Storie originali > Drammatico
Ricorda la storia  |      
Autore: StefanoReaper    08/10/2011    3 recensioni
Poi si alzò, gli tremarono le gambe e gli si offuscò la vista.
Cadde a terra. Svenuto.
Genere: Angst, Drammatico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Tra Libido e Delirio Onirico.'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Era sera tardi quando Stefan K. arrivò in centro. Le strade straripavano di persone affannate nella vita notturna, come in un ridicolo e complesso rituale di corteggiamento, in cui ognuno si impegna, con tutti i suoi sforzi, di esporre l’immagine di sé che credono più utile a tale scopo, imponendosi degli atteggiamenti e dei comportamenti, dei modi di parlare estranei al loro vero essere.
Ma Stefan non era così.
Stefan non si era mai imposto niente. Tantomeno una deviazione da se stesso.
Lui preferiva non essere notato, biasimato, urtato dalla massa di gente che gli si muoveva intorno.
Aveva anzi un rifiuto per quel genere di vita.
Passeggiava rapido tra la folla, lo sguardo basso e il cappuccio tirato su per il freddo.
Si fermò alla fine della strada, davanti alla piazza gremita di gente, che si muoveva in maniera casuale, sparsa, senza uno schema logico. E questo, agli occhi di Stefan, la rendeva ancora più sgradevole e meschina.
Spostò lo sguardo dalla massa di persone al cielo.
Quando guardava il cielo Stefan aveva l’impressione di stare finalmente da solo. Lo calmava.
Distolse subito lo sguardo e imboccò un vicolo laterale della grande piazza, poco illuminato e alquanto angusto.
Quella sera non gli bastava il cielo.
Aveva bisogno di qualcosa di più. Aveva bisogno di andare oltre.
In quelle stradine secondarie non ci andava mai nessuno. Perché non erano “inn” pensò Stefan.
Entrò quindi nella prima bettola isolata e semi vuota che incontrò sul suo cammino.
Sedette su uno sgabello e si mise ad aspettare. Il locale era veramente brutto e poco accogliente, ma non era quello che Stefan K. cercava quella sera. Non aveva certo bisogno di un locale all’ultimo grido e con le poltrone in velluto per bere fino al midollo.
Arrivò poi un ragazzo che da dietro il bancone domandò cosa volesse. Doveva avere vent’anni, o poco meno. Forse appena maggiorenne. Un grande drago tatuato gli spuntava da sotto la maglietta su per il collo, e tre piercing ornavano il suo orecchio sinistro. Stefan chiese da bere tre bicchieri di whiskey senza ghiaccio, che il ragazzo portò in fretta e senza commenti. Bevuti i tre bicchieri, uscì dalla bettola e si incamminò verso il dedalo di vicoli e stradine che formavano la parte vecchia della città.
Arrivò in fretta nelle vicinanze di casa sua e si diresse al muretto.
Aveva la vista offuscata dall’alcool, ma l’abitudine l’aveva formato a proseguire comunque con andatura lineare e quanto più normale, nonostante la mente rallentata.
Si sedette sul muretto e restò un attimo.
Poi tirò fuori dalla tasca il decino di fumo che aveva comprato quel pomeriggio stesso, che gli avevano assicurato fosse di buona qualità. Ma a Stefan non interessava molto. Non dopo tre whiskey. Preparò dunque la canna e la fumò nel buio, da solo.
Poi si alzò, gli tremarono le gambe e gli si offuscò la vista.
Cadde a terra. Svenuto.

Quel suono lo disturbava. Quel forte e acuto “bip” che regolarmente echeggiava nella camera e che l’aveva infine svegliato dal suo sonno leggero. Aprendo gli occhi Stefan K. vide la telecamera. Puntava dritto verso di lui, ma inizialmente non se avvide tanto. Si girò dunque su un fianco, e una forte e intensa scarica elettrica lo percorse da capo a piedi, finché non terminò il suo spostamento. Stafan rimase molto turbato da ciò, e istintivamente si rigirò supino. Subito, dacché iniziò la rotazione, venne nuovamente travolto dalla scarica, finché non stette fermo in posizione.
Stefan K. era spaventato. La telecamera stava facendo questo. Ne era sicuro.
La fissò a lungo, cercando di trovare una via di scampo, ma il protrarsi continuo a acuto dei “bip” gli impediva di concentrarsi. Cos’era quell’ordigno? E a cosa serviva?
Non lo sapeva, ma sinceramente non aveva neanche tanta voglia di scoprirlo. Voleva solo andarsene.
Chiuse gli occhi e stette per alcuni secondi.
Poi si alzò di scatto, temendo che la scossa gli sconquassasse nuovamente le viscere. Ma ciò non accadde. Si ritrovò seduto sul letto, con le gambe ancora coperte, sudando freddo per la paura. Il “bip” continuava, ma la scossa non era arrivata. Inconsciamente consapevole che quella situazione non sarebbe durata a lungo, Stefan si sfilò dalle coperte e scese dal letto, reggendosi a fatica in piedi. Si guardò in torno. La stanza non riusciva a prendere forma ai suoi occhi. Dovunque guardasse, gli sembrava che non ci fosse niente, nemmeno il muro, e niente dietro il muro, nessun paesaggio. Solo il nulla.
Ma distogliendo lo sguardo verso un altro punto della stanza con la coda dell’occhio riusciva a scorgere delle mura, delle finestre, perfino il sole dietro le tendine. E una porta.
La porta era l’unica uscita dalla stanza.
Si voltò per osservarla, ma come tutto ciò che fissava in quella stanza, scomparve.
Ci si avvicinò allora proseguendo con il volto voltato di lato, in modo da vedere la porta con la coda dell’occhio. Stefan appoggiò la mano alla maniglia la porta si aprì senza problemi.
Si ritrovò in un corridoio, al centro di un lungo corridoio del quale non si vedevano i capi.
Continuava a sentire l’assiduo suono intermittente della telecamera, che oramai puntava il suo letto vuoto, e ebbe come il desiderio di aprire nuovamente la porta, per dare un'ultima occhiata, ma non lo fece. Sapeva che non poteva.
Il corridoio era buio, ma Stefan riuscì comunque a distinguerne le caratteristiche. Era davvero molto lungo, e aveva su entrambi i lati tantissime porte, come quella dalla quale era appena uscito, ma aveva come l’impressione, la consapevolezza che fossero tutte chiuse.
Iniziò a camminare procedendo verso destra. Ma chi poteva più dire quale era la destra e la sinistra? Il davanti e il dietro? Le porte erano tutte uguali e Stefan già non distingueva più quale fosse stata la sua. Aveva poi come l’impressione che il suono aumentasse il tempo d’intermittenza pian piano che si incamminava. Camminò lentamente, finché non distinse una forma poco più avanti a lui.
Un uomo stava fermo in mezzo al corridoio, dandogli le spalle. Stefan K. allungò quindi il passo, avvicinandosi sempre più allo sconosciuto. Era vestito di un camice lindo, bianco, senza una piega né una macchia e a Stefan sembrò che non fosse umano, non nell’essenza, almeno.
Giuntogli a pochi metri di distanza, l’uomo si voltò e Stefan fece per guardarlo in faccia. Ma non distinse nessun lineamento, nessuna fisionomia in quel volto. Ciò non lo turbò affatto, e fece per domandargli del letto, della telecamera, delle scosse e del corridoio. Ma non seppe far uscire alcun suono dalla sua bocca, che rimase aperta come ferma su una vocale continua, ma silenziosa.
L’uomo che gli stava davanti fece per andarsene, ma si voltò nuovamente verso Stefan e fece echeggiare delle parole nell’aria.

"Saa olèd suremas, kalli spoissi. Seeh ona vaidà viimane tasi, midal sa ned, vioi paremini mèlda. Taandubali saaliti. Ja siis on rahu."

La risposta soddisfece Stefan, che senza dire altro passò accanto all’uomo e si diresse velocemente alla fine del corridoio.
Dovette camminare a lungo, ma era deciso, e nulla più l’avrebbe fermato.
Il suono aumentava sempre di più l’intervallo di silenzio, ma Stefan non era assolutamente interessato a quel fenomeno.
Giunto in fondo c’era una porta. Uguale in tutto e per tutto alle altre centinaia e migliaia che aveva incontrato lungo la strada, ma sapeva che era quella giusta.
La aprì.
Il suono terminò, e la sua vita finì in quel momento.
   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: StefanoReaper