La Mia Vita da Babbana
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A mio marito Tilden, che mi ha sostenuta
durante questo difficile anno
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La Mia Decisione
Durante
quest’anno senza magia mi sono chiesta almeno un centinaio di volte: ‘perché
l’ho fatto?’
Perché ho
rinunciato alla magia per un anno?
Perché una
strega di quarantatré anni come me, una strega che conduce una vita agiata,
serena, felice, ha scelto di privarsi della magia per un anno?
Il più delle
volte non ho saputo darmi una risposta.
Altre volte,
invece, mi sono ricordata i miei intenti iniziali.
Essi
consistevano nel voler sapere cosa si provasse ad essere un Babbano, voler
sapere cosa si provasse ad essere un essere umano senza poteri magici.
Quando mi
ricordavo di questo, sapevo che avevo fatto la scelta giusta.
Tutto risale al
Luglio del 2003, quando mi ritrovai per caso a passeggiare per la Londra
Babbana assieme a mia figlia Lydia.
Non mi ricordo
perché eravamo in città, forse avevamo deciso di prenderci una pausa dal solito
tram-tram di Diagon Alley.
Naturalmente,
non ci siamo certo addentrate nel centro cittadino – il nostro abbigliamento
avrebbe destato sospetti.
Nonostante ciò,
anche nella Londra un po’ periferica c’era comunque abbastanza confusione.
Mi ricordo che
ci sedemmo su una panchina in un parco giochi, mentre Lydia finiva il suo
gelato, e mi guardai intorno.
Vidi delle mamme
Babbane che spingevano delle carrozzine, mentre badavano a dei bambini
indisciplinati.
Stavo quasi per
suggerire loro un veloce Incantesimo Ferma-gambe (utilissimo per gestire
bambini irrequieti, mie care), quando mi ricordai che erano Babbane.
Così mi limitai
a guardare le due povere donne che strillavano come banshee ai due marmocchi.
Ritornando a
Diagon Alley, e pensando a quello che avevo visto, scorsi un altro spezzato di
vita Babbana.
Avete in mente
gli “autobus” Babbani?
Quegli ernormi
marchingengi, spesso rossi, che si vedono nelle città, come il Nottetempo?
Sapete, gli
autobus Babbani non sono come il Nottetempo.
Essi hanno degli
orari prestabiliti: immaginate che pazzia!
Se qualcuno avesse
un urgente bisogno di un passaggio, per qualsiasi motivo, dovrebbe aspettare ad
una fermata, anche a lungo!
Ritornando a
noi: mentre tornavo a Diagon Alley vidi quest’uomo, che non poteva avere più di
trent’anni, che correva come un matto tra le poche persone verso una fermata,
mentre si guardava ripetutamente l’orologio sul polso.
Lo seguii con lo
sguardo finchè non fu all’incrocio con Barley Street (dove si trovava suddetta
fermata), e prese l’autobus – pochi secondi dopo il suo scatto da centometrista!
Anche questo mi
fece riflettere (quello sarà stato un giorno particolare, perché di solito non
rifletto molto a proposito di queste cose).
Quanto è
semplice per noi maghi e streghe Materializzarci e Smaterializzarci in un
luogo, o comparire lì attraverso la rete Floo!
Ebbene, il resto
della giornata rimasi piuttosto pensierosa al riguardo – cinque figli
permettendo.
L’idea rimase lì
nella mia testa per un sacco ditempo – un mese o di più.
Solo dopo che i
ragazzi più grandi ritornarono a Hogwarts mi dedicai all’embrione d’idea ch’era
nella mia testa, e ad una bella cenetta di inizio Ottobre, annunciai le mie
intenzioni.
Le reazioni
furono contrastanti.
Mio marito, il
ben conosciuto giardiniere Tilden Toot, pensò che fosse uno scherzo.
Si rese conto
che facevo sul serio solo una settimana dopo che iniziai l’esperimento.
Quelli che la
presero meglio furono Lydia e Harfang: certo, una aveva quattro anni, l’altro
ne aveva sette.
Justin, che
quell’anno aveva iniziato la sua carriera a Hogwarts mi mandò semplicemente un
telegramma che diceva “stai scherzando, mamma?”.
Dorothy, tredici
anni, mi mandò successivamente un gufo la cui lettera diceva “per me va bene,
basta che non ti fai notare troppo”.
Willhelm, sedici
anni allora, mi espresse il suo parere
- favorevole, per la cronaca – solo a Natale.
Gli amici si
divisero in due fazioni: quelli che mi dicevano di lasciar perdere erano la
maggioranza.
Con il senno di
poi, so che lo facevano solo per il mio bene, e un po’ mi vergogno ripensando
al fatto che mi arrabbiai con loro, momentaneamente.
Chi mi sostenne
sempre fu la mia adorata sorellina Violet – soli ventisei anni, ma dimostrò
così tanta comprensione che in quel periodo lei fu per me come una delle mie
amiche quarantenni.
Mia sorella
Kate, trentaquattro all’epoca, mi disse solo di fare quello che volevo.
Il parentado
vario, come gli amici, si divisero anche loro in due fazioni – quella a mio
sfavore era sempre la maggioranza.
Per un paio di
mesi me la presi con quelli che maltrattarono il mio progetto.
Ma il
settantesimo giorno di quella “vita Babbana” mi resi conto che l’avevano detto
veramente per il bene del mio corpo – e della mia mente.
Non passò giorno
in cui non guardai avidamente la mia bacchetta, chiusa sotto una teca di vetro,
o quella di mio marito, o quella dei miei figli quando erano a casa.
Non passò giorno
in cui non desiderai di smuovere la bacchetta magica e tutta la casa sarebbe
ritornata in ordine.
Non passò giorno
in cui non pensai, almeno per un secondo, che forse avevo sbagliato.
Naturalmente,
non lo ammisi, e tenni duro.
Il momento
critico fu quando avevo raggiunto i dieci mesi di progetto: erano gli inizi di
Agosto, e c’era caldo.
Più di una volta
mi sorpresi a mormorare qualche Incanto Refrigerante per poi smettere
all’improvviso, appena mi ricordavo della mia promessa.
Un anno di vita
Babbana è stata la cosa più strana della mia vita.
Mi sono
ritrovata a pulire i piatti con dei guanti colorati e plastificati, a cucinare
con degli strani utensili Babbani, a
usare “bicchieri di plastica”, a fre la spesa nei “supermercati” Babbani, a
comprare abiti Babbani dalle strane foggie che non ho visto addosso nemmeno ai
miei figli d’estate, a fare una “dieta”.
Ho imparato ad
usare strani aggeggi chiamati “cellulari”, e ad acquistare una “televisione”.
Grazie ad una
mia amica Mezzosangue, e a una squib piuttosto gentile di nome Arabella Figg,
ho imparato a destreggiarmi nelle giungle metropolitane che sono le città
Babbane.
Santo cielo, ho
imparato a guidare una automobile!
Conclusioni?
Per quanto sia
stato difficile superare quell’anno, tra l’Ottobre ’03, e l’Ottobre ’04, posso
dire sinceramente che è stata l’esperienza più grande e magnifica della mia
vita.
Ho imparato a
conoscere quelle buffe persone che sono i Babbani – e anche io mi sono un po’
“imbabbanita”: ancora oggi, preferisco cucinare alla maniera Babbana e ogni
tanto guido la macchina regalatami da Aurelia (ci sarà tempo).
E ho scoperto
soprattutto che per quanto siano felicemente ingenui (Dio li benedica, i
Babbani), hanno fatto cose da meritare il nostro annuale “Premio Strega”.
Dopotutto, non
sono così arretrati.
Buona Lettura.