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Autore: Quaerenspuella    07/10/2011    1 recensioni
La fan fiction che state per leggere si discosta, a tratti, profondamente dalla caratterizzazione e dalle relazioni ufficiali della serie Hetalia – ciò significa in primis che non vi sono coppie omosessuali ed in secundis che ho ricostruito un mio albero genealogico che rappresenta i legami familiari e non fra i personaggi, così come me li immagino io. Riguardo alla trama, mi concentro sulla storia dell'Italia e del suo rapporto con gli altri stati, in particolare nei confronti delle altre nazioni europee. E' una sorta di rivisitazione seria -in cui le accoppiate sono solo etero- della serie.
Genere: Introspettivo, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: Gender Bender
Capitoli:
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 Capitolo secondo – L’incontro
 
Austria levò lentamente gli occhi sulla sua ospite, allontanando altresì le morbide dita affusolate dalla tastiera. L’osservò soltanto per qualche istante, quasi con aria di commiserazione, per poi riabbassare lo sguardo verso gli spartiti che aveva di fronte. Afferrò con grazia la matita che aveva abbandonato qualche minuto prima accanto al metronomo ed appuntò elegantemente un paio di note sul pentagramma appena inaugurato. Una volta terminate le modifiche, si tolse con cautela gli occhiali e, dopo aver estratto un fazzoletto di seta ricamato dal taschino della sua giacca, iniziò a detergerli con delicatezza, seguendo regolarissimi movimenti circolari.
“Cosa ti fa pensare di avere il diritto di presentarti qui senza preavviso? A quanto pare, nessuno ti ha mai insegnato le buone maniere.”
L’affermazione, seppur pronunciata senza stizza o fastidio, suonò alle orecchie della giovane Italia come un rimprovero bell’e buono. L’adolescente non poté far altro che chinare il capo ed allineare le braccia davanti al busto, le mani conserte fra loro, tremanti, nel buffo tentativo di celare la sua vergogna. L’atmosfera che si respirava nella stanza era terribilmente densa; l’unico rumore che andava e veniva rompendo il silenzio dei due era la camminata della lancetta dell’enorme orologio a pendolo che si stagliava alle spalle dell’Austriaco. Quest’ultimo, finita la pulizia delle lenti, le inforcò nuovamente, per poi alzarsi garbatamente in piedi e posizionarsi davanti al pianoforte.
“Ti ho concesso di entrare solamente perché ero a punto di concludere con le mie esercitazioni quotidiane. Non credere che m’importi granché del fatto che ti trovi qui. Spero unicamente che si tratti di cosa breve, perciò mi auguro che tu non sia così spudorata da rubarmi ulteriore tempo prezioso e che voglia spiegarmi il motivo della tua improvvisata.”
Alice trasalì a fronte di tanta freddezza: quel fratello era così diverso dagli altri suoi familiari, così flemmatico, così imperturbabile, così a modo nei movimenti e nelle parole; ma, allo stesso tempo, quel suo atteggiamento, così distaccato, così glaciale, ridestava timore nel prossimo. La ragazza deglutì sonoramente e, serrando i pugni quasi a voler ricercare maggior valore, si avvicinò prudentemente al diciannovenne, facendo riemergere il volto fino a poco prima riparato dall’abito che indossava. Lo guardò diritto negli occhi, come solo un disperato è in grado di fare quando necessita soccorso, mentre le labbra le tremavano, sofferenti, tentando di formulare orazioni sensate e convincenti.
“F-Fratello…”
“Non osare chiamarmi in quel modo!”
La subitanea e violenta reazione di lui la spaventò, tanto da far spuntare piccole lacrime sulle ciglia dell’Italiana. Arretrò quasi inconsciamente, mentre sudori freddi le scendevano per la schiena. Con un rapido scatto portò alcune ciocche castane dietro l’orecchio destro, con la speranza di placare la collera di Roderich e l’inadeguatezza di se stessa.
“P-Perdonami, hai ragione. So che tu non vuoi avere nulla da spartire con me, ma…”
L’altro si portò le braccia al petto, incrociandole aristocraticamente, in attesa della continuazione.
“…ho bisogno di aiuto…”
“Ah, e per questo saresti venuta da me?”
Le sue sopracciglia inarcate mettevano in evidenza quanto gli desse fastidio doversi prestare a quell’incontro indesiderato. Rintanandosi fra le sue montagne e la sua musica, aveva sperato di non dover mai imbattersi nel cammino della sua sorellastra, che tanto aveva detestato in passato. D’altronde, come perdonare il neonato frutto dell’amore fra sua madre ed un altro uomo? Sapeva benissimo che la relazione fra suo padre e quella donna non era stata nient’altro che una fugace avventura, così come sapeva che la sua genitrice aveva preferito unirsi ad altro piuttosto che affrontare lo scandalo, restando accanto all’uomo che l’aveva cresciuto. Aveva odiato a lungo lei, che l’aveva partorito senza amore, così come la piccola Italia, che era stata invece accolta con tenerezza e calore, nel nuovo nucleo familiare formatosi. Lui si era dovuto accontentare di una figura paterna pressoché assente, che, in vita, si era solo premurato di fornirgli l’educazione necessaria e, dopo la morte, il denaro per vivere nell’agiatezza più sfrenata. Sorrise di sbieco, ironicamente.
“Ero convinto che avessi un bel parentado, pronto a salvarti, se necessario. Dove sono Portogallo e Spagna, i due fratelli iberici dalla risata argentina? E Francia, non si è sempre mostrato buono nei tuoi confronti?”
Ignorandolo, stava rigirando il coltello nella piaga.
“Ecco…”
Il viso di Alice si rabbuiò all’istante. Si portò la mano destra al cuore, respirando profondamente.
“Portogallo se n’è…  andata… desiderava esplorare il mondo più di quanto non avessi già fatto io…”
“Per l’appunto, avresti potuto seguirla nelle sue peripezie. La tua esperienza si sarebbe rivelata proficua.”
La ragazza non poteva credere alle sue orecchie; possibile che il suo fratellastro fosse all’oscuro della fuga  arrangiata di Joana, sparita in un baleno dalla casa comune? Possibile che non sapesse del fatto che la diciassettenne fosse partita alla ventura con l’implicita richiesta di non venire accompagnata o che avesse bruciato tutte le lettere che il fratello minore le scriveva preoccupato?
“Mia cugina… bramava la solitudine… voleva isolarsi un po’ per conoscersi meglio... credo.”
Austria intersecò le braccia dietro la schiena e prese a camminare avanti e indietro per il grande salone.
“In ogni caso c’erano ancora Spagna e Francia a disposizione, nevvero?”
A questa domanda Italia non poté resistere oltre: scoppiò in una crisi di pianto, non effimera, non superficiale come le altre che l’avevano preceduta, al contrario, senza limiti e senza pudori. Si lasciò cadere a terra e cominciò a sfregarsi le guance con le maniche del largo vestito, per asciugarle dalle lacrime che, copiose, seguitavano a scendere.
“Impossibile, impossibile! Spagna è con Belgio… non mi ha voluta più… lei l’ha incantato…”
Le sue frasi erano spezzate dagli spasimi e piuttosto incoerenti a causa del turbinio di emozioni. Arrivò a piegare il busto completamente in avanti e a nasconderlo nella sottana.
“Francia, Francia… anche lui, mi ha tradita…! Quella Rose, me l’ha rubato…”
Si sentì mollare un ceffone in piena faccia, all’improvviso. Il male fu piuttosto forte, tanto che dovette massaggiarsi più volte la parte offesa con il palmo della mano.
“Non tollero simili scenate in casa mia! Riprenditi all’istante o sarò costretto a provvedere di conseguenza!”
Gli occhi sgranati, gli zigomi arrossati dall’imbarazzo e dalla tristezza, le maniche inzuppate di lacrime, Italia tacque. Si cristallizzò in quella posizione, come colpita da un fulmine invisibile. Di sorpresa si scoprì preda di un abbraccio di stampo materno, simile a quelli che sua madre, quand’ancora era viva, le regalava prima che si coricasse. Socchiuse gli occhi, godendo fino in fondo di quel tepore che da molti anni ormai non aveva provato; quando li riaprì, si ritrovò immersa in una folta chioma ondulata che profumava di talco.
“Ungheria, ti prego di trattenere il tuo istinto materno.”
La giovane si voltò di scatto verso il padrone di casa, facendo oscillare il grembiule che le copriva gli indumenti. Gli lanciò un’occhiata significativa, come a dirgli abbi un po’ di pietà per questa creatura. Si rialzò e, nel farlo, attirò Alice a sé, così da costringerla a tornare in piedi a sua volta; poi le carezzò dolcemente la capigliatura castana al fine di calmarla, in qualche modo.
“Signor Austria, La prego di essere indulgente… temo che questa ragazza abbia patito molto.”
Roderich sospirò e si limitò a girare la testa di lato, mostrando alla domestica il neo nobile che recava in viso. Scosse, subito dopo, il collo, quasi rispondesse ad un quesito posto dalla sua stessa persona. Italia, nel frattempo, ancora frastornata da quella girandola di frasi e sensazioni, restava inerte nell’abbraccio dell’altra; non conosceva quell’adolescente dai capelli lunghissimi, non l’aveva mai incontrata prima, né aveva mai udito il suo nome: e, ciononostante, presentiva di potersi fidare di lei. Il suo tocco, soave e conciliante, le donava sicurezza.
“Signor Austria, perlomeno ascolti la sua richiesta!”
“E sia.”
Ungheria si aprì in un gran sorriso. Depositò un bacio sulla fronte di Alice e la spintonò leggermente in direzione del fratellastro di lei, per spronarla a proseguire nella conversazione. L’Italiana non reagì immediatamente, ebbe anzi bisogno di tirare alcuni respiri profondi per raccogliere tutte le sue forze. Si accostò ad Austria, congiungendo le mani e portandole all’altezza della faccia.
“T-Ti chiedo di offrirmi asilo… per un po’… finché non sarò forte abbastanza…”
“E’ da escludersi a priori. Non posso sperperare le mie risorse per mantenere chicchessia.”
La replica fu talmente celere da lasciare Italia senza parole. Ungheria, stretta nelle spalle, era rimasta ammutolita a sua volta, basita da quel comportamento così rude che, ben sapeva, non si addiceva ad un signore come l’Austriaco.
“Ma Signor Austria…!”
“Non insistere oltre, Elizaveta. Non mi accollerò la responsabilità di lei e dei suoi due fratelli. Troppe bocche da sfamare, per di più gratuitamente.”
Alice si aggrappò all’estremità della giacca del fratellastro, con una tempra che raramente tirava fuori. Lo rimirò con aria di sfida, mentre gli occhi le brillavano.
“Roderich… non dovrai prenderti cura di me senza riceverne degli utili… Lavorerò, lavorerò per te. Mi occuperò delle mansioni più ostiche, non importa! E basterà una cameretta unica per me, Seborga e San Marino.  Ti obbedirò, dico davvero.”
Il diciannovenne rimase in silenzio per alcuni minuti: sembrava riflettere sul da farsi. La ragazza, nel dubbio, rincarò la dose.
“Ti servirò fedelmente per tutto il tempo in cui resterò qua. L’unica cosa che chiedo in cambio è questa: assicurami da mangiare e da creare ogni giorno. Per essere al meglio della forma devo essere ben nutrita e per crescere devo potermi dedicare anche alle mie attività preferite. Concedimi della pasta ed alcune ore libere, di sera! Per il resto, sarò al tuo completo servizio…”
“In realtà avevo già assunto Ungheria con questi incarichi…”
Italia si sentì crollare il mondo addosso, non appena ebbe udito quella misera frase.
“Signor Austria!”
Ungheria s’intromise nuovamente nel colloquio, con voce accorata.
“Questa ragazza non chiede altro che un impiego! Non la lasci da sola, con il cuore spezzato e nessuna dimora, l’aiuti! Sono certa che si rivelerà in gamba! Potremmo dividerci i ruoli, io potrei pensare alla Sua toeletta e alla casa, mentre lei ai giardini e alle stalle…!”
Il giovane fece alcuni passi in avanti, verso la pendola che, ormai, indicava un’ora estremamente tarda. Tamburellò un po’ i tacchi delle sue scarpe di pelle, evidentemente assorto nei suoi pensieri. Per Alice quell’attesa era snervante. D’improvviso si rivolse alla sorellastra.
“D’accordo. Tu e i tuoi fratelli potrete restare finché vorrete.”
Un’espressione di gaudio ricoprì i lineamenti della quattordicenne.
“Ma sia ben chiaro: qualora non fossi soddisfatto del tuo operato, te ne andrai senza ribattere.”
L’Italiana annuì, felice. Era riuscita nel suo intento. Non sarebbe stata una vita facile e scanzonata, ma, se non altro, poteva finalmente fuggire dai suoi sentimenti e garantire a Seborga e a San Marino, di soli otto e sette anni, un mantenimento. Fece la riverenza in segno di rispetto e, scortata da Elizaveta, dopo essere andata a riprendere i piccoli, si recò in quella che, per gli anni a venire, sarebbe stata la sua camera.
La sua vita in qualità di serva in casa di Austria stava per cominciare; ma, se Dio avesse voluto, sicuramente avrebbe avuto una fine, non appena Italia avesse pescato in sé lo spirito e la combattività dell’indipendenza.
 
 
  
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