Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Nerween    06/10/2011    8 recensioni
Non l’aveva più chiamata Mezzosangue. Non la chiamava mai, in realtà.
Infatti era rimasto spiazzato quando quella volta, dopo appena tre mesi di scuola, la Granger gli aveva rivolto per la prima volta la parola. Proprio lì, in quella biblioteca, in quell’esatto punto. Gli aveva domandato in toni gentili come mai spendesse del tempo a guardarla, definendosi poco interessante e monotona, quando avrebbe potuto studiare. Sulle prime lei rimase diffidente, ma c’era qualcosa nello sguardo di Draco che le aveva fatto capire che non era lì per prenderla in giro.
Una volta gli aveva proposto persino di fare i compiti insieme e… sedersi accanto a lei.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

A seat next to you

 

 

 

Maybe, say that you’ll save me

A seat next to you

Bon Jovi - A Seat Next To You

 

 

Sua madre gliel’aveva raccontato, di quando aveva mentito persino al Signore Oscuro per tornare a Hogwarts durante la guerra e controllare che lui stesse bene, che suo figlio fosse ancora vivo. Non subito, però: prima si erano presi un po’ di tempo per stare insieme, si erano dileguati dalla battaglia. Perché quella notte, la famosa notte in cui il Ragazzo-Che-E’-Sopravvissuto sconfisse Lord Voldemort, alla famiglia Malfoy non importava assolutamente nulla di come sarebbe andata a finire quella storia. Non c’erano che loro tre, finalmente riuniti, finalmente al sicuro. La mano di Narcissa che stringeva forte quella del figlio nonostante fosse più piccola, il braccio di Lucius che gli cingeva le spalle. Un trio che si allontanava, che lasciava il campo di battaglia. Che si portava dietro incoerenze, bugie, maledizioni e, infine, anche pentimento. Un trio che abbandonava.

Avevano gettato la spugna perché non ne potevano più di quella vita. Persino Lucius si era convinto che la vita del figlio dovesse avere un’altra opportunità. Aveva solo diciassette anni, poteva diventare una persona migliore. Non si era mai reso conto fino a quel momento quanto ci tenesse a lui, quanto sotto quel suo essere un padre freddo si nascondesse un generoso, seppur ben nascosto, affetto. Da quando aveva cominciato a rendersi conto di quanto suo figlio e la sua famiglia fosse sul filo del rasoio, aveva preso la sua scelta. E quando avevano avuto l’opportunità di dileguarsi dalla scena, non ci avevano pensato due volte.

Opportunismo? Forse. Il suo Signore stava perdendo, durante quella notte si era indebolito. Da che parte stare?

Dalla propria parte. Dalla parte della sua famiglia. Doveva portare sua moglie e suo figlio a casa. Li avrebbe tenuti al sicuro, e poi avrebbe smesso con tutta quella storia. Sarebbero stati felici, anche se Voldemort fosse sopravvissuto. Perché erano uniti.

La guerra li aveva cambiati tutti. Non c’era una sola persona che non avesse subito perdite, che non avesse lasciato in quelle mura distrutte di Hogwarts una parte del proprio cuore. Nemmeno Draco Malfoy era sfuggito a quell’alone di malinconia.

Il ragazzo appoggiò fiaccamente il capo sulla finestra della biblioteca di Hogwarts. Non l’aveva mai fatto, lasciarsi abbandonare dolcemente al suono della pioggia scrosciante di gennaio e inspirare il profumo inebriante dei vecchi libri. Non si era mai neppure accorto quanto fosse piacevole quel profumo, quanto quel silenzio quasi sacro fosse un tale conforto.

A volte le sentiva ancora, tutte quelle urla. Le voci delle persone che combattevano e venivano abbattute, che morivano colpite da un’Anatema rivolto a lui. Quello che si abbassava per proteggersi dalle luci verdi. Quello che aveva abbandonato ogni dignità umana.

Oh, sì, quella notte si era sentito senza alcuna dignità. Quella notte si era rivelato per il codardo doppiogiochista che era, per il Serpeverde approfittatore. Era quasi arrivato a disprezzare la sua Casa e a desiderare tanto di avere un briciolo del coraggio che traboccava in Potter. Persino nel suo amico Weasley.

Chi l’avrebbe mai detto, che proprio quel traditore del proprio sangue gli avrebbe fatto aprire gli occhi sulla realtà.

« E’ la seconda volta che ti salviamo la vita stanotte, bastardo doppiogiochista! »

Se in quella pigra giornata piovosa di gennaio era lì, in biblioteca, lo doveva solo a loro, che gli avevano salvato la pelle dall’Ardemonio di Tiger della Stanza delle Necessità e da quel Mangiamorte che voleva troncarlo. A quei tre che tanto aveva disprezzato, a Potter che aveva sempre odiato, Weasley che aveva sempre ridicolizzato, la Granger che aveva sempre offeso…

Quando Draco decise di tornare ad Hogwarts per completare i suoi studi, aveva saputo fin dall’inizio che la Mezzosangue avrebbe fatto la stessa cosa. Per cause diverse, naturalmente: la Granger per completare i suoi studi, lui perché in fondo Hogwarts era legata alla sua infanzia. Voleva cercare di cancellare ogni ricordo degli ultimi due anni, da quando il Signore Oscuro gli aveva affidato il compito di uccidere Silente. Voleva ricordare gli attimi felici, le bullonate fatte con Tiger e Goyle, le poche ma sufficienti parole scambiate con Theodore. Voleva tornare in quel castello accogliente che gli mancava. Persino la brutta faccia di Pix gli era sembrata amichevole e conosciuta. Aveva bisogno di amici.

All’inizio della scuola avrebbe scommesso il patrimonio della sua famiglia alla Gringott di trovare la Granger quell’irritante so-tutto-io che era stata per sei anni. Ma non aveva fatto i conti con quello che era successo: la guerra aveva cambiato davvero tutti. Persino la Mezzosangue.

L’aveva osservata tanto per i primi tempi. Era quasi diventata un pensiero fisso, non per una particolare ragione, ma per semplice curiosità: voleva capire fin dove poteva spingersi il cuore spezzato dal dolore di una persona che aveva combattuto proprio sul campo nemico. E poi era la sola faccia conosciuta in quel castello a parte i professori. C’erano quelli di Serpeverde, ma erano le sue vecchie vittime quando si comportava ancora da stupido bulletto con i suoi compagni e che adesso lo squadravano con aria di disgusto, evitando accuratamente di rivolgergli la parola se non fosse stato strettamente necessario.

Aveva visto la Granger gettarsi a capofitto nello studio, ma non comportarsi da saccente. C’era quello stesso velo di malinconia che accarezzava anche Draco. Invisibile, quasi impercettibile al tatto. Ma c’era, e si riversava sulle piccole azioni. Gli sguardi vacui e prolungati su alcuni muri del castello ancora distrutti dalla guerra o su alcuni angoli del corridoio, dove forse qualche mese prima giaceva il cadavere di un familiare o amico.

La guerra li aveva cambiati tutti. Ma non riusciva ancora a capire il comportamento della Granger nei suoi confronti.

Nessun astio, nessun odio. Lui, il ragazzo che gli aveva reso i suoi anni ad Hogwarts un inferno, non le faceva scaturire nessuna rabbia repressa o sentimento di vendetta.

Non la capiva, la Granger. Non l’aveva capita quando con i suoi amici l’aveva salvato nella Stanza delle Necessità quando avrebbe potuto lasciare al suo destino, non la capiva quando tornati per il settimo anno, gli rivolgeva un cenno di saluto ogni qual volta si incrociavano nei corridoi.

Nel riflesso del vetro a cui era appoggiato, riuscì a vedere il profilo del soggetto dei suoi pensieri che avanzava tra gli scaffali. Ogni giorno era la stessa routine, da quando erano tornati dalle vacanze natalizie e anche prima: lui si appostava dietro uno scaffale strategico, seduto ad un tavolo che nessuno frequentava mai, tra quello di Antiche Rune e la finestra, in modo che lei non potesse accorgersi della sua presenza.

Anche se lei sapeva che era lì.

C’era un tacito accordo, quasi un appuntamento. Lei faceva finta di non vederlo, lui la scrutava tra gli spazi liberi lasciati da libri mancanti. Fu proprio per caso che la Granger si accorse di lui, la prima volta. Prese un libro dallo scaffale e si ritrovò a fissare il volto di Malfoy che la squadrava. Avevano impiegato un secondo di troppo a rendersi conto della situazione, poi la Granger aveva riacquistato la sua compostezza ed era andata a leggere dov’era prima, come se non fosse successo assolutamente nulla.

Draco l’aveva preso come un segno di indifferenza. Come un Per me va bene se mi spii da lì dietro, basta che non dai fastidio. Il fatto che lei non avesse mai cambiato posto da quando si era accorta di lui gli faceva pensare che non le dispiacesse troppo essere osservata in silenzio, con solo uno scaffale pieno di libri a dividerli.

Non l’aveva più chiamata Mezzosangue. Non la chiamava mai, in realtà.

Infatti era rimasto spiazzato quando quella volta, dopo appena tre mesi di scuola, la Granger gli aveva rivolto per la prima volta la parola. Proprio lì, in quella biblioteca, in quell’esatto punto. Gli aveva domandato in toni gentili come mai spendesse del tempo a guardarla, definendosi poco interessante e monotona, quando avrebbe potuto studiare. Sulle prime lei rimase diffidente, ma c’era qualcosa nello sguardo di Draco che le aveva fatto capire che non era lì per prenderla in giro.

Una volta gli aveva proposto persino di fare i compiti insieme e… sedersi accanto a lei.

Non c’era sarcasmo nella sua voce, o ironia. Una semplice e cortese richiesta. Come se non esistesse alcuna rivalità, o come se non fosse mai esistita. Come due estranei che si vedono per la prima volta.

Forse era davvero questo il suo piano. Annullare le cattiverie, ricominciare da capo. Una seconda opportunità, in fondo, non si negava a nessuno, nemmeno a Draco Malfoy. Ma nonostante questo, era rimasto in silenzio e al suo posto, seduto da solo e lasciando sola anche lei. Non aveva osato mai avvicinarsi o superare lo scaffale. A volte si faceva spazio tra i libri per vederla chiaramente, sapendo che era inutile nascondersi.

« Puoi mostrarmi il tuo volto almeno, non ti affatturo mica. »

Lui voleva davvero ripartire da zero. Qualche tempo prima avrebbe rabbrividito al solo pensiero, ma aveva cominciato a scambiare qualche parola con la Granger. Solo sussurri, anche monosillabi. Era lei che cominciava ad attaccare discorso, lui rispondeva sì e no o certe volte non proferiva nemmeno parola, ma restava lì a osservare ogni suo movimento, a scrutare quanti secondi impiegava per leggere un rigo – era quasi certo che gliene bastassero tre per farlo con attenzione – o studiare la sua calligrafia. Faceva le “e” sottili e le “l” allungate. Seguiva i fluidi movimenti della sua mano che vagava sulla pergamena, scendendo sempre più in basso con una velocità straordinaria.

La vide arrivare con il suo solito passo: veloce, con il capo chino sui libri che stringeva al petto, e sedersi al solito posto. Era suo davvero, anche se non c’era alcuna etichetta con su scritto “Hermione Granger”. Stava di fatto che nessun’altro sedeva lì. Draco aveva notato che era sempre sola e questo la faceva apparire un po’ simile a lui ai suoi occhi. Anche se lei aveva la Weasley come amica, ma figuriamoci se si degnava mai di spendere il suo tempo in biblioteca.

Riusciva a capirla anche solo guardandola: era silenziosa e senza i suoi amici Potter e Lenticchia anche abbastanza solitaria. Si chiedeva se trovasse conforto in tutti i libri che leggeva, se le parole di cui si nutriva riuscivano a chiuderle la mente dalle immagini di morte della guerra passata. Con lui non funzionava.

Draco Malfoy aveva solo un metodo di distrazione, ed era proprio guardare la Mezzosangue.

Si perse nei lineamenti gentili del volto, la forma della mascella e del mento, fino a risalire alle labbra. Ricordava quante cattiverie aveva detto sui suoi denti troppo sporgenti ai primi anni. Che stupido, che era stato.

Contemplò i suoi capelli arruffati e seguì con precisione il percorso di una ciocca che le ricadeva sul viso. Aveva voglia di infilare le mani in quella massa informe e carezzarli, renderli morbidi al tatto, odorarne persino il profumo. Chissà se la Granger ci pensava ai suoi capelli. Cosa avrebbe dato per esplorare la sua mente, per sapere cosa pensava di lui.

Probabilmente credeva che fosse uno svitato, che durante la guerra un masso gli fosse caduto in testa e l’avesse rincretinito totalmente. Anche lui l’avrebbe pensato di sé stesso, ormai non si riconosceva più. Di certo, suo padre non lo riconosceva.

Aveva passato il Natale a Villa Malfoy, come sempre. Aveva quasi intenzione di restare ad Hogwarts, ma proprio la Mezzosangue l’aveva convinto ad andare: qualche giorno prima delle vacanze, aveva buttato lì che se ne sarebbe andata sulla neve con la sua famiglia a fare uno sport babbano, a quanto aveva capito. Scivolare sulla neve, una roba del genere. Roba da babbani.

E lui era tornato a casa, da una madre fin troppo ansiosa di rivederlo. Il suo senso di protezione nei confronti del figlio era aumentato ancora di più durante il suo soggiorno ad Hogwarts. L’aveva abbracciato e stretto a sé come se non lo vedesse da anni, non solo da circa quattro mesi. Ed avevano passato quel tempo insieme tentando di ricostruire un vero rapporto familiare.

Draco non credeva davvero di poterci riuscire. Troppe cose erano successe, troppo dolore era albergato in Malfoy Manor. E il peggio era che continuava ad albergare nei cuori di tutti. E non c’entrava nulla l’affetto: sapeva che i suoi genitori lo consideravano la cosa più importante che avessero, ma per troppo tempo gli erano state affibiate responsabilità che non voleva. Da quando Lucius gli aveva messo tra le mani una Nimbus 2001, pretendendo che il figlio fosse più forte di Potter nel Quidditch, fin quando gli era stato affidato dall’Oscuro Signore in persona il compito di uccidere Silente.

Quando aveva fallito entrambe le imprese, non si era mai sentito all’altezza di portare il cognome Malfoy. E non si era nemmeno sentito all’altezza di essere un purosangue. Ma quando la guerra era finita, aveva capito che non gli importava più nulla di essere un Malfoy o un purosangue. Ciò che contava era essere vivo e insieme a lui la sua famiglia. Non si era mai reso conto di quanto la vita potesse sfuggire da un minuto all’altro sotto i propri occhi e di quanto tempo avesse sprecato a fare una distinzione tra maghi di sangue puro e sangue sporco. E sua madre Narcissa sembrava capirlo.

Era tornato a casa e gliel’aveva detto. Le comunicazioni tra di loro erano migliorate, in un certo senso, e Draco aveva trovato persino la forza di affrontare l’argomento in presenza di suo padre: aveva detto loro di quanto non ci fosse più alcuna guerra tra studenti, alludendo alla Granger e al fatto che ci scambiava qualche parola, ogni tanto. E che non era una spiacevole compagnia, in fondo.

Lucius aveva lasciato la stanza senza dire una parola, ma ormai non aveva più potere su quelle cose. Narcissa invece gli aveva stretto le mani nelle sue e gli aveva detto solo che era felice di vederlo più vivo, allegro. Che desiderava solo la sua felicità e che avesse una vita totalmente diversa da quella di suo padre.

Draco l’aveva presa in parola, come se fosse una benedizione da parte sua, ed era tornato ad Hogwarts con un macigno in meno sul cuore, con la consapevolezza che ormai i tempi bui erano terminati, e con loro gran parte dei pregiudizi della sua famiglia, almeno da parte di madre.

Intanto la Granger sembrava aver finito il suo tema di Pozioni, quello che Draco avrebbe sicuramente scritto durante la notte: andava avanti da un po’ di tempo, ormai. Studiava di notte, alla soffusa luce delle lampade nella sala comune di Serpeverde, ma la mattina non si svegliava mai stremato: per quanto potesse sembrare malaticcio, solitario e costantemente triste, quasi assente, Draco dentro di sé si sentiva bene, in pace con il mondo.

Da quando era lì, non aveva ancora alzato la testa dalla finestra: quel giorno era ancora più distratto del solito, con un braccio appoggiato alla spalliera della sedia, una mano fiaccamente messa a mo’ di segnalibro ad un volume che non stava leggendo, la fronte ancora appiccicata alla finestra dove i capelli si bagnavano per la condensa sul vetro, confondendo l’immagine riflessa della Granger con quella della neve di gennaio che scendeva inesorabile dal cielo.

« Ti serve una mano con il tema di Pozioni? »

Fu come risvegliarsi da un torpore e tornare alla realtà. Mise a fuoco l’immagine della Granger e vide che lo guardava intensamente, abbozzando un timido sorriso. O forse erano le labbra troppo arricciate. Poi si voltò verso di lei, che indicava la sua pergamena completamente vuota: « Ho notato che non hai scritto praticamente nulla, se vuoi puoi leggere il mio. »

Draco fissò prima le sue mani che gli porgevano gentilmente la sua pergamena, per poi tornare a guardare quel volto che mano a mano perdeva quell’abbozzo di sorriso. Ecco, non sapeva mai come comportarsi quando gli rivolgeva la parola. A volte non rispondeva, altre era sgarbato. Altre volte ancora rispondeva con monosillabi. Comunque, nell’insieme, non si faceva sentire troppo.

« No, figurati » rispose dopo una pausa. « Grazie » aggiunse poi, per mostrare almeno un minimo di gratitudine.

La vide annuire e tornare al suo studio, ma sapeva che una volta attaccato discorso la Granger non l’avrebbe finita per le lunghe.

« Sempre così apatico, Malfoy » commentò mentre sfogliava distrattamente un volume grosso e polveroso. « Mi chiedo che fine abbia fatto il Serpeverde presuntuoso che conoscevo. » Sembrò pensarci su, poi aggiunse « E che mi ha rovinato sei anni di scuola. »

« Cinque, Granger » rispose Draco, cominciando a far dondolare la sedia sulle gambe posteriori « Al sesto non avevo tempo per pensare a lanciare frecciatine a te e alla tua compagnia. »

« Non mi dire, ho ascoltato qualcosa in più di un grugnito? »

Draco ricevette il colpo con un ghigno. O forse era più un sorriso, un timido manifesto di piacere nel trovarsi in quella situazione. Non gli succedeva da tempo nemmeno di ghignare.

« Penso sia seppellito insieme alla tua versione saccente e so-tutto, che ha rovinato la mia carriera di studente modello ad Hogwarts. »

« Touché » commentò lei « Era forse un complimento quello? »

Draco storse il naso e decise di dedicarsi al libro che teneva in mano, o almeno provarci. Tentò con tutte le sue forze di non pensare al fatto che, in verità, dietro le sue parole era celato davvero un complimento. E allo stesso modo tentò di convincersi che era stato assolutamente non premeditato a risulare tale.

Per lui la sua chiacchierata giornaliera poteva anche finire lì; anzi, erano andati già fin troppo oltre i loro standard, ma ogni sua speranza fu spezzata perché evidentemente la Granger non aveva terminato.

« Mi chiedo perché passi il tempo a osservare quella neve. Personalmente, preferisco toccarla e magari lanciarla » disse, con un sorriso furbo « Anche se, ora che ci penso, capisco perché non ti piacciano tanto le palle di neve. »

La Granger stava giocando le sue carte e aveva pescato quella dell’umorismo. Draco ricordò quando, al tero anno, Potter si era intrufolato ad Hogsmeade e aveva cominciato a lanciargli contro neve e fango.

Sorrise a quel pensiero e scoprì che c’erano ricordi divertenti legati anche a quel trio che aveva sempre disprezzato, e che adesso a differenza di prima lasciavano un sorriso sulle labbra.

« Potter ha smesso di lanciare fango sui poveri malcapitati? » chiese Draco. Era piacevole parlare.

« Sì, da quando i poveri malcapitati hanno smesso di fare gli imbecilli. »

Draco sospirò. In fondo non si dimenticava tutto così facilmente. Ma se la Granger si aspettava delle scuse, lui non le avrebbe date. Era ancora impreparato e non avrebbe avuto la forza di farlo. E le scuse non bastavano a cancellare anni di disprezzo.

La Granger sembrò capire il flusso dei suoi pensieri e pensò bene di cambiare argomento: cominciò a parlare instancabilmente delle sue vacanze sulla neve, delle cose che aveva fatto, di quanto fosse stato bello poter passare del tempo con la sua famiglia senza doversi preoccupare di alcuna guerra o maghi oscuri. E Draco ascoltò ogni sua singola parola con la massima attenzione, guardò il movimento delle sue labbra che si muovevano e si deliziò della sua risata cristallina dopo avergli raccontato un episodio divertente. Era così surreale stare lì in quel momento e sentirsi tanto leggeri.

E fu una voce alle spalle della Granger ad interrompere quel momento: madama Pince scrutava la ragazza con cipiglio più stranito che severo, per poi sporgersi oltre lo scaffale e incontrare gli occhi di Draco. La donna sembrò molto sorpresa, poi riacquistò la calma e li rimproverò di fare silenzio.

Mentre si allontanava, il giovane Serpeverde pensò che altre cose, invece, non cambiavano per nulla. Come madama Pince: nonostante la guerra, nonostante la sua amata biblioteca fosse andata distrutta, lei era ancora lì, tra i suoi libri e scaffali riparati, ad intimare agli studenti il massimo silenzio. Era come se quel qualcosa di profondo non fosse stato del tutto scalfito, come se le vecchie abitudini riafforassero per far sembrare la realtà come un tempo. Come se la guerra non ci fosse mai stata.

Eppure non era così.

E poi c’erano loro, Malfoy e la Granger. Draco non sapeva se madama Pince fosse stata più sconcertata di vedere Hermione, colei che frequentava quel luogo quasi quanto lei, parlare animatamente e disturbare la quiete della biblioteca, o il fatto che lo stesse facendo con Malfoy.

Se la fine del mondo non era arrivata con Lord Voldemort, pensò Draco, l’avrebbero scatenata loro. Perché a differenza di madama Pince, essi erano cambiati: la Granger non era la solita so-tutto e parlava in biblioteca, Malfoy non infastidiva nessuno e aveva smesso di essere dannatamente irritante con tutti.

« Sono stupiti di vederci parlare » riprese la Granger sottovoce « O magari pensano che sia rimbambita e che stia parlando con uno scaffale. »

« Sarebbe plausibile » rispose il ragazzo « Io stesso mi stupisco del perché mi rivolgi la parola. »

« Per lo stesso motivo per cui tu hai cominciato a spiarmi dall’inizio della scuola. »

« Non mi hai mai detto di andarmene. »

« Ma perché non voglio! Non mi da fastidio. Mi fa piacere. »

Draco pensò che forse quel masso che probabilmente gli era caduto in testa durante la battaglia e l’aveva rimbambito, avesse in qualche modo colpito anche la Granger. Non aveva alcun motivo plausibile di trovare piacevole la sua compagnia.

« Non capisco » disse infine.

« Cosa? »

« Perché lo fai. Perché mi rivolgi la parola come se fossimo due semplici conoscenti, nonostante non lo siamo mai stati. Non ti capisco. »

Hermione sospirò e posò la piuma che aveva, congiungendo le mani sul tavolo e sporgendosi in avanti. Da quella posizione Draco aveva una visuale perfetta dei suoi occhi e si stupì trovandoli così vicini. Aveva paura che anche lei potesse vedere i suoi e leggere in essi la sua confusione.

« Non pensi che sia io a non capire? Il ragazzo che mi ha odiata, disprezzata e messa in ridicolo per tutti questi anni si presenta ad Hogwarts e comincia a fissarmi nascosto dietro uno scaffale mentre studio. »

Draco sapeva che aveva ragione da vendere, eppure se gli avesse chiesto il perché, lui non le avrebbe saputo rispondere: non se lo spiegava nemmeno lui. Forse era rimasto colpito da lei, forse solo stregato, ammaliato, forse aveva trovato nella Granger un esempio da seguire, da studiare per andare avanti…

« Ma non mi interessa, Malfoy » riprese lei « Ti ho osservato anch’io in questi mesi e ho visto chi sei diventato, ho visto il tuo cambiamento impressionante e adesso vedo la tua solitudine e bisogno di una spalla amica nei tuoi occhi. »

Draco non si era mai sentito così nudo e scoperto, come se a dividerlo dalla Granger non ci fosse alcuno scaffale, come se quei libri non disturbassero l’intera visuale che aveva di lei. Davvero era così facile capirlo, come se fosse un libro aperto? Cosa pensavano gli altri, che fosse diventato un disadattato sociale bisognoso di aiuto?

Staccò gli occhi da quelli della Granger, per paura che leggesse in essi qualcosa in più, come la paura che albergava ancora in lui, il terrore e la fragilità. Non le avrebbe più permesso di guardargli dentro, eppure non riusciva a fermarla. Sentiva quasi come se il suo talento in Occlumanzia fosse sparito con una folata di vento, impedendogli di nascondere i suoi sentimenti come aveva sempre fatto. Cosa avrebbe dato per ricostruire quel muro che l’aveva sempre protetto, che gli aveva reso possibile nascondere le sue emozioni a tutti.

E adesso la Granger poteva navigare tranquillamente nel grigio dei suoi occhi senza il bisogno di bussare e chiedere il permesso.

« Perché? » sussurrò semplicemente.

« Perché io non sono come te, Malfoy. Se fossi stata io al tuo posto, mi avresti con molte probabilità respinta immediatamente. »

« Se tu fossi stata in me, non ti saresti nemmeno degnata di guardarmi. » rispose di getto. E ci credeva davvero.

La Granger restò in silenzio, assorta in un ragionamento a cui Draco non era ancora arrivato – probabilmente degno solo della mente della studentessa migliore di Hogwarts – e infine scosse la testa. « Le situazioni e i tempi sono cambiati, lo sappiamo bene entrambi. La guerra ci ha cambiati. Dopo tutto ciò che è successo lì fuori… » e indicò la porta d’entrata nella biblioteca, che dava sul corridoio « So come ci si sente. L’ho vissuto in prima persona proprio come te. Non avremo subito perdite tra i nostri cari, ma abbiamo visto morire persone a cui eravamo legate, come Fred o Tiger. Siamo più simili di quanto tu possa pensare. »

Tirare in ballo l’argomento di Tiger era stato un altro colpo al cuore per Draco. Ricordava ancora il volto del suo amico che, in preda alla follia, agitava la bacchetta in cerca di un incantesimo che potesse spezzare l’Ardemonio da lui creato. Chiuse gli occhi ricordando quelle immagini di morte e strinse forte i pugni chiusi sul tavolo.

Non riusciva a immaginarsi simile alla Granger. O non riusciva a immaginare la Granger simile a lui. Non ci credeva, alle sue parole: lei non era sola come lui, lei era stata dalla parte del bene da sempre, lei aveva ancora degli amici su cui fare affidamento.

E invece, Draco, in quel momento si ritrovò a pensare alla solitudine della sua esistenza. Se solo avesse avuto un cognome diverso, se solo non fosse stato un tale stupido nel suo passato, adesso non si sarebbe sentito così. Eppure quella solitudine gli dava conforto. Se era da solo, nessuno poteva vedere quanto in fondo stesse ancora soffrendo. Aveva bisogno di rialzare quelle mura per proteggersi. E per proteggere la Granger dal male che si sarebbe fatta da sola, fidandosi di lui.

Scoppiò a ridere. Una risata amara, che suonava finta persino a lui, che gli ricordava tanto i suoi toni irrisori. Eppure non aveva intenzione di schernire qualcuno sul serio.

« Avevi ragione prima quando dicevi che non sei come me » disse, sperando di risultare più naturale di quanto tentasse di fare « Non puoi davvero credere che noi siamo simili. » Questa volta fu lui a sporgersi in avanti, per incrociare quegli occhi da cui prima era scappato « Io non sono come te e mai lo sarò. » tentò di far trasparire quel disgusto che ormai non provava più « E io sono sempre quel brutto perfido schifoso scarafaggio. »

Hermione sostenne il suo sguardo fin quando il suo orgoglio glielo permise. Sembrò pensarci su, poi scosse la testa « No » disse semplicemente « Non ti credo. Non ho passato quello che hai passato tu, ma so benissimo come ci si sente. Aiutando Harry rischiavo la mia vita tutti i giorni, o anche solo per il mio essere una sporca mezzosangue. Sai cosa ho dovuto fare ai miei genitori? » gli chiese restituendogli lo sguardo intenso e carico di emozioni « Ho fatto perdere loro la memoria. Per tutta la durata della guerra hanno creduto di non aver mai avuto una figlia e li ho mandati in Australia, al sicuro. Quindi credimi quando ti dico che so benissimo cosa voglia dire vivere con la costante paura di perdere i propri genitori e non vederli mai più. Abbiamo sofferto tutti, per cause diverse, ma abbiamo sofferto e siamo cambiati. E non posso credere che tu sia sfuggito a tutto ciò. L’avevo capito già da prima, che sei qualcosa in più di un semplice schifoso scarafaggio. »

Non si era nemmeno accorto che la tempesta di neve e pioggia al di fuori della finestra continuava a scendere forte e impetuosa. Non si era nemmeno accorto di essere arretrato dalla sua posizione alle parole della Granger. L’aveva sconvolto. Il solo pensiero che lei avesse sofferto così tanto gli si annidava freddo nel cuore e gli faceva pensare di essere stato ancora una volta uno stupido ad aver creduto di essere la sola vittima in tutta quella guerra. C’erano persone che erano morte, che avevano visto morire familiari e amici, che era stato allontanato dai cari, proprio come la Granger.

« Che cosa vuoi dire? » le chiese dopo una pausa. Si schiarì la gola « Intendo, cosa avevi capito già da prima? »

La Granger sembrò in imbarazzo e si decise ad abbassare gli occhi « Quando ci trovarono e ci portarono a casa tua, alla residenza dei Malfoy e quando ti chiesero di confermare che fossimo proprio noi, tu non lo facesti, nonostante fosse ovvio » disse « Sarà stata paura o codardia, ma resta il fatto che non l’hai fatto. Non ho dimenticato, Malfoy. »

« E’ stato solo… un attimo di esitazione » tentò di spiegare Draco « Non si possono cancellare anni di odio in questo modo. »

« Odio? Santo cielo, Malfoy, io non ti ho mai odiato. »

A Draco sembrò di smettere di respirare. O forse smise per davvero, ma era assolutamente certo di una cosa: aveva perso parecchi battiti al cuore. Fissò la Granger come se stesse parlando una lingua aliena, e in effetti era quasi così: sapere che quell’odio infondato nei suoi confronti non era corrisposto quando avrebbe potuto esserlo, e con ragioni ben più motivate.

« Eri irritante, certo, odioso e sfacciato, ma non ti ho mai odiato davvero. Non avevo ragione di farlo. »

« Ne avevi più di una » sussurrò Draco.

La Granger scosse la testa « Qualche frecciatina per i corridoi? Il fatto che mi disprezzassi per il mio sangue? Erano solo stupidaggini, Malfoy. »

« Non erano stupidaggini, Granger. Non capisci? Io a differenza tua ti odiavo. Odiavo il tuo essere una nata babbana, odiavo il tuo essere una Grifondoro, una saccente, l’amica di Potter. Odiavo tutto di te. »

Si pentì immediatamente delle sue parole, ma ormai non poteva farci niente: era quella la verità, cattiva e cruda. Eppure avrebbe dovuto controllarsi, sapeva quanto la Granger era sensibile riguardo certe cose.

E invece il suo comportamento lo stupì. Nessuna lacrima od occhi lucidi. Solo le sue labbra abbassate in una retta perfetta. « E adesso, Malfoy? » chiese « Mi odi ancora come prima, o di più? »

La risposta gli restò in gola, come se la sua volontà si opponesse al suo istinto, che gli diceva di smetterla con quella finta, di mostrarsi per ciò che era: fragile, sanguinante. E invece riuscì solamente a distogliere lo sguardo da quello di Hermione. Di voltarle la faccia come un codardo.

« Ho capito » disse lei, ma venne interrotta di nuovo dalla Pince che avanzava adirata tra gli scaffali verso di loro.

« Signorina Granger, Malfoy! » sbottò davvero irritata – e irritante - « E’ la seconda volta che vi richiamo! Se dovete parlare questo non è il posto adatto! »

Hermione probabilmente la guardò male per la prima volta in sette anni, poi, quando vide la donna dileguarsi continuando a borbottare, cominciò a raccogliere le sue cose, non degnando di un minimo sguardo Draco, il quale, quando vide la ragazza allontanarsi, si decise ad uscire dal suo buco di biblioteca, di mostrarsi al di fuori del suo scaffale.

Hermione si fermò a guardarlo, e lo stesso fece Draco. Notò il suoi capelli arruffati più che mai e i suoi occhi arrossati. Era stato indelicato e orribile, e adesso se ne pentiva. La Granger, da parte sua, sembrava fissarlo ancora più intensamente, senza sapere se scappare via oppure restare. Sarebbe dipeso tutto solo da Draco.

« Aspetta » le disse quasi a tendere la mano verso di lei. Non riuscì a dirlo, ma la supplicò di restare con lo sguardo. Almeno ancora per un po’. « Non voglio che te ne vada per causa mia. »

« E allora cosa vuoi, Malfoy? » sospirò Hermione, mollando la presa sulla sua borsa e lasciandola cadere lentamente sulla sedia.

Draco allargò le braccia, non sapendo cosa rispondere. « Vorrei solo… »

Essere capito, trovare una persona su cui fare affidamento e che l’apprezzasse, tentare di crearsi una vita e un futuro. E avrebbe voluto tanto altro, tornare indietro e cancellare tutti i suoi errori, poter rivivere la sua adolescenza come avrebbe dovuto, convincere suo padre che i pregiudizi fossero stupidi e inutili… eppure non poteva. Gli restava solo una cosa.

La Granger gli si avvicinò lentamente e Draco non fece nulla per respingerla o allontanarla. Finalmente aveva una visione totale di lei, dopo aver passato tanto tempo a parlare nascosti l’uno dall’altro dai libri sullo scaffale. Era un’arma a doppio taglio: poteva osservarla tanto bene quanto poteva lei. E sapeva di essere molto più scoperto di lei.

« Non è troppo chiedere una seconda opportunità, Malfoy. Tutti ne hanno il bisogno. »

E anche lui. Merlino solo sapeva quanto ne necessitasse, quanto ardesse in lui il desiderio di rimediare a tutti gli errori, voluti e non, fatti in passato.

« Ripartiamo da zero, cominciamo da capo » gli disse la ragazza, fissandolo intensamente, quasi implorandolo di dare a sé stesso un’altra opportunità.

E Draco annuì in silenzio, cercando negli occhi sorridenti della Granger la conferma che non si sarebbe pentito di essersi fidato. Hermione gli sorride dolcemente e riprese posto alla scrivania, lasciandolo lì in piedi, confuso e spiazzato.

« Ti serve una mano con il tema di Pozioni? » ripetè la Granger e, per la seconda volta, indicò il foglio di Draco « Ho notato che non hai scritto praticamente nulla, se vuoi puoi leggere il mio. »

A Draco scappò un sorriso, incontrollato e genuino, e ringraziò il famoso masso che probabilmente li aveva rincretini entrambi, perché se fosse stato in sé non si sarebbe mai trovato lì. E non avrebbe desiderato essere in nessun altro posto.

Sì, pensò, non sarebbe stato male in fondo. Di dolore ne aveva già subito, forse era davvero giunto il momento di darsi una seconda opportunità.

« Non vorrai restare impalato lì » disse Hermione, richiamandolo dai suoi pensieri.

Non se lo fece ripetere due volte e si avvicinò al posto vicino a quello della ragazza « Posso sedermi accanto a te? »

La Granger gli rivolse un grande sorriso « Sì » rispose « Mi farebbe molto piacere. »

A Chiara,

buon compleanno, amica mia.

 

 

 

 

 

        NdA

Dramione senza pretese, scritta solo a causa della festeggiata che voleva assolutamente che mi applicassi a scriverne una. E dato che non sono un’amante di questa coppia, non ho la più pallida idea di cosa ne pensi la gente che se ne intende u.u

Chiarisco alcuni punti: nei primi righi del testo c’è una parte:  La mano di Narcissa che stringeva forte quella del figlio nonostante fosse più piccola, il braccio di Lucius che gli cingeva le spalle. Un trio che si allontanava, che lasciava il campo di battaglia. 
So benissimo che nei libri i Malfoy non lasciano Hogwarts durante la battaglia, ma mi è particolarmente rimasta impressa quella scena nel film e ho voluto riportarla.
Poi, il fatto dello scaffale xD So che può sembrare strano, e non saprei nemmeno come spiegarlo in effetti, ma immaginatevi queste due scrivanie frontali divise da uno scaffale con dei libri. Non tanti e nemmeno pochi dato che riescono a intravedersi (sono complicata, ahimè).

Grazie per la lettura.

   
 
Leggi le 8 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Nerween