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Autore: Liselotte von der Pfalz    09/10/2011    1 recensioni
Una visione alternativa e irriverente della vita di Maria Giuseppina di Savoia, Contessa di Provenza. Nata principessa del regno di Sardegna, nota per non essere né bella, né chic né pulita; sposò un fratello di Luigi XVI e fu l’ultima regina di Francia, sebbene durante l’esilio.
Dalla Corte del nonno Carlo Emanuele III a quella della più celebre cognata, la regina Marie-Antoinette, attraverso intrighi, rancori, lotte di classe, maghi, spionaggio, pettegolezzi, fiaschi di vino, ufficiali delle guardie e lettrici anche troppo affezionate.
Brevemente: le avventure di una zozza alla Corte di Francia.
Genere: Comico, Demenziale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore
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Maria Giuseppina era sconsolata, era stanca di essere tenuta discosta da tutto e da tutti; ma con chi parlare? D’abitudine nessuno la calcolava, nessuno le prestava attenzione, nessuno si preoccupava di capirla. “Tutti ce l’hanno con me perché sono piccola e nera” diceva sempre tra sé e sé. No, era ora di cambiare qualche cosa: la piccola principessa prese una decisione, avrebbe cercato la sua fata madrina.

Trovare la bagna cauda, i gianduiotti e la toma non sarebbe stato molto difficile, ma come riuscire a camminare nell’acqua senza bagnarsi i piedi? Magari con un paio di stivaloni con la zeppa, come quelli che vedeva addosso a quelle signore che passeggiavano la sera nei viali di Torino e al parco della Pellerina.

Fatti tutti i preparativi, munitasi di tutti gli oggetti necessari, ed essendo riuscita a sgattaiolare da una porticina nascosta del palazzo, Maria Giuseppina si inoltrò nel parco in direzione dello stagno delle papere.

La giovane principessina fece un tentativo, mettendo un piede stivalato in acqua, ma non successe nulla di beneaugurante: il piede, infatti, toccò il fondo melmoso dello stagno come chiunque si sarebbe aspettato accadesse; la prova fu ripetuta più volte, sempre con gli stessi risultati, finché Maria Giuseppina si strappò gli stivali dai piedi in un impeto di rabbia, e si mise a singhiozzare. Uggiolava come un cagnolino, mentre camminava rabbiosamente su e giù per la riva, sempre tenendo in mano il suo bugliolo di bagna cauda e la toma piemontese. Cammina che ti cammina, non si avvide di avere messo un piede in acqua e che era avvenuto il miracolo: la superficie dello stagno si increspava leggermente sotto il suo peso, ma non cedeva. Riprovò, prima timidamente, poi con passo più spedito. Era vero! Riusciva a camminare sull’acqua. Era di sicuro la volontà della sua Fata Madrina che voleva conoscerla! Si avviò, secondo le istruzioni di Frugoletto, reggendo il calderone con la mano destra, la toma con la sinistra, la scatola di gianduiotti in equilibrio sul naso da porcellino, e cantando:

E c'era l'uomo dell'organino
che ci dava un biglietto blu,
c'era scritto 'ti vuole bene'
ma non era la verità.
Tipitipitipitì dove vai,
Tipitipitipitì cosa fai,
Tipitipitipitì come mai
tu stai piangendo con me.


Una volta approdata sull’isolotto, Maria Giuseppina si guardò intorno per vedere se appariva la Fata Madrina.

- Fatina, oh buona fatina, dove sei? Mostrati alla tua figlioccia sfortunata.

Nulla, nessuna risposta.

- Madrina? Cucù! Madrina?

Alcuni eterni attimi di attesa, e nessuna risposta ancora. La principessa ebbe un colpo di sconforto, ed iniziò a piangere nuovamente. Nella notte si udì una voce, un po’ sgraziata:

- Ma chi è che sta picchiando un cane? Mai che una possa dormire in santa pace!

Maria Giuseppina si girò, asciugandosi le lacrime con la lingua. Vide una figura femminile, non troppo alta, rubiconda, con i capelli talmente biondi da sembrare bianchi, e dal viso di vecchietta eppure con i tratti giovanili e gli occhi vivissimi; indossava una tunica azzurrina ed un mantello blu reale, fermato sulle spalle da delle fibbie d’oro in foggia di grappoli d’uva.

- Sei tu la mia Fata Madrina?
- Oh, santi numi! Il chupacabras!
- Mi chiamo Maria, Giuseppina, Luisa, e sono la figlia di Vittorio Amedeo…
- Ah, ho capito! Sono stata invitata al tuo battesimo anni fa. Dimmi, cara, che cosa posso fare per te?
- Madrina, sono sola, non mi vuol bene nessuno, tutti mi evitano… solo tu puoi aiutarmi!
- Piccina, tutto deve venire da te: se tu per prima non ti vorrai bene non te ne vorranno nemmeno gli altri. Ricordati che ci portiamo sul viso l’aspetto della nostra anima, e il messaggio che trasmetti non è dei migliori. Intanto prendi una coppa di spumante di Asti mentre io mi mangio i tuoi gianduiotti con la bagna cauda…
- Non la mangi con la toma, e tieni i gianduiotti per dopo?
- No, cocchina. Quando son dentro si trovano… e poi, son tutte proteine!

La fata terminò il pasto rituale, condividendo il vino con la principessa.

- Sei sola, mi dicevi… parola di Fata Teresina, ne verremo a capo! E quando ti sposerai ti regalerò un cofano di abiti degno di una principessa delle favole: un abito d’oro come il sole, uno d’argento come la luna, uno blu disseminato di luci come il cielo notturno con le stelle…
- Anche la pelle d’asino?
- No, hai già fatto da sola, cara.
- Madrina, hai fatto un incantesimo per fami camminare sull’acqua?
- Io? No di certo, non è nel protocollo fatato che ti aiuti prima che tu mi abbia invocato.
- E allora come ho fatto a camminare sull’acqua?
- Peppy, hai mai visto un fiore di loto? chiese Fata Teresina mentre ne materializzava uno davanti al musetto della principessa.
- No, perché? Ce ne sono di dipinti in un quadro a palazzo, nelle stanze della mamma, però.
- Il fiore di loto è il simbolo della purezza, cresce nel fango degli stagni ma esce dall’acqua sempre perfettamente pulito perché la superficie delle sue foglie respinge l’acqua, e quindi anche il fango.
- Vuoi dire che sono talmente pura che sono come un fiore di loto, e che crescendo respingerò tutta la miseria e le brutture della vita?
- No, principessa: è che hai talmente tanta zella sui piedi che l’acqua non riesce a toccarti!
- AAAAAAUURGH!!! Tutti mi odiano!!!!

   
 
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