Non piango mai davanti alla gente, non ho mai pianto neanche davanti a te. Non perché mi trattenessi, ma perché le lacrime non venivano fuori. Forse timidezza, forse autodifesa, chissà. Poi, quando sono da sola, fuoriescono e, peggio di un fiume in piena, travolgono tutto.
Quel ragazzo di cui non conoscevo ancora il nome mi ispirava tanta fiducia, come se lo conoscessi da sempre.
Mi osservò sorpreso, si avvicinò, si mise seduto sul divano e aspettò guardando in basso. Mi sentì meglio e continuai a piangere senza preoccuparmi di apparire fragile davanti a lui. “Mi chiamo Luca” mi disse dopo 10 lunghissimi e interminabili minuti. Alzai lo sguardo, lui si voltò verso di me e io lo riabbassai subito, non mi andava di incontrare i suoi meravigliosi occhi che brillavano come due smeraldi.
Si avvicinò, sentivo il suo fiato addosso ma non volevo alzarmi. Poi sentì una mano, delicata ma sicura, mi accarezzò i capelli. Era una carezza così delicata, sembrava un angelo! Mi sentì subito meglio, alzai lo sguardo e rividi il suo magnifico sorriso “chi sei?” non poteva essere reale, magari era soltanto la mia stupida testa che lo stava creando, forse per farmi sentire meno sola “mi chiamo Luca, te l’ho appena detto” e mi sorrise nuovamente continuando ad accarezzarmi i capelli.                                                                                                                                    
Non sapevo che pensare di quello strano ragazzo, lo conoscevo da pochi minuti ma mi sembrava di conoscerlo da una vita.
Dopo poco si alzò “Che dobbiamo fare? Sistemiamo questo casino?” iniziò lentamente a raccogliere i cocci. Mi sentì felice, leggera, era come se raccogliendo e riavvicinando quei cocci da terra raccogliesse e riavvicinasse i cocci del mio cuore. Riappoggiai la testa sulle ginocchia, chiusi gli occhi e mi concentrai ad ascoltare il mio cuore che batteva. Un battito irregolare, un battito sfumato che a tratti diventava svelto.
Rialzai lo sguardo e non lo vidi più. Il cuore cominciò a battere più velocemente, sempre più velocemente. Mi alzai, mi guardai intorno, avevo paura di restare da sola, come se tutto in quella stanza volesse divorarmi in un sol boccone. Improvvisamente lo vidi uscire dalla cucina con una foto tra le mani. Ricacciai le lacrime e la tristezza dentro di me.
Guardava con uno sguardo perso quella foto, improvvisamente lo rialzò, mi osservò, riabbassò lo sguardo sulla foto e rialzandolo nuovamente mi sorrise. “Sei bellissima!” io lo guardai perplessa e imbarazzata “Perché ti sei trascurata così?” non riuscivo a capire, o forse non volevo capire e rimasi in silenzio.
Neanche lui parlava, osservava la foto con una sguardo malinconico, come si osservano le foto che hanno catturato momenti della tua vita per te infinitamente importanti ma ormai troppo lontani. Nuovamente silenzio in quella stanza e poi nuovamente quel rumore, mi perseguitava, mi tappai le orecchie. Le mie gambe non mi reggevano più, caddi a terra.
Lui corse subito, mi sollevò e mi appoggiò delicatamente sul divano, lì mi addormentai tra il suo profumo e il tuo ricordo. Mi svegliai di soprassalto, dopo una notte piena di incubi terribili. Guardai l’orologio, le sette.
Lo trovai  accoccolato su una sedia accanto al divano, addormentato. Mi misi seduta, cercando di trattenere il respiro per non svegliarlo, rimasi così ad osservarlo. Passò un’ora, alle otto lentamente si svegliò. 

Per voi che siete arrivati fin qui, che avete letto, grazie mille!
Un commentino non dispiacerebbe.

Un bacio, la vostra Kika.