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Autore: Ashleigh    14/06/2006    3 recensioni
Daisy Hookum ha scritto il best-seller "La Mia Vita da Babbana" dopo aver rinunciato alla magia per un anno. Ecco il racconto. -Se non vi interessano storie che non contengano ship, sequel e prequel questa fic non fa per voi.-
Genere: Generale, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La Mia Vita da Babbana

La Mia Vita da Babbana

 

*

A mio marito Tilden, che mi ha sostenuta durante questo difficile anno

 

*

 

La Mia Decisione

 

Durante quest’anno senza magia mi sono chiesta almeno un centinaio di volte: ‘perché l’ho fatto?’

Perché ho rinunciato alla magia per un anno?

Perché una strega di quarantatré anni come me, una strega che conduce una vita agiata, serena, felice, ha scelto di privarsi della magia per un anno?

Il più delle volte non ho saputo darmi una risposta.

Altre volte, invece, mi sono ricordata i miei intenti iniziali.

Essi consistevano nel voler sapere cosa si provasse ad essere un Babbano, voler sapere cosa si provasse ad essere un essere umano senza poteri magici.

Quando mi ricordavo di questo, sapevo che avevo fatto la scelta giusta.

 

Tutto risale al Luglio del 2003, quando mi ritrovai per caso a passeggiare per la Londra Babbana assieme a mia figlia Lydia.

Non mi ricordo perché eravamo in città, forse avevamo deciso di prenderci una pausa dal solito tram-tram di Diagon Alley.

Naturalmente, non ci siamo certo addentrate nel centro cittadino – il nostro abbigliamento avrebbe destato sospetti.

Nonostante ciò, anche nella Londra un po’ periferica c’era comunque abbastanza confusione.

Mi ricordo che ci sedemmo su una panchina in un parco giochi, mentre Lydia finiva il suo gelato, e mi guardai intorno.

Vidi delle mamme Babbane che spingevano delle carrozzine, mentre badavano a dei bambini indisciplinati.

Stavo quasi per suggerire loro un veloce Incantesimo Ferma-gambe (utilissimo per gestire bambini irrequieti, mie care), quando mi ricordai che erano Babbane.

Così mi limitai a guardare le due povere donne che strillavano come banshee ai due marmocchi.

Ritornando a Diagon Alley, e pensando a quello che avevo visto, scorsi un altro spezzato di vita Babbana.

Avete in mente gli “autobus” Babbani?

Quegli ernormi marchingengi, spesso rossi, che si vedono nelle città, come il Nottetempo?

Sapete, gli autobus Babbani non sono come il Nottetempo.

Essi hanno degli orari prestabiliti: immaginate che pazzia!

Se qualcuno avesse un urgente bisogno di un passaggio, per qualsiasi motivo, dovrebbe aspettare ad una fermata, anche a lungo!

Ritornando a noi: mentre tornavo a Diagon Alley vidi quest’uomo, che non poteva avere più di trent’anni, che correva come un matto tra le poche persone verso una fermata, mentre si guardava ripetutamente l’orologio sul polso.

Lo seguii con lo sguardo finchè non fu all’incrocio con Barley Street (dove si trovava suddetta fermata), e prese l’autobus – pochi secondi dopo il suo scatto da centometrista!

Anche questo mi fece riflettere (quello sarà stato un giorno particolare, perché di solito non rifletto molto a proposito di queste cose).

Quanto è semplice per noi maghi e streghe Materializzarci e Smaterializzarci in un luogo, o comparire lì attraverso la rete Floo!

Ebbene, il resto della giornata rimasi piuttosto pensierosa al riguardo – cinque figli permettendo.

L’idea rimase lì nella mia testa per un sacco ditempo – un mese o di più.

Solo dopo che i ragazzi più grandi ritornarono a Hogwarts mi dedicai all’embrione d’idea ch’era nella mia testa, e ad una bella cenetta di inizio Ottobre, annunciai le mie intenzioni.

 

Le reazioni furono contrastanti.

Mio marito, il ben conosciuto giardiniere Tilden Toot, pensò che fosse uno scherzo.

Si rese conto che facevo sul serio solo una settimana dopo che iniziai l’esperimento.

Quelli che la presero meglio furono Lydia e Harfang: certo, una aveva quattro anni, l’altro ne aveva sette.

Justin, che quell’anno aveva iniziato la sua carriera a Hogwarts mi mandò semplicemente un telegramma che diceva “stai scherzando, mamma?”.

Dorothy, tredici anni, mi mandò successivamente un gufo la cui lettera diceva “per me va bene, basta che non ti fai notare troppo”.

Willhelm, sedici anni allora, mi espresse il suo parere  - favorevole, per la cronaca – solo a Natale.

Gli amici si divisero in due fazioni: quelli che mi dicevano di lasciar perdere erano la maggioranza.

Con il senno di poi, so che lo facevano solo per il mio bene, e un po’ mi vergogno ripensando al fatto che mi arrabbiai con loro, momentaneamente.

Chi mi sostenne sempre fu la mia adorata sorellina Violet – soli ventisei anni, ma dimostrò così tanta comprensione che in quel periodo lei fu per me come una delle mie amiche quarantenni.

Mia sorella Kate, trentaquattro all’epoca, mi disse solo di fare quello che volevo.

Il parentado vario, come gli amici, si divisero anche loro in due fazioni – quella a mio sfavore era sempre la maggioranza.

 

Per un paio di mesi me la presi con quelli che maltrattarono il mio progetto.

Ma il settantesimo giorno di quella “vita Babbana” mi resi conto che l’avevano detto veramente per il bene del mio corpo – e della mia mente.

Non passò giorno in cui non guardai avidamente la mia bacchetta, chiusa sotto una teca di vetro, o quella di mio marito, o quella dei miei figli quando erano a casa.

Non passò giorno in cui non desiderai di smuovere la bacchetta magica e tutta la casa sarebbe ritornata in ordine.

Non passò giorno in cui non pensai, almeno per un secondo, che forse avevo sbagliato.

Naturalmente, non lo ammisi, e tenni duro.

Il momento critico fu quando avevo raggiunto i dieci mesi di progetto: erano gli inizi di Agosto, e c’era caldo.

Più di una volta mi sorpresi a mormorare qualche Incanto Refrigerante per poi smettere all’improvviso, appena mi ricordavo della mia promessa.

 

Un anno di vita Babbana è stata la cosa più strana della mia vita.

Mi sono ritrovata a pulire i piatti con dei guanti colorati e plastificati, a cucinare con degli strani utensili Babbani,  a usare “bicchieri di plastica”, a fre la spesa nei “supermercati” Babbani, a comprare abiti Babbani dalle strane foggie che non ho visto addosso nemmeno ai miei figli d’estate, a fare una “dieta”.

Ho imparato ad usare strani aggeggi chiamati “cellulari”, e ad acquistare una “televisione”.

Grazie ad una mia amica Mezzosangue, e a una squib piuttosto gentile di nome Arabella Figg, ho imparato a destreggiarmi nelle giungle metropolitane che sono le città Babbane.

Santo cielo, ho imparato a guidare una automobile!

 

Conclusioni?

Per quanto sia stato difficile superare quell’anno, tra l’Ottobre ’03, e l’Ottobre ’04, posso dire sinceramente che è stata l’esperienza più grande e magnifica della mia vita.

Ho imparato a conoscere quelle buffe persone che sono i Babbani – e anche io mi sono un po’ “imbabbanita”: ancora oggi, preferisco cucinare alla maniera Babbana e ogni tanto guido la macchina regalatami da Aurelia (ci sarà tempo).

E ho scoperto soprattutto che per quanto siano felicemente ingenui (Dio li benedica, i Babbani), hanno fatto cose da meritare il nostro annuale “Premio Strega”.

Dopotutto, non sono così arretrati.

 

Buona Lettura.

 

 

 

 

 

 

  
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