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Autore: fragolottina    09/10/2011    3 recensioni
'Anche io ho baciato solo una persona ed avrei voluto continuare a farlo…'
Era stata la prima volta che lo aveva sentito parlare ed anche la prima volta che il sapore delle lacrime gli aveva ricordato qualcos’altro.
Genere: Generale, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Axel, Roxas, Sora, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Kingdom Hearts II
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sora scusate per il tremendo ritardo, ma ho dovuto dare un esame e sono rimasta indietro...
allora, questo capitolo è un pochino corto, ma succedono molte cose.
su leggete!

Capitolo 8

Kairi era seduta nella cucina di Aeris, tra le mani stringeva una tazza con disegnati dei fiori e sembrava del tutto assente. Era carina, come se quella fosse un’occasione importante: un vestitino bianco senza maniche né spalline con un’ampia gonna lunga fino al ginocchio. La faceva somigliare ad una ballerina. Si era raccolta i capelli in un chignon disordinato che gli era sembrato sempre tremendamente complicato a vedersi, ma che le aveva visto fare con poche abili e sapienti mosse. Ed aveva messo il profumo, quello che avevano scelto insieme, perché piacesse ad entrambi.   
    Per terra le ragazze avevano di nuovo sistemato le coperte, per lei questa volta, distrattamente Sora si chiese se avessero fatto in tempo a disfarlo.
    Tirò indietro una sedia dal tavolo e si sedette accanto a lei, al margine del suo campo visivo colse Tifa ed Aeris uscire con discrezione per lasciarli soli. Per un lungo secondo la guardò e basta, mentre lei continuava testardamente a tenere gli occhi fermi sulla finestra, sui tulipani rossi che si scorgevano al di là delle tendine semitrasparenti.
    «Kairi.» la chiamò piano, avvicinando una mano alle sue.
    La ragazza si ritrasse, incrociando le braccia in grembo, lasciando la tazza, che fino a quel momento aveva stretto, orfana e sola in mezzo a quel tavolo enorme: Sora provava una strana empatia per quella tazza. Gli era mancata così tanto, l’unica cosa che voleva era parlare con lei, avere un suo consiglio.
    «Tifa mi ha detto del ricovero.» cominciò riportando le mani vicine a sé, per non essere costretto a pensare di continuo che Kairi non voleva nemmeno toccarlo. «Sono andato a vedere e Cloud mi ha detto che i Nessuno si stavano svegliando, alcuni almeno. Non Demyx.» come se a Kairi importasse davvero che Demyx si svegliasse o no, si diede mentalmente dell’idiota. «Sarei dovuto tornare da te in quel preciso momento, lo so, mi dispiace, ma gli avevo promesso la tomba, ricordi?» nessun cenno da parte di lei. «Ho incontrato Axel. Ha cercato di uccidermi perché lui…» si interruppe. «perché lui ama Roxas. Così ho cercato di dimostrargli che se lo avesse fatto lo avrebbe perso per sempre e…»
    Kairi si mosse, lo fissò apertamente, sfidandolo a continuare.
    Sora sospirò. «Mi ha baciato.» l’inizio della sua fine per colpa di un solo, unico bacio.
    «Mi hai tradito.» mormorò amara.
    «No!» si sbrigò a giustificarsi. «Kairi, no! Lui ha baciato Roxas!»
    «Ma Roxas è te.» la logica di Kairi era inappuntabile quanto frustrante.
    «Si, ma…» ci rinunciò. «non è questo il punto.» si fermò, prese due respiri e si preparò a continuare. «Io ho sentito com’era, quando Axel l’ha baciato…» arrossì, ma proseguì ignorando l’imbarazzo. «lui si sentiva come mi sento io quando bacio te.»
     La ragazza si morse il labbro nervosa. «Continua.»
    «Xion.»
    Kairi si coprì il viso con le mani disperata. «Sora, tu non capisci.»
    Questa volta però lui le afferrò gentilmente, ma con decisione i polsi, scostandoglieli e fissandola. «Naminè sa come fare. Sono sicuro che lo sa. Puoi prendere una parte dei miei ricordi e…» si interruppe, perché la ragazza lo stava osservando inorridita.
    «Sora, ma ti senti?» non rispose la guardò e basta. «Quando Xion era in giro, quando tu eri senza ricordi, Naminè ti aveva chiuso in un acquario.» gli spiegò spietatamente, cercando di essere il più chiara possibile. «Non ti svegli senza ricordi, figurarsi se ti svegli senza Roxas.»
    «Tu mi hai già svegliato senza Roxas.»
    «Non è un scienza esatta.»
    «Kairi…» iniziò deciso. «ti prometto che mi sveglierò.»
    La ragazza alzò gli occhi al cielo. «Oh, beh, allora di cosa mi preoccupo?!» disse tra sé ironica.
    Lui la guardò sconsolato, a parte un eterno ed infinito ‘ti prego’ non c’era niente che potesse dire per convincerla. «Io non la volevo questa chiave.» sapeva – come? Non aveva spiegazioni – che gente si era allenata, aveva lottato per diventare keyblade master. Sora non avrebbe voluto, non capiva perché volere spontaneamente un peso del genere sulle spalle.
    Ora l’universo sarebbe oscuro senza di te.
    Sospirò chiedendosi cosa fosse passato per la testa del re Topolino per dare una responsabilità del genere ad un ragazzino, sospettava che ci fosse un trucco dietro.
    È il keyblade a scegliere il suo possessore. – gli ripeté ancora Roxas, come una filastrocca. In quella frase era celata la loro maledizione.
    «Così non posso tornare alle Isole con te.» le disse stringendosi nelle spalle. «Axel ha suggerito di trasferirci qui, se ti sembra un’alternativa accettabile, così Roxas starebbe con Axel ed io con te.» propose fissandola con aria di sfida.
    «Sora.» lo rimproverò. Poi chiuse gli occhi e si addolcì: doveva provare, doveva almeno provare. Scostò al sedia, posizionandola più vicina a lui e gli prese le mani. «Torniamo a casa, Sora. Torna a casa insieme a me, pensa a quanto eravamo felici.» si fermò per guardarlo supplichevole. «Torniamo a casa.» ripeté.
    E l’unica cosa che avrebbe voluto rispondere Sora era sì. Sì, perché gli mancava la sua casa; sì, perché l’unica cosa che volesse davvero era stare con lei, addormentarsi con lei e svegliarcisi; sì, perché aveva paura di perderla. La cosa peggiore di perdere sé stesso sarebbe stato perdere lei.
    Ma no. No, per tutte le volte che le aveva accarezzato i capelli e qualcosa dentro di lui li avrebbe voluti più aranciati; no, per la prima volta che avevano fatto l’amore, per quanto era stato bello, perché non avrebbe voluto fare nient’altro per mesi. Non c’era mai stato niente soddisfacente quanto la pace del dopo orgasmo, quando sembrava di galleggiare come a Neverland, e lei era nuda e calda e stretta tra le sue braccia. E Roxas nella sua testa urlava straziando la sua mente.
    Come lei, anche Sora le si avvicinò. Le sue gambe magre e pallide, nonostante il sole costante sull’Isola, tra le proprie. Si tirò le sue mani al viso e le baciò con adorazione, perché lui l’adorava. «Kairi, ti amo.»
    Lei sbatté le ciglia umide di un pianto che ancora non riusciva a liberarsi. «Ma allora perché?» gli domandò disperata.
    «Perché l’unica cosa che voglio è stare con te.» la fissò, i suoi occhi azzurri nel blu infinitamente immenso di Kairi, cercando di trasmetterle per altre vie quello che lei non voleva capire a parole. Eppure gli sembrava così immediato. «Perché se qualcuno me lo impedisse, se mi legassero in un posto dove tu non potessi sentirmi io scalcerei, urlerei, farei tutto per tornare da te. Come sta facendo Roxas.»
    Lei chiuse gli occhi. «Non puoi chiedermelo, Sora.» 
    Le prese il viso tra le mani. «Tornerò sempre da te, non c’è altro posto dove tornare. Casa è dove sei tu.»
    «Sora…»
    «Ti prego, credimi!»

Lea non si sorprese quando si accorse che a casa sua – di nuovo – qualcuno era entrato senza consenso. La ignorò diretto in bagno, non perché avesse effettiva urgenza di usarlo, ma perché se c’era una persona che non sapeva davvero come affrontare quella era lei.
    Rimase per alcuni secondi davanti al lavello a fissare il suo riflesso sullo specchio con l’acqua aperta, sperando che quando fosse tornato di là se ne sarebbe già andata e, al contempo, del tutto consapevole che non sarebbe stato così. Provò seriamente a formulare delle scuse, ma doveva scusarsi? Perché se lì dentro c’era Roxas quel corpo era suo quanto proprio.
    Kairi era seduta sul suo divano, sullo stesso divano sul quale si era fatto trovare il suo ragazzo giorni prima, lo stesso divano che avrebbe dovuto fargli da letto, lo stesso divano che era rimasto inutilizzato. Sulle sue gambe c’era un keyblade chiaro, leggero, pieno di fiori; ne stringeva l’asta tra le mani, accarezzandola dolcemente come se fosse l’unica ancora che le fosse rimasta a cui aggrapparsi.
    Lea non disse niente, si sedette accanto a lei nel più completo silenzio. Era come un funerale, realizzò, ed avrebbe dovuto sentirsi triste quanto lei, perché nessuno di loro due sapeva in onore di chi fosse.
    «Ho pensato di ucciderti.» disse piano. «Sono venuta qui con l’intenzione di tenderti un’imboscata e prendermi il tuo cuore.»
    «Perché non l’hai fatto?» domandò senza scomporsi, senza allontanarsi. E se fosse stato Roxas quello a finire dentro ad una bara? Per un secondo gli passò per la mente l’immagine di Sora in lacrime – perché Lea sapeva che Sora avrebbe pianto – abbracciato a Kairi che gli sussurrava dolcemente: ‘Hai provato, ma non ci siamo riusciti.’, felice e sollevata nonostante cercasse di nasconderlo.
    «Credi che Roxas ti amerebbe meno da morto?» gli chiese in risposta, il keyblade sparì in un’impronta di luce.
    Lui lo avrebbe amato meno da morto? No, altrimenti non avrebbe cercato di uccidere Sora quella maledetta notte.
    Scosse la testa. «Ci sono quattro possibilità: funziona, tutti e due sopravvivono e siamo felici; non funziona, entrambi rimarranno eternamente addormentati.» Kairi tremò. «Funziona solo per Roxas e Sora non ce la fa. Oppure…»
    «Abbracciami.» lo interruppe.
    Lea la guardò sorpreso. «Come?»
    «Abbracciami come se entrambi non ce l’avessero fatta.»
    Sospirando, Lea si avvicinò e la strinse. E non appena anche Kairi gli passò le braccia intorno alle spalle, scoppiò nel pianto più disperato che avesse mai sentito; un pianto nascosto, tenuto segreto, coltivato con affetto e cresciuto fino a diventare l’unica voce per il dolore più devastante del mondo. L’uomo non le disse parole consolanti, non poteva quando c’era la possibilità che al suo eterno dolore corrispondesse la sua più grande felicità. L’abbracciò come lei aveva chiesto, cercando di non pensare al volto cinereo di Roxas dentro una bara.
    Kairi era una cosa piccolissima e fragile eppure il suo cuore era l’unico a non essersi mai perso, fedele a sé stessa ed al suo amore, aveva abbandonato il suo corpo solo per nascondersi in quello di Sora. Kairi era l’unica cosa che terrorizzava Lea, perché quella piccolissima e fragile ragazzina avrebbe potuto trovare le parole per impedire a Sora di tentare.
    «Promettimi di abbracciarmi così se non ce la fanno.»
    «Ok.»
    «Anche se ce la fa soltanto Roxas.» precisò.
    «Te lo prometto.»

Quando Sora entrò in casa li guardò tanto stupefatto da credere di essere nell’abitazione sbagliata. «Beh, cos’è questa storia?!» lo dissero in due, Roxas era stato l’eco perfetto nella sua mente.
    Kairi era ancora seduta sul divano, lui non la abbracciava più, ma continuava a tenerle un braccio intorno alle spalle. Aveva smesso di piangere, ma appariva comunque depressa, il naso e le guancie arrossate. Lea capiva perché Sora l’amasse, era bella sul serio e per un moccioso con un ingombrante destino da salvatore di damigelle in difficoltà doveva essere il massimo.
    «Mentre voi confabulavate, noi parlavamo.» fu la semplice risposta di Lea del tutto concentrato sulla ragazza al suo fianco. Non sapeva perché, ma provava la destabilizzante sensazione che se avesse smesso di toccarla sarebbe scomparsa. E se fosse scomparsa, niente Roxas. Badare a Kairi a quel punto, era un compito anche suo.
    Il ragazzo li osservò per niente contento. «Roxas non è felice della situazione.» disse infastidito.
    Parla per te! – sbottò per niente contento che lo tirasse in ballo senza un vero motivo. Axel con una ragazza? Improbabile.
    ‘Riesci ad essere geloso di Demyx e non di Kairi…’ rifletté sconcertato. ‘io proprio non ti capisco.’
    Ma l’uomo rise di gusto. «Invece tu sei pazzo di gioia, vero?» gli domandò sarcastico distraendolo dalla sua conversazione interiore.
    Riuscì a non ringhiare, ma ci fu tremendamente vicino.
    «Sora mi ha detto che hai conservato alcune tuniche dell’Organizzazione.» iniziò Riku ignorando la gelosia dell’amico, lui era più abituato a gestirla. «Ce le puoi prestare?»
    «Che dovete farci?» non avrebbe ceduto quella di Roxas tanto facilmente, era l’unica cosa che gli rimaneva di lui, l’unica cosa che portasse ancora il suo odore.
    «Una festa in maschera!» sbottò Sora ancora indispettito. «Qual era l’argomento della puntata precedente?»
    Lea li studiò entrambi incredulo. «State davvero pianificando un assalto al castello del re travestiti da Organizzazione?!» chiese, quasi sperando che dicendola ad alta voce quella folle idea avesse senso, ma non era così. «Cos’è, avete manie di suicidio?»
    «Se ci andiamo con i corridoi oscuri sarà praticamente impossibile per loro prenderci, ma se ci riconoscono – ed è scontato che sia così – verranno a cercarci.»
    L’uomo provò davvero a riflettere sul loro piano, ma continuò a sembrargli semplicemente una pazzia e quel ‘praticamente impossibile’ non lo tranquillizzava nemmeno un po’. Se avesse perso Sora, niente Roxas. Riaverlo indietro iniziava a portare un sacco di responsabilità.
    «Non sarà un assalto…» precisò Riku. «un furtino, una cosa veloce ed indolore.»
    «Io vengo con voi.»
    Tutti e tre si zittirono e fissarono Kairi sconvolti.
    «Non è il caso.» rispose dolce Sora.
    La ragazza si alzò decisa, i pugni stretto lungo i fianchi. «Non era una proposta: io vengo con voi. Non avete idea di quale sia il libro, ma Naminè sì.»
    Sora la guardò sconsolato per un lungo istante, pensò a tutto quanto e nessuno dei suoi pensieri aveva esiti positivi.
    La nostra disfatta ha i capelli rossi. – commentò Roxas, ma non avrebbe saputo dire se si riferisse ad Axel o a Kairi.
    «Descrivicelo.» disse Riku pratico. «Facci un disegno, Naminè disegnava praticamente tutto, un libro non sarà un problema per lei.»
    Kairi assottigliò lo sguardo furiosa e lo fissò. «Io non sono Naminè, io non disegno.» si fermò, poi tornò a guardare Sora. «Io vengo con voi oppure mi farò riportare da Cid alle Isole del Destino.» incrociò le braccia sul petto testarda, non avrebbe cambiato idea, sarebbe stato inutile provare.  «Decidete subito.» lanciò un’occhiata a Lea, una chiara richiesta di aiuto.
    «C’è una terza divisa.» disse lui. «Sono praticamente certo che le calzerebbe a pennello.»
    «Kairi…» la supplicò Sora.
    Lei lo fissò ancora. «Io vengo con voi.»

prossimamente...nel prossimo capitolo, ma più probabilmente in quello dopo ancora succederà un cosa...ah! sconvolgente!
...sono l'unica a pensare che Sora vestiro da Organization XIII sia sexy?!
va beh, stupidaggini a parte...nella prossima puntata si va in missione!
cercherò di scriverlo più in fretta possibile, ma sarà sicuramente un capitolo complicato, quindi se ci saranno ritardi cercate di capirmi!
baci

   
 
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