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Autore: mysticmoon    23/06/2006    2 recensioni
La vita è un'enigma infinito. Un giorno puoi essere in cima al mondo, bello ed apprezzato, ed il successivo sei steso nel fango, arrancando inutilmente per alzarti. Tutti possono cadere. Nessuno escluso. Neanche la stella della nazionale nipponica.
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 8

Capitolo 8

La Nuova

Realtà

Mille Nuove Strade

Ed

Altrettante Scoperte

 

NdA: scusate immensamente, carissimi lettori di Life, per questo lunghissimo stop. Da questo capitolo si ritorna a casa Gatsby, la sera dopo l’arrivo di Martina, Tom, Benji e Colette. Ah, ragazzi, mi sono presa la “piccola” libertà di eliminare il fratello di Holly, scomodo per la trama della storia (oh, non è che è morto pure lui, soltanto che non è mai nato!).

 

Quando la mattina successiva Roberto andò in camera di Patty, dove erano alloggiate anche Jenny, Amy, Colette e Martina, per controllare le ragazze, si trovò davanti ad una scena molto dolce ed un po’ equivoca: Patty e Holly, beati, l’uno nelle braccia dell’altra, riposavano sul letto, mentre appoggiati di schiena al letto stavano Julian e Philip, che cingevano con un braccio le rispettive compagne. Colette era su una poltrona di vimini, con Benji come materasso, ma di Martina e Tom non c’era neanche l’ombra. All’appello mancava anche Bruce, che però aveva visto dormire in compagnia di Raiden, nella stanza che teoricamente avrebbe dovuto occupare tutta la componente maschile della compagnia.

 

Roberto Sedinho 3 Marzo  ore 6:04 AM

 

Oh no! Dove sarà adesso quel tornado di ragazza? Ieri sera per poco esco pazzo, con quella ragazza in giro. E adesso lei e il suo degno compare scompaiono dalla stanza in cui, almeno teoricamente, dovrebbero trovarsi. Chissà che fine avranno fatto? Certo che sono tremendamente teneri, sia loro che quei due! Ma, per il tempo che resteranno qui a dormire, dovranno stare in stanze separate. Non vorrei ritrovarmi a dare ricovero anche a un branco di ragazze madri con relativi ragazzi al seguito, rischiando anche il linciaggio dalle rispettive madri.

 

Lo sguardo di Roberto vagò di nuovo per la stanza, sperando di vedere una traccia della ragazza dai capelli rossicci, ma non la vide da nessuna parte, così sospirò e uscì dalla stanza, sperando che non si fosse cacciata nei guai. Conosceva l’indole pacifica e calma di Tom, ma, perlomeno da quanto aveva visto e sentito la sera prima, pareva l’italiana riusciva a trascinarlo in situazioni al limite dell’assurdo.

 

Di certo Roberto Sedinho non immaginava che la folle Martina Maroni aveva avuto l’idea di andare a guardare le stelle sul letto, trascinando anche il riluttante Tom, e, dopo circa un’ora passata sdraiati sulle tegole, si erano addormentati là sopra, nonostante la notte fosse piuttosto fredda, l’una tra le braccia dell’altro.

Il primo a svegliarsi fu Tom che, intontito, guardò prima il cielo che lentamente stava schiarendo e la bella ragazza che ronfava tra le sue braccia, la ragazza che, sapeva,  sarebbe stata capace di seguirlo fino ai confini del mondo ed anche oltre, se il suo ragazzo glielo avesse chiesto. I suoi capelli, illuminati dal primo sole, mandavano dei magnifici riflessi rosso-dorati, ed il sorriso che aveva sulle labbra gli scaldava il cuore. Certo, Martina Maroni era una ragazza forte che sprizzava energia da tutti i pori, forse un po’ fuori dal normale ideale di ragazza, ma possedeva in sé anche un punto debole, una parte del suo cuore, nascosta a tutti, nella quale qualcuno le aveva inferto una ferita che la faceva soffrire ancora e della quale Tom non conosceva nulla, un’incrinatura nella sua sicurezza e giovialità, quasi come se fosse un pezzo di puzzle che qualcuno le aveva strappato e cercava di nascondere a tutti.

Delicatamente, iniziò a passarle una mano tra la folta chioma, sorridendo a quella straordinaria ragazza che riposava al suo fianco.

 

Tom Becker 3 Marzo  ore 6:29 AM

 

Quanto è bella! Non solo fisicamente, ma anche spiritualmente. Nessuno sembra comprendere la sua complicata psiche. Neppure io la capisco completamente, ma una cosa penso di saperla: lei fa tutto alla ricerca della felicità. Che sia la sua o quella altrui non importa, ma lei è volta sempre alla felicità. Ancora non è completamente felice, lo sento, ed io voglio impegnarmi per donarle ciò che desidera. Io la amo, non ci sono dubbi. E lei? Lei è così affascinante, dolce, premurosa, allegra… ma mi ama? Come io non l’ho mai detto, almeno a voce, lei neppure l’ha fatto. Mi dimostra un immenso affetto ma… questo è amore?  Lo so, dovrei smetterla di pensarlo… e dovrei smettere anche di  darle retta ed esaudire i suoi capricci più strampalati, dato che fa “un po’” freddino qui fuori. Me lo dice sempre Trappippi che la sua compagnia mi carica in campo ma mi rende anche piuttosto pittoresco, se non del tutto strambo fuori! Ma come posso non accontentarla? E’ così convincente…

 

Martina Maroni 3 Marzo  ore 6:31 AM

 

E’ talmente immerso nei suoi pensieri che non si accorge neppure che non dormo! Quanto è dolce, però. Come farò quando lui se ne andrà via? Crede che non sappia che l’Ascoli ha ricevuto parecchie richieste da parte di altre squadre, oltre, naturalmente, alla chiamata della sua ex squadra? Lo so che molto presto mi abbandonerà. Tom, tu dovrai lasciarmi e ti dimenticherai di me, eppure non posso fare a meno di aggrapparmi a te, quasi come se per me la tua presenza sia diventata essenziale per l’esistenza. Cosa farò quando andrò allo stadio e la maglia numero undici la vedrò sulle spalle di un altro? Cosa farò quando agli allenamenti non potrò più gridare il tuo nome, rendendo sordi Trappippi ed i tuoi compagni? Cosa ne sarà di me senza Thomas Becker? Come farò se in un unico momento svanissero il mio fratellone iperprotettivo, il mio buffo amico del cuore, il mio più intimo confidente e, soprattutto, come farò senza il dolce centrocampista che ha fatto gol nel mio cuore? Come farò? L’ho visto ieri, insieme a tutti i suoi vecchi amici. Lui è felice qui con loro, nonostante il pessimo momento. Ha degli amici ed amiche molto simpatici, gioviali ed io, un’italiana, potrei rovinare tutto. Mi sento come se dovessi portarlo via da loro, se lo legassi ad una promessa, ma non posso neppure rinunciare a lui. Ormai è troppo importante per me.

 

Tom fu sconvolto dalla vista delle lacrime di Martina, che rigavano il suo volto sorridente. Possibile che con quel sorriso nascondesse le sue vere emozioni? Che qualcosa, in quel momento, la stesse sconvolgendo a tal punto da far sciogliere persino la sua irreprensibile corazza di ragazza forte ed indipendente?

- Martina, stai bene?

Lei scosse la testa.

- Cosa c’è? Cosa ti turba?

- Il pensiero di un giovane giocatore di calcio giapponese che è richiesto da molte squadre, ha tanti amici al suo fianco ed una ragazza di troppo che potrebbe tarpargli le ali e allontanarlo dagli amici perché la sua patria è a migliaia di chilometri dal paese d’origine di lui- rispose, aprendo gli occhi ma senza guardarlo, mentre un sospiro le sfuggiva dalle labbra.

- Pensi che tu, per me, sia un ostacolo?

- Sì, perché lo sono. Io sono italiana, abitante di una città non certo piccola, ma una piazza del calcio non certo importante come quelle di Roma, Torino e Milano, non importante come i club di calcio sudamericani o europei. Non posso tenerti lontano dal tuo amato calcio. E neppure dai tuoi amici. Io non posso pretendere che tu rinunci a tutto questo per me.

- Martina, non definirti come ciò che non sei. Tu non sarai mai un ostacolo per me. A me non interessa dove gioco, ma divertirmi mentre lo faccio. Non posso essere un giocatore di calcio che non si diverte. E sai quando mi diverto?

- Quando?

- Quando guardo in panchina e ti vedo gridare per me, magari con il cappello e la sciarpa al collo, vedere che tu tieni a me. Se tu sei con me, io mi diverto sempre. E per quanto riguarda gli amici… Benji sta in Germania e Holly, se si riprenderà, verrà in Europa con Patty, posso giocarmi tutto quello che ho su questo. Avrò i miei più cari amici molto più vicini che se giocassi qui. Poi ci saranno i ritiri per rivederci. Inoltre, non sarò mai lontano da loro finchè sarò in contatto con Holly e potrò telefonare a Benji. Un’amicizia non si basa sulle distanze.

- Ma non vorresti giocare in una grande squadra, Tom?

- Non posso mentirti. Mi piacerebbe poter giocare di nuovo in un grande club, ma non adesso. Ho ancora tanto da imparare da Trappippi.

- Ma quando non avrai più nulla da imparare?

- Allora mi dedicherò all’Ascoli. Diverrò la sua bandiera, se è necessario, e lo porterò in serie A. Così potrò giocare contro i grandi club e non saremo costretti a separarci. Io non posso lasciarti, lo sai. Ho promesso.

Le lacrime continuarono a scorrere lungo le sue guance, irrefrenabili.

- Tom… perché fai ciò per me?

- E’ scritto sulla tua maglia, Megafono Umano- rispose, asciugandole una lacrima dalla guancia.

Martina, per la prima volta in quella giornata, lo guardò negli occhi.

- Cosa vuoi dire?

- Che ti amo- sussurrò, baciandola dolcemente.

- Come puoi amare una come me?- chiese tra le lacrime.

- Sei speciale. Tu illumini la mia giornata, sai farmi ridere quando ne ho bisogno, sfogare se ne ho voglia, mi liberi dalla mia innata timidezza e sai spronarmi a dare il massimo con un solo sguardo. Io amo di te la tua forza, la tua allegria, anche la tua caparbietà e lo strano senso dell’umorismo che possiedi, perché senza non saresti la stupenda ragazza che sei. Non posso fare a meno di volerti bene e di prometterti mari e monti. Io voglio donarti tutto ciò che desideri, vederti sorridere ogni giorno, voglio che tu sia la persona più felice di questo mondo, capisci?

Vedendo ancora le lacrime rigarle il volto Tom non capì che non era dolore il suo, ma sollievo, la gioia di sentire che qualcuno al mondo le voleva un bene tale da arrivare al sacrificarsi per lei.

- Io non ti merito, Tom- sussurrò, chiudendo nuovamente gli occhi – Sei sempre così dolce nei miei confronti… vorrei poterti dimostrare quanto tengo a te senza apparire scontata o troppo melensa. Io…

Un dito di Tom la bloccò.

- Non dire nulla. Quando sarà il momento il cuore saprà che cosa farti dire e come farti agire, capito?

Lei sorrise ed annuì. Aveva capito che Tom non le avrebbe mai rinfacciato nulla, anche se fosse stato costretto a lasciare andare il treno del successo. E comprese anche che doveva impedirgli di compiere questo sacrificio.

 

La prima a svegliarsi fu Colette, svegliata dal rumore della porta che si chiudeva.

Intontita, si guardò intorno qualche istante, prima di ricordare come mai si trovasse lì, addormentata sul portiere della sua squadra, in una stanza piena di ragazzi e ragazze, che dormivano gli uni sugli altri.

 

Colette Montgomery 3 Marzo  ore 6:08 AM

 

Sono tra persone che non conosco, eppure… io non mi sento fuori posto. Loro mi hanno trattato come una di loro, con naturalezza e tranquillità, come se mi conoscessero dalla vita. Persino Benji mi sembra diverso da quando è ad Amburgo. E’ vero che mi ha detto che non gli piace comportarsi naturalmente con i suoi compagni di squadra, ma vedendolo tra gli amici sembra quasi un altro Benji. Chissà cosa prova per Martina… Lei, si vede perfettamente, è legatissima a Tom, ed è ricambiata con la stessa intensità, ma non so se questo potrà fermare i suoi piani.

 

Guardò attentamente la stanza della ragazza, sorridendo alla vista di Holly e Patty che, nonostante il dolore che avevano nel cuore, nel sonno riuscivano a sorridere. Sapeva che non avrebbe potuto comprendere il loro dolore, ma lei sapeva cosa significasse non poter più vedere uno dei genitori, anche se, naturalmente, quella distanza era stata una precisa volontà di sua madre.

Ripensare alla madre la faceva sentire sempre tremendamente sola. Aveva nove anni quando aveva visto per l’ultima volta la madre. Ricordava perfettamente quel giorno, al “Grand Hotel” di Milano. Lei e suo padre erano andati lì per seguire una sfilata della madre, la più importante dell’anno, e lì la madre sarebbe andata ad incontrarli, per cenare tutti assieme.

Aveva stentato a riconoscere la rubiconda madre nell’eterea bellezza che, con passo sicuro, si avvicinava a loro. Due anni prima, quando era andata via, era un’alta donna, leggermente in soprappeso, che di solito indossava jeans e maglietta, entrambi di almeno un paio di taglie più grandi, eternamente sorridente, con i capelli biondo platino, come quelli della figlia, lasciati sciolti e gli occhi azzurro ghiaccio, che sprizzavano energia, mentre la donna che si avvicinava a loro con passo fermo era una pallida silfide, fasciata da un abito argenteo, che sotto la luce dei lampadari brillava di mille riflessi cangianti, con i capelli raccolti in un elegante chignon, la bocca, velata da un sottile filo di rossetto di una tinta fredda di rosa, ridotta ad una rigida fessura e gli occhi, color del ghiaccio, privi di qualsiasi luce, esaltati da un ombretto argenteo ed il mascara.

Lei si era slanciata tra le sue braccia, ma la donna l’aveva ignorata, avvicinandosi al marito e porgendogli la mano, che lui galantemente baciò.

- E’ un piacere rivederti, Maria.

- Bando ai convenevoli, Vincent. Andiamo a cena, così potremo sbrigarci a firmare le carte e renderlo ufficiale.

- Io speravo che avremmo potuto parlare.

- Il tempo delle parole è finito. Ormai non provo più nulla per te. E’ già tanto se ti ho concesso trenta minuti per questa insulsa cena.

- Non vuoi ripensarci?

- No.

- Neppure per Colette? Cosa le dirò?

- La verità- fece lei, gettandole un’occhiata con la coda dell’occhio- Che i suoi genitori non si amano più e che sono davvero troppo impegnata per essere stilista e madre, quindi rinuncio alla patria potesta. Io non ho tempo da perdere con i bambini, neppure se sono figli miei.

- Come puoi dirlo? E’ pur sempre tua figlia!

- Un peso, ecco cosa è. E’ una bambina grassoccia e con le gambe corte. Non voglio più vedermela davanti. Io non ho più una figlia e, quando avrò firmato quelle carte, non avrò neppure più un marito. E, dato che hai perso tutto questo tempo, dammi una penna, così firmiamo. Devo tornare subito dalle mie modelle.

Sul momento non aveva capito cosa stesse accadendo, poi, quando aveva visto la madre andarsene, aveva fatto per rincorrerla, ma la donna, con voce stizzita, guardò la bambina sorridente e disse:

- Colette, tu non sei più mia figlia, adesso. Vattene. Non voglio vederti vicino a me mai più, capito?

A quelle parole, ricordò, era scoppiata a piangere e aveva cercato di abbracciarla, ma una guardia del corpo della donna, impietosita, l’aveva presa in braccio e consegnata al padre, che guardava l’esile figura dell’ormai ex moglie con aria depressa.

A quel punto Colette chiuse di nuovo gli occhi, cadendo nuovamente tra le braccia di Morfeo.

 

Patty fu svegliata da un lieve movimento accanto a sé ed aprì gli occhi. Holly era sveglio e, tentando di non svegliarla, cercava di scendere dal letto.

Patty sorrise al suo capitano e, silenziosa, scese dal letto e lo aiutò a scendere, facendolo quasi gridare per la sorpresa quando la vide apparire davanti a lui, con la mano tesa per aiutarlo a mettersi in piedi.

- Holly, so dove vuoi andare- sussurrò lei, sorridendo.

- Come?

- Ti conosco. E’ tutto pronto.

Gli occhi di Holly brillarono nel vedere la ragazza del suo cuore accucciarsi a terra ed estrarre da sotto il letto un borsone, che si mise a tracolla.

 

Patricia Gatsby 3 Marzo  ore 06:17 AM

 

Crede che non sappia che da quando si è ritrovato in grado di correre come una freccia, la sua voglia di allenarsi è  decuplicata? Ho preparato tutto ieri, in segreto, quando mi credeva addormentata. Ho messo tutto il necessario e adesso è pronto per tornare ad allenarsi. Non è certo il giorno più indicato, ma è anche vero che il tempo scorre veloce e dobbiamo sbrigarci a farlo tornare l’Oliver Hutton di un tempo. Bene, Patty, da oggi torni ad essere la manager del capitano.

 

Oliver Hutton 3 Marzo  ore 06:07 AM

 

Come fa a leggermi dentro così bene? Si aspettava che oggi volessi tornare ad allenarmi ed ha già preparato tutto. Mi sembra di essere tornato ai tempi della New Team, quando lei era sempre al mio fianco, sfacchinando tra il campo e gli spogliatoi ed aspettando sempre che finissi gli allenamenti, soltanto per darmi un asciugamano pulito con cui asciugarmi la fronte. Come avrei fatto senza di lei?

 

- Vogliamo andare?- sussurrò Patty, passando un braccio di Holly sulle sue spalle, per aiutarlo a scendere le scale.

Nonostante l’imbarazzo, accettò l’aiuto offertogli da Patty, assaporando quel dolce momento con tutto il cuore, cosa che anche Patty faceva, e a malincuore, arrivati al piano terra, si separarono.

 

- Sei pronto capitano?- chiese Patty, guardando il suo ragazzo uscire dallo spogliatoio del vecchio campetto comunale, con indosso la sua divisa della New Team, che, a quanto sembrava, gli stava ancora a pennello, cosa di cui si stupì.

Il sorriso sul volto di Patty ebbe l’effetto di fargli capire tutto: doveva essere stata lei a sistemarla per fare in modo che potesse indossarla di nuovo nonostante il tempo passato dall’ultima volta.

Il ragazzo si avvicinò alla ragazza, che indossava un paio di shorts neri, piuttosto attillati, ed una maglietta bianca lunga, che per comodità aveva annodato poco sopra l’ombelico, in modo che fosse larga ma non l’intralciasse nei movimenti. I lunghi capelli scuri erano legati in una coda alta, che poi aveva piegato contro la testa e legato alla base della stessa, riducendo sensibilmente la massa di capelli in movimento, che avrebbero potuto interferire con i suoi movimenti ed infastidire Holly in un probabile scontro di gioco. Sapeva che per far riprendere Holly avrebbe dovuto partecipare attivamente e prontamente al moto del giovane calciatore.

- Patty…- fece Holly, comprendendo solo in quel momento l’utilità del suo abbigliamento molto sportivo.

- Sì, Holly?

- Come mai ti sei vestita… così?

- Per aiutarti. Dovrai superare anche qualche blocco psicologico, dopotutto, e avere un avversario ti aiuterà a superarli.

- Ma io sono… come dire…

- Un campione?- fece lei, con aria scettica.

- In effetti….

- Ma tu devi ricominciare da capo, non dimenticarlo. Devi iniziare con un avversario relativamente facile.

- Cosa vuoi dire con “relativamente facile”?

- Lo vedrai, Oliver Hutton- rispose, con un sorriso sornione che non faceva presagire nulla di buono.

La ragazza prese la palla dal borsone e la lanciò nel campo.

- Vediamo come va il controllo di palla, signor Campione- fece lei, con tono di sfida.

Holly immediatamente si lanciò verso la palla ed iniziò a correre lungo il campo, ma improvvisamente la palla non era più tra i piedi, ma un paio di metri più in là, dove i suoi piedi, fuori allenamento, l’avevano spedita.

- Uhm… dobbiamo fare un mucchio di roba, io e te- fece Patty, recuperando la palla con i piedi e lanciandola verso Holly, che non riuscì ad agganciare non per colpa del lancio della ragazza, piuttosto preciso.

Lo sguardo che Holly rivolse alla ragazza era di puro stupore: non riusciva a credere che Patty potesse aver fatto un passaggio così preciso!

 

Oliver Hutton 3 Marzo ore 06:24 AM

 

Ma… ma è stata proprio Patty a farlo? Ma… ma come ha fatto? Non mi ha mai detto di essere così brava nei passaggi… anzi, non mi aveva mai detto di cavarsela così in campo calcistico! Ma dove ha imparato a farlo?

 

Patricia Gatsby 3 Marzo ore 06:24 AM

 

Poverino! Mi sa che l’ho scioccato! Non immagina minimamente che abbia imparato a giocare proprio guardando giocare lui e gli altri! Se non avessi osservato attentamente i loro movimenti a quest’ora non me la caverei così.

 

- Come mai quella faccia? Vuoi essere l’unico a saper giocare a calcio in questa città? Su, adesso muoviti ed iniziamo con i passaggi tra me e te. Hai ancora molto da recuperare, in quanto a controllo di palla, ed il tempo stringe, per tua sfortuna- fu l’entusiastico incoraggiamento di Patty, che a stento si tratteneva dal ridere alla vista del volto stupito di Holly.

Holly fece come gli era stato detto ed iniziò a fare dei passaggi, molto lenti, tra lui e Patty, sperando con tutto il cuore di potersi riprendere alla svelta il posto di capitano del San Paulo e della Nazionale Giapponese, ma allo stesso tempo domandandosi dove e come Patty avesse imparato a giocare a calcio. Non era certo al suo livello come preparazione, ma, pensò, sarebbe riuscita a saltare un avversario del calibro di Bruce, con un pizzico di fortuna.

- Patty…- fece lui, mentre cominciava a prendere il ritmo dei passaggi- Chi ti ha insegnato a giocare così?

- Come chi mi ha insegnato a giocare? Ma tu, ovviamente- fece lei, tranquilla, senza staccare gli occhi dal giovane.

- Io? Ma… come…

- È bastato osservarti mentre ti allenavi e copiare i tuoi movimenti. Sono stata così tanti pomeriggi a seguirti nei tuoi allenamenti, straordinari e non, che ho cominciato a capire e ricordare i movimenti che facevi. Mi sono allenata ogni giorno, mentre eri in Brasile, e anche mentre stavi male ho continuato a lavorare. Sapevo che saresti tornato il mio Oliver Hutton, il calciomane indefesso e volevo farti una sorpresa- fece lei, abbassando il capo ed arrossendo un po’ mentre pronunciava l’ultima parte, perché si era resa conto di aver esagerato un po’.

- Dici sul serio, Patty?- fece lui, imitando nel colorito delle gote la ragazza che gli stava di fronte.

Lei annuì, continuando a passare la palla, per poi sorridere e tornare a guardare in volto il ragazzo.

- Certo, non sarò mai in grado di fare una rovesciata, ma con la palla a terra non penso di essere poi troppo male. Sai, nessuno sa che io gioco così. Bruce e gli altri mi avrebbero preso in giro, se avessero saputo.

- Mi piacerebbe molto poterti far vedere ciò che ho imparato al San Paulo, invece che certi concetti base- fece lui, rattristato dal fatto che Patty potesse mostrargli i suoi progressi mentre lui no.

- Presto mi potrai far vedere tutto quanto. Tornerai come nuovo ed anche meglio. Te lo giuro Holly. Io starò qui con te fino a quando non sarai di nuovo il campione che sei sempre stato.

Holly guardò la ragazza, stupito. Nei suoi occhi nocciola si vedeva l’ombra delle lacrime ma bruciava anche una forza che lui conosceva sin troppo bene, dimostrata anche dalla sua bocca, ridotta ad una fessura stretta ed i pugni che stringeva con forza.

Per un attimo rivide in lei la piccola Patricia Gatsby, allora undicenne, quella forte ragazzina che andava in giro indossando l’uniforme maschile, che, con aria assassina, guardava gli avversari che osavano fargli fallo, tanto da tentare più volte di scendere in campo per fare giustizia con le sue stesse mani, alla cui immagine si sovrappose una Patty più recente, stavolta quattordicenne, che, tra le lacrime che le portava l’immensa preoccupazione per il suo stato di salute, lottava al suo fianco per farlo tornare in campo nonostante la reticenza del suo medico.

Lentamente, si avvicinò alla ragazza e l’abbracciò con molta tenerezza, lasciando che la ragazza potesse appoggiare il volto contro la sua forte spalla. Sapeva che era uno dei momenti in cui si faceva sommergere nuovamente dal senso di colpa per quel maledetto incidente.

- Io ce la metterò tutta, Patty- sussurrò lui, aspirando con calma il profumo della sua capigliatura mentre l’accarezzava lentamente – Non mollerò mai, hai capito? Ma tu non devi lasciarti andare, mi capisci Patty? Non devi avere più pensieri del genere, capito? Lo sai che cosa penso di questi sensi di colpa.

Sentì Patty singhiozzare sommessamente contro di lui, per alzare di nuovo il volto, passarsi un braccio sul volto per asciugare gli occhi dalle lacrime che non aveva versato e guardarlo con intensità. Sapeva che aveva ragione ed ormai quel discorso lo avevano fatto decine di volte.

- Continuiamo?- sussurrò lei.

Il radioso sorriso del suo Holly e il lasciarla andare rispose al posto della sua voce, così la ragazza recuperò il pallone e ricominciò a fare i passaggi con il ragazzo, con rinnovata energia.

 

Quando Raiden si svegliò notò che Bruce non era al suo fianco ma alla finestra, a fissare con aria assorta il cielo azzurro.

- Qualcosa non va, Bruce?- chiese l’uomo, accomodandosi accanto al ragazzo dai capelli scuri.

- Pensavo a tutta questa situazione, Raiden.

- Cosa intendi dire?

- Che tutti, intorno a me, stanno crescendo, viaggiano, evolvono… mentre io sono fermo dove ero qualche tempo fa. Tom adesso gioca in Italia, è corteggiato da parecchie squadre ed ha una ragazza un po’ matta ma bella come il sole; Benji è considerato uno dei migliori portieri d’Europa ed ha al suo fianco una ragazza delicata e a modo, di cui è più geloso della sua stessa vita; Roberto è tornato dal Brasile ed allenerà la New Team; Julian e Philip hanno trovato lavoro e le ragazze che sempre li hanno affiancati non li hanno abbandonati; per non dimenticare Patty e Holly… loro in un anno hanno visto la vita capovolgersi completamente. Come è possibile che io non riesca ad evolvere come loro? Io ancora dipendo dai miei genitori.

- Non dire così, Bruce. Tu stai cercando di entrare in una squadra di calcio e questo significa che desideri lavorare. Per il resto, ossia il campo sentimentale, non dovresti farti certi problemi. Quando sarà il momento troverai chi ti starà a fianco per la vita.

Bruce guardò l’uomo saggio che gli stava a fianco e pensò anche al dolore che poteva covare sotto il sorriso radioso che mostrava. Figlio e nuora morti in un incidente stradale, una nipotina caduta in mare ed una moglie morta di dolore soltanto due settimane dopo, ed ora solo al mondo. Provò improvvisamente un moto di grande affetto per quell’uomo, quasi fosse una specie di nonno, e l’abbracciò con forza, come non aveva mai potuto fare con suo nonno, morto prima che lui nascesse.

Non una parola fu pronunciata mentre quell’abbraccio sanciva lo stringersi di un legame sempre più forte tra i due,  che fino a qualche giorno prima non si erano neppure mai visti ed ora si trovavano a vivere una realtà drammatica non loro.

 

Il pallone da calcio sfrecciò piuttosto rapido in direzione del palo alla destra della ragazza e Patty, lesta, si gettò per tentare di fermarne la corsa. Non era certamente uno dei migliori tiri di Holly, dato che era palese che sarebbe finita fuori, ma in quanto ad energia non era scarso come la ragazza si aspettava da qualcuno che non calciava più una palla da diversi mesi ed aveva subito un intervento di ricostruzione quasi totale dell’ossatura dell’intera gamba sinistra.

Holly la vide letteralmente volare in direzione della palla, rapida ed aggraziata come una pantera, e deviarne la traiettoria con un pugno, per poi ruzzolare a terra, finendo a pancia in giù sul prato.

Holly immediatamente le fu accanto, preoccupato per le sue condizioni, ma lei, senza scomporsi, si sedette, spazzò via terra ed erba dai vestiti e, accettando l’aiuto della mano tesa di Holly, si rimise in piedi.

- Holly, sei stato grandioso!- esclamò lei, donandogli un immenso sorriso mentre, troppo euforica per trattenersi, gli gettava le braccia al collo- Non mi aspettavo che ancora avessi un tiro del genere! Se già va così bene la potenza, sono certa che anche il controllo tornerà quello di un tempo.

 

Oliver Hutton 3 Marzo ore 07:25 AM

 

Il suo sorriso… come ho fatto a sopravvivere senza vederlo per più di tre mesi? Come ho fatto senza di lei in quel periodo? E’ così dolce… e bella. Quando sorride è come se l’aria intorno s’illuminasse ed i suoi occhi divenissero luce pura, in grado di donarmi nuova forza.

 

Guidato dal puro istinto, Holly le passò le braccia attorno alla vita e pose le sue labbra su quelle della ragazza con estrema dolcezza, quasi volesse ringraziarla con quel gesto per tutto ciò che lei aveva fatto per lui.

- Come mai tutto questo?- sussurrò lei, sorridendo.

- Ti amo. Basta per giustificarmi?

- Penso di sì, ma non dobbiamo battere la fiacca, per cui lasciamo le coccole per stasera e torniamo ad allenarci, ok?

La luce che i suoi occhi emanavano era troppo forte perché Holly avesse la forza di opporsi al suo volere, così prese la palla e tornò sul dischetto del rigore, pronto a lanciare nuovamente la palla alla ragazza tra i pali.

 

Quando Benji si svegliò per poco non ebbe un colpo apoplettico. Colette dormiva ancora in braccio a lui, con la testa appoggiata alla sua spalla, raggomitolata in posizione fetale. Ciò che lo fece sobbalzare fu una lacrima rimasta intrappolata in un ciglio e il fatto che fosse così contratta, come se cercasse un po’ di calore da quel contatto.

 

Benjamin Price 3 Marzo  ore 07:12 AM

 

Cosa succede? Perché Colette sembra così triste? Cosa può averla ferita? E’ imbarazzata dal fatto di essere qui come turista? No, non penso. Certo, non era spigliata come con Tom e Martina, ma sembrava trovarsi bene con loro. Che sia qualche sogno che l’ha fatta soffrire? Un incubo?

 

Con fare affettuoso, abbandonò la testa in direzione della sua ed abbracciò la tedesca, che a quel contatto sembrò rilassarsi, sorridendo e accoccolandosi ancora di più contro di lui, si spostò verso di lui. Fu durante questo movimento che le sue labbra sfiorarono inavvertitamente ed in modo a malapena percettibile quelle di Benji, che immediatamente smise di respirare al contatto. Sentiva mozzarsi il respiro in gola ed il cuore, all’improvviso, aveva iniziato a battere talmente forte che sembrava sul punto di esplodere.

Mai in vita sua aveva provato un’emozione del genere, men che meno a causa di un semplice tocco di labbra sulle sue! Fin troppe volte le fan gli erano saltate addosso per baciarlo o anche andare oltre, ma nessuna era riuscita a suscitare emozioni tanto forti in lui come Colette in quel momento. Era stato qualcosa di estremamente coinvolgente, la sensazione più intensa dei suoi diciassette anni di vita, e gli era stata donata proprio da quella ragazza, la più tranquilla e pacata che conoscesse, con il gesto più innocente di questo mondo.

I suoi occhi si posarono su quella figura esile, sulla ragazza dai capelli chiari e con occhi simili al mercurio, al momento celati dalle palpebre. Ricordava ancora la prima volta che l’aveva vista, al suo arrivo al campo della società.

Lunghissimi capelli biondi, tenuti stretti in una lunga coda che ricadeva sulla spalla sinistra, ed aria un po’ spaurita, stava seduta su una panchina accanto ad una limousine e, probabilmente, attendeva il padre.

Stava scrutando con i suoi grandi occhi tutto ciò che la circondava, quando si era soffermata sul giovane giapponese che stava ricambiando il suo sguardo, incuriosito da tutto ciò che lo circondava.

Lui aveva salutato toccando la tesa del cappello, poi era stato chiamato da Freddy ed era andato da lui, che voleva presentarlo all’allenatore.

Improvvisamente, vide le palpebre della ragazza iniziare a sollevarsi, sino a quando gli occhi di Colette, spalancati, incrociarono i suoi, mentre un sorriso faceva capolino sul suo volto pallido.

- Buongiorno Benji.

- Buongiorno Colette. Dormito bene?

- Sì, soprattutto grazie a te. Sei stato davvero molto gentile. Tu non sarai riuscito a chiudere occhio, immagino.

- Affatto. Sei talmente leggera che non ti sentivo neppure. Vogliamo alzarci?

- Sì.

I due rimasero fermi, in attesa.

- Hai ripensato?- chiese Benji, sorridendo.

- No.

- E allora come mai non ti alzi?

- Magari se mi lasci andare… -rispose lei, ridendo nervosamente.

 

Colette Montgomery/ Beniamine Price

3 Marzo  ore 07:21 AM

 

Che imbarazzo! Questa non me la potevo risparmiare?

 

Solo in quell’istante il giovane si accorse di stringere ancora a se la giovane e, arrossendo, la lasciò andare.

In quel momento anche le due rimanenti coppiette ripresero vita, stiracchiandosi e sbadigliando rumorosamente.

 

Steso sul campo di calcio, con le braccia sotto la testa e gli occhi chiusi, Oliver Hutton si stava riposando dopo le fatiche dell’allenamento mattutino, concentrandosi sul fresco venticello che spirava sulla città, il profumo dell’erba ed i giochi di luce che il sole faceva sulle sue palpebre.

Era a dir poco stanco, dopo tutto ciò che i due avevano fatto quella mattina: prima i passaggi, che erano andati piuttosto male; poi i tiri che, nonostante l’imprecisione, sembravano essere ancora piuttosto potenti.

Ma ciò che l’aveva stancato di più era stata la sorpresa di trovarsi a fare quei passaggi con Patty ed  affrontarla come portiere, soprattutto quando aveva visto un paio di parate piuttosto buone.

 

Oliver Hutton 3 Marzo  ore 08:01 AM

 

Accidenti… non mi sarei mai immaginato che Patty fosse in grado di giocare. Sì, in questi anni l’ho davvero sottovalutata in campo sportivo. Mai mi sarei immaginato che lei fosse in grado di giocare contro di me e parare un paio di tiri. Non erano i miei tiri migliori, ma accidenti, non erano neppure così scarsi. Ha delle capacità nascoste che non mi sarei mai immaginato. Non mi aveva mai parlato di queste sue capacità. Mai. Magari perché sapeva che avrei finito la carriera, a partire da ottobre… ma perché prima non mi ha mai rivelato tutto questo? Cosa l’ha spinta a nascondermelo? Che si vergognasse di questo? E se è così, perché?

 

I suoi pensieri furono interrotti dal contatto di qualcosa di freddo contro la sua calda fronte sudata. Immediatamente aprì gli occhi, trovandosi ad incontrare quelli della ragazza, che sorrideva.

Con calma, si mise a sedere accanto a lui e posò sul suo stomaco un involto piuttosto leggero ma discretamente voluminoso, mentre al suo fianco deponeva due bottiglie d’acqua ed un paio di lattine di limonata.

- Polpette di riso. Le ho preparate ieri sera- spiegò Patty al ragazzo che, incuriosito, la guardava.

- Ma…

- Dormivate tutti. Ne ho preparate anche per la colazione degli altri, non preoccuparti Holly. Queste sono tutte per me e per te.

Holly si sedette, si stiracchiò con calma ed infine aprì l’involto, dove trovò  una dozzina di polpette.

- Devi rimetterti in forze, per tornare un campione- spiegò lei, vedendo l’espressione famelica di Holly, che già pregustava  la colazione che la sua ragazza gli aveva preparato - Non so se ho esagerato, ma ho pensato che potessi avere molta fame, dato che non sei più troppo allenato.

Mise tra se e la ragazza la colazione ed iniziarono a banchettare, sbafandosi tutto ciò che la ragazza aveva portato.

Alla fine del pasto, Patty guardò Holly, notando il riso che gli era rimasto incollato al volto.

Svelta, gli passò una salvietta sul volto, pulendolo dal cibo che lui aveva fagocitato con tanta fretta, poi balzò in piedi ed andò a gettare via l’immondizia, mentre lui, ripresosi dalla sorpresa, si alzò in piedi e recuperò il pallone.

 

Tutti attorno al tavolo della cucina, gli ospiti di Holly e Patty gustavano l’abbondante quantità di polpette di riso che la padrona di casa aveva gentilmente preparato per la loro colazione.

Colette sedeva tra Amy e Jenny, proprio di fronte al portiere, che però sembrava piuttosto restio anche solo a guardarla, quasi fosse arrabbiato con lei per un qualche motivo a lei oscuro.

Dal canto suo, Benjamin Price non riusciva a guardare la giovane tedesca, sia per la figura fatta poco prima che per le emozioni che la presenza di Colette suscitava in lui, dopo quell’involontario contatto.

 

Colette Montgomery 3 Marzo  ore 08:06 AM

 

Ma cosa gli prende, stamattina? Che sia stata la figuraccia di prima a farlo inquietare? Mi sembra un po’ eccessivo, il suo torcersi le mani, per essere soltanto un fatto di imbarazzo per una battuta. Ho forse fatto qualcosa di male che l’ha fatto inquietare? Se è così, sarebbe più corretto dirmelo, invece che continuare ad evitare di guardarmi e sembrare un’anima in pena. Ma non devo prendermela. Certamente se non mi guarda devo aver fatto qualcosa, e di conseguenza il suo modo di fare è colpa mia, e non sua. Penso che cercherò di spiegarmi, più tardi.

 

Benjamin Price 3 Marzo  ore 08:07 AM

 

Mi sento un emerito cretino. Perché non riesco più a guardarla in faccia? Insomma, è stata lei a baciarmi. Se quello si potesse chiamare bacio, naturalmente. E’ stato un incidente, devo stamparmelo in mente. IN-CI-DEN-TE. Un semplice, innocuo ed innocente incidente, nulla di più. Quello non era nulla… beh, tanto nulla no, se mi ha fatto quell’effetto. Ma non era niente in senso fisico…oh! Mi fa male alla testa pensare troppo! Come faccio? Cosa faccio? Cosa… ah!

 

La gomitata che Bruce gli rifilò tra le costole fece tornare finalmente Benjamin Price sulla terra, scoprendo che Roberto stava uscendo fuori dalla stanza di gran carriera, mentre tutti gli altri si erano affacciati alla finestra, per osservare qualcosa che, a quanto pareva, aveva attratto la loro attenzione.

 

Silenziosi come due gatti, Martina e Tom tentarono si scendere dal tetto usando la grondaia come scala, sperando di non fare troppa confusione. Sfortuna volle che all’altezza della finestra del primo piano, Martina, che scendeva per seconda, scivolasse e si aggrappasse alla schiena di Tom, facendo così perdere l’equilibrio anche a lui. La coppia capitombolò, per loro fortuna, in un cespuglio, ma il baccano causato dalla loro disavventura non passò inosservata.

In meno di dieci secondi le teste di Colette, Benji, Bruce, Raiden, Amy, Jenny, Philip e Julian erano apparse alla finestra e un paio di secondi dopo un Roberto Sedinho in versione “massiccio e incazzato” era di fronte a loro e li guardava con l’aria di chi volesse fulminarli con lo sguardo.

Martina sfoderò il suo sorriso più innocente, nel vano tentativo di far svanire la rabbia che ribolliva nelle vene dell’allenatore, ma non riuscì a variare l’aria omicida dipinta sul volto del brasiliano.

- DOVE SIETE STATI FINO AD ORA, RAZZA DI SCRITERIATI?- tuonò l’uomo, facendo rabbrividire anche la coraggiosa Martina, che si fece piccola piccola nel cespuglio, nel vano tentativo di svanire sotto quelle fronde o, magari, sotto il terriccio umido che le stava gelando il fondoschiena. Lo stesso valeva per lo spaurito Tom, che le era seduto accanto.

Martina, timidamente, indicò il tetto e la grondaia, leggermente danneggiata, che ancora dondolava per la loro bravata, poi si spinse verso il muro, cosciente che Roberto sarebbe diventato ancora più furioso di quanto già non lo fosse in quel momento.

Quando lo sguardo del brasiliano tornò su i due malcapitati sembrava essere appena uscito dal carnevale cinese: i capelli scarmigliati; la bocca aperta, ferma in una specie di smorfia ferina; gli occhiali per terra, lasciando così perfettamente visibili i suoi occhi, con grandi pupille dilatate e iniettati di sangue; tutti i muscoli di volto e collo contratti ed una suono gorgogliante e gutturale che saliva lento ma costante dalla sua gola, quasi fosse una pentola a pressione con la valvola otturata, pronta ad esplodere.

Tutti i presenti si portarono le mani alle orecchie, sperando di non subire danni permanenti all’udito per le imminenti grida di Roberto.

 

Fu Alan Crocker a notarli. Stava facendo una corsa e si trovava proprio accanto al campo di calcio comunale. Non aveva fretta, così si fermò per un istante a guadare quel vecchio campo, sede di vecchi ricordi e luogo in cui per la prima volta aveva incontrato Oliver Hutton, entusiasta undicenne che aveva sfidato Benjamin Price per il dominio di quel rettangolo di terra.

La sua sorpresa fu immensa, quando vide Oliver in campo, con la sua vecchia divisa, calciare la palla in direzione di una ragazza tra i pali, che sembrava essere piuttosto brava in quel ruolo. Dovette avvicinarsi per riconoscere una grintosa Patty in tenuta sportiva nel portiere che stava affrontando l’ormai ex stella del San Paulo.

- Ehilà, guarda chi c’è! Ciao Alan!- esclamò Patty, salutando con la mano l’allibito ex portiere della New Team, che passava ripetutamente, con lo sguardo, da Holly a Patty e viceversa, sconvolto.

- Ciao Alan! Come stai? C’è per caso qualcosa che non va?- chiese il giovane dai capelli corvini, notando lo stupore del portiere.

- Holly, ma tu stai… giocando!- sussurrò lui, di rimando.

- E’ questo che ti stupisce, Alan?- chiese la sua lei, sorridendo amabilmente al vecchio compagno.

- Sì, dato che sono mesi che dicono che lui non mai più giocare a calcio ed invece, per quanto ho visto, non mi sembra affatto vero.

- E’ una lunga storia, Alan- rispose Patty, asciugandosi in sudore con una mano e sbuffando, piuttosto affaticata- Alan, che ne dici di aiutare Holly con i tiri in porta, per un po’? Sai, sono leggermente stanca e fuori allenamento.

- Fuori allenamento non lo sembravi proprio, Patty, ma ti sostituisco volentieri tra i pali. Voglio vedere se riesco a parare qualcuno di quei tiri. Ai vecchi tempi non ci riuscivo quasi mai.

Patty, sollevata, si sedette sulla panchina, luogo che le era molto più congeniale che il campo, ed osservò i due giovani allenarsi, come se i vecchi tempi fossero tornati e la New Team si preparasse al campionato nazionale.

Quel ricordo fece riaffiorare nella mente di Patty un nuovo pensiero, il ricordo di due delle prime pagine di qualche mese prima. La prima annunciava la fine della carriera di Oliver Hutton, mentre la seconda l’ennesima scomparsa di quella persona che veniva definito da molti giornalisti “la prima donna del calcio giovanile giapponese” ossia quella di Mark Lenders, svanito nel nulla qualche giorno dopo l’annuncio della fine della carriera agonistica di Holly.

 

Patricia Gatsby 3 Marzo ore 08:27 AM

 

Chissà dove sarà adesso Mark… nessuno ha più saputo nulla e se fosse tornato la notizia sarebbe su tutti i giornali. Chissà come mai è scappato… Che sia per Holly? No, poco probabile. Uno come lui non si lascerebbe mai scoraggiare da una cosa del genere… o forse sì? Possibile? Certo che è svanito qualche giorno dopo l’annuncio di Holly, quindi collima almeno sul piano temporale…

 

I suoi pensieri furono interrotti da un grido di pura gioia emesso da Holly, che stava correndo nella sua direzione.

Patty fece a malapena in tempo a notare Alan, che giaceva supino sull’erba ed il pallone che giaceva all’interno della porta, prima che lui la sollevasse dalla panchina e si mettesse a piroettare con lei in braccio, con gli occhi bagnati dalle lacrime e un radioso sorriso dipinto sul volto.

Patty non potè fare a meno di sorridere, felice per la sua gioia. Aveva atteso talmente tanto per vedere di nuovo Holly mandare quella sfera in porta… certo, sapeva che doveva trattarsi di un caso fortuito, ma almeno adesso lui aveva uno stimolo in più per andare avanti, per guarire dal dolore che presto avrebbero di nuovo dovuto affrontare. Un dolore che presto avrebbe preso la forma di quattro bare coperte dalla bandiera giapponese.

Improvvisamente caddero sull’erba, ma non importava. Volevano soltanto ridere e gioire di quel momento, rotolando sull’erba.

 

- Come sarebbe a dire spariti?- sbraitò Roberto, mentre un terrorizzato Bruce, a testa china, attendeva la morte.

Dopo la gran lavata di capo di Tom e Martina, i ragazzi avevano setacciato l’intera casa alla ricerca di Patty e Holly, ma era stato tutto vano. Dei due, all’interno della casa e nel giardino, non ve n’era traccia.

Avevano deciso di tirare a sorte chi avrebbe comunicato la notizia all’allenatore e il caso aveva voluto che fosse Bruce l’agnello sacrificale che avrebbe affrontato l’ira funesta dell’uomo.

- No, Roberto. Non si trovano da nessuna parte- confermò Raiden, frapponendosi nel frattempo tra l’uomo ed il ragazzo, quasi volesse difenderlo da un possibile attacco di furia del brasiliano.

- Forza, muoviamoci. Dobbiamo cercarli- fece lui, voltando le spalle all’intero gruppo di giovani, che lo guardavano incuriositi.

 

Roberto Sedino 3 Marzo  08:22 AM

 

Accidenti a loro! Ma perché questi ragazzi vogliono proprio farmi impazzire! Prima quei due funamboli sul tetto, che se avessero avuto più sfortuna si sarebbero potuti rompere l’osso del collo, ed ora Patty e Holly che svaniscono nel nulla. Speriamo solo che non ci sia qualche giornalista sciacallo a dargli fastidio. Certo che con la lezioncina data da Raiden a quel tizio, è assai improbabile che qualcuno li infastidisca di nuovo. Speriamo per il meglio…

 

Colette guardò gli altri con aria interrogativa, imitata contemporaneamente da Martina. Nessuna delle due aveva capito una parola, essendo stata l’intera discussione pronunciata in perfetto giapponese, soprattutto non avevano compreso cosa Raiden, con voce calma, avesse detto al brasiliano.

Martina, timidamente, tirò una manica di Tom e fece un gesto che stava a significare che non aveva capito nulla del discorso dell’uomo.

- A quanto sembra Raiden riesce ad evitare le sue furie- sussurrò Tom alla ragazza, azzittendosi non appena l’uomo aveva voltato lo sguardo verso il gruppo.

 

Il gruppo stava camminando lungo la strada che portava alla loro scuola. Ormai erano giunti all’ultimo anno di frequenza delle scuole superiori e volevano andare a controllare come se la cavassero i componenti della squadra delle medie. La loro era solamente curiosità, dato che da quando Holly se n’era andato la squadra si era al massimo qualificata per la fase finale ma senza mai superare il primo incontro. C’erano troppe squadre con migliori giocatori che competevano contro di loro, prima fra tutte quella della Toho School, rinomata per il suo club di calcio.

Erano passati da un po’ i tempi della coppia d’oro Hutton-Becker e della “saracinesca” Price, e dovevano ammettere di provare molta nostalgia di quei tempi. Dopo l’incidente occorso a Holly, inoltre, avevano abbandonato la squadra delle superiori e continuato a giocare da soli, ma senza entusiasmo, solo per tenersi in forma.

Fatto sta che, mentre transitavano lì accanto, videro Alan Crocker steso tra i pali e un groviglio di braccia e gambe carambolare sull’erba.

- Ehilà Alan!- salutò Bob Denver, scendendo la scalinata dietro alla porta, seguito a ruota dagli altri amici.

- Ciao ragazzi! Avete visto?

- Cosa?- chiese Paul Diamond.

- Il gol!

- Sì, quel tizio ti ha fatto gol. E con ciò? Se non ci fosse stato Bob ne avresti prese a carrellate anche durante l’ultimo campionato delle scuole medie- fece Ted Carter, ridendo e trascinando con sé anche gli altri.

- Tu al posto degli occhi hai le fette di prosciutto, Ted? Anche se adesso si sta rotolando sull’erba con Patty, quello è Holly!

Gli occhi di tutti volarono ai due ragazzi che, finalmente, si erano accorti di essere osservati e si erano rialzati.

Un boato di pura gioia invase l’aria circostante, tanto da attirare l’attenzione di un altro gruppo di persone, che stavano iniziando a setacciare la città appunto per rintracciare quei due giovani.

- Holly! Patty! Ecco dove eravate andati a cacciarvi!- ruggì Roberto, gettandosi a rotta di collo verso il campo, mentre gli altri lo seguivano con maggior calma ed usufruendo di una scalinata.

- Roberto!- gridò il giovane, praticamente volando tra le braccia del suo tutore a dir poco furibondo- Ce l’ho fatta Roberto! Ce l’ho fatta!

 

Oliver Hutton 3 Marzo ore 08:32 AM

 

Io… non posso fare a meno di piangere! So che dovrei ridere, ma non riesco ad esprimere al meglio i miei sentimenti se non adesso. Tutti questi mesi… tutti i dolori… tutte le sciagure… e adesso mi sembra tutto risolto. O, almeno, mi sembra tutto diverso, mi appare tutto sotto un’ottica diversa, come se fosse importante solo quella sfera andata in rete quasi per caso. Sono forse egoista pensando solo a quel pallone? Non mi sento così, eppure mi sembra di esserlo… eppure il calcio è importante. Sento che è importantissimo, vitale. Lo è sempre stato ed ora sotto un certo aspetto è ridimensionato… eppure sento ancora questo attaccamento al pallone, come se lui fosse il mondo, quando si trova tra i miei piedi. Il pallone…Patty… il mio lutto… l’incidente… quanto è cambiata la mia vita in quest’anno! Come sono cambiato anche io, interiormente e nella mia visione delle persone! Patty mi è sempre sembrata fortissima, eppure non lo è. Per quel maledetto senso di colpa… se solo penso che due settimane fa avrei potuto perderla… cosa ne sarebbe stato di me, se fossi andato a trovarla il quindici? O, addirittura, se le avessi riferito la notizia il giorno dell’incidente? Cosa ne sarebbe stato di me se la mia Patty fosse morta quel giorno di San Valentino? Sarei riuscito a tornare dal pallone? Sarei sopravvissuto a questi molteplici dolori concentrati in un unico giorno? Eppure il pallone resta importante… la mia ottica è così confusa… tutto è importante, lo so, ma a cosa dovrei dare la priorità? Al mio dolore? No, a questo no, perché Patty ha bisogno di me. Al pallone? Lui deve comunque avere una parte importante, se no come potrei mantenere anche Patty… oh, quanto sono sciocco. La mia priorità è Patty, di sicuro. Tutto ciò che faccio è in relazione a lei. E’ lei la mia priorità ed il mio amore più grande. Persino il calcio è passato in secondo piano, ricordi Holly? Per lei anche il tuo migliore amico, il pallone, poteva andare a farsi fottere. L’importante era Patty, che potesse sorriderti di nuovo, che gioisse con te, che stesse bene, anche a rischio di ogni tuo avere, anche a rischio della tua stessa vita. Non importavano le conseguenze. L’importante era che Patty stesse bene. Ecco la mia gioia più grande. Io vivo per lei e la mia gioia non è solo scaturita dal fatto che abbia segnato, ma che sia stato grazie al suo aiuto che sono tornato sul campo, che soltanto grazie alle sue trovate geniali che io ho scoperto di poter guarire e tornare a giocare. Le devo molto, per questo, e devo dimostrarle tutta la mia gratitudine per essere sempre stata con me, da quando sono arrivato a Fujisawa e durante quei mesi all’ospedale. Quanto devo al mio angelo. Quanta gratitudine e gioia è presente nel mio cuore, in questo momento. Patricia Gatsby, cosa avrei fatto senza di te? Se non ti avessi mai conosciuta, come sarebbe andata la mia vita? Sarei stato già un campione a livello internazionale? Oppure sarei rimasto qui, in Giappone, fenomeno incompreso? Se sono qui è grazie a lei e a tutti coloro che mi hanno aiutato e sostenuto in questi anni, in primis Roberto, che mi ha portato con lui in Brasile come promesso… chissà come starà Pepè, a proposito? Sono mesi che non so come stia e come vadano le cose laggiù. Certo che anche io, a parte con Tom, ho tranciato i ponti. Ogni mio amico mi ricordava troppo qualcosa che pensavo di aver perso per sempre e che ho potuto ritrovare solo grazie a lei, la ragazza che amo. Adesso, per tutti quelli che mi vogliono bene, ed in particolar modo per Patty, devo tornare l’Oliver Hutton campione. Devo, per pagare il mio debito nei suoi confronti.

 

Roberto fissò il suo piangente pupillo, non capendo che cosa fosse preso ad Holly per piangere in quel modo. Che fossero lacrime di gioia l’aveva intuito, ma non gli sembrava del tutto normale piangere in quel modo.

- Holly, cos’hai?- chiese, calmato dalle lacrime.

- Roberto… ce l’ho fatta. Lo vedi? Vedi quel pallone? L’ho tirato io. Sono stato io a fare gol. Ho superato Alan!- singhiozzò il campioncino, sbalordendo l’allenatore, a cui per lo stupore perse gli occhiali, che caddero a terra, mentre il suo volto perdeva rapidamente colore.

- Tu…- fece lui, sgranando gli occhi, mentre si chinava a raccogliere gli occhiali, sperando con quel gesto di calmarsi almeno un po’, dato che, si rese conto, stava addirittura tremando e piangendo per l’emozione.

- Cosa gli prende adesso?- chiese Bruce a Ted, che sembrava emozionato quanto l’ex giocatore carioca.

- Holly ha fatto gol- rispose Alan, che era il più calmo del gruppo, essendosi già ripreso dallo shock iniziale del vedere Holly giocare.

- Holly… che cosa?- fece Bruce, fissando sbigottito la scena tra il campione in erba, aggrappato al collo del carioca che recuperava gli occhiali dall’erba nel tentativo di non mostrare la sua emozione.

Gli altri, sbigottiti quanto Bruce, fissavano le due figure avvinte e una terza, poco discosta, che indossava abiti sportivi e non aveva paura di essere commossa per la bellezza di quella scena di gioia.

 

Patricia Gatsby 3 Marzo  ore 08:32 AM

 

E’ strano… mi sento come se il tempo si fosse fermato. Qui, tra di noi, si è formata una specie di bolla temporale in cui nessuno può penetrare. Un luogo in cui ha importanza unicamente il presente, un presente di gioia e felicità, dove ha solo importanza la gioia straripante di un gruppo di amici per il ritorno alla vita di un altro, per vedere che l’inizio del ritorno è diventato presente e che presto sarà completato questo ritorno. Se solo questo istante potesse durare in eterno… Se solo la nostra realtà non fosse così oscura… se solo.. se solo… quanti se esistono… se solo non fossi stata così imprudente, quel giorno… se solo non avessi confessato tutto a Holly credendolo svenuto… se solo lui non mi avesse salvato la vita… se solo lui non mi avesse baciato… se solo io non l’avessi mai conosciuto… se solo quell’aereo non fosse mai andato a schiantarsi… se… se… soltanto se… la realtà ne è dominata, eppure non contano mai quanto una realtà, un’affermazione, una tangibile prova di una concreta concezione… quante domande… quante risposte mai ottenute… quante possibili vite…

 

Roberto, ricompostosi, fece cenno al suo ex allievo di andare dai suoi compagni a festeggiare questo evento, mentre lui, alla chetichella, si avvicinò a Patty e le fece cenno di seguirlo negli spogliatoi.

 

- Ti ringrazio, Patricia Gatsby- sussurrò Roberto, appena Patty ebbe chiuso alle sue spalle la porta metallica – Non so come tu abbia fatto, ma l’hai fatto nascere una seconda volta. Ti devo molto.

La giovane arrossì, sentendo quelle parole. Non avrebbe mai immaginato certe parole dette nei suoi confronti.

- Patty, ascolta bene ciò che ti dico, perché è molto importante. Hai visto bene come gioca Holly?

- Certamente.

- Come ti sembra?

- Il controllo di palla è un po’ carente, ma è normale dopo un intervento del genere e con i muscoli fuori forma, ma la potenza non è affatto male.

- Ce la può fare per i mondiali?

- Lui vorrebbe farcela.

- Tu come la pensi?

- Ce la può fare. Ha un anno per tornare in forma perfetta e ce la farà di sicuro, Roberto. Ne sono certa.

- Dovrà allenarsi molto?

- Per ora no. Non deve strafare, o rischia un infortunio muscolare.

- Ma ce la farà, giusto?

- Roberto, parla chiaro. Ho capito che punti a qualcosa, quindi sputa il rospo e smettila di girarci intorno.

- Posso annunciarlo alla stampa?

- Certo che no! Holly ha già avuto troppa pubblicità in questo periodo. Almeno secondo me, non dovresti farlo.

- Holly sarà d’accordo?

- Non voglio che abbia pressioni. Se esagera potrebbe rischiare, capisci?

- Allora… niente stampa.

- Chiedi a Holly qual è la sua opinione, se proprio vuoi una fonte certa, ma credo che sarà d’accordo con me sul fatto di evitare la stampa, almeno finché sarà possibile. Già sarà una baraonda durante i funerali, se poi scoprissero che Holly Hutton è tornato a giocare a calcio… hai già provato sulla tua pelle l’impatto che potrebbe avere sul pubblico una cosa del genere.

- Sì, ma…

- Niente ma, Roberto. Holly non ha bisogno di altra pubblicità. Dagli tempo di migliorare e fai passare questo brutto momento, poi potrai anche noleggiare un aereo e scriverlo in cielo, se vorrai. Ma ora non puoi, Roberto, capisci?

- Scusami, ma… sono davvero felice.

- Anche io lo sono.

- Lo immagino. Ma… come hai fatto?

- Scusa tanto, ma ieri ti abbiamo raccontato quello che è successo, no?

- Sì, ma così presto…

- Era inaspettato, lo so. Persino io mi stupisco che abbia segnato già dopo il primo allenamento, ma in fondo è di Holly che stiamo parlando, no? Lui è sempre stato un fenomeno del calcio.

- I progressi saranno così costanti?

- Certo che no, purtroppo, ma sa anche lui che quello di stamattina è stato soltanto un caso, non preoccuparti. Certo, la pazienza non è mai stata una delle sue doti, ma riuscirà a superare anche questo.

- Dico per l’ennesima volta che lui è un ragazzo davvero fortunato, ad avere al suo fianco una ragazza come te.

Patty sorrise all’uomo, poi, insieme, tornarono al campo di calcio, dove Holly li attendeva assieme a tutti gli altri, seduto sull’erba.

- Ehi, dove eravate andati a cacciarvi?- chiese non appena i due si accomodarono accanto a lui.

- Roberto doveva chiedermi un parere.

- Su cosa, Roberto?

- Il fatto di avvertire i mass media di questo tuo ritorno, Holly.

- Come mai l’hai chiesto a lei prima che a me?

- Perché è lei che è la responsabile del tuo completo ritorno in campo e volevo sapere qualcosa su quanto ci metterai e come i mass media avrebbero potuto influenzare il tuo recupero.

- E tu cosa hai detto, Patty?

- Che sono assolutamente contraria a questo, ma che la scelta finale doveva essere tua. In fondo, è il tuo, di ritorno, ed io non ho potere decisionale su questo argomento- rispose la giovane, con calma.

- Quindi pensi che possa essere dannoso.

- Sì.

- Va bene anche a me, la tua decisione, Patty. Fai sempre tutto per il mio bene. Mi fido della tua decisione.

- Tu avresti voluto annunciarlo, Holly?

- Conoscendolo, vorrebbe gridarlo ai quattro venti!- intervenne Benji, ridendo, mentre Holly si grattava la testa, imbarazzato.

- Mi pare naturale, no?- intervenne Martina – Insomma, anche io farei lo stesso.

- Ma tu sei un caso diverso- intervenne Tom – Sei spesso molto plateale, mentre il nostro Holly…

- Parla Mr. Maglia “Ti-Amo-Megafono-Umano-ma-grida-un-po’-più-piano-o-ci-spaccherai-i timpani!”. Quello non era plateale, vero Thomas Becker?- fece lei, con aria piccata e nel contempo compiaciuta.

- Ma quella mica l’ho preparata io!

- Ma in compenso l’hai indossata e mostrata ad uno stadio gremito.

- Mi hanno costretto! Non avevo scelta!

- C’è sempre una scelta, Tom- fece lei, seria.

- Ehi, ragazzi, calma…- fece Bruce, tentando di smorzare la tensione, ma Benji lo fermò ed gli sussurrò ad un orecchio:

- Aspetta un paio di altre battute a testa e vedrai.

- Tom, allora? Rispondi! La volevi indossare oppure no? Desideravi davvero dirmi quelle parole?

- Certo che volevo! A parte quella parte del megafono umano e dello spaccare i timpani, naturalmente.

- Allora che male c’era nella maglietta?

- Nessuno. Però avrei voluto dirtelo in modo più romantico, tutto qui…- rispose lui, arrossendo, mentre lei sorrideva dolcemente, felice per quelle parole.

- Scommessa vinta, Bruce- disse Benji, ridacchiando mentre guardava lo sbigottito Harper che fissava con gli occhi fuori dalle orbite il sorriso della ragazza dai capelli di fiamma e la dolcezza con cui accarezzava la guancia del suo ragazzo.

 

Benjamin Price 03 Marzo  ore 08:44 AM

 

Accidentaccio però! Ogni volta che la vedo in teneri atteggiamenti con lui mi sale il sangue alla testa. Possibile che sia così geloso e che quella matta mi piaccia? Certo, fisicamente non è male, ma in quanto a carattere… invece Colette è così bella e dolce, così calma e delicata… e poi, quello… come può avere una tale importanza per me un semplice bacio, per di più casuale e involontario… Ma è stato così coinvolgente… oh, Colette o Martina? Martina o Colette? Distruggere la mia amicizia con Tom per una ragazza bella ma psicopatica oppure distruggere la mia amicizia con Colette? E se lei ricambiasse? Ma cosa sto pensando! Colette non ha in mente certe cose, poco ma sicuro. Ma come faccio a saperlo? E se sbagliassi? E se lei fosse innamorata di qualcun altro? Certo, non me l’ha rivelato, ma mica sono il suo padre confessore! Non è costretta a dirmi tutto. Oh, ma perché mi trovo in una situazione del genere! Prima di partire per l’Italia pensavo a Colette come una dolce sorellina da proteggere, ma adesso… possibile che in una manciata di ore sia cambiato tutto e sia diventato così complicato e, per di più, del tutto fuori luogo per gli eventi di questo luogo?

 

- Benji, qualcosa non va?- chiese con voce flebile Colette, notando comunque l’aria incantata con la quale il portiere osservasse la coppietta.

 

Colette Montgomery 03 Marzo  ore 8:44 AM

 

La ama. Non ci sono dubbi. Ecco il perché del suo comportamento. La notte gli avrà certamente fatto capire che Martina Maroni è la ragazza che vuole avere al suo fianco e che io non sono ciò che vuole. In fondo, è un bene che abbia deciso chi lui desideri amare. Almeno non mi farò più stupide illusioni sul suo conto. Non sarò mai nulla più che un’amica, per lui, o, al massimo, sarò la sua piccola e stupida sorellina malata di mente, un peso per il suo amore.

 

-Uh? Stavi dicendo qualcosa Colette?- chiese il portiere, tornando alla realtà ed alla ragazza che era al suo fianco.

- No, nulla- rispose, mostrando un sorriso smagliante, la ragazza, mentre il suo cuore si spezzava in mille piccoli frammenti per quell’affetto che, a quanto pareva, non sarebbe mai stato ricambiato.

 

Erano a malapena passate le dieci di sera quando il campanello a casa Gatsby suonò.

Patty subito andò ad aprire, trovandosi davanti la signora Harper ed una ragazza che non aveva mai visto in vita sua.

Non appena il donnone la vide, l’abbracciò e scoppiò a piangere, singhiozzando e gridando il suo dolore, mentre la giovane stava in disparte, guardando il pavimento con aria piuttosto interessata.

- Signora Harper, come mai qui a quest’ora?- chiese Patty, mezzo soffocata dall’abbraccio caloroso della donna.

- Sono qui per vedere Raiden. Anzi, è questa ragazzina che lo vuole vedere.

- Prego, entrate- fece Patty, accompagnandole nel salotto, dove tutti erano seduti a chiacchierare.

La giovane aveva lunghi capelli castano chiaro, trattenuti da un elastico, con grandi occhi verde smeraldo e labbra carnose. Poteva essere sua coetanea, nonostante le curve del suo corpo fossero nascoste sotto una grande T-shirt rossa, scolorita e sporca, e jeans altrettanto luridi e stinti. Ai piedi un paio di consumate scarpe da ginnastica ed un cappello giallo, calcato sulla testa, completavano il suo sciatto abbigliamento. L’aria spaurita e il guardarsi attorno nervosamente, mentre si torturava le mani, denotavano la grande tensione che doveva avere nel cuore.

 

****** ****** 03 Marzo  ore 10:07 PM

 

Ecco, è il momento. Presto lo rivedrò. Ma come reagirà? Mi riconoscerà? Sarà felice di vedermi? E se mi fossi sbagliata? Se ciò che ho sentito non fosse vero? Se avessi fatto tutta questa strada per nulla? Comunque ormai non posso più tornare indietro. Almeno devo vedere quell’uomo che si chiama Terence Horance Tzunoshi. Devo sapere la verità. Devo farlo.

 

Tutti i presenti furono sorpresi di vedere le tre donne varcare la soglia della stanza.

- Mamma! Cosa ci fai qui!- esclamò Bruce, balzando in piedi.

La donna stava per parlare quando un’altra persona balzò in piedi, facendo cadere la sedia all’indietro per il rapido movimento, e fissò incredulo il volto della ragazza dai capelli castani.

Tutti si voltarono verso di lui, che sapevano molto pacato e saggio, non aveva mai reagito in quel modo, così prontamente e con un tale nervosismo, neppure quando aveva steso quel giornalista.

- Sei mio nonno?- chiese la ragazza d’impulso, rompendo il silenzio che si era creato in quegli istanti.

L’uomo continuò a guardarla, incredulo.

I tratti del viso, i capelli e gli occhi erano quelli della sua bambina da adolescente, la sua Shimone ai tempi delle superiori.

- Sylvia… sei davvero tu, bambina mia?- sussurrò, incapace di trattenere oltre le grosse lacrime che straripavano dai suoi occhi.

- Nonno… sei tu! Sei tu! Nonno, non sai quanto ti ho cercato!- gridò la ragazza, slanciandosi tra le braccia dell’uomo, anche lei in lacrime.

- Mamma, ma… chi è?

- Dice di chiamarsi Sylvia Holler e di essere la nipote di Raiden, figlia di Herik Holler e Shimone Tzunoshi.

- La nipotina caduta in mare… è lei la figlia della sua unica figlia - sussurrò Bruce, trasognato, guardando quell’uomo per il quale provava un immenso affetto sorridere e piangere, felice, mentre stringeva a sé la nipote ritrovata.

 

NdA: ebbene sì, anche questo capitolo è concluso. E ancora il funerale non ha avuto luogo. Lo so, la sto tirando per le lunghe. Spero di riuscirci per il prossimo capitolo, a concludere questa parentesi, se no… dovrete avere ancora pazienza.

  
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