Fanfic su artisti musicali > The GazettE
Segui la storia  |       
Autore: Ami For a Dream    14/10/2011    7 recensioni
Come tutti i giorni, la fastidiosa sveglia suona puntuale alle sei del mattino svegliandomi. Questo è il suo compito, ma ciò non comporta che io non la odi lo stesso.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Reita, Ruki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Oggi non vi rompo, vi lascio direttamente al capitolo ^_^

 

The Devil Inside Me

Capitolo due

 

 

 

Takanori

 

Faccio il mio ingresso nella sala di musica il più silenziosamente possibile, non mi riesce nemmeno più difficile visto che da un po’ di tempo a questa parte, vivo la mia vita come un fantasma.

Il bello è che, fino a che riesco ad essere invisibile agli occhi degli altri, per me va benissimo; se nessuno si accorge della mia presenza, sono salvo.

Vado a sedermi all’ultimo banco, quello in fondo alla classe che mi permetterà, forse, di passare una bellissima ora in santa pace.

Oggi fuori c’è il diluvio universale, per venire a scuola questa mattina mi sono bagnato quasi completamente, ma ciò non mi disturba anzi.

Amo il freddo e la pioggia, adoro starmene sdraiato sul letto nella mia stanza ad ascoltare le intemperie; più sono forti, più il mio animo si quieta.

Seduto al banco osservo il mondo fuori dalla finestra, tutto è così grigio e cupo che riesco a non sentirmi solo; alcune gocce di pioggia si abbattono sul vetro della grande finestra, per poi scivolare lentamente sulla loro superficie liscia.

« Ma-tsu-mo-to » qualcuno fa lo spelling del mio nome, alzo gli occhi al cielo.

Mi volto verso la fonte di quella fastidiosa voce, pronto a mandarlo a quel paese, però mi blocco appena vedo di chi si tratta.

« Ueda » sibilo.

« vedo che ti ricordi di me, bene, vedi di non scordarlo mai » fa lui pieno di se.

« non scordo mai i nomi degli stronzi » ribatto io, non essendo proprio capace di tacere.

Nonostante tutto penso che questo lato di me sia peggiorato, se mi faccio vedere forte caratterialmente, probabilmente il mio aspetto minuto passerà in secondo piano.

I suoi occhi si affilano, penso che se non ci trovassimo all’interno della scuola, mi avrebbe ucciso all’istante.

« non mi scordo quello che hai fatto a uno dei miei, guardati le spalle » mi minaccia.

« Ueda, ci incontriamo spesso è? » una voce alle sue spalle si intromette, quando Ueda si scansa per vedere chi sia, anche io riesco a vederlo, è Suzuki.

« Suzuki, ancora in soccorso del moccioso? Non dirmi che te lo sei fatto? »

Sentendo queste parole scatto in piedi e lo prendo per il collo, con una forza che non so da dove mi esca lo sbatto contro il banco che mi appartiene e stringo la presa.

Gli occhi di Ueda si sbarrano, un po’ per la sorpresa e un poco per la mancanza d’aria; mi sento tirare indietro da qualcuno decisamente più forte di me.

« ma che cazzo fai?! » sbraita Suzuki mentre stringe la presa sulle mie spalle e mi fa cozzare contro il muro.

« lasciami » un filo di voce esce dalle mie labbra, mi manca l’aria, sento i polmoni bruciare dall’interno. Porto una mano intorno alla gola, vorrei poter ricevere più aria ma questa mi viene privata dal mio stesso corpo. Lentamente scivolo a terra, vedo Suzuki inchinarsi di fronte a me, mi scuote per le spalle dicendo qualcosa che le mie orecchie non odono.

Con la coda dell’occhio vedo Ueda fuggire via, questa volta me la sono scampata, questa volta non ho ucciso nessuno.

La piccola folla che si è radunata intorno a me viene allontanata da un signore in camice bianco, qualcuno deve aver avvertito l’infermeria.

Solo Suzuki resta inginocchiato al mio fianco, non capisco perché lui non si è allontanato come tutti gli altri.

« come ti senti, che hai? » piano riesco a percepire la voce del dottore che mi parla.

Cerco di prendere l’aria necessaria per parlare, anche se al momento è una cosa alquanto difficile.

« o-ora…. » altri profondi respiri « pas-pa-passa » speriamo che mi abbiano capito, perché veramente non riesco a dire altro.

Gli occhi del mio compagno di classe si spostano da me al dottore, il quale gli dona uno sguardo di sfuggita ma non può rispondere alla domanda muta dell’altro; lui non sa cosa io abbia in questo momento.

Anche se i sintomi sono quasi inconfondibili, senza conoscere lo stato di salute di una persona non è semplice riconoscere un attacco di panico.

Solo io so cosa ho e solo io, so cosa lo ha scatenato. È stato Suzuki, inconsapevolmente ha dato l’imput al mio cervello per autodifendersi in questo modo.

Abbasso gli occhi e ora capisco il motivo per cui Suzuki non si è allontanato, semplicemente non può, il suo braccio è stretto nella morsa spasmodica della mia mano; lo stringo talmente tanto che ho paura di fargli male.

 

 

 ♣ ♥ ♠ ♦

« stai bene? » mi chiede per l’ennesima volta il dottore, non ho voluto che chiamassero a casa, perché i miei non devono saperlo.

« ora sì, posso andare? » chiedo per la terza volta consecutiva, comincio a spazientirmi.

« va bene, ma se ti senti stanco puoi anche andare a casa » fa premuroso lui.

« grazie, ma starò benissimo » se andassi via da scuola, significherebbe passare il resto della giornata a zonzo per la città, meglio stare qui.

Lentamente percorro il lungo corridoio deserto, tutti gli studenti sono in classe e si sente solo il parlare dei professori che spiegano le varie lezioni.

Arrivato di fronte alla porta dell’aula di musica busso ed attendo che mi venga aperta, quando vedo la porta scorrere verso destra la figura del professore si rivela ai miei occhi.

« Matsumoto, come va? » mi chiede mentre entro.

« ora bene, grazie » dico inchinandomi leggermente.

« menomale, vai a sederti » devo dire che è molto gentile.

Senza aggiungere altro percorro l’aula fino al banco in fondo, quello che mi ero scelto, per fortuna è rimasto libero e con le mie cose poggiate sopra.

Una volta seduto noto Suzuki vicino alla cattedra, è in piedi e imbraccia un basso. I suoi occhi sono fissi su di me, così affilati e scuri mi inquietano e mi rassicurano allo stesso tempo.

Non riuscendo a tenergli testa abbasso lo sguardo sul mio banco, hai vinto tu Suzuki.

« Bene Reita, continua da dove ti sei fermato » il ronzio che si sentiva nell’aula si quieta con le parole del professore.

Reita? Ma che razza di nome è? Eppure mi sembrava che si chiamasse Akira, si ne sono certo Akira Suzuki.

Appena le note, provocate dalle mani di Suzuki su quel basso, si alzano nell’aria poso i miei occhi sulla sua figura. È dannatamente bravo, non avrei mai pensato che sapesse suonare uno strumento in questo modo, questo modo di suonare mi ricorda qualcosa ma al momento non mi sovviene.

Resto incantato a guardarlo, le sue movenze sensuali e gli occhi incollati al basso, lo ama. Solo adesso che presto più attenzione, noto il ciondolo attaccato alla collana che porta al collo; è un basso avvolto da un serpente.

Forse abbiamo più cose in comune di quanto pensassi, forse potrei anche ricominciare una parvenza di vita normale facendomi degli amici, ma forse, la cosa più probabile è che io stia impazzendo del tutto.

 

 

Akira

 

Suono il basso il più concentrato possibile, non voglio sbagliare per nulla al mondo; devo dare il meglio di me stesso.

Il basso è la mia vita, solo lui riesce a quietare il mio animo ribelle e nero; lui è al centro della mia vita.

So che mi sta guardando, ho alzato appena lo sguardo su di lui e l’ho sorpreso ad osservarmi; non so cosa gli sia preso prima, ma voglio scoprirlo.

Questo vorrà dire sorbirsi le lamentele di Kouyou, il quale non ci penserà due volte a ribadire come la pensa al riguardo. Solo lui sa ciò che abbiamo passato io e mia madre, solo lui mi ha visto piangere disperato e da allora non permetterà a nessuno di farmi stare male.

Finisco il mio assolo che ho studiato fino allo sfinimento, se studiassi così tutte le materie sarei un genio, me lo dice sempre mia madre con il sorriso sulle labbra.

Alzo lo sguardo e vedo gli occhi color ghiaccio di Matsumoto ancora su di me, una strana espressione dipinta in volto; non è fredda, non è tirata anzi, direi che è rilassata.

Degli applausi uniti a fischi di approvazione si alzano nell’aria, come al mio solito non mi astengo dal fare un po’ il cretino.

« bene, bene, ragazzi smettetela per favore non siamo ad un concerto » il professore zittisce l’aula.

Io sorrido poggiando lo strumento che tanto amo sul suo piedistallo, per poi voltarmi e raggiungere il mio posto di fianco a Kouyou.

« bravissimo Akira »

« Reita, professore qui mi deve chiamare Reita, è il mio nome d’arte non si ricorda più? » rido io correggendolo.

« giusto, scusa Reita » sta al gioco lui.

« si figuri » rispondo subito sorridendo, io e questo professore andiamo d’amore e d’accordo.

« sei stato eccellente, come al tuo solito » fa lui in mia direzione.

« grazie, lo so » ribatto, facendo ridere tutta la classe.

Istintivamente mi volto verso il banco di Matsumoto, non so perché ma voglio vedere se ride anche lui. Ciò che mi fa restare di zucca, è vedere veramente le sue labbra piegate in una leggera smorfia dalla parvenza di sorriso; allora anche tu sei in grado di farlo.

Non so cosa sia, ma una stana sensazione alla bocca dello stomaco si impossessa di me, ho come la strana voglia di sentirlo ridere di gusto.

Una gomitata da parte del mio migliore amico mi fa voltare verso di lui, lo guardo interrogativo non capendo cosa voglia adesso.

« smettila di fissarlo » la sua risposta, alla mia domanda muta.

« sei geloso? » gli chiedo a bassa voce sghignazzando, lo vedo alzare gli occhi al cielo per poi puntarli di nuovo sul professore.

« Matsumoto » fa quest’ultimo in direzione del nuovo arrivato.

Quello si riscuote come se gli avessero pizzicato il sedere, sorrido immaginandomi la scena.

« si? »

« vorrei sentire qualcosa da te, visto che sei nuovo non sappiamo ancora se sai suonare qualcosa »

Ora si che viene il bello, vediamo un po’ cosa sa fare il ragazzino.

Gli occhi quasi bianchi del nostro compagno di classe vagano per l’aula, credo che se la stia facendo sotto; sbuffo una risata vedendo la sua indecisione.

Lui si volta verso di me bruciandomi sul posto, cavolo devo ammettere che ci sa fare con gli occhi il ragazzino.

Poi lentamente si alza per raggiungere il professore e voltarsi verso la classe, penso che soffra di disturbi della personalità.

« in genere suono la batteria, però mi diletto anche nel canto » ci rivela infine.

Il sopracciglio destro mi si inarca all’inverosimile, pensare quel nanerottolo dietro ad una batteria è assolutamente esilarante e per quanto riguarda il canto, non penso che sia nulla di speciale.

« menomale, facci sentire la tua voce allora » lo incoraggia il professore porgendogli il microfono.

Poi tutto succede in un attimo, gli occhi di Matsumoto si chiudono e la sua voce comincia a diffondersi. È potente, sensuale, piena e corposa; non posso credere alle mie orecchie. Potrebbe rompere i bicchieri quando urla, mentre quando scende sembra di vedere un serpente che striscia sensuale verso di te.

Mi volto verso Kouyou e lo trovo a bocca aperta, anche lui sorpreso da ciò che il piccoletto nascondeva dentro quel corpo minuto. Ora tocca a me donargli una gomitata per attirare la sua attenzione, solo quando sono sicuro di averla parlo.

« ti sta ancora sulle palle? » gli chiedo.

« no, deve essere nostro Aki » mi dice tornando con gli occhi su Matsumoto.

« è la stessa cosa che ho pensato io » dico più a me stesso che a lui.

 

 

♣ ♥ ♠ ♦

« Matsumoto! » lo chiamo correndo verso di lui, seguito a ruota da Kouyou.

Finalmente le lezioni sono finite e ora possiamo goderci la libertà fino a domani mattina, quindi per me e Kouyou vuol dire andare al piccolo magazzino abbandonato a suonare.

Come di consueto lui non si volta, dalle orecchie spuntano i fili delle cuffie, mannaggia a lui!

Accelero ancora di più portandomi vicino a lui e afferrandolo per le spalle, con uno scatto eccessivo si porta con le spalle al muro di cinta che circonda la scuola. Resto fermo vedendolo portarsi una mano al petto, quando si calma toglie le cuffie e dona a me e Kouyou uno sguardo per nulla amichevole.

« che c’è? » ci chiede scocciato e se non fosse per la sua ugola d’oro, lo picchierei a sangue. Né io, né il mio migliore amico, abbiamo fatto nulla per meritarci questo atteggiamento nei nostri confronti.

« dobbiamo parlarti di una cosa » si intromette Kou, notando il mio disappunto.

« non mi interessa » dice lui voltandosi per andare via e lasciarci lì come due imbecilli.

« ma non sai nemmeno di cosa si tratta » continua Kouyou, mentre la mia ira aumenta.

« ho detto, che non mi interessa » ribadisce il piccoletto senza nemmeno voltarsi.

« pensavo ti piacesse cantare, evidentemente mi sbagliavo » dico tra i denti.

La sua figura si ferma, si blocca come fosse un fermo immagine.

« mi piace cantare » dice, di nuovo senza voltarsi, ci dona solo il piacere della vista della sua schiena.

« noi stimo mettendo su una band, ma è una cosa seria, non un gioco da bambini. Ti interessa questo? » non voglio perdere tempo, per me è troppo importante questo progetto.

Solo adesso si volta verso di noi, nei suoi occhi artificiali posso leggere una nuova emozione; forse ho toccato il tasto giusto.

« mi interessa » dice annuendo.

« se vieni con noi, ci fai sentire di cosa sei in grado, penso che a scuola, non hai dato il meglio di te stesso » lo penso veramente.

« dove? » la voce gli trema, è terrore quello?

Resto senza parole nel vederlo in questo stato, mi chiedo cosa gli debba essere successo per essere ridotto in questo modo. E anche questa mattina a scuola, prima quella reazione quando voleva soffocare Ueda e dopo, quasi non soffocava.

« un piccolo magazzino che abbiamo sistemato a sala prove, niente di che però è carino, accogliente » quando vuole Kou è bravo con le parole.

« capisco, beh io non so se posso venire ora… »

Kouyou si avvicina a lui poggiandogli una mano sulla spalla sinistra, gli sorride e quel sorriso non fallisce mai.

« se devi andare a casa non c’è problema, ci andiamo un altro giorno, è solo che avevamo tanta voglia di sentire la tua voce come si deve » più bravo di così si muore, dovrebbe fare l’avvocato.

Matsumoto è indeciso, si guarda in giro come a cercare una risposta che gli piova dal cielo plumbeo.

« ok vengo, avverto i miei che farò tardi » alla fine cede ed io vorrei baciare in bocca il mio migliore amico.

 

♣ ♥ ♠ ♦

 

Takanori

 

Mi chiedo ancora come possa essere finito in questo posto insieme a questi due, non che il magazzino sia brutto anzi, è accogliente a anche sistemato bene.

Ma è proprio il principio che non sta in piedi, insomma come ho fatto a prendere questa decisione proprio io, che non metto piede fuori casa se non per andare a scuola?

Forse è l’amore per la musica e per il canto, che mi ha fatto prendere questa decisione e un poco anche l’espressione dolce di Kouyou; sembra proprio un bravo ragazzo.

Prima ha suonato la chitarra elettrica, ha fatto un assolo da paura, non credo di aver mai sentito nulla del genere provocate dalle mani di un ragazzo di diciassette anni.

« ora tocca a te Takanori » mi invita a prendere il microfono proprio Kouyou, Akira da quando siamo arrivati non è stato di molte parole. Non che mi dia fastidio, visto che nemmeno io amo tantissimo parlare, ma non vorrei che con il mio comportamento rude e maleducato lo abbia offeso troppo.

Vado vicino al microfono e lo prendo saldamente in mano, è tanto tempo che non faccio più una cosa del genere, tranne oggi in classe; ma lì ero dettato dalla voglia di togliere quel sorriso dalla bocca di Akira.

Inizio a cantare una canzone che conosco a memoria, senza base è un po’ difficile ma non impossibile, ricordo che anche io volevo formare una band prima che la vita cambiasse radicalmente; passavo ore e ore dietro la batteria e ad un microfono. Ho imparato da solo a tenere sia le note alte che quelle basse, spaccavo di brutto una volta, adesso non lo so più.

Riverso tutto il dolore e la rabbia che provo nella canzone, il mondo non esiste intorno a me; in questo modo posso dare il meglio.

Quando termino di cantare apro di nuovo gli occhi, pronto a prendermi tutte le parolacce che voleranno dalle loro labbra; invece li trovo entrambi stupiti.

« fantastico! Assolutamente fantastico vero Aki? » Kouyou gli salta praticamente in braccio.

« sì, concordo. Sei dei nostri? » chiede Akira rivolto a me.

« io? Nel vostro gruppo? » chiedo sorpreso.

« sì, ci mancano ancora un paio di componenti, ma speriamo di trovarli a breve » è così serio che mi sorprende, devo ammettere che mi sono sbagliato di grosso su di lui.

« si » soffio flebile, ancora non ci credo.

Un sorriso sghembo si disegna sulle sue labbra « benvenuto allora, Ruki » mi porge la mano.

Lo guardo strano stringendo la sua mano, mentre Kouyou comincia a saltellare e urlare per tutto il piccolo magazzino.

« Ruki? » gli chiedo.

« si ti si addice no? Demone esiliato… » non ha un particolare tono di voce, è tranquillo.

« credo di si » ammetto, in fondo chi meglio di me può portare un nome simile.

« ehi voi due, vi siete imbambolati? » si intromette Kouyou.

Akira lascia andare la mia mano « è tutto tuo » sentenzia poi.

Senza che me ne accorga vengo stretto dell’abbraccio del biondo chitarrista, mi stringe talmente tanto che quasi mi soffoca.

« mi soffochi » dico.

Lui mi lascia andare « scusa »

« fa sempre così quando è contento » ride Akira.

Per la prima volta dopo tanto tempo mi sento leggero, non ho avuto paura che mi facessero del male; allora forse c’è ancora speranza per me.

« cavolo devo andare! » salta Kouyou vedendo l’ora.

Sia io che Akira lo vediamo affannarsi per raccattare le sue cose, quasi è una scena comica.

« io scappo, ci vediamo domani davanti scuola, in orario mi raccomando, anche tu Taka » sembra un tornado.

La sua figura scompare oltre la porta senza darci nemmeno il tempo di replicare, mi chiedo se faccia sempre così.

« strabiliante vero? » la voce di Akira mi giunge da vicino.

Mi volto verso di lui e, infatti, lo trovo al mio fianco « un po’ » ammetto.

 « dovresti farlo più spesso » mi dice senza che riesca a capire di cosa parli.

« cosa? » gli chiedo puntando i miei occhi nei suoi.

« sorridere »

È vero sto sorridendo e non me ne ero nemmeno reso conto, non riesco a distogliere lo sguardo dal suo e il cuore inizia a battermi veloce in petto; che strana sensazione.

 

Akira

 

« strabiliante vero? » gli chiedo guardando nella direzione dove è scomparso il mio migliore amico.

« un po’ » dice lui con un tono bambinesco, Kouyou fa sempre questo effetto.

Con la coda dell’occhio lo osservo, le sue labbra sono piegate in un sorriso, un vero sorriso e come immaginavo, è splendente. Mi chiedo cosa gli eviti di farlo normalmente, forse un giorno lo saprò.

« dovresti farlo più spesso » gli faccio notare voltandomi verso di lui.

« cosa? » mi chiede curioso.

« sorridere » non dovrebbe essere tanto difficile farlo.

Dall’espressione che ha in volto ora posso dedurre che non se ne era nemmeno accorto, cosa nascondi è Ruki?

 

 

To be Continued…

 

 

 

 

Note:
Bene, bene, ora si son scoperte le doti canore del piccolo Ruki e sembra che le cose vadano meglio tra di loro no?
non credo di dover aggiungere molto altro, tranne che ci vediamo venerdì per l’aggiornamento! XD
Vi aspetto tutte/i U_U

 

Ja ne! <3

   
 
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > The GazettE / Vai alla pagina dell'autore: Ami For a Dream