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Autore: Elisir86    12/03/2004    1 recensioni
È l’ultimo anno per i gemelli Weasley, loro sempre così uniti in tutto e per tutto, ora non si parlano più, un segreto che nessun può scoprire li divide creando fra di loro una grande voragine. Ma non è l’unica cosa che preoccupa Ron, l’improvvisa scomparsa di Neville e l’amore proibito tra Ginny e Draco Malfoy, farà capire al giovane Weasley che nulla può rimanere uguale e che il suo destino è uno solo… Scritto in prima persona e con gli occhi di due personaggi…
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ron Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo XII

Ridere

 

“Neville!” la donna osservò il marito, gli occhi marroni si erano riempiti di lacrime, “Neville…” sussurrò prendendo la calda e grande mano dell’uomo tra le sue. “…Ora basta…non pensarci più…è troppo doloroso per te. I ricordi di loro…e di quel giorno…Sono troppo angosciosi per resistere…” deglutì, lo sapeva che lui non avrebbe rinunciato a quel libro…ma era troppo doloroso…troppo! “Andiamo a casa…Hai bisogno di riposo” disse infine.

Neville alzò lo sguardo verso sua moglie, stava indossando il giubbotto di jeans e di nuovo davanti a lui prese forma un altro ricordo.

 

-Ero stanco.

Ero affamato.

Ero sporco.

E non avevo casa.

Come un topo alla ricerca di una via di fuga, io vagavo tra la Londra babbana da ormai due settimane.

Avrei voluto essere ancora ad Hogwarts insieme a Ginny, Harry e anche con quel narcisista di un Malfoy! Invece…invece ero lì, lontano da tutti…lontano da coloro che amavo, per la stupida presunzione di salvarli!

Stupido…ero enormemente stupido perché da solo, io, non cela avrei fatta.

Mi sedetti e guardai i pochi risparmi che avevo.

Pochissimi…ed io avevo fame.

Qualcosa colpì la punta del mio piede sinistro, qualcosa di rotondo molto simile a un bolide, rimaneva fermo a qualche millimetro da me.

Lo guardai stupito, perché mai non si muoveva?

Lo colpì con titubanza, sicuro di ritrovarmi un segno dolorante sul viso, ma niente, la palla rotolò un poco e poi si sbloccò di nuovo.

Se avessi studiato Babbanologia non avrei fatto certe figure da idiota davanti a ragazzi coetanei o per giunta più giovani. Sentii le loro risate rivolte a me…a me e quel sguardo da ebete che avevo stampato in volto! Mi deridevano e io mi rinchiusi ancora di più in me stesso, le orecchie rosse e gli occhi colmi di lacrime.

“Basta!” un’esclamazione debole, “Branco di stupidi! Dovreste vergognarvi prendervi gioco di un estraneo!” era una voce di ragazza, e quasi incanto da quel soave suono alzai gli occhi. Mi dava le spalle, ma potevo notare i suoi capelli ondulati, lunghi fino a metà schiena, il corpo perfetto ero coperto da un giubbotto di jeans.

Sembrava Hermione, perfino la sua voce autoritaria era uguale alla mia compagna di classe.

Nessuno fiatava mentre lei continuava a guardarli, poi nel giro di qualche secondo la piccola folla scomparve. Rimasi a fissarla imperterrito anche quando si girò verso di me. Pure il viso…il suo viso assomigliava a quello di Hermione.

Mi sorrise.

Un sorrido così simile a quello di Ginny, come la pelle lattea.

La camminata sicura e altezzosa sembrava quella di Malfoy e il suo modo di portarsi indietro la lunga frangetta era uguale a quello di Harry.

Scossi la testa.

Stavo impazzendo.

In quella ragazza vedevo tutti coloro che avevo abbandonato e perso…vedevo perfino il vecchio Ron, con quel suo modo stravagante di sedersi e iniziare una conversazione.

Si decisamente ero impazzito!

“Sei nuovo di qui?” domandò e io risposi con un sorriso “Sei straniero?” continuò guardandomi negli occhi, “Non hai nemmeno un idea di quanto mi senta straniero anche se sono inglese.”

Lei rise portandosi una mano sulle labbra, era bella…molto bella.

“Fammi indovinare! Sei del mondo della magia?” sconvolto la guardai, ma lei non mi lasciò nemmeno il tempo di rispondere “Un mio nonno era un mago…Avrei tanto voluto esserlo anch’io, ma come tutto il resto della mia famiglia sono un essere umano normale…com’è che ci chiamate voi…vaba..bana…” “Babbani” la corressi e lei mi sorrise “Esatto! Babbani…chissà perché non me lo ricordo mai!” rise.

Rimanemmo in silenzio a fissare i passanti che ogni tanto ci guardavano torvi.

Poi lei all’improvviso balzò giù dalla panchina, e respirando profondamente s’avvicinò al pallone, “Tu non sai che cos’è questo, vero?” chiese prendendo in mano lo strano bolide, io sorrisi timidamente e scossi la testa, “È una palla da basket!” esclamò facendola roteare su l’indice destro.

Mi spiegò cos’era quello sport, come si giocava e soprattutto qual’era la sua squadra preferita. Parlò per ore mentre io cercavo di capire il divertimento in un oggetto inanimato.

E per la prima volta dopo tanto mi sentii davvero felice.

Per la prima volta mi dimenticai dei miei genitori, di mia nonna, della scuola…della mia tristezza.

E tutto grazie a lei.-

 

 

  
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