Giochi di Ruolo > Vampiri: la masquerade
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Autore: IlMalee    07/10/2011    4 recensioni
veri Sabbat fanno irruzione nel covo di un anziano... che non è molto contento di ricevere visite! Doveva essere un lavoretto facile e invece...
Genere: Azione, Dark, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Mmmh"
Si era svegliato, ne era sicuro. L'unico problema ora era stabilire se quello in cui si era risvegliato fosse un incubo o il mondo reale.
Non riusciva ad aprire gli occhi, era come se qualcuno gli avesse calato una patina, qualcosa di caldo e appiccicoso sulle palpebre.
"Mmmh"
Le labbra erano incollate, sigillate quasi, e in bocca aveva il sapore schifoso del sangue marcio, inutilizzabile per nutrirsi.
Provò ad alzarsi, ma con stupore e un lieve giramento di testa, si accorse in qualche modo di essere già in piedi.
L'unico problema era che non gli era possibile muovere alcunché, come se il suo intero corpo fosse attaccato a una parete.
Il tanfo era insopportabile, riconosceva l'odore, lo aveva già sentito simile a Berlino nel '45. Odore di corpi morti  in putrefazione.
Ne era come impregnato, penetrava su per le narici. Ne era immerso, totalmente, come in una gelatina.
Gli sembrava che l'odore arrivasse anche da quella patina che gli chiudeva gli occhi e la bocca.
Fu in quel momento che iniziò a sentire le voci.
All'inizio pensò che qualcuno fosse entrato nella stanza, ma poi si rese conto che le voci provenivano direttamente dalla sua testa.
"Aiutami, ti prego"
"I miei occhi, i miei occhi fermo!"
"Dov'è la mia bambina?"
"Padre, Signore nostro che sei nei cieli, abbi pietà.."
"Devo riuscire… devo vedere…"
Era insopportabile, ma la cosa più insopportabile era che quelle voci gli impedivano di pensare. Era come se spezzassero il filo dei suoi pensieri, come se prendessero il posto dei suoi pensieri e facessero lentamente a pezzetti la sua coscienza. Cominciò a lottare e le voci smisero di perseguitarlo, ma sapeva che si erano semplicemente acquattate in silenzio in un angolo remoto della sua mente.
Poi arrivò un'altra voce, e stavolta era sicuro che a parlare non fossero stati "gli altri".
"Risvegliati, lurido verme."
Assieme alla voce gli arrivò un'altra consapevolezza, la consapevolezza di essere come immerso in una sostanza calda e viscida.
Fino a quel momento aveva semplicemente pensato di essere in qualche modo legato a una parete, ma ora si rendeva conto di essere quella parete. Il suo corpo non era più una identità indistinta e separata, ma oramai faceva parte di qualcosa di più grande, di gelatinoso e caldo, puzzolente e schifoso, come quella patina che gli copriva occhi e bocca.
"E' ora che io ti faccia delle domande. E tu, figlio indegno del tuo sangue, mi risponderai."
"Mmmh!"
"Giusto, ritengo sia appropriato ridarti una voce, in fondo mi servi. Sarai accontentato."
Delle mani fredde lo toccarono ai lati della bocca, e poi squarciarono quella patina che gli bloccava le labbra. Era come se la sua stessa pelle ormai fosse diventata  gelatina, un tutt'uno di quella patina schifosa e maleodorante.
"aaah…" i primi suoni che riuscì a emanare furono del tutto disarticolati e privi di senso.
"Ora rispondi."
"Chi sei? Anzi no, credo di sapere chi sei, lurida troia."
"Fino a prova contraria sono io a far le domande, qui. E tu, misero insetto non sei che un moscerino nelle mie mani."
"Eh eh, va bene. Facciamo così" faceva la voce grossa, ma in realtà tremava e sapeva bene di non avere grosse speranze.
"Lasciami andare, liberami subito ora e forse chiederò al Principe di graziarti, quando tutti gli altri tuoi amichetti verranno ridotti in cenere."
Seguì una risata gelida, la voce era scoppiata a ridere non appena aveva finito la frase.
"Così limitata dunque è la tua comprensione del mondo, piccolo infante? Non comprendi  di essere caduto in pieno nella tana del Dragone, e continui a dibatterti inutilmente tra le sue spire.Ma non importa, presto ti sarò tutto chiaro."
"Fanculo. Uccidimi."
"Presto, presto mio caro.  Non temere, non morirai. Io ti salverò. Ti farò un grande dono, verrai finalmente redento e reso degno del tuo sangue."
"Immagino ti girino un pò i coglioni, eh, vacca psicopatica del cazzo? Quanti ne sono morti dei tuoi soldatini stasera?"
Finì la frase con un urlo. Qualcosa di freddo e viscido gli aveva penetrato il costato, e il dolore era lancinante.
"Bada a ciò che dici. I guerrieri che sono morti stanotte erano santi e devoti a una giusta causa. Ma non importa. Non potresti comprendere. La morte di pochi non è che un piccolo contrattempo. Per ogni crociato caduto, ne risorgeranno altri! Così come il Cristo è risorto e ha ricostruito il suo tempio dopo tre giorni, allo stesso modo la spada di Caino risorgerà dalle sue ceneri e dal suo sangue chiedendo vendetta. La nostra causa è sacra, e la nostra spada giusta."
Un' altra fitta al petto, la troia aveva rigirato la lama.
"Ora, piccolo Fratello mio, dovrai rispondermi. Dei  codardi come voi, così occupati a orchestrare tradimenti e pugnalarsi alle spalle non avrebbero saputo organizzare tutto questo. Qualcuno dei nostri ha parlato, lo so. Ha tradito, e pagherà col sangue."
"Lurida stronza, ammazzami."
"Vedo che non vuoi tradire i tuoi compagni, per quanto la vostra causa sia già persa. Questo ti rende  onore. Ti ridarò i tuoi occhi."
Delle fredde dita armeggiarono con le sue palpebre, e la membrana che gli impediva la vista fu rimossa.
Ci mise qualche secondo a mettere a fuoco la stanza, ma quello che vide non gli piacque affatto.
Era  un sotterraneo, uno scantinato di qualche fabbrica sporco e in disordine, con casse sparse qua e là. La stanza era illuminata da delle candele nere sul pavimento. Ma quello che più lo terrorizzò erano gli occhi, e in generale il volto della cosa che lo stava fissando.
I tratti non avevano nulla di umano, se non la forma, ma solo apparentemente. La pelle era bianca, perfetta e levigata come il legno. Al posto dei capelli, dalla sommità della fronte partivano come dei lunghi fili, troppo grossi per essere capelli, anch'essi bianchissimi. Ciò che veramente lo inquietava però erano gli occhi, grigi e freddi, a fessura come quelli di un serpente. Luccicavano in lontananza, simili a due fari in mezzo a un pozzo, ed erano così scavati nella faccia che pareva di esser di fronte a un vero e proprio alieno.
"Ora tu mi risponderai."
"Sì…sì…" la sua volontà si andava spegnendo, era come se quegli occhi lo avessero spezzato, come una bambolina indifesa.
"Di quanti rifugi vi hanno informato?"
"Più di una dozzina…di più. Forse quindici."
"Cos'altro vi hanno detto?"
"Sapppiamo…tanto, tutto. I vostri rifugi dei branchi. Gli spostamenti di quelli solitari, e anche il rifugio di qualche anziano. Sappiamo chi sono i vostri contatti e i vostri alleati, le facciate e i corrotti che avete pagato."
"Non è possibile che sappiate tutto, chi è stato a parlare?"
"…"
"CHi è stato?? PARLA ho detto!!"
"Gian.. Gian Galeazzo. Ci ha detto tutto."
Il volto bianco e alieno rimase in silenzio.
I suoi occhi e le sua labbra, totalmente inespressive, non si mossero di un millimetro.
Poi si girò e scomparve alla vista, inghiottito nel buio.

"Sei stato bravo, figlio indegno. Per questo ti ricompenserò."
La figura ricomparve, e portava al guinzaglio qualcosa, come una bestia…
Con orrore, il prigioniero si rese conto che non si trattava di un animale bensì di una… persona.
Camminava su quattro zampe, ma le fattezze erano certamente umane, per quanto mostruose. Era nuda e zampettava come una scimmia, con una faccia di donna pelata. Teneva la lingua a penzoloni sbavando, ma aveva tre occhi in fronte, il cranio era decisamente deformato per far spazio a quell'orribile terzo occhio che lo guardava, fisso. Sul petto non aveva due bensì tre enormi seni, tutti uniti assieme  e penzolavano in modo osceno, coprendole la parte inferiore del corpo. Al posto delle mani aveva dei piedi, e riuscì a scorgere anche che doveva avere almeno quattro gambe mentre arrancava.
"Paa…p-p-p Padronaaaa…" disse la "cosa".
Quel mostro gli dava il disgusto , e quelle parole appena pronunciate in un modo così ebete lo terrorizzarono.
"Presto anche tu verrai redento, stolto. Ti farò vedere la vera luce e la gloria del Sabbat, trasfigurandoti e riformandoti a miglior vita. Allora la tua anima verrà illuminata e comprenderai, e mi servirai, e mi adorerai come un dio. Sono il tuo dio, ora, e ti distruggerò ricostruendoti in tre giorni."
Le voci stavano ricominciando a perforagli il cranio. "Basta! Basta!" avrebbe voluto urlare, ma non riuscì ad emettere alcun suono.
Stava risprofondando nella gelatina,in mezzo ai corpi e al fetore.
"Mi appartieni, carne, sangue, ossa e anima. Ora ti purificherò dai tuoi peccati."

"Ridatemi il mio bambino… per favore… ridatemi…"
"Aiuto vi prego, aiutatemi…"
"Basta fateli smettere!  I miei occhi!"
"E rimetti a noi i debiti, così come noi li rimettiamo ai nostri debitori…"

Poi il buio lo avvolse, e la sua coscienza si spense  nell'oblio. 
  
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