Bugie
(1974)
Il salone di Villa Black era
affollato di ospiti di
riguardo, tutti Purosangue di antica discendenza e tutti ansiosi di
congratularsi con Cygnus e Druella per il fidanzamento della figlia. La
festeggiata passava da un invitato all’altro distribuendo
sorrisi e inchini con
grazia regale, senza lasciar trasparire la noia per
quell’interminabile
ricevimento, mentre al suo fianco il promesso sposo cercava di
sbadigliare nel
modo più discreto possibile, fingendo di interessarsi ai
discorsi di persone
che non aveva mai visto in vita sua.
«Non possiamo confonderci
tra la folla e tagliare la corda?»
sussurrò il ragazzo quando l’ultima ondata di
parenti francesi, terminati i convenevoli,
li lasciò per dedicarsi al buffet.
«Con questo vestito
è un po’difficile passare inosservati,
Rodolphus» osservò Bellatrix, impacchettata in
un’ingombrante torta nuziale di
stoffa e merletti (color giallo grano, naturalmente: la signora
Lestrange aveva
ammirato il ritratto durante una visita a Casa Black e aveva dichiarato
delizioso l’abbigliamento
della futura
nuora, e tanto era bastato per convincere Druella ad ordinare un altro
abito da
cerimonia simile a quello ma ancora più elaborato, cosa per
cui Bellatrix la
detestava con tutto il cuore).
«Non hai torto,
è davvero tremendo» approvò Rodolphus
con un
brivido. «Non oso pensare a come sarà
l’abito da sposa, credo che non riuscirò
nemmeno ad avvicinarmi a te».
«Avrai tutto il tempo del
mondo per starmi vicino» rispose
sbrigativa la ragazza. «Che ne diresti di fare il bravo
cavaliere e portarmi
qualcosa da bere? Ho la gola più secca della faccia di tua
zia Chara».
«Abbassa la voce, ci sente
benissimo quando vuole» la ammonì
il giovane con una risata sommessa. «Vino elfico o succo di
zucca?»
«Succo di zucca? Mi hai
presa per una mocciosa?» reagì
Bellatrix, sottolineando la domanda con un colpo di ventaglio
sull’orecchio del
fidanzato. «Muoviti, e già che ci sei prendimi una
tartina».
«Cominci già a
comandarmi a bacchetta, mia signora? Guarda
che non siamo ancora sposati» le ricordò
Rodolphus, ma si affrettò ugualmente
ad accontentarla, congedandosi con un buffo inchino da elfo domestico
che gli
fece sfiorare il pavimento col naso.
Il suo Rodolphus. Così
galante. Così Purosangue. Così
perfetto.
Saremo
felici insieme,
si ripeté. Felici. È la
persona giusta.
Il suo sguardo vagò per la
stanza stipata di maghi e
streghe, quasi tutte persone che non conosceva e di cui non le
importava nulla
(Ma dovrebbe essere la mia festa).
Scorse Narcissa, elegantissima
nel suo vestito grigio, e Rabastan, affiancato da Lucius Malfoy e da
quel suo
amico straniero (ma non Andromeda: no, Andromeda non c’era, e
non ci sarebbe
più stata. Niente festa di fidanzamento per lei) e poco
più in là, su un
divanetto, la figura familiare di un tredicenne dai capelli neri che
osservava
la folla con indifferenza. Era cresciuto in fretta durante i mesi di
scuola: il
suo viso si era fatto lungo e magro, perdendo le rotondità
infantili, e ormai
somigliava ad una versione più seria e meno appariscente del
fratello maggiore;
non alzò nemmeno gli occhi quando lei gli si
avvicinò, ma si scostò per farle
posto sul divano, invito che accolse con gratitudine. «Non si
saluta più,
cuginetto?» lo stuzzicò, sedendosi al suo fianco.
«Non dirmi che sei geloso!»
Regulus rimase immobile, senza dar
segno di averla sentita,
ma a Bellatrix non sfuggì la brusca contrazione della mano
che teneva posata su
un ginocchio. Ritenne che come risposta fosse più che
sufficiente, e più
sincera di quanto si aspettasse; per questo si stupì quando,
parecchi minuti
dopo, un mormorio sommesso la richiamò: «Non gli
vuoi bene».
«Come dici,
Regulus?»
«Non vuoi bene a
Rodolphus» ripeté il ragazzino senza
guardarla. «Lo sposi perché è giusto
così, e solo per questo».
«Ma certo che gli voglio
bene!» protestò lei. «Siamo amici
da quando eravamo piccoli, ci conosciamo alla perfezione e saremo
felici
insieme...» Si interruppe, rendendosi conto che era la stessa
frase che
rivolgeva a sé stessa ogni volta che pensava a quel
matrimonio. Come se volesse
convincersi che era proprio così che stavano le cose.
«Lo sai anche tu,
vedi» commentò Regulus con la perversa
soddisfazione dell’adolescente che ha appena messo un adulto
nel sacco. «Un
amico non è un marito. Almeno, non un buon marito».
«Tu invece saresti un
marito perfetto, non è così,
lattante?» rispose Bellatrix, irritata da quel sorrisetto
saccente e ancor più
dai dubbi che l’infernale ragazzino era riuscito a suscitare.
«Beh, il tuo
piccolo, patetico cuore può stare tranquillo: hai ragione,
non amo Rodolphus...
e ti garantisco che finché vivrò non
amerò nessun altro». Si piegò verso di
lui
e aggiunse con un sorriso gelido: «Soprattutto non te,
sgorbio».
Il sogghigno incredulo aleggiava
ancora sul viso del ragazzo
quando Rodolphus emerse dalla folla, portando due bicchieri in
equilibrio
precario su un vassoio e imprecando contro l’inefficienza
degli elfi domestici.
Il piccolo Black si affrettò a cedergli il posto,
congedandosi con un’ultima occhiata
impertinente alla coppia, e il giovane si sedette pesantemente,
evitando per un
soffio di rovesciare il vino sul vestito della sua dama.
«Sono appena riuscito
a sfuggire alla tua prozia» spiegò stravolto.
«C’è mancato poco che mi cavasse
il sangue per vedere se è davvero puro... Ti prego, dimmi
che non dovremo
invitarla a Natale».
Bellatrix annuì
distrattamente e tese la mano per prendere
il calice che lui le porgeva. «Rodolphus...»
mormorò assorta, «sei davvero
convinto di tutto questo?»
«Cos... certo che lo sono,
Bella!» rispose lui meravigliato,
sottolineando l’affermazione con un gesto energico che
provocò una piccola
tempesta nel suo bicchiere. «Avrò una sposa bella,
giovane e Purosangue,
cos’altro dovrei volere?»
La ragazza bevve un sorso del suo
vino, scrutando la sala
attraverso il delicato cristallo del calice. A pochi passi da lei,
Narcissa
rideva di gusto per una battuta di Lucius.
«Già...» commentò.
«Cos’altro?»
Era ormai notte inoltrata quando
l’ultimo invitato si
congedò dai padroni di casa, lasciandosi alle spalle il
salone deserto; giocherellando
oziosamente con i nastri dell’abito giallo, Bellatrix lo
guardò percorrere il
viale dalla finestra della sua camera ed aspettò che
raggiungesse il punto in
cui Rodolphus si era voltato a salutarla prima di Smaterializzarsi al
fianco della
madre.
«Non vai a dormire,
Bella?» sbadigliò Narcissa, facendo
capolino dalla porta socchiusa.
«Sì, adesso
vado» rispose lei. «Cos’è
quella cosa che hai in
mano?»
«Oh, l’ho trovata
di sotto» rispose
la sorella strofinandosi gli occhi
gonfi di sonno. «È una farfalla, poverina...
Lucius la stava calpestando».
«Una farfalla...»
ripeté Bellatrix pensierosa.
«Sì, rossa come
quella del tuo quadro, pensavo addirittura
che fosse caduta da lì... oh, guarda, è ancora
viva!» esclamò Narcissa, e tese
la mano per mostrarle che le ali dell’insetto si muovevano
debolmente, come se
stesse tentando di alzarsi in volo. «Puoi tenerla, se
vuoi» aggiunse
generosamente, posandola sul comodino. «Magari puoi metterla
su un cappello...
sai, come decorazione».
«Perché dovrei
mettere un insetto mezzo morto sul mio
cappello?» obiettò Bellatrix. «Dove hai
detto che l’hai trovata, Cissy?»
«Sotto il quadro»
rispose distrattamente la ragazza. «Quello
con te e Regulus... a proposito di trovare, hai visto i miei
guanti?»
Bellatrix scosse la testa e si
voltò per chiudere la
finestra, improvvisamente consapevole della lieve brezza notturna che
soffiava
nella stanza. Un raggio di luna si specchiò nei suoi
capelli, traendone un
bagliore d’argento che svanì subito.
Questo è senza dubbio il mio capitolo preferito: mi
mancava
usare Rodolpus l'Amicone nei siparitti comici (sto lentamente rovinando
la reputazione di tutti i Mangiamorte). Per l'angolo delle Informazioni
Random che Non Aggiungono Nulla alla Storia, l' amico straniero di
Lucius è Igor Karkaroff.
Si è capito, vero, cos'era il bagliore d'argento?
Grazie per il seguito, non mi aspettavo che qualcuno
leggesse 'sta roba.