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Autore: Silene Nocturna    06/10/2011    1 recensioni
Questa storia ha partecipato al Contest Bitten by Vampire di Illunis.
Vincitrice del Premio Originalità!
La mia protagonista è Nocturna, una giovane dedita a difendere il proprio paese da un'antica minaccia che sembra essere sempre più incombente. Si ritroverà ad essere prigioniera del Principe dannato della sua terra natia -la nota Transilvania-, Dorcas Tepes, temuto discendente del famoso Conte.
In una disputa tra le arcaiche forze del Vaticano e dei Vampiri, eventi inattesi sconvolgeranno la vita della giovane Nocturna.
Buona lettura!
Genere: Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 4

 

 

 

Un rumore sordo squassò la momentanea quiete notturna.

Per quanto fossero stati previdenti, gli uomini non avevano fatto i conti col sole del tramonto che un’ora prima si era inabissato all’orizzonte lasciando ampio spazio al buio. Ma non avrebbero atteso oltre, in quanto tutti erano sicuri di vincere. I vampiri erano in netta minoranza, e la reliquia cristiana in loro possesso era la potente arma in grado di sgominarli.

L’attacco era giunto dal portone principale, ove il villaggio di Basov si era riversato con torce e forconi, mentre nelle retro linee si trovavano i più illustri, provenienti dalla capitale italiana. Gustav Van Brunt fomentava i compaesani che spingevano forsennatamente sul portone ligneo, nel tentativo di frantumarlo. Le schegge rimbalzarono sui volti segnati dalla furia, mentre i cardini arrugginiti cominciavano a cedere; un tonfo sordo, poi un altro ed un altro ancora giungevano fino all’alta torre dell’ala est, luogo delle stanze del Principe. Gli abitanti di quel luogo sacrilego erano già da tempo desti, ma non preparati ad un attacco così imminente; le giovani spose si prodigavano di guardare gli umani dalle grandi vetrate centrali, aspettando che invadessero l’ingresso principale per dare inizio alla loro danza mortale. Di tutt’altro parere erano i servi umani che ululavano al proprio padrone di sgominare gli intrusi al più presto: i rivoltosi erano decisamente troppi. Ma Dorcas non se ne curava e per quanto le richieste di quegli stolti fossero pressanti, se ne stava a braccia conserte rimirando il paesaggio sottostante, la foresta i cui alberi venivano smossi dalla furia del vento.

- Lasciate che entrino.- disse soltanto.

- Hanno quasi distrutto il portone principale, Padrone.-

Ma non avevano ottenuto alcuna risposta.

In un attimo il vecchio legno cedette con un sinistro scricchiolio, lasciando che gli uomini si riversassero come un fiume in piena all’interno del grigio ambiente, calpestando il tappeto scarlatto che andava a ricoprire anche la scalinata centrale. Tutti si guardavano intorno spauriti, mentre due sacerdoti avanzavano per ultimi con dei grossi tomi stretti convulsamente tra le mani.

Ebbe così inizio una lenta e snervante litania, una sorta di purificazione di quella maledetta struttura, ma dei vampiri non vi era neanche l’ombra.

Gustav Van Brunt si guardò intorno circospetto, con in grembo una pesante balestra, mentre il Monsignore si ergeva alle sue spalle, indeciso se varcare o meno la soglia; gli altri membri del Vaticano sopraggiunsero poco dopo, illuminando con le loro torce parte del mobilio.

-Silenzio-

L’attacco giunse infine dall’alto. Le tre creature piombarono quasi planando dai piani superiori, atterrando tra i cittadini perfettamente irte sulle gambe, facendo saettare gli sguardi sugli uomini di Chiesa che ripetevano quella benedizione a voce più alta, riempiendo l’etere di acqua benedetta. Una singola goccia giunse sul nudo braccio di una di esse, facendole digrignare i lunghi ed aguzzi denti, dopodiché ella si scagliò verso il giovane uomo, incrociando una fila di corpi pronti a proteggerlo. Erano difesi da una grossa croce argentea, che venne scaraventata lontano dall’attacco simultaneo delle tre vampire; la loro forza era impressionante, e ciò mandò in panico i combattenti che con le armi di cui erano muniti cominciarono a bersagliare quelle bestie risputate dall’inferno.

Era ancora troppo presto per utilizzare la sacra reliquia, difatti del Principe di quel maniero non vi era traccia, appurò il Monsignore. Gustav Van Brunt si destreggiava come poteva, scagliando i dardi dalla sua balestra in modo preciso, ma ogni ferita che solcava la candida pelle delle donne, si rimarginava sotto gli stupefatti occhi di tutti i presenti. La creatura dai capelli corvini si avventò su di un umano mordendogli violentemente il collo, disperdendo così la folla. I cittadini avevano ormai invaso il piano superiore, mentre con una sorta di rete, sprigionata da un piccolo cannone, un manipolo teneva occupato le tre sorelle.

- Presto, presto! Cercate in ogni dove, trovate gli abitanti del castello ed uccideteli.- Urlava con foga il rumeno nella propria lingua, mentre continuava a scagliare dardi ed indietreggiare contro la croce argentea.

- Dobbiamo benedire le tue frecce- aveva esclamato uno dei sacerdoti, e detto fatto, con un piccolo contenitore di acqua santa inumidiva la balestra ed i suoi dardi.

Due delle creature sfuggirono all’assedio con maestosa agilità, riversandosi all’esterno della struttura, frantumando le grandi vetrate oltre i drappi di velluto. Soltanto una rimase incastrata nella trappola. Le parole purificatrici si propagavano con ritmo incalzante.

- Il cuore!- urlò il Monsignore nel momento in cui Gustav era pronto per scagliare l’ennesimo colpo. Stavolta andò a segno con successo; dato che la pelle della giovane cominciò lentamente a sgretolarsi, tutti capirono che c’era la speranza di una rivalsa. La creatura si dimenava ed alcuni contadini facevano fatica a tenerla imprigionata, poi la sua bocca si spalancò in un disumano verso, finché di lei non rimase nient’altro che lo scheletro, spazzato via dal vento.

Zitti, in silenzio contemplarono quello scenario di morte. I caduti erano già ammontati a cinque, ma unendo le forze erano riusciti a sconfiggere finalmente uno di quegli esseri e mentre all’interno del maniero scoppiavano grida di giubilo, al di fuori di quelle mura si udirono i lamenti strazianti delle due sorelle rimaste, intente a piangere la perdita subita. Grida che giunsero fino al loro Padrone. Dorcas trasfigurò il proprio volto in una maschera demoniaca, ringhiando come una feroce belva. Vide attraverso i vetri degli infissi le due vampire, Aleera e Lilith, frapporsi tra la struttura e il sentiero che portava al villaggio, scomparendo nelle tenebre. I loro corpi solcati da ferite aperte, come quando egli stesso era stato ferito dal monile della sua prigioniera, gli diedero di che pensare, ma rifiutava di credere che le donne della sua specie avessero abbandonato così facilmente il campo di battaglia.

Le vide sferzare dopo poco l’etere, attraversando l’ingresso principale e scagliandosi sugli uomini momentaneamente distratti.

Aleera si occupò del pian terreno, rompendo boccette d’acqua benedetta e privando i cittadini di protezioni sacre; Lilith liberò il piano superiore dagli invasori, eppure, entrambe cominciavano ad avvertire una certa potenza benefica propagarsi da quelle litanie sommesse. La loro forza pareva scemare via col fluire delle parole latine, insinuate nella loro mente come minuscoli ragni. Aleera, troppo vicina ai sacerdoti, venne presto sopraffatta dalla forza bruta dei combattenti riuniti; la donna ricevette un piccone dietro la nuca, scagliato con forza alle sue spalle, quindi cadde riversa sul pavimento in balia dei cittadini di Basov, investiti da una furia cieca, rivendicando tutte le perdite subite a causa di quel mostro. Ringhiava e scalciava quanto poteva, poi la folla si aprì in due ali separate, lasciando passare il loro signore i cui occhi saettavano dai presenti alla vampira riversa ai suoi piedi; ella lo guardò con la bocca spalancata, lasciando intravedere l’affilata dentatura, dopodiché il rumeno le puntò la propria arma alla testa, premendo lentamente il grilletto. Un dardo ligneo le trapassò il cranio, poi sopraggiunse quello dritto al cuore; lui era riuscito nell’intento di spezzare quella stirpe.

Il corpo di Aleera venne avvolto dalle fiamme delle torce che i due sacerdoti recavano in mano.

- Mio signore.-

Lilith aveva subito raggiunto le stanze occupate da Dorcas, trovandolo immobile e statuario.

- Gli invasori hanno sconfitto anche mia sorella Aleera...- parlava con tono gelido, spiccava un marcato accento, ed il silenzio del Principe l’induceva a continuare. - …Il mio principe interverrà?-

- Colei che non mi ha mai arrecato alcun fastidio, Lilith. Le tue sorelle sono state alquanto “scomode” nel corso di questi secoli.-

- Abbiamo decimato gli umani nel corso di questi secoli.- Ci tenne a puntualizzare la donna.

Dorcas ghignò di fronte all’impudenza con la quale si stava rivolgendo l’ultima delle sue serve; mosse finalmente un piede, voltandosi nella sua direzione. I passi risuonavano con un’eco agghiacciante sul chiaro marmo.

- Sparisci.- le sibilò arrestando per un attimo il proprio incedere.

Se alla vista di quelle tre splendide e letali vampire il coraggio degli uomini era vacillato, in presenza del suo regale portamento, un gelido tremito aveva pervaso le membra di tutti gli uomini. Un giovanotto dalla pelle abbronzata aveva lasciato cadere ai suoi piedi la torcia, il Monsignore

-insieme agli esponenti dello Stato cristiano- aveva puntato gli occhi in un’unica direzione: in cima alle scale troneggiava la figura del Principe delle Tenebre, la personificazione del male sulla Terra. Gustav contrasse la mascella imponendosi mentalmente la calma, mentre lo sguardo di Dorcas non accennava a volgersi altrove.

- Come di consueto, Gustav, ti accingi ad affrontarmi con disonestà. Provo pena per te- elargì il vampiro con un italiano dal marcato accento dell’est, in modo che anche gli stranieri capissero.

Il silenzio venne spazzato via all’istante, mentre una leggera pioggia aveva cominciato ad irrorare tutto ciò su cui si posava.

- Scendi ad affrontarci, mostro.- Proruppe il rumeno, con tono minaccioso.

- Non vuoi conoscere la sorte di tua figlia?- Gustav fremette.

- Ho detto affrontaci!

- Come desideri.- rispose sommessamente il vampiro, osservando le ceneri delle spose del suo antenato. Avrebbe dovuto rammaricarsene? No, ciò che provava era rancore per aver ricevuto quella sorta di sconfitta, la seconda dopo la battaglia di Roma.

Dai lati della grande stanza sopraggiunsero infine l’ultima delle tre vampire ed il guercio, Cyrus, intento a scagliare delle piccole bombe fumogene per disperdere i combattenti. Gli abitanti del villaggio fuggirono, ormai ridotti allo stremo e soprattutto impauriti; gli unici rimasti in quella sala grande erano i membri dell’ordine sacerdotale, il Monsignore ed infine Gustav. La donna si dileguò ben presto, dopo aver sferrato un attacco che mandò in frantumi la balestra del rumeno, mentre Dorcas pensò a dirigersi nelle prigioni, con un piano ben delineato in mente.

Il primo rumore udito da Nocturna fu senz’altro il rombo sordo del portone sfondato; una moltitudine di ipotesi si erano andate a formare, mille dubbi le occludevano la mente e lo stomaco, mentre rimaneva ancorata a quei sotterranei. Le fu più chiaro quando, sentendo il vociare degli uomini, che evidentemente avevano assaltato il castello; provò sollievo, accompagnato da una sorta di speranza. Poi i rumori erano cessati e si era sentita ancora una volta abbandonata in quelle tenebre.

Si diede una fugace occhiata, osservando il suo corpetto ricamato e la camicia sotto di esso, decisamente più ingiallita; gli stivali erano sporchi di terra, come il pantalone di velluto… Non ne poteva più ed era da ore che non metteva qualcosa sotto i denti.

Quando il chiavistello scattò ancora, sotto gli occhi atterriti della giovane apparve, per quella che Nocturna considerava l’ultima volta, il suo temibile aguzzino. Sembrava più irrequieto del solito: durante gli interrogatori le era parso munito di una calma asfissiante, anche durante quelle manifestazioni violente, il suo sguardo non mutava mai.

Avanzò spedito, afferrando qualcosa da una delle tasche dei suoi pantaloni, dopodiché le prese i polsi liberandoli finalmente dai grossi ceppi. A Nocturna parve sentire la circolazione fluire di nuovo, e poté assaporare quegli attimi di libertà soltanto per uno o due secondi; Dorcas la costrinse a voltarsi stringendole le braccia. Non aveva notato prima le corde che aveva tra le mani. La legò strettamente, poi percepì qualcosa frusciare alle sue spalle che riconobbe quando il vampiro le bendò gli occhi. Una sensazione di panico crescente la colse, il cuore le martellava forsennatamente nel petto nell’istante in cui le fu chiaro che la sua ora era infine giunta. Sembrava che le avessero sottratto tutta l’aria, o erano i suoi muscoli ad essere annichiliti dal buio in cui era precipitata?

Le gambe si ancorarono al suolo, ma la forza dell’immortale fu come un’ondata che la fece girare su sé stessa e tenendo la presa sulle corde, la guidò fuori da quella camera. La giovane sentiva la testa girare, quasi come se fosse in stato confusionale: percorreva la strada dritta, dopodiché svoltavano a destra, o era alla sua sinistra? Non capiva dove fossero diretti, non voleva immaginare nient’altro, se non di essere liberata da quella tenaglia che le costringeva i polsi. Desiderò non provare così tanta paura, in quel momento l’unica cosa a cui poteva aggrapparsi era soltanto l’immagine di una persona a lei cara.

Dorcas, dal canto suo, l’osservava e poi osservava l’intricato percorso; aveva ascoltato i gemiti di quella creatura quando l’aveva costretta a camminare, quasi poteva percepirne il battere frenetico del suo organo vitale. Non aveva avuto tempo per trascinarla fuori dai sotterranei una volta fatto ritorno alla propria dimora, l’attacco era ormai palesemente in atto. Dopo pochi minuti la condusse finalmente ai piani superiori, ove i passi di entrambi risuonavano lentamente. Una volta arrestatosi al centro della stanza, sotto gli occhi di tutti, la costrinse malamente sul pavimento, facendola inginocchiare; lanciò uno sguardo di sfida al vecchio rumeno, chinandosi ad afferrare i capelli della donna, in modo tale da farle reclinare il capo all’indietro.

- Nocturna!- Gustav Van Brunt non riuscì a trattenersi oltre: un grido che si perse nell’eco di quelle mura.

Il Principe corrugò impercettibilmente la fronte, rendendosi conto che mai aveva udito pronunciare il nome della sua prigioniera, fino ad allora.

- Padre!- urlò di rimando lei, fino a ferirsi la gola. Aveva riconosciuto quella voce, la voce del suo genitore scomparso otto mesi prima, ma la situazione continuava a conferirle agitazione. La sua condizione era decisamente insopportabile e non riusciva a capire che intenzioni avesse il vampiro. Dorcas ghignò assistendo a quella scena, mentre faceva scorrere i polpastrelli sulla clavicola di Nocturna, verso il basso; dal suo sguardo lasciava trasudare nient’altro che sfida, un sadico piacere, mentre sfiorava quella pelle nuda.

Il Monsignore ed i membri dello Stato italiano rimasti osservarono la scena impassibili, ma non si aspettavano che la rampolla di Van Brunt fosse ancora in vita, soprattutto incolume. Non vedevano segni su quel collo, niente che facesse presagire una possibile trasformazione. Diversamente, il rumeno pareva visibilmente combattuto, non sapeva cos’avrebbe dovuto fare adesso; i servi del vampiro se ne stavano anch’essi immobili, in attesa della prossima mossa, mentre la donna, la leggendaria Lilith prestava sempre attenzione ai suoi nemici, pronta per qualsiasi evenienza.

- Codardo!-

- Osi dare del codardo a me? Consegnami la reliquia, oppure desideri che uccida lei?- proruppe il Principe.

L’uomo parve titubante, non gli riservò una risposta subito. Si voltò alle sue spalle, incontrando gli occhi del Vaticano, trovandoli severi ed austeri. Sapeva cosa gli stavano dicendo, e riconosceva che era lì solo ed unicamente per la sua missione.

Nocturna attendeva in silenzio, perdendosi in quello snervante mutismo che era calato tra i presenti, o meglio, quelli che credeva vi fossero nella stanza, ovunque lei fosse. Non aspettava nient’altro che lo scambio, credé per un momento. Ma la speranza l’abbandonò per gli istanti successivi, ricordando che lei non era una semplice vittima, quanto la preda da sacrificare.

- La sua risposta è chiara.- elargì sottovoce Dorcas, e la giovane prigioniera poté percepire ancora una volta il suo fiato sfiorarle il collo. Con uno strattone si ritrovò a reggersi sulle proprie gambe, poi, quando i piedi non toccarono più terra, la colse un nuovo capogiro e la stanza tornò ad essere in tumulto. Sentì il vampiro percorrere quella che doveva essere una scalinata, poi proseguire mentre lei si dimenava tentando di liberarsi da quei legacci; udì provenire dal basso alcune voci che non seppe classificare, parole latine riecheggianti, accompagnate da rumori violenti. -Presto, prendetelo!- Non si sforzò neanche di riconoscere a chi appartenesse quella voce; intese soltanto che il suo aguzzino non sembrava particolarmente preoccupato, ed inoltre non erano mai stati ad una vicinanza tanto pericolosa. La tratteneva con un singolo braccio, facendole sfiorare il proprio petto marmoreo; non vi era alcuna traccia di umanità in lui, pensò la giovane sorprendendosi di non avvertire i battiti cardiaci.

Una porta si spalancò e vi si riversarono all’interno con impeto, Dorcas scaraventandola su di una morbida superficie. L’impatto le fece perdere fiato, ma recuperando quanta più aria potesse nei polmoni cominciò a scalciare violentemente, incontrando quello che le parve il tronco dell’uomo. Le orecchie le fischiarono quando le dita dell’immortale le chiusero ancora una volta la gola, dopodiché lo sentì mormorare qualcosa, probabilmente un’imprecazione. Era decisamente in panico, in preda agli spasmi convulsi causati della mancanza d’ossigeno; il vampiro la spingeva tra quelle coltri, ed ella si sentiva sprofondare. A causa della benda non riusciva a vedere cos’avesse intorno, né a svincolarsi, le sembrava soltanto d’impazzire. Poi tutto ad un tratto quella furia cessò.

Dorcas posizionò gli avambracci ai lati della sua testa, osservandola per un istante: pareva volesse arrendersi. Chinò il capo facendo ricadere i suoi lunghi capelli sul viso di Nocturna, vedendola sussultare a contatto con quelle ciocche; si soffermò sui lineamenti aggraziati, scorgendo la bocca rosea. Anche se i segni delle torture erano ancora visibili, la forza d’animo che scaturiva dal suo essere era palpabile. Doveva avere uno sguardo altrettanto fiero, seppur timoroso, al di sotto di quella benda nera. Lo aveva trovato necessario, venuto a conoscenza del fatto che ella era stata portata nelle segrete quasi del tutto priva di sensi; qualsiasi evenienza era necessaria se voleva mantenere la segretezza delle stanze attraversate, prima di giungere all’ingresso principale.

Sentì Nocturna irrigidirsi al di sotto del suo peso, osservando poi lo sgorgare di sole due lacrime dai suoi occhi momentaneamente celati; corrugò la fronte, e non seppe il perché di quella reazione da parte della giovane. Paura o semplici rimpianti?

- La senti adesso? Si chiama resa e non c’è nulla che tu possa fare, anche se scalci, gridi o ti aggrappi a me- disse afferrandole il volto.

La giovane fu percossa da brividi gelidi, scombussolata dalle vicende e soprattutto in pena per ciò che suo padre aveva esternato; nulla era paragonabile al disinteresse, ed alla meticolosità che aveva riservato per quella missione. Lei rappresentava il nulla.

Avvertiva soltanto il peso asfissiante del corpo di quell’essere che la sovrastava; respirò il fiato senza vita che lui emetteva parlando. Le labbra di Dorcas, gelide ed esangui, sfiorarono le sue mentre con la forza di cui era dotato le impediva ogni ribellione possibile. Si sentiva inerme e priva di qualsiasi difesa, per colpa di quella maledetta benda, e così non era riuscita neanche ad evitare il tocco gelido sul suo collo. Il labbro inferiore di Dorcas le stava sfiorando la pelle, percorrendo una sottile linea immaginaria; dei brividi di repulsione la costrinsero ad inarcarsi, ma ciò che ottenne fu di far combaciare i loro corpi. Una scia umida le solcò il derma, mentre avvertiva la gola sempre più secca. Perché era stata condannata a quel supplizio?

- Sta’ lontano da me!- Contrasse la mascella, ma in un attimo si sentì svincolata e la presenza del vampiro scomparve del tutto; la porta era stata aperta e richiusa velocemente, i solchi sulle lenzuola non erano già più visibili. Si ritrovò ancora una volta da sola, ma non sapeva dove. Una volta ripresasi da quella tortura che pian piano la stava consumando, tentò lentamente di liberarsi dalle corde, cosa che le risultò alquanto semplice dato che il nodo non era né stretto, né complicato. Sfilandosi finalmente quel pezzo di stoffa dagli occhi, poté con sua immensa sorpresa ammirare una lussuosa camera da letto, ove i colori prevalenti erano l’oro ed il rosso, in contrasto con lo scuro mobilio; una finestra si apriva sullo spazio retrostante al ponte levatoio, ed il suo sguardo poté scorgere gli alberi secolari della foresta, la luna alta nel cielo plumbeo. Inspirò profondamente prima di voltarsi verso la porta, ma forzando più di una volta la maniglia, si rese conto che era stata accuratamente chiusa a chiave, così si dedicò ad ispezionare quella stanza con cura, decisa a trovare una via di fuga. Sul massiccio comò riconobbe ben presto quella che era la sua preziosa spada; si accostò maggiormente ad essa quasi non facendo rumore, timorosa che nella stanza ci potesse essere ancora qualcuno. Afferrò saldamente la lama portandosela più vicina al volto, specchiandosi in essa. Le dita premettero convulsamente sul metallo fino a che dalla sua mano sgorgarono calde gocce di sangue; Nocturna assottigliò lo sguardo. Premeva con più forza la carne contro la lama, avendo necessità di procurarsi dolore per sentirsi viva.

Quale sarebbe stata la sua sorte?

Mentre le spallate alla porta aumentavano forsennatamente, il cuore della giovane era letteralmente in subbuglio.

- So di te dal giorno in cui sei nata. Conoscevo quale sarebbe stata un giorno la tua sorte, e la mia.-

I momenti di solitudine le sembrava fossero durati fin troppo tempo. Aveva ascoltato grida, imprecazioni, litanie… il tutto ovattato a causa della massiccia porta che la separava da quella che poteva essere la salvezza. Non era certa se la voleva, ma combattere tra gli umani, tra quelle persone che rappresentavano la sua gente poteva essere la fine che aveva sempre desiderato. Invece lui era ancora lì. L’aveva raggiunta subito dopo aver sgominato altre persone, le sue mani erano macchiate del sangue degli stranieri che sentiva urlare oltre lo stipite. Anche se non dava alcun segno di cedimento, si vedeva quanto fosse diverso dalle volte in cui era andato a farle visita nelle segrete: in lui bruciava il fuoco della sconfitta subita.

- Ero consapevole di ciò che sarebbe capitato e non ho potuto evitarlo siccome tu sei risultata inutile. Ritenevo che gli umani avessero dei sentimenti, ma a quanto pare mi sbagliavo.

- Ti avevo detto di uccidermi.- rispose Nocturna stringendo l’elsa della sua spada, mentre il vampiro osservò per un attimo la sua mano ferita.

- La decisione di Gustav è stata assolutamente umana.- disse accennando un’espressione quasi disgustata, osservandola mettersi in posizione di difesa. “Calza perfino abiti da uomo” pensò per la prima volta senza alcuna costrizione. Pareva che volesse disputare quel duello, ben consapevole che fosse un suicidio.

- Sfonderanno quella porta.- elargì senza alcuna espressione.

- Che lo facciano, ti uccideranno.

- Tu credi?-

Nocturna vacillò, pareva che le forze stessero pian piano scemando: era esausta. Dorcas si fece più vicino e lei indietreggiò di un passo, l’ampia vetrata alle sue spalle.

- Forse non saranno loro a farlo.

Il vampiro sorrise sarcastico quando ella puntò la lama a pochi centimetri dalla sua gola, sfiorandogli lievemente la pelle.

In quel momento si ricordò delle torture subite e degl’anni dedicati alla causa di suo padre, mentre in cambio aveva solamente ricevuto di essere rinnegata come figlia; la presa sulla spada si fece più tremolante, seppur stretta in modo convulso. L’essere dinnanzi a sé pareva non voler opporre resistenza, né difendersi… eppure sapeva di quanta ferocia poteva essere capace. “Mi sta forse manipolando?” Era stanca di pensare, mettere a frutto le idee; in quel momento avrebbe desiderato soltanto annullarsi completamente piuttosto che affrontare quel maledetto destino. Strinse le palpebre e con rabbia premette ancor più la lama, fino a ferirgli superficialmente la carne ed attese in silenzio la morte, riaprendo gli occhi e specchiandosi in quelli del vampiro. “Cosa aspetta ad uccidermi?” urlò disperatamente nella sua testa.

- Vieni con me- udì d’un tratto sconcertata, mentre il braccio di Dorcas era proteso verso di lei. Le pupille castane si dilatarono osservando quella mano che le veniva offerta senza remore, e l’espressione del vampiro pareva immutata. Perse un battito. Cosa le stava offrendo?

La finestra si spalancò e l’ululato del vento ruppe il silenzio venutosi a creare; le tende fluttuanti rivelarono una splendente luna, in parte celata da nubi, che rischiarò il volto della giovane. Titubante e restia, pareva stesse considerando quell’impensabile proposta. D’istinto si era ritrovata ad abbassare l’arma dapprima puntata contro il Principe demoniaco.

- Posso offrirti di vivere.

- Lì c’è la mia gente, c’è mio padre.

- Lo stesso che ti ha condannata?

- Perché?- chiese ormai arresa alle lacrime che minacciavano di sgorgare fin dall’inizio di quelle tumultuose vicende, ma prima che potesse udire altra risposta dal suo interlocutore, un dardo fischiò attraverso la fenditura della porta lignea, andandosi a conficcare nella sua spalla sinistra.

In preda al dolore, Nocturna lasciò andare finalmente la spada, inginocchiandosi al suolo sofferente. Dorcas ebbe solo il tempo di formulare un immediato pensiero: il motivo per cui aveva agito così gli era ancora in parte ignoto, anche se la proposta aveva un suo fine e lui ne era ben consapevole. Un giorno quella giovane donna gli sarebbe stata utile… In quel preciso istante, riconobbe in lei il sé stesso di un tempo, arrendevole ad un destino già scritto: ricordi quasi sbiaditi che l’assillavano durante le ore notturne. La sola certezza, non c’era tempo per altre elucubrazioni.

Quando Gustav Van Brunt si ritrovò di fronte uno scenario simile poté finalmente assaporare ogni più piccolo dissapore della sconfitta: aveva perso la battaglia, non era riuscito a sconfiggere Dorcas come si era prefissato di fare da troppi anni ed aveva perso la sua unica figlia… Nocturna.

Era scomparsa, svanita nella notte più buia che richiamava il suo nome.

Le mura parvero collassare sul suo corpo e sulla sua mente nel momento in cui aveva disgregato la porta per accedere a quella stanza nascosta, ma della giovane non vi era più traccia.

Una macchia scura solcava il lucido pavimento: sangue. Ed il rumeno poté pensare al peggio.

Un urlo di rabbia, dolore e rassegnazione si propagò per quelle mura vecchie come il tempo.

Il salto era stato decisivo; l’acqua gelida aveva accolto le loro membra spingendoli via con la corrente. Evitare rocce, tronchi abbattuti e quant’altro non era impresa ardua, decisamente più difficile risultava affrontare la forza motrice dell’elemento che imperversava in preda alla furia. La riva era vicina, e per una creatura dotata di poteri superiori rispetto alle capacità umane fu meno complesso del dovuto raggiungerla; Nocturna giaceva abbandonata nel suo ferreo abbraccio, priva di sensi e con il sangue che sgorgava da quella profonda ferita, inebriante quanto un banchetto… Il primo impatto con l’elemento le aveva donato quasi una sensazione benefica, dopodiché era caduta vittima dell’oblio.

Dorcas afferrò una sporgente radice con la mano destra, cominciando a tirarla a sé; pareva che il terriccio cedesse, tuttavia con un ultimo sforzo rabbioso riuscì ad uscire dal letto del fiume, per poi riversare il corpo dell’umana sull’erba umida e alzarsi sulle proprie gambe. Lanciò un’ultima occhiata alla torre da cui erano precipitati e dopo l’indirizzò alla creatura dormiente: pareva ancor più pallida e sofferente. Compì un gesto meccanico quando, strappandosi un lembo della camicia, le fasciò la spalla bruscamente, facendola sussultare ad ogni stretta più decisa. La debolezza era un ricordo ben lontano per lui, pensò esercitando un’ultima pressione nel tentativo di arrestare quell’emorragia. Un peso morto era l’ultima cosa che gli occorreva, in un momento simile. Ma gli occhi di Nocturna si schiusero per l’ultima volta, incrociando uno sguardo gelido e dei lineamenti sfuocati: osservò il vampiro passarsi pollice ed indice sulle labbra… scarlatte. Com’era possibile? Scrutò con più attenzione, rendendosi poi conto di ciò che l’uomo stava assaporando. Era il suo sangue. Un capogiro la costrinse ad abbassare le palpebre.

“Non voglio più scappare” fu l’ultimo pensiero che formulò prima di sospirare stancamente, percependo di essere sollevata da terra ancora una volta e trascinata via, nelle tenebre.

[…]

Questo è ciò che ti lascio: hai la consapevolezza di aver perso ciò che ti apparteneva. L’hai condannata ed infine le hai detto addio… Converrai con me che è tempo di smetterla di pianificare il destino altrui, dato che non sei stato in grado di portare a termine ciò che ti eri ripromesso di fare. Sono un Tepes e non hai neanche sfiorato la potenza della mia stirpe. Ricorda queste parole: non udirai altro grido da parte di colei che hai rinnegato.

Il foglio giaceva ai suoi piedi, riverso sul pavimento della stanza ormai vuota di quel maniero, accanto alla preziosa stilografica… Gli occhi grigi dell’uomo si spalancarono alla luce del fatto che quelle singole parole erano state scritte e siglate col sangue.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Fine -

 

 

 

 

 

 

Sono particolarmente affezionata a questa storia dato che Nocturna e Dorcas sono stati personaggi partoriti dalla mia mente, dalle mie emozioni. E quando si conclude una storia, si sente una specie di strana nostalgia…Inutile dire che sono contenta di aver pubblicato ma con rammarico di lasciare –almeno per un pò- in sospeso Per Aspera ad Astra (almeno finché qualcuno non avrà voglia di indire un altro bel contest su Vampiri! XD)

Grazie infinite ad Illunis.

Grazie a voi lettori e a tutte le persone che mi lasceranno una recensione.

Buon riposo –eterno- a tutti voi, amanti delle creature della notte!

 

Nihila

   
 
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