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Autore: Gemini_no_Aki    08/10/2011    1 recensioni
La terra di Eyluvial era stata in pace per lunghi anni, demoni di razze e culture differenti avevano imparato a convivere pacificamente fino a quel momento. Fino a quando quattro pilastri di luce erano scesi su quella terra portando il Caos. La speranza non può essere riposta in interi eserciti che si muovono come macchine da guerra inarrestabili, bensì in chi non conosce nulla del futuro, in chi non crede nel destino. La speranza sta in chi non sa chi veramente è.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'I Protettori di Eyluvial'
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Cap. II


“Ma come è possibile che ci sia un sentiero che porta a Kylmcem?”
“Non ne ho idea.”
“E come faceva a conoscere i nostri nomi se non li abbiamo mai detti?”
“Non lo so.”
“E poi perché è sparita così di col-”
“Non.Lo.So!”
Scandì voltandosi verso il giovane che lo seguiva a pochi passi di distanza. Lui per primo si stava ponendo quelle domande e pensava di porle a sua volta a Ethya una volta rientrati, quella donna, per quanto rimanesse riservata sapeva molte più cose di quanto volesse far credere, avrebbe dato sicuramente delle risposte.
“E ora sbrighiamoci.”
Concluse dandogli nuovamente le spalle e ricominciando a camminare in silenzio gettando, di tanto in tanto, qualche occhiata indietro verso il fratello.
Sapeva bene che quella che lui chiamava ferita era in realtà un graffio, il demone l’aveva colpito solo di striscio eppure non poteva fare a meno di preoccuparsi.
Ricordava ancora quando, tornando a casa dall’addestramento, nelle ultime luci del giorno, aveva visto quell’esserino avvolto in una rudimentale coperta di lana che lo guardava con gli occhi azzurri spalancati. Si era fermato davanti a lui a guardarlo alzando leggermente una mano verso la saccoccia , il bambino, temendo che potesse fargli del male, si era schiacciato contro al muro tremando. Dal canto suo il ragazzino tirò fuori una pagnotta e, spezzandola a metà la allungò al bambino. Questi lo guardò un attimo prima di afferrare la pagnotta e addentarla avido.
“Avevi fame vero?”
Domandò con un sorriso guardandolo annuire con forza.
“Come ti chiami?”
Il piccolino, che non avrà avuto più di 2 anni lo guardò inclinando la testa interrogativo.
“Non... Non conosci il tuo nome?”
Scosse la testa muovendo da un lato all’altro i capelli scuri e tornando poi a guardarlo con innocenza.
“Non preoccuparti pulcino... Ti troverò un bel nome!”
Allungò la mano e lo fece alzare.
“Io sono Astaroth! Quanti anni hai?”
Domandò passandogli l’altro pezzo di pane e avviandosi verso casa, il bambino, stringendo la pagnotta con una mano paffuta fece segno due con l’altra per poi tornare concentrato sulla cena.
“Ah... Sei davvero un pulcino!! Io ho 7 anni. Non hai una famiglia vero?”
Scosse ancora la testa addentando il pane.
“Nemmeno io. Ma abito con una signora molto gentile... Vedrai... Ethya ti piacerà sicuramente!”
Prendendolo per mano come un bravo fratello maggiore camminò fino ad una casetta che dava sulla piazza centrale di Kylmcem. Bussò e quando la donna andò ad aprire aveva le mani sui fianchi.
“Ti sembra questa l’ora di tornare? Sai che non devi stare in giro da solo dopo che il sole è tramontato! E smettila di raccogliere i randagi!”
Esclamò notando il fagotto che si era nascosto dietro di lui senza lasciare la sua mano.
“È un bambino Ethya, non un randagio! Non potevo lasciarlo la fuori da solo!”
Esclamò deciso stringendo la sua mano e andando verso la cameretta per lavarsi seguito dal piccolo che trotterellava dietro di lui guardandosi intorno curioso. Nonostante fosse stata così brusca Ethya aveva un gran cuore e quel piccolino l’aveva fatta sorridere mentre seguiva il ragazzino.
“La cena è quasi pronta... Lavatevi veloci che si fredda.”
Sentendo quelle parole il piccolo Astaroth si aprì in un sorriso felice mentre toglieva la coperta dal piccolo e gli lavava il volto e le mani.
“Hai visto? È una brava persona... Ora però ti manca il nome...”
Disse mentre cercava nel cassetto una maglia che potesse andargli bene; il piccolo seguiva ogni suo movimento col la testa, sbattendo gli occhi, senza dire una parola.
“Che nome potrei darti?”
Lo sguardo curioso e innocente aveva conquistato il suo cuore da subito, come si poteva abbandonare una creatura simile.
“Belial...”
Sussurrò mentre gli infilava la maglia azzurra, capì che era il nome giusto quando sul volto pulito del piccolo comparve un sorriso felice.
“Bel!”
Ripeté facendo finalmente sentire la sua voce.
A quel ricordo Astaroth sorrise accorgendosi che, finalmente, erano giunti in prossimità del villaggio. Di colpo si fermò alzando la mano verso Belial e facendoli cenno di tacere. Il silenzio venne spezzato da un roco ululato seguito da un ringhio.
“Glumgen1...”
Sussurrò fissando le tre bestie che erano arrivate davanti a loro.
All’apparenza sembravano cani rabbiosi, la bava cadeva sulla neve dalle bocche digrignate. La differenza coi cani era palese, il colore degli occhi, dorato per i Glumgen comuni e rosso per i capi, gli anziani. Gli artigli delle zampe. E le corna ricurve che cadevano lungo il muso. Il pelo ispido era nero come il carbone. Messaggeri di morte e morte loro stessi.
“Co... Cosa sono quelli?!!”
Domandò stringendo l’elsa della spada.
“La lezione la farò un’altra volta... Demoni bestia. Sappi solo questo!”
Disse voltandosi verso di lui e facendogli segno di stare dietro di lui. Fu in quel momento che il Glumgen decise che era il momento di attaccare. Con un balzo si buttò contro il maggiore affondando i denti nella spalla sinistra.
“Maledetto bastardo!”
Astaroth gli afferrò uno dei corni e lo tirò indietro costringendo la bestia a lasciare la presa.
“La foresta! Vai nella foresta!”
Si voltò e scattò di corsa afferrando per mano il fratello, verso la foresta al limitare di Kylmcem.
Si addentrarono per una decina di metri, correndo nella neve prima di fermarsi dietro ad un albero.
“Fai silenzio Belial... Non ti muovere di qua.”
Intimò guardando verso la via da cui erano giunti. Le tre bestie stavano seguendo la loro traccia, si era preparato da a scattare nuovamente quando il rumore di uno sparò lo fermò. Senza ragionare uscì dal nascondiglio.
“Erlan2 sei tu?”
Domandò guardandosi attorno mentre il respiro diventava più affannato e la vista si appannava, come se una nebbia improvvisa stesse scendendo su di loro.
“Astaroth. Belial!”
Un uomo di colore si avvicinò a loro con ampi passi sulla neve, brandiva un fucile ancora fumante.
“Erlan... Mai la tua presenza è stata così... Gradita.”
Biascicò stancamente il guerriero mentre il più giovane lo affiancava con espressione preoccupata.
“Astaroth... Quale è stato?”
Domandò senza troppi convenevoli notando la ferita sanguinante sulla spalla sinistra.
“Il capo... Devo essere... Molto importante... Se addirittura lui... Si scomoda.”
Disse con un sorriso, come se fosse una cosa di cui vantarsi.
“Uno come te... Li avresti uccisi ad occhi chiusi Astaroth.”
Commentò mentre si chinava sul Glumgen dagli occhi rossi e spezzandogli uno dei corni.
“Mi sono distratto... Solo un istante...”
Rivoli di sudore imperlavano il suo volto ma non perdeva quel solito sorriso compiaciuto; ben presto però il sorriso sfumò dal suo volto lasciando il posto ad un’espressione sofferente, il respiro era sempre più affannoso e faticava a tenere aperti gli occhi.
“Tieni questo tu.”
Disse passando a Belial il corno avvolto in una pesante stoffa mentre lui passava un braccio del guerriero sulle sue spalle e si incamminava lentamente verso il villaggio.
“Non è da te...distrarti.”
Mormorò senza farsi sentire dal più giovane che li seguiva a poca distanza.
“Scusa tanto... Se ho un punto debole... Tanto evidente...”
Fu tutto ciò che riuscì a ribattere il guerriero prima di perdere i sensi e lasciarsi trascinare verso la casa del guaritore.
 



1: //Glumghen//  pronuncia
2: Cacciatore



Note dell'autrice: Che dire, questo è il secondo capitolo, finalmente, non ho molto da dire a riguardo. Spero vi sia piaciuto e spero che vi abbia intenerito la scena dell'incontro.
Parlando dei Glumgen (da me affettuosamente chiamati Cani cornuti) beh, devo ancora terminare lo schizzo definitivo di questa bestia, non appena sarà fatto ve li mostrerò.
Con affetto.
Aki
   
 
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