in cambio del suo amore, un livido violaceo sullo zigomo destro – che però
scomparve nel giro di dieci minuti grazie all’aiuto dell’infermiera di Hogwarts, da cui Bak arrivò,
senza forze e demotivato, solo grazie ad alcuni suoi compagni di Tassorosso che si erano nascosti nelle vicinanze per spiare
la sua dichiarazione.
Due giorni
dopo, Bak e Fou si misero
insieme – una volta che Lenalee riuscì finalmente a
convincere Fou a guardare in faccia Bak. Con la sua
faccia, senza le sopracciglia di Lvellie, le guance
di Crowley o le occhiaie della professoressa Lotto,
che, per quanto riuscissero ad allentare qualsiasi tipo di tensione, non erano
molto pratiche nella risoluzione di problemi seri.
Questo però
non fermò i Grifondoro dallo stracciare la squadra di
Tassorosso di Bak nella
successiva e ultima partita di Quidditch.
(Fou passò il resto dell’anno scolastico a rinfacciarlo a Bak).
.
.
.
.
.
Madò, mai più. Ventiquattro ore per descrivere una scena finale e fare
un minimo di introspezione (semifallita). La fatica per scrivere questo
capitolo è una cosa imbarazzante.
Ma scommetto che siete rimasti stupiti dalla cosa del Metamorfomagus :D è cheee mi è
venuta in mente solo in questa storia LOL! Però dato che alla fine Fou non compariva molto in SEVEN, ci stava che non venisse
fuori la cosa *annuisce a se stessa*.
E poi è perfetta lei, per esserlo *_* Un premio a chi mi dice chi è invece un
personaggio Animagus in questa storia e in cosa si
trasforma! (si scoprirà più in là lololol).
Ah, qui le motivazioni di Allen sul perché non si confessa blahblahblah sono solo accennate, verranno spiegate meglio
in un altro capitolo. Più avanti. Abbastanza assai più avanti.
E se Fou vi è sembrata poco convinta sui
suoi sentimenti per Bak… beh, lo è xD Cioè, alla fine non è sempre rose e fiori, no? Una
persona può avere un colpo di fulmine o metterci tanto a realizzare, può capire
di essere innamorato senza esperienza o ha bisogno di provare a costruire quel
rapporto di cui all’inizio avverte solo la potenzialità. Inoltre Fou, nonostante non sia più innamorata di Allen, tiene
comunque tanto a lui e lei stessa (a mio parere) si rende conto che quel
vederlo come fratello non è proprio VERO. È come se la sua esperienza mancata
con Allen le fosse sempre rimasta dentro. In realtà nella fic
(e qui) penso di non essermi spiegata molto bene, quella parte introspettiva è
un po’ uscita a caso mentre scrivevo, ma dato che (SEPPURE appunto non l’abbia
spiegata bene), mi sembrava realistica, l’ho lasciata :I Vi assicuro comunque
che frequentando Bak, Fou
si innamorerà in piena regola xD VABBE’ DAI non si capisce. *si
ammazza* *no, prima va a dormire*