Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Luna_R    18/06/2006    1 recensioni
Sono le sette e trenta di mattina, il suono di una sveglia, irrompe nel silenzio di un appartamento assopito.
Una ragazza si sveglia, poggia rumorosamente la sua mano sulla sveglia, e maledicendo il giorno già alle porte, si dirige in bagno.
E intanto non sa, che non sarà, un giorno come tutti gli altri..
*********
-“E tu, chi sei?!”-
-“Nel mio paese, colui che salva una vita ad un uomo, fa sua quella vita. Ecco, ora la mia vita ti appartiene.”-
Non so chi fosse, non so perché evadeva sempre dalle mie domande, ma provai un tale senso di protezione nei suoi confronti, che non potei far altro che portarlo via con me.
“Ricordati di me”, solo una storia d’amore, dimenticata o nascosta, nei meandri della mente invecchiata o distratta.
Ma pur sempre una storia d’amore.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sovrannaturale
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
«-(¯`v´¯)--« RICORDATI DI ME «-(¯`v´¯)--«

«-(¯`v´¯)--« RICORDATI DI ME «-(¯`v´¯)--«

 

 

Bene- bene! Una nuova recensitrice nella mia fic!

Fteli, ti ringrazio moltissimo per aver lasciato un segno del tuo passaggio!

Spero di ritrovarti presto!

Michelle come sempre sei troppo carina e gentile, ti ringrazio per aver giudicato le mie storie bellissime!

Malkontent ti dico che tu sei volata fra le mie recensitici preferite Invece ^_^ ; hai colto nel segno lo spirito della storia, ed è sempre un piacere quando accade per chi le scrive!

 

 

aawaa RICORDI aawaa

 

Chap n.5

 

 

La sera è appena calata, mentre corro per le strade vuote della mia città posso sentire l’odore forte dell’umidità, entrarmi nelle narici.

E’ un odore forte, che penetra in fondo, come certi dolori.

Che non vanno via certo con il levar del sole.

Mi perdo di vicolo in vicolo, lasciandomi inghiottire da quell’ assurdo silenzio, rotto solo dal rumore pesante dei  miei passi; tutto ciò che vorrei adesso è farmi inghiottire da un buco nero.

 

Ma cosa succede al mio corpo?!

Sento che è andato avanti nella sua folle corsa disperata, ma la realtà è che è trattenuto da una forza violenta, proprio dietro le mie spalle; mi volto, quell’uomo mi ha seguita.

E mi ha presa, per una manica. Stringe.

Mi tiene ferma, vorrei continuare, ma sono stanca non riesco ad oppormi.

Allora mi lascio andare, e il mio peso gli finisce contro; ma non mi scansa, nemmeno quando gli batto forte i pugni contro il petto, nemmeno quando il pianto si fa isterico e singhiozzante.

Lui mi tiene lì, ferma fra le sue braccia.

 

-“Ogni lacrima è una perla restituita alla terra e tu sei preziosa come quella pietra che porti negli occhi, bimba mia.”-. Mi sussurra dolcemente in un orecchio, carezzandomi i capelli.

-“Oh mio Dio! Sono ridotta proprio male…”-. Ho smesso di piangere, per un momento credo di sentirmi meglio, merito sicuramente delle sue parole e il suo calore –“ se mi hai seguito, singhiozzante, in una strada buia! Devo farti proprio pena…”-.

-“Sai chi mi faceva davvero pena?!”-. Mi guarda, aspettando risposta.

-“No.”-. L’accontento.

-“Chaki, il mio cane! Ma poverino, lui era ceco e zoppo!”.-.

-“Ma tu ne sai una più del diavolo…”-. Scuoto il capo, ridendo.

-“Non ho sessanta anni per niente!”-.

 

Fregato!

Lo guardo negli occhi, bene- bene, sa di aver scucito un pezzo di se, per questo ride anch’egli.

Mi prende per mano, conducendomi nell’antro di un giardino alle nostre spalle; uno degli innumerevoli, della mia città.

Lo seguo, in silenzio, perché ormai lo so che con lui non servono troppe parole.

Entriamo, timorosi e silenziosi. Complici.

C’è un odore buono, d’aranci, velato appena- appena.

Questo odore mi è familiare, riporta indietro la mia mente a una sera lontana- lontana…

Faccio mia questa fragranza così dolce e rasserenante, lasciandomi condurre in una meritata quiete e pace.

Ma dura poco, ci fermiamo dinnanzi ad una terrazza, da dove si scorge un crepuscolo di città non ancora addormentata, piena di luci piccole ma scintillanti; ora ricordo!  E non posso far altro che lasciarmi andare in un sospiro estasiato, accompagnato da qualche lacrima che dispettosa comincia a rigarmi il volto.

 

-“Mi dispiace.”-. Mi fa d’un tratto, appoggiando la sua mano sulla mia, come se avesse capito.

-“Romantico vero?! Diceva che questo era l’unico posto veramente meritevole, dove poteva chiedermi di sposarlo. Non avrei mai pensato di tornarci un anno dopo, sola.”-. E giù ancora lacrime, e giù ancora singhiozzi.

-“Ma tu non sei sola, Sibilla.”-.

 

Tenta di abbracciarmi, ma mi divincolo.

Infondo chi è lui, per dirmi che non sono sola?!

Lui è entrato da poco meno di un giorno nella mia vita, e pretende di sapere come mi sono sentita in questi mesi?!

No, nessuno sa quanto è brutto il declino di una storia d’amore, se non ci si ritrova dentro.

 

-“Tu non sai niente di come mi sento io. Niente!”-. Improvvisamente mi ritrovo ad urlare.

-“Sento la tua disperazione e questa diventa la mia!”-.

-“Ma cosa vuoi da me?! Sai, Simone ha ragione a dire  che sono una pazza! Ha ragione quando dice che mi contorno di pazzi!”-. Mi allontano un po’, da quel posto, da lui.

-“Tu devi dirmi cosa vuoi da me! Sei tu che hai deciso di metterti in contatto con me stamattina! Mi hai portato con te, nella tua casa, nella tua vita! Io lo so perché sono qui ora, adesso tocca a te scoprire perché anche tu ci stai. ”-. Maledico i suoi giochetti verbali, mi adiro, stringo i pugni non volendo ammettere la verità.

-“Sono stufa di parlare per enigmi, sai che ti dico?! Che me ne vado. Addio. Ciao!”-.

 

Sono in preda ad una vera e propria crisi di nervi, credevo che la sua presenza mi aiutasse in qualche modo a non pensare, ma adesso la sento pesante, asfissiante.

Lui dice il vero, dice sempre il vero e la verità adesso è ripugnante, la rifiuto, la rinnego.

 

-“Scappare non ti serve a niente, Sibilla.”-.

-“Non pronunciare più il nome, se non sono degna nemmeno di sapere il tuo!”-.

 

Cammino svelta, cercando di allontanarmi il più possibile dal parco, dal buio per raggiungere finalmente  un’uscita.

 

-“Victor. Mi chiamo Victor.”-.

 

Sento che si ferma, le foglie cadute in terra non sfrigolano più sotto ai suoi passi; allora mi fermo anche io, so che questa è una prova di fiducia.

Lui ne da un po’ a me, ed io non scappando ne do un po’ a lui.

 

-“Bene! Un intero giorno per sapere il tuo nome… non oso immaginare i mesi che ci vorranno prima che tu mi dica qualcosa della tua vita! Comunque non è un male, ho tutto il tempo del mondo, nessuno mi aspetta!”-. Incrocio le braccia, imbronciata.

 

Ride. All’inizio penso mi stia prendendo in giro, poi lo vedo piegarsi su se stesso e trasformare la sua risatina in qualcosa di rigoglioso e spumeggiante.

Mi piace il suo modo di ridere, d’un tratto mi sembra sia ritornata anche la mia attrazione verso la sua figura.

 

-“Scusa, cosa hai da ridere?!”-.

-“Nulla, sei davvero divertente.”-.

-“Fantastico! Accorrete gente, abbiamo la giullare del parco!”-.

 

Questo lo fa ridere ancora di più.

 

-“Ah… va al diavolo!”-. Lo mando a quel paese agitando le bracci al cielo, sconfitta e derisa mi allontano di nuovo.

 

-“E se ti dicessi che ci sono già stato?!”-. Mi rincorre e riafferra da dietro, di nuovo.

-“Ti crederei.”-. Lo guardo nel profondo degli occhi, riesco a leggere anche nella sua anima.

-“Aiutami Sibilla. Io ho bisogno di te.”-.

-“Io non so che fare…”-. Sussurro, lo vedo tremare, socchiudere gli occhi per poi riaprirli e buttarli in un punto lontano, dinnanzi a se.

-“Ecco, credo sia venuto il momento di parlarti di Betty…”-. Allenta la presa, gli sento la mano scivolare piano, lungo il fianco.

Lo fisso, adesso sorrido appagata e felice.

Lo prendo verso me, ci sediamo su di una panchina e occhi negli occhi, comincia a parlare.

Piano, lento, concitato e maledettamente ipnotizzante.

Mi racconta la sua vita, e i brividi saltano sulla mia pelle come biglie impazzite.

 

Dice di venir da lontano, un paese sperduto nella steppa americana , a metà tra far west e villaggio indiano.

La sua era una famiglia numerosa, di povera gente umile e lavoratrice; viveva con la madre e le sorelle, lui era l’ultimo di quattro figli.

La loro situazione non era delle più felici, e quando sua madre morì di tubercolosi lui e le sue sorelle vennero sbattuti in collegio.

Suo padre, vecchio ubriacone molesto, li abbandonò sperdendosi per il vasto continente. Victor dice di essere sicuro che quell’ anima così crudele ancora è in vita, dice di sentire ancora le sue urla la notte, quando è solo e non riesce a dormire.

Aveva sette anni, quando finì in un istituto per ragazzi orfani; mi si stringe il cuore, anche io avevo la sua stessa età quando fui “spedita” in collegio. Coincidenze, terribili.

Lì, conobbe la “sua” Elisabeth. Betty.

Furono da subito, dal primo sguardo, inseparabili.

Betty era la sua migliore amica, compagna d’avventure, di piccole marachelle, complice nell’aspro destino che la vita aveva scelto per loro; soli, piccoli, senza l’affetto dei genitori.

Victor la descrive come una graziosa bimbetta dai lunghi boccoli rossi, carattere vivace, risata gaia.

Una bellissima bambina, trasformatasi poi negli anni, in una bellissima donna; passarono parte dell’adolescenza fianco a fianco, fra libri di scuola, pic-nic sotto alle fresche fronde di salici piangenti condividendo sempre la stessa aria.

Erano legati da qualcosa di magico, il loro rapporto era vivo, scherzoso, fraterno quasi.

Ma più Betty cresceva, più diventava emblema di desiderio; la sua bellezza era acerba, inviolata, condita da una grazia e portamento innato, per non parlare poi della sua intelligenza acuta, vispa.

Il passo verso l’innamoramento, fu quindi breve.

Non mi racconta se fosse mai stato ricambiato o meno, parla di questo amore come qualcosa di platonico, astratto a tratti.

La vedeva come un angelo al quale non avvicinarsi troppo, per non rischiare di sciuparlo o contaminarlo.

Ma come nelle migliori favole d’amore, il destino si mette in mezzo ricamando la sua triste trama; Betty venne adottata da una famiglia d’alta borghesia che la portò via con se, in Europa.

L’ultima volta che Vic la vide, aveva diciotto anni, il sogno di diventare medico e di rincontrarsi prima o poi, da grandi.

Fu distrutto dalla sua partenza, non solo se ne andava via una parte importante della sua vita, ma si ritrovava ancora una volta solo.

L’unico sostegno della sua triste e infelice vita se ne stava andando per sempre

Non aveva più nulla per  cui restare, quindi, fece domanda per l’esercito e si arruolò.

Pilota aeronautico; almeno aveva la possibilità di girare il mondo in lungo e largo e far diventare il sogno che portava nel cuore, di rivederla, una certezza fantastica.

Inutile dire che di lei, non ebbe più alcuna traccia.

Betty venne ingoiata in un futuro che cancellava con un colpo di spugna il passato dell’infanzia, dei pic-nic sotto agli alberi e delle risate adolescenziali.

 

-“Chissà se la rincontrerò mai…”-.

 

Finisce il suo racconto con questa speranza, fra i miei occhi lucidi e il silenzio del parco addormentato.

 

-“Tu devi aiutarmi a ritrovarla.”-. Mi fa, distendendosi piano sulla panchina. E’ tutto rannicchiato, mi fa tenerezza guardarlo afflitto e sconsolato –“sono stanco di girare per il mondo.”-.

-“Farò tutto il possibile, credimi.”-.

-“Sibilla se tu mi aiuterai, io aiuterò te. Ma adesso è meglio se vai… Simone si starà preoccupando.”-.

-“Non lo so.”-.

-“Sarà dispiaciuto per quello che ti ha detto, non farlo preoccupare oltre, va da lui e digli che tutto si risolverà per il meglio.”-.

-“E se così non fosse?!”-.

-“Fa che sia così. Non perdere il tuo amore Sibilla, non farlo anche tu.”-.

 

A questo punto, non so più che dire, mi alzo dalla panchina, sistemandomi alla meglio; lo scruto, rimane fermo immobile a guardare il cielo sopra la sua testa.

E’ un bel vedere, ma non posso immaginare che voglia rimanere qui.

 

-“Ti prego, vieni a casa con me.”-.

-“Avete bisogno di tranquillità e armonia, bambina. Io sto qua, non mi può succedere nulla! Sono già morto da un pezzo…”-.

-“Sì ma…”-.

-“Ci vediamo domani. Buonanotte.”-.

 

Non ho mai capito bene cosa intendesse con l’aiutarmi., io non avevo mai chiesto il suo aiuto, certo  infondo al cuore sapevo di volerne un po’ anche io, ma non avevo mai osato chiedere.

Ma lui sapeva, lui ascoltava le mie frequenze, non aveva bisogno di sentirsi dir nulla, perché dare, poi il tempo me ne dette atto, era il suo bellissimo compito.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Luna_R