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Autore: Mya_Black    12/10/2011    0 recensioni
Un ospite ambiguo alla corte dell'ovest.
Un Consigliere avido e pericoloso.
Un Manoscritto che metterà in pericolo la vita di una giovane Spia. Lysander. L'amore folle di una principessa che si tramuta in odio. Un'avventura ed un viaggio che cambieranno la vita di molti .
< Il Significato di un uomo, non va cercato in ciò che egli è, ma in ciò che vuole raggiungere. >
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ethon
 
Immerse le mani nell’acqua fresca del ruscello , poco dopo le riportò in superficie avvicinandole al proprio viso, rinfrescandosi. Appena sveglio, si era preoccupato di sfamare l’animale, il quale sostava tranquillo sotto una quercia. Aveva ripetuto quel gesto con le mani nel fiumiciattolo per ben tre volte, ed ora, era intento a portare i palmi con un po’ d’acqua alle labbra, per sorseggiarne un po’, dissetandosi. Recuperata la posizione eretta si guardò intorno, Vista dall’alto la foresta era un intricatissimo groviglio di rami e di fogliame verdissimo . Si estendeva per una lega e mezza, avrebbe dovuto attraversarla tutta per raggiungere la terra dell’ Est, ma come fare? Ai suoi grandi occhi verdi, apparve come un labirinto, fusti robusti s’intrecciavano ad altri più alti e snelli, il sottobosco era rigoglioso, vi erano felci ovunque e funghi dai colori bizzarri e strani, nascosti in ogni angolo. Dei fiori non vi era traccia, stranamente. Lysander camminava a passo lento, studiava i sentieri che si srotolavano sotto i suoi stivali, terra ed erba umida. Nella mano destra tirava le briglie del frisone, aveva la schiena incurvata in avanti per cercare di non urtare o graffiarsi contro i rami. Lo sguardo del ragazzo si posò negli angoli bui , sui tronchi delineabili solo per metà, perché la parte opposta era avvolta dall’oscurità notturna, che piano sfumava via. Il sole non era ancora sorto , parecchie ore lo separavano dall’alba e la boscaglia era immersa in una luce fredda, blu che si sposava divinamente con l’ombra nera di Lysander che sull’erba s’allungava silenziosa. Corrugò la fronte, aguzzando la vista, eppure non si rese conto che gli innumerevoli alberi e piante e cespugli che popolavano la foresta di Ethon , non producevano ombra alcuna. Distrattamente si rese conto che, non aveva fatto altro che seguire il corso del ruscello dalla quale aveva bevuto, era lì, alla sua destra che scorreva allegramente, lo seguì ancora con lo sguardo, camminava  tirandosi dietro il cavallo, i suoi zoccoli robusti affondavano nella terra bruna e morbida, le lunghe felci ne accarezzavano le zampe, scosse il capo avvertendo alcuni rumori, non udibili ad orecchie umane. <<  Cosa? Mh? >> si voltò per osservare il cavallo <<  Cosa c’è? Forza cammina!  >> lo strattonò, ma il frisone camminava a fatica, Lysander era ormai prossimo a raggiungere il cuore della foresta, la sua attenzione si alternava dal fiume al viottolo, presto si rese conto che il ruscello si sollevava , risalì con lo sguardo su di una parete rocciosa, lo scialacquio del fiume diminuì e si rese conto che le sfumature del corso d’acqua s’incontravano come fossero pieghe di una lunga veste d’acqua. A metà di essa vi trovò numerose foglie di felci e petali di fiori colorati. Fu scosso, dal chiarore che disegnava i contorni di una esile sagoma femminile. Aveva lunghissima capelli bruni, come la corteccia degli alberi, la sua pelle si avvicinava ad un verde molto chiaro, il suo volto , affilato. Su di esso, spiccavano delle labbra piccole e piene, violacee, dal contorno rosso, ma ciò che lo affascinò di più furono i suoi occhi, di così belli non né aveva mai visti, si mescolavano nelle iridi svariate tonalità di viola il quale, sfumava nell’ametista, erano luminosi , grandi, dal taglio allungato. La spia chinò il capo, flettendo le ginocchia, s’inginocchiò davanti a lei, seguendo l’istinto. Si sentì richiamare da una voce dolcissima <<  Alzati … > >La spia deglutì, con il capo chino , lo sguardo sul terriccio, le dita della mano destra stringevano l’elsa della spada, mentre la mano sinistra era poggiata sul medesimo ginocchio, indugiò diversi istanti in quella posizione per poi rialzarsi. Lentamente. Il cavallo sembrava nervoso, scalpitava, battendo con gli zoccoli per terra. La dama lo guardò bene, ne riconobbe i lineamenti decisi, ma non rozzi, lo sguardo limpido, e gli sorrise << Sono anni che ti aspetto … >>  Non comprese il ragazzo, rimanendo fermo a fissarla, poteva anche essere un incantesimo lanciato da Amets per catturarlo. <<  Cosa? Chi vi ha mandata? > > << Nessuno, sono Ila, lo spirito della Foresta. > Non si fidava, non le credeva e la scrutava attentamente. L’animale si era calmato, era alla destra di Lysander, assisteva alla scena come se nulla fosse, senza preoccuparsi. Tranquillo. < So che non ti fidi , lo leggo nei tuoi occhi. Sei scappato Lysander, dalla tua terra, hai cercato rifugio nella mia foresta , che ti ha offerto riparo e protezione, senza farti alcun male. Sei finito in una storia complicata, giovane ragazzo. >> << Come fate e.. Conoscere il mio nome?  >> Chiede, ancora più stizzito e freddo, sospettoso lo sguardo, indagava su quella figura meravigliosa, la quale fluttuava sull’acqua. <<  Una storia difficile, che metterà nelle tue mani la vita di molte persone. >> << Cosa? Non capisco! >> Sollevo il braccio lo spirito, indicando la spada di Lysander << La risposta che cerchi, è nel fodero della tua spada … >>  Trattenne il respiro, infilando indice e medio della destra nel fodero, sfiorando quel pezzo di carta che aveva spinto lì dentro , lo tirò fuori con un po’ di fatica , facendosi male alle dita. Lo aveva ridotto ad una piccola pallina di carta , giallognola. Lo aprì, sistemandolo alla meglio < Questo? Non so nemmeno cos’è! > disse, mostrandolo alla dama, senza porgerglielo << Vieni con me … >> corrugò la fronte, dei suoi grandi occhi ora, era visibile solo un lungo nastro di smeraldo, contornato da folte ciglia scure. Si mordicchiò il labbro inferiore, tirando a è il cavallo, il quale lo seguì senza problemi. Si manteneva a debita distanza da lei, che di tanto in  tanto si fermava per aspettarlo. <<  dove stiamo andando?  >> con voce sottile, la guardava scivolare sul prato , sulle felci e sparire oltre i cespugli  << Da qualcuno che ha la risposta alle tue domande. >> Diffidava di lei, delle sue parole, della sua bellezza, era una spia, ed era ricercato, conosceva Amets e sapeva che avrebbe fatto di tutto per prenderlo.  <<  E chi sarebbe?  >>  Ila si fermò poco più avanti, aveva superato un varco creato da alcuni alberi, con il tronco ricurvo, come una mezza luna , in quel punto, la vegetazione era ancora più fitta, e ancor più rigogliosa, aveva intravisto un’infinità di fiori più in là, alla sua sinistra, ma Ila procedeva dritto, verso un lago . Varcò quell’ingresso naturale, con estrema cautela, e vide che non c’era nessuno, né Amets , né guardie, ma si manteneva pronto a fuggire, teso com’era, non avrebbe impiegato molto a sfilar via da quel posto, aveva una buona memoria, avrebbe ricordato con facilità la strada percorsa. Sebbene i viali della foresta sembrassero dannatamente uguali. C’era un lago, era enorme, costeggiato da  una riva verde, con erba rada, l’acqua era verdognola, i raggi del sole penetravano appena, sottoforma di fasci luminosi, accarezzando lo specchio d’acqua . Ila aveva i piedi nell’acqua, sembrava più umana ora, solo l’aura che le volteggiava attorno lasciava intendere la sua natura. Bisbigliò qualcosa, che Lysander non capì, subito dopo, gli fece cenno di avvicinarsi alla riva. L’accontentò. I suoi occhi saettarono nell’acqua torbida, non si vedeva niente, eccetto il luccichio prodotto dai flebili raggi solari. Respirava piano, era attento a tutto ciò che lo circondava, i sensi, erano tutti all’erta. Qualcosa attirava la sua attenzione, focalizzò un punto preciso nel lago, qualcosa sembrava muoversi la sotto, ed aguzzò la vista. Bolle, onde, schiuma bianca e infiniti fasci di luce bianca investirono quella valle, strinse gli occhi, venne accecato e si lasciò cadere all’indietro, sull’erba.
Il frisone indietreggiò, mettendosi alle spalle del ragazzo, aveva entrambe le braccia a coprire il viso, le labbra schiuse, ed il viso era contratto in un’espressione di incredibile fastidio << Ma cos’è? >> borbottò, prima si riuscire a vedere chi aveva davanti ai suoi occhi verdi. << Ethon.. >> mormorò Ila. Era un giovane bellissimo, dalla pelle d’oro, i capelli ricci e biondissimi, gli occhi ambrati e grandi. Lo guardò insistente Lysander, era di una bellezza disarmante, il corpo esile si muoveva appena sul lago, sospinto da una brezza piacevole  << E così sei arrivato. >>  la voce aveva un suono delicato, ma quasi stonava con quell’aspetto da giovine, era calda, profonda, come quella di un uomo d’età avanzata. << Arrivato? >> << Lysander, figlio di Caleb. Conoscevo tuo padre. >>  Per un attimo la spia tremò, innumerevoli brividi scivolarono lesti lungo tutto il corpo, facendolo fremere <<  Mio padre? Com’è.. possibile?  >>  chiese, mentre ella mano sinistra stringeva la pergamena sgualcita , recante un simbolo arcano ed oscuro. << Questa, è la prova che Ila non mente, è la prova che qui, Amets ed i suoi non giungeranno, non ancora. >>  << Come sarebbe a dire, non ancora? > Sollevò lo sguardo sul volto di Ethon, era una figura sottile, completamente dorata, i suoi occhi erano privi di sclera, le labbra sottili e larghe, guance piene. <<  Ascoltami bene, ragazzo. Sei entrato in una cerchia pericolosa, una storia che ha avuto inizio cinquant’anni fa , quando le grandi potenze dell’Ovest e del Nord si schierarono contro L’Est e il Sud, aiutate dalle Isole perdute . >> Il suo dire, era come una nenia, una ninna nanna intonata dagli elfi, Lysander lo ascoltava catturato, ed incuriosito, come poteva quella creatura conoscere suo padre? Era così curioso ed attento, che non si accorse dell’assenza di Ila. << L’accordo delle tre forze ebbe successo, ma non interamente! Presta attenzione Lysander, questa è la parte migliore.. > Continuò a guardarlo, prestando orecchio < La confraternita del Sud creò un manoscritto, che celava un oscuro segreto e lanciò una maledizione sulla congrega combattente del Nord … >< L’Ordine Dei Dannati … >> Aggiunse la spia , con un filo di voce << Esatto, l’ordine dei dannati! >> << Ma cosa centra questo con mio padre Ethon!?  >>  << Pazienza, ora ci arriviamo, c’era un cavaliere, della Terra dell’Ovest, un uomo che era molto più di un cavaliere, riuscì a brandire l’unica arma in grado di sconfiggere le armate nemiche, quella spada era stata forgiata dagli elfi, abitanti di questa foresta, prima della loro dipartita , e quel cavaliere … Era Caleb! Tuo padre!  >>  Lysander rimase in silenzio, sbigottito e senza parole, com’era possibile? Suo padre, era parte fondamentale della guerra dei cinquant’anni? E nessuno gli aveva mai raccontato di lui. Incredulo, titubante, non riusciva a capire come fosse possibile una cosa simile. < Ma … Io cosa centro?  E che fine ha fatto quella spada? > Ethon sorrise, e lo guardò attentamente, come un padre che osserva il proprio figlio camminare per la prima volta < Distrutta, perduta, le ipotesi sono molte. Tu hai ritrovato il sigillo della Terra del Sud , il simbolo della maledizione dei Dannati del Nord, e sei l’unico discendente ancora in vita di Caleb, tu sei predestinato ragazzo! Il sangue di tuo padre scorre nelle tue vene! >>  << Hai detto che mio padre non era un cavaliere qualunque, ma era molto di più, cosa intendevi? >>  << Intendevo dire che, un uomo non avrebbe mai potuto affrontare qualcosa di simile, ma un mezz’uomo sì! > Oramai, Lysander si aspettava di tutto, si strinse nelle spalle, ed attese qualche istante per porgere ancora una domanda <<  Mezz’uomo? Come mezz’uomo?  >>  << Possibile che in tutti questi anni nessuno ti abbia parlato di Caleb! Della Guerra e della lama spezzata?  >> << No , non me ne ha parlato nessuno, prima d’ora … >>  Dispiaciuto il tono della Spia, in trepidante attesa, voleva sapere quanto più possibile da Ethon << Tuo padre era un Mannaro, Lysander, un Licantropo per l’esattezza. Era abbastanza forte da affrontare lunghi viaggio e pericoli che un uomo, da solo non avrebbe mai potuto affrontare. >> Si fece pensoso il giovane, mai avrebbe immaginato di venire a conoscenza di una storia simile, suo padre era un eroe, allora, perché era stato lasciato alla Corte nelle man di Siderius? Com’era morto suo padre, e sua madre?
Scosse il capo in segno di dissenso, come a volersi destare da un sogno scomodo, tirò su col naso chiese, con voce bassa, temeva la risposta di Ethon, ma doveva sapere e voleva sapere a tutti i costi, era finito in quella storia ed ora, doveva svolgere il suo ruolo all’interno della partita. << Lo sei per metà … Tua madre era umana ragazzo, sei Mannaro solo per metà . E questo va a tuo grande vantaggio!  >>  <<  In che modo?  >> << Non avrai grossi problemi con la luna piena, sei in grado di controllare meglio . >>  Annuì semplicemente, rimettendosi in piedi, con discreta fatica, mentre Ila era riapparsa magicamente dal nulla, Ethon sembrò innervosirsi ed incalzò la spia ancor prima di ricevere un’altra domanda  <<  Il tempo per noi due è finito ragazzo, Ila renderà il tuo cammino più semplice, così che tu possa raggiungere la corte dell’Est, nel più breve tempo possibile. >> Aveva i pantaloni di pelle sporchi di verde, a causa dell’erba umida e del terriccio sotto le unghie , decisamente corte, si ripulì gli abiti alla meglio << Cosa devo fare?  >> chiese ancora, ma Ethon era sparito, in silenzio, come se non fosse mai esistito, in quell’angolo di foresta vi erano solo Ila e Lysander, e naturalmente, il frisone che lo attendeva pacato, brucando erba fresca  << Ila, cosa devo fare? >>  si rivolse allo Spirito, ed ella sorrise, lo guardò con aria solenne prima di rispondere al quesito << Corri ad Est , alla corte del Re, cerca un colloquio con il Consigliere. Ti sta aspettando >>  <> disse, palese la sua ironia, rise, un sorriso velato  << Vai! >> gli disse, indicandogli la via. Lysander saltò in groppa al cavallo, e si sistemò il gilet di cuoio sulle spalle, il colletto della camicia, alzandolo , per proteggersi il collo <<  Allora, a presto … Ila. >> Ma lo spirito era già sparito. Solo il vento ed alcune foglie svolazzanti, lo anticiparono sul sentiero , diede un colpo leggero con i talloni al destriero, ed ebbe inizio il suo viaggio verso la terra dell’Est.
 
<<[…] Le porte crollarono,
un’immensa nube di polvere invase la Cittadella,
 non c’era più nessuno.
Non vi erano più urla, né lamenti, né pianti.
Silenzio, solo silenzio. E la lama che fu spezzata. Perduta.  >>
-Estratto della Biblioteca dell’Ovest -
 
 
Amets aveva studiato tutta la notte quel tomo, l’aveva letto e riletto, ma non aveva trovato ulteriori notizie riguardo al simbolo < L’emblema della Terra del Sud, presente sulle porte del Regno.  >>  Mugugnò , erano le sole righe che parlavano di esso. Lo lasciò aperto sulla cattedra , ciliegio intagliato da uno dei più abili artigiani del Regno. Stanco e stizzito si mise in piedi, le sue labbra sottili si distesero in un scerbo sorriso, e le mani cominciarono ad agitarsi nel vuoto, creando giochi di lue verdognoli, screziati da venature azzurre, recitava una cantilena inudibile in una lingua ormai morta da secoli. Guizzavano fiamme blu fra le sue dita, ed una sfera prese a fluttuare in quella parte di stanza, oscurando tutto ciò che la circondava. Soddisfazione, era quello che si leggeva su quel volto scavato e pallido, con gli zigomi sporgenti, sul lato destro le rune stregonesche , si presentavano come ghirigori dipinti sull’epidermide fresca , per pura decorazione. Non era questo ciò che rappresentavano, erano monito della sua natura magica e pericolosa. Il ghiaccio , il suo elemento. Infido come un mare gelato , i suoi occhi grigi si accesero di luce quando riconobbe la sagoma che la sfera di colori delineò al suo interno.
Lysander cavalcava, sulla Piana dell’est  svelto . Riusciva a percepire una voce lontana, un incanto che accompagnava il ragazzo, pensò che qualcuno avesse semplificato l’avanzata della spia verso la capitale, ma in un secondo momento, la visione si offuscò , non poteva più distinguere nulla, la piana si tramutò in una macchia viola e Lysander, divenne solo un’ombra. Strinse gli occhi, nella speranza di recuperare forza sufficiente per ottenere una buona visuale ma la sua mente, non era più sgombra e presto, fu costretto ad interrompere l’incantesimo.
Si era preoccupato di avvertire il Re affinché lui, anticipasse le trattative con la Terra del Nord.
<<  Darsyl è in lenta trattativa con le Isole, non abbiamo più tempo. >> Il Re corrugò la fronte, lo seguì con attenzione << Una soluzione.. >> mormorò << Dov’è? Il ragazzo? >> << Sulla Piana dell’Est, Sire, entro questa sera raggiungerà le mura della capitale. >> adirato lo stregone lanciò un’occhiata fuori dalla finestra, spaziando oltre le mura per soffermarsi sull’ingresso della Foresta di Ethon  << Impossibile! Arylihen dista quattro giorni da qui! >> la voce del Re rimbalzò sulle pareti di marmo bianche della sala del trono, circolare. Le finestre dai vetri colorati adornavano le mura conche , il sole rifletteva le sfumature calde sul pavimento di legno chiaro. Strinse i pugni l’uomo , socchiudendo gli occhi alla ricerca di un briciolo di calma in quel trambusto d’armi e di voci, si diramavano per tutto il castello ed il rintocco della torre di Erwinenn  avvisava allegramente che mancavano poche ore alla quinta ora pomeridiana.
<< Non va bene.. >> Sbottò il Re, camminava a piccoli passi , avanti e indietro. I polpastrelli della mano destra accarezzavano il mento, infilandosi nella folta barba chiara. Aveva il volto stanco , segnato da poche rughe, come fosse il tronco di una giovane quercia , venato ma non eccessivamente dagli anni. Non aveva superato ancora i 50 autunni. Il Regno allestiva una gran festa per il compleanno del sovrano, ad ogni Equinozio d’autunno. Quando le foglie si accendevano del colore dei capelli della Regina. Ameryllis. Ormai  sei lunghi anni erano scivolati via dalla sua scomparsa. Eppure il rosso ramato illuminava ancora le folte fronde degli alberi dell’Ovest, ed il vento soffiava delicato fra queste, scuotendole a suo piacimento. Gli occhi dell’uomo erano castani, con venature violacee , Angelica da bambina credeva fossero di vetro, tanto erano luminosi e profondi, ma ormai la luce del potere aveva reso opaco quello sguardo che di paterno on aveva più nulla. Sul capo una corona semplice, in oro, con un rubino incastonato al centro, molto appariscente e tradiva incredibilmente quell’aspetto rude e semplice che mal si intersecava alla personalità ambiziosa e sottile. Si umettò le labbra impalpabili , appena screpolate << Athor è partito?  >> biascicò nervoso << No, Sire . Lysander lo precede , lo smaschererà se Athor torna ad Est. E’ Inevitabile . >>  Continuava ad incedere nevriticamente il Re, mentre Amets era fermo accanto alla finestra, nella sua tunica azzurra e chiara come ghiaccio << E’ giusto. Ma cosa possiamo fare ? >>   << Anticipare le trattative , Sire, il ragazzo ha preso il manoscritto, dovremmo cercarlo. >> Arrestò il passo […] << Chiamate quattro guardie nere , due scrivani, e un messaggero fidato. Abbiamo poco tempo e molto a fare. >>
 
 
 
 
 
 
Lettera di Agrebal, Sovrano della Terra dell’Ovest  a Drevem, Governatore della Terra del Nord.
 
<< Necessito di anticipare i tempi di trattazione con le Isole . Gravi problemi sono sorti. Una delle Spie ci ha tradito, ha con se il Manoscritto. In attesa di Vostra risposta. >>
 
In Fede..
Agrebal , Dell’Ordine Della Fratellanza.
 
Ma ad Est qualcosa era cambiato, Lysander aveva superato gran parte della Piana, la quale ante cedeva di circa una lega le mura dell’ultimo villaggio prima della capitale. Neen . Una lega di verdeggiante erba, folta, alta con macchioline piccolissime di un vivido giallo e rosso. Erano i fiori di campo. Il vento freddo della sera si addiceva bene al territorio, in prevalenza collinare . Era un’immensa distesa verde bruna che si srotolava davanti agli occhi stanchi di Lysander – Aveva sentito parlare di strutture imponenti e grigie, costruite sull’acqua ,  questo lo affascinava molto . Davanti a lui apparve un sentiero , nel buio della notte di Marzo . Breccia bianca , un cielo nuvoloso e cupo. La notte spingeva per farsi spazio, notte fonda e senza luna né stelle ad illuminare il cammino lungo della spia. Spaesato e stanco , incredulo e ancora le parole di Ethon giravano e rigiravano nella sua testa tempestata di domande , che necessitavano di risposte. Le nuvole sembravano fondersi sulla sua testa, grilli e cicale lo accompagnavano da troppo tempo, un canto stridulo lo manteneva sveglio, ridestandolo dal sonno, ogni volta in cui il capo cedeva a sinistra e le palpebre gli si chiudevano . Anche Lain procedeva più lento , provato anche il frisone. Unico conforto per la spia era la consapevolezza che, entro la nottata sarebbe giunto al villaggio di Neen.
Sbadigliò, sentiva le braccia indolenzite e lasciò cadere le briglie, aveva piccoli taglietti due palmi delle mani, bruciavano un po’, un fastidioso dolore alla schiena e alle gambe , come se non bastasse, era dannatamente affamato. << Lain! La prima cosa che farò appena arrivati, sarà riempirmi la pancia in qualche locanda! >> La voce sgorgò dalla bocca piena e rosea, leggera,come l’allegro scialacquio di un ruscello . Inclinò il capo a sinistra, poggiando la guancia sulla spalla , socchiuse gli occhi , respirando profondamente quanta più aria possibile, riportandola all’esterno brevi attimi dopo. Riaprì gli occhi solo all’udire un rantolo emesso dal cavallo, in quel momento si rifiutava di credere ai suoi occhi. Si ritrovava davanti ad un muro ciclopico bianco come la neve e al centro, un’indescrivibile portone di legno bruno, ebano sicuramente , sul quale biancheggiava un grande giglio dai contorni blu .
 
Per un istante si sentì perso, come un bambino sulle ali di un drago, sospeso nel vuoto. Le porte erano aperte, ma non spalancate ,  la “Barra“ in pesante legno non ostacolava l’ingresso ai viandanti, scesa dalla groppa di Lain, attento sebbene i suoi momenti fossero controllati ed automatici, quando toccò terra si sentì venir meno, rafforzò la presa intorno alle briglie e si strinse nelle spalle. I primi brividi di freddo. Attese ancora qualche momento, prima di muoversi verso l’uscio, spingendolo con il palmo destro della mano. Era tardi, buio e la capitale l’avrebbe definita una città morta, non vi era nessuno, eccetto i gatti su i tetti ed il gracchiare di una cornacchia a rompere quel religioso silenzio. Era appollaiata sul muretto circolare, il quale costeggiava la grande fontana di pietra al centro della piazza del mercato. Si osservava attorno sperduto, cominciò a camminare verso destra alla ricerca di un bagliore, gli zoccoli di Lain cozzavano sulla strada, composta da larghe pietre biancastre con striature gialline, lisce e lucide. Sollevo lo sguardo, a quel punto si sentì sollevato, nel vedere un cartello in legno penzolare nel vuoto “ Osteria Del Grifone ” era scritto in giallo, dalla finestra si scorgeva la luce delle fiaccole ed un’ombra, si precipitò verso la Locanda, affamato com’era, legò Lain alla palizzata che fiancheggiava la costruzione , con mura di pietra grigie e rosse, ed il tetto in legno. Entrò in tutta fretta. << Salve … >> mormorò, gettò una svelta occhiata alla sua destra, dietro il bancone.
 Sulla superficie quattro boccali per pinte, non proprio scintillanti. Non c’era nessuno nella sala. Tavoli di legno con quattro seggiole dello stesso materiale per parte. L’oste era un ometto basso e smilzo , con capelli grigi e radi, gli occhi tondi e scuri. Si affaccendava dietro al bancone, con le mani tozze fra pentole e scaffali , strofinacci e bicchieri, nella camera silenziosa e poco illuminata. Un fuocherello acceso, faceva freddo di quei tempi, non sembrava nemmeno primavera. Sistemò la legna il vecchio, con un semplice arnese di ferro, nero di fuliggine , lungo e sottile, limitandosi a spingere il legname verso la fiamma, per alimentarla. << Prendete qualcosa Signore? >> ruotò il capo portando la sua attenzione sulla Spia, la schiena ricurva in avanti , le guancie piene, a palletta , il volto era lucido di sudore , sembrava simpatico e cordiale, la voce acuta , ma non troppo, non faticava a tenerla bassa << Qualunque cosa, purché sia calda. >> il ragazzo annullò ogni distanza posta fra sé e il bancone << Mh, zuppa di funghi. >> annuì e basta, un sorriso stanco sul viso colorito segnato dal sonno e dalla stanchezza , non seguì l’omino sparire dentro le cucine, posò il bracciò destro sul bancone ed il sinistro sul ginocchio, fissava un punto morto con scarsa attenzione ed interesse, solo il rumore del piatto di terra cotta che cozzò contro il legno del piano su cui poggiava il braccio lo riportò alla realtà. In fatti , l’oste era costretto a mettersi sulle punte per riuscire ad arrivare al bancone, da quel punto Lysander riusciva a vedergli  la parte superiore della testa . Uno gnomo. Pensò. Non del tutto calvo, un’aureola di capelli ricciolini e grigiastri contornava il capo dell’uomo, secco come un chiodo con il naso sporgente  e le guanciotte di un pupo.   Lo guardò con più attenzione, notando le orecchie leggermente a punta sulla parte superiore, era troppo piccolo per essere umano , silenzioso e svelto nei movimenti, smosse la curiosità del ragazzo, un gigante al confronto . Lo fissò armeggiare nei cassetti, porgere un cucchiaio alla spia fu il suo ultimo gesto, dopo aver richiuso il cassetto.
Prese nella sinistra il cucchiaio. L’oste lo scrutò con aria appena interrogativa << Mancino ? >> inarcò un sopracciglio, sebbene li avesse dritti e folti, la sua pelle era bruna ma non troppo, era come se fosse abbronzato , Lysander non sollevò lo sguardo, ma dopo aver deglutito per la quarta volta la zuppa annuì << Si, mancino. >> un sorriso leggero e stanco sul volto della spia , che riconduceva le fattezze dell’oste più ad un Hobbit che ad uno Gnomo o ad un Nano , ma non si spiegava il perché di quel corpo esile . << Perché mi fissate? Signore? >> Si fermò Lysander per rispondere << Perdonatemi, ma non credo di aver mai visto uno della vostra …. >> << Razza ? >> lo incalzò il Nedot. Era così che li chiamavano comunemente ormai da trent’anni, il risultato degli esperimenti in tempo di guerra. La pazzia di un Sovrano aveva portato anche ad unioni forzate come quella fra Hobbit e Kendot , ciò che ne venne fuori furono ibridi come il Locandiere. Esseri piccoli che andavano da un minimo di altezza di 1.30 ad un massimo di 1.50, snelli 45 – 50 kg. Presentavano orecchie appuntite, non troppo nella parte superiore, piccole ma allungate, non come quelle degli Hobbit ma nemmeno come quelle dei Kendot che ricordavano le lunghe orecchie elfiche. Erano una via di mezzo. La pelle era scura come i Pelopiede , una delle tre razze Hobbit , avevano grossi piedi pelosi , mani piccole con dita lunghe e brune. I loro capelli non erano mai troppo lunghi , in prevalenza ricci, di tonalità simili a quelle umane, ma più opache . Pacifici e di compagnia, i Nedot non disdegnavano la compagni di altre razze e almeno ad Est, non erano giudicati una razza inferiore. Molto inclini alla cultura e in particolar modo allo studio astronomico. I più grandi geni ed astronomi dell’Est erano tutti Nedot , per la loro grande capacità di apprendimento e curiosità. Sicuramente ereditati dalla razza Kendot. 
Lysander deglutì, masticando i funghi che trovava nella zuppa. Non era male. << Non siete di queste parti  vero? >> << No … >> e mandò giù un altro cucchiaio << Da cosa l’avete capito? >> << Parlate poco ! >> biascicò l’ometto , tirandosi appresso uno sgabello, ci salì sopra svelto e senza troppa difficoltà, per la spia divenne più semplice inquadrarne le fattezze e riconoscerle, il Nedot voleva attaccar bottone, era evidente . Lysander pensò che fosse utile per ricavare informazioni riguardo a Semeth . Decise di stare al gioco. << Mh? Dite? >> << Si ,Ragazzo! Qui parlano molto , anche troppo! >> con tono più alto, aveva le labbra piccole e sottili , di un rosa fragola piacevole alla vista, nonostante l’avanzata età. I Nedot infatti potevano superare i 150 anni , dimostrandone tranquillamente meno della metà. << Non vi ho mai visto da queste parti , cercate moglie ? >> Impallidì per un attimo il ragazzo, velando un sorriso sghembo e scomposto con il cucchiaio. Ingoiò anche l’ultimo sorso di zuppa . << No, no. Sto cercando un uomo. >>  << Un uomo ?  E che ci fate con un uomo ? >> Era una macchinetta quel piccoletto, curioso come un bambino, con le manine scure sotto il mento, la testa si reggeva sulle dita intrecciate, ed i gomiti erano puntati sul bancone. I suoi arti erano davvero piccoli. In quella posizione Lysander osservò il vestiario, aveva una camicia gialla, molto chiara, infilata in un paio di calzoni in tessuto doppio, di colore marrone, una cintura di cuoio e delle bretelle che molto probabilmente gli si incrociavano sulla schiena. Le scarpe, proprio non riusciva a vederle, immaginò che fossero un paio di stivali che magari gli circondavano le caviglie sottili. Verdi magari. Nascose un altro sorriso, e posò il cucchiaio nel piatto vuoto e sporco << Nulla, sto cercando il Consigliere Semeth. >> Sbarrò gli occhi il locandiere, e per un breve istante non scucì l’ombra di una parola. << Da quale posto venite Voi? >> un ‘ombra di diffidenza, forse paura sporcò quel viso gentile e curioso , seppellendo in fretta quel piacevole sorriso. Gli occhi tondi puntarono il volto di Lysander, non gli sembrava tanto sospetto , la spia comprese , in quel lasso di tempo elaborò una risposta il più possibile credibile. Tentar non nuoce si disse lui. << Da un villaggio vicino . >> si vestì di falsa tranquillità , alternando lo sguardo dal piatto all’oste che non sembrava sollevato << Perché cercate il Consigliere? >> lo incalzò svelto il Nedot  << Sono suo .. >> s’interruppe, fingendo di tossire, il tempo sufficiente per elaborare una buona risposta << Sono suo nipote. >>  L’oste sollevò un sopracciglio , incredulo ma sembrò tornare gioviale e tranquillo << Nipote? Non sapevo che il Consigliere avesse fratelli o sorelle. >>  << Eh … >> mugugnò Lysander, prima di interrompere quel colloquiare << Avete una stanza libera ? Solo per questa notte, domattina mi rimetto in viaggio. >> Annuì l’ometto e sorrise << Allora se siete il nipote del Consigliere sarò felice di avervi come ospite. >> Pensò davvero di aver avuto un aiuto dal cielo, non aveva il becco di un quattrino con sé la spia, lo ripagò con un largo sorriso << Sono Grigory di Iverit! Lieto di avervi nella mia semplice Locanda! >> un inchino plateale verso la spia che di buone maniere non aveva che un’infarinatura << Piacere mio, Grigory. Lucas, sono Lucas …  Woolf >> scaltro il ragazzo ad inventare seduta stante un nome ed un cognome, in maniera tale da far perdere le tracce di Lysander. Utilizzando un nome falso Amets ed il Re avrebbero dovuto lavora di più per trovarlo. Grigory gli indicò la scala che portava al piano superiore , gli augurò la buonanotte per almeno quattro volte di seguito e a Lysander non poteva fare altro, se non piacere.
Una volta entrato nella sua stanza si preoccupò di accendere la lampada appesa al muro, la fiammella rischiarò l’ambiente rustico. Un letto ad una piazza. Un grande armadio di legno di ciliegio a due ante sistemato sulla parete sinistra, proprio di fronte al letto. In direzione dell’ingresso vi era una finestra aperta, le tende erano bianche e ricamate, si respirava un buon odore di pulito in quella camera, alla sinistra della finestra era situata una scrivania, Pergamene e calamaio sul piano. Anche il bancone era di ciliegio, ne dedusse che come albero fosse presente in grande quantità.Accarezzò gli infissi della finestra la spia, scostando con la spalla quelle tende leggere, smosse appena dal vento fresco di Marzo. Tirò un profondo respiro, prima di muovere diversi passi indietro, lasciandosi cadere con le spalle sul letto. S’addormentò subito.
  
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