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Autore: Gemini_no_Aki    05/10/2011    1 recensioni
La terra di Eyluvial era stata in pace per lunghi anni, demoni di razze e culture differenti avevano imparato a convivere pacificamente fino a quel momento. Fino a quando quattro pilastri di luce erano scesi su quella terra portando il Caos. La speranza non può essere riposta in interi eserciti che si muovono come macchine da guerra inarrestabili, bensì in chi non conosce nulla del futuro, in chi non crede nel destino. La speranza sta in chi non sa chi veramente è.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'I Protettori di Eyluvial'
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I Protettori di Eyluvial

Cap. 1

 

 

“Stai bene?”

“Si...”

“Stai mentendo.”

“... Mi dispiace. Torna a casa.”

“Da solo?”

“... Si.”

“Piuttosto muoio di freddo.”

Senza un’altra parola il giovane uomo si caricò sulla schiena il compagno avvolto nel pelo soffice e caldo di un qualche animale dal manto bianco e lasciò il rifugio sicuro della grotta avventurandosi in una coltre di nebbia e neve. Il villaggio in cui vivevano poteva essere lontano come vicino, poteva essere sepolto sotto quel bianco accecante, spazzato via da quel vento che gli faceva perdere l’equilibrio. Poteva essere ovunque.

“In questo modo... Se continui a pensare a me finirà che non arriverai a casa nemmeno tu. Lasciami qui”

“Fottiti.”

Concluse con voce roca assottigliando gli occhi nel tentativo di ripararsi dalle raffiche di vento che lo spingevano indietro.

“Sei... Davvero testardo.”

Ma l’altro non rispose, continuò ad avanzare lento nella bufera, gli occhi avevano assunto una sfumatura rossastra, determinata a portare fino in fondo quello che si era prefissato.

Ethya1 non l’avrebbe di certo perdonato se fosse tornato a casa da solo; poteva già sentire la sua voce, chiara e forte in quella tempesta.

“Sciagurato!! È questo che ti è stato insegnato? Abbandonare i propri compagni?!!!”

E tante altre cose; scosse vigorosamente il capo cercando di cancellare dalla mente quella voce potente che mai si direbbe appartenere ad una donna, sarebbe stata in grado di farsi udire anche a chilometri di distanza.

Avanzò ancora mentre la neve ormai arrivava a metà polpaccio rendendo difficoltoso ogni movimento. Si fermò,ad un tratto, vigile come una sentinella in mezzo al bianco della neve tendendo le orecchie appuntite in attesa di un suono. Qualunque suono. Ma solo il rombo di un tuono giunse pochi istanti dopo il bagliore di un lampo che squarciò il cielo, quasi volesse dividere le nubi.

Da quando avevano lasciato la piana di Benhisa2, nell’estremo nord di Eyluvial, si erano fermati solo una volta, in una grotta che sembrava scavata nel nulla. Avevano oltrepassato il passo Zelerla poco prima che la bufera infuriasse; se fosse andata diversamente ora sarebbero bloccati dall’altra parte dei monti. Il Zelerla si trasformava in una tomba per chiunque cercasse di attraversarlo durante una tempesta. Cacciatori, fuggitivi, anche interi eserciti che si pensavano invincibili erano stati sconfitti da una montagna.

“Non sfidare i giganti di roccia, non pensare di fregarli. Sapranno sempre come fregare te.”

Da che aveva memoria quelle parole risuonavano nelle sue orecchie. Daloreth3 era stato il suo maestro dal momento in cui aveva imparato a camminare sulle sue gambe. Era stato come un padre per lui. Un uomo forte, coraggioso e senza paura. Aveva sempre aiutato la gente del villaggio, era un armaiolo ma lui aveva sempre pensato che ci fosse qualcosa in più. Lo vedeva nei suoi occhi color nocciola, in quei capelli ricci, in quel portamento elegante e fiero che pochi hanno. Daloreth era più di un semplice armaiolo, ma era morto prima di rivelargli chi fosse realmente. Morto, così tutti dicevano. La verità è che nessuno ha mai trovato il suo corpo, è semplicemente svanito nel nulla.

“Fratello mio... Siamo tanto lontani ancora?”

Il giovane uomo volse la testa verso il compagno sulla sua schiena con espressione rattristita dai ricordi.

“Non so. Ora trovo un luogo riparato, continueremo quando la tempesta si sarà calmata.”

“Potrebbero volerci giorni...”

La voce giunse fioca alle sue orecchie, riprese a camminare verso il nulla finchè non vide una luce tremolante.

Il volto parve illuminarsi a quella vista e le forze che minacciavano di abbandonarlo gli diedero la forza di raggiungere la piccola abitazione che pareva lì, solitaria nel nulla.

Bussò vigorosamente contro la porta in legno una, due, cinque volte finchè dall’interno non giunse una voce stanca.

“Arrivo,arrivo, datemi tempo.”

Davanti al giovane guerriero apparve un’anziana donna, senza far domande li lasciò entrare chiudendo fuori il gelo.

“Vi ringrazio, dama.”

Disse con gli occhi pieni di gratitudine dopo che ebbe lasciato disteso l’altro giovane su un giaciglio di paglia vicino al fuoco.

“Dama non la sono più da molti anni ma cosa porta due giovani guerrieri ad avventurarsi in questa landa desolata con un tempo simile?”

Domandò voltandosi e avvicinandosi ad una teiera in metallo, annerita dal tempo, e versandovi dentro da un bicchiere della candida neve per poi, infine, appenderla sul fuoco a bollire.

Ogni movimento era lento e attento e il guerriero non poté che guardarla con una sorta di ammirazione negli occhi.

“Siamo diretti al villaggio di Kylmcem4, giungiamo dalla piana di Benhisa, un gruppo di demoni ombra minacciava la tranquillità di quelle terre così siamo stati mandati noi. Non pensavamo che si sarebbe scatenato un inferno simile.”

Spiegò sedendosi vicino al giovane rannicchiato sulla paglia.

“Dove ci troviamo?”

Domandò aprendo gli occhi e mettendosi seduto con una smorfia di dolore.

“Al sicuro.”

Sussurrò osservando le mani tremanti della donna prendere la teiera e versare l’acqua in un catino metallico. Si avvicinò e senza dire una parola iniziò a slegare i lacci della tunica scura che copriva il corpo del giovane, senza dire una parola, come fosse muta. Pulì la ferita che uno dei demoni gli aveva provocato alla spalla destra, lo fasciò e infine, con un sorriso amichevole li lasciò soli ritirandosi in una piccola stanza adiacente.

In breve i due guerrieri caddero in un sonno profondo, il maggiore aveva coperto nuovamente il compagno con la pelliccia bianca e lo stringeva dolcemente a se cercando di scaldarlo.

Rimasero così fino al mattino, quando i raggi del sole entrarono dalle finestre illuminando la stanza.

“Ce la fai a camminare?”

“Mi hanno ferito ad una spalla, non alle gambe.”

“Scemo!”

Gli diede una pacca sulla spalla sana e si avvicinò alla porta aprendola. Davanti a se lo spettacolo era meraviglioso, la distesa di neve rifletteva i raggi dorati del sole mentre, da davanti alla porta si apriva una via che portava verso il loro villaggio; la neve pareva non averla toccata, eppure era convinto che il giorno prima non ci fosse.

“Ho tracciato la via che porta a Kylmcem cosicché non possiate smarrire la strada. Fate buon viaggio Astaroth e Belial, protettori di Eyluvial.”

Il maggiore si voltò guardando il compagno che teneva in mano un foglio antico e rovinato.

“Elyon.”

Concluse raggiungendolo sulla porta.

“Se n’è andata senza che ce ne accorgessimo e senza che potessimo ringraziarla.”

Ma non era quello che turbava ora l’uomo. Lui non aveva mai detto i loro nomi, come poteva saperli?

“Sono sicuro che la rivedremo un giorno. Torniamo a casa Belial, hai bisogno di cure.”

Concluse con un sorriso avviandosi lungo il sentiero.

 


 

1: “Madre”... balia diciamo... Donna con cui vivono.

2: //Benhaisa// pronuncia

3: Maestro

4: //Kilmsem// pronuncia
 


Angolo dell'Autrice: Ed ccomi qui, la prima storia originale che provo a scrivere dopo aver perso quasi delle ore per cercare nomi di persone e luoghi. Posso fare un solo piccolo avvertimento, nel caso vogliate seguirla, non posso assicurare degli aggiornamenti costanti, poichè non ho in mente una vera e propria vicenda, le cose mi vengono in mente di getto, soprattutto la sera a letto. Mi impegnerò per non metterci dei mesi ad aggiornare ma vi prego di avere pazienza... ^^
E se per caso la riteneste un plagio di un'altra storia, fatemelo notare con calma, magari nemmeno la conosco e abbiamo solo avuto la stessa idea... Se così fosse mi scuso in anticipo.
Aki

   
 
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