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Autore: Occhi Cielo    15/10/2011    7 recensioni
Era una giornata piovosa alla Wammy's. Non che la cosa fosse strana.
I ragazzi si annoiavano. Più di tutti un bambino biondo dagl'occhi come il ghiaccio. Mello osservava la pioggia assorto nei suoi pensieri, fino a quando qualcosa di colorato lo distrasse. Una macchia Rossa.
Questa è la storia di come Mello conobbe Matt, di come i due divennero amici, delle loro avventure e del loro amore che a poco a poco sbocciò, portando nella loro vita un tocco di colore. Come il rosso dell'amore e il rosso dei capelli di Matt che Mello tanto amava. "Pioveva.
Un po' come sempre d'altronde.
Le gocce violente si abbattevano sui vetri della mia finestra. Fuori era grigio. Tutto era avvolto da quest'alone di colore. Grigio.
Grigio come gli alberi, come l'asfalto, come l'erba, come i muri.
Grigio. [...]
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Near | Coppie: Matt/Mello
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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12. Rosso


Erano poche le cose a questo mondo capaci di farmi stare male.
In grado di corrodermi fino al midollo.
Capaci di scavare una fossa tanto profonda da non riuscire a trovarne la fine...
capaci di farmi morire nonostante io fossi vivo.
Nonostante il mio cuore battesse.


Non ho mai considerato davvero di morire.
Ho sempre creduto che tutto si potesse concludere alla fine, quando ormai le rughe solcavano il mio viso e io fossi in una casa accogliente, con un gatto nero e un camino acceso. Credevo, di poter godere dei miei anni, giorno dopo giorno. Credevo di poter esaudire i miei desideri per poi addormentarmi una notte senza fine.

Ma ho scoperto che non è così.

Non si muore alla fine, né si muore mentre percorriamo la strada della nostra vita.
A volte si muore anche quando il nostro corpo è ancora vivo. Quando si pronuncia una parola, o si abbandona, o si piange.
Non si muore con un coltello, né con un pezzo di piombo.
Si muore mentalmente con un sospiro, una carezza che brucia più del sole.
A volte basta uno sguardo per ritrovarsi nel buio più totale, e allarmati ci si chiede: "Dov'è la luce?".
Si muore con un emozione troppo potente, quando il cuore vorrebbe scappare dal nostro petto.
Quando ci sfugge un sorriso amaro dalle labbra, o sputiamo dolore per una perdita.
Si muore semplicemente quando non si ha più voglia di vivere... ne' di sopravvivere.
Si muore quando non si ha più ragioni.
Quando, il nostra cuore non sa più per cosa battere.
Si muore senza accorgersene realmente.


Per questo posso dire di essere morto già da tempo.
Io muoio ogni volta che lo rivivo.
Ogni volta che quei fantasmi tanto insistenti non vogliono abbandonare i miei pensieri.
Quando il mio petto lacerato dal suo sguardo, torna a bruciare. Come se tornassi indietro... in un tempo tanto remoto da sembrare irreale.
Come se fosse lì, in una sofferenza che solo lui poteva capire. Conservato nella giovinezza dei miei ricordi. Ancora felice, ancora sorridente.
Io muoio sempre.
Io sono morto.

Morto dal momento in cui chiusi la porta, lasciandolo lì,
con lo sguardo vacuo..
Perso in chissà quale pensiero,  rimanendo immobile al centro della mia vita.



La rabbia giocava con me.
Lasciai che questo odio mi trascinasse impetuoso nelle sue decisioni, e io come una bambola di pezza,  mi lasciassi strattonare sperando sempre di non finire strappato.
Lasciai che il mio orgoglio facesse da padrone, manovrandomi come una marionetta nel suo teatro, lasciando che tutto venisse da se.  Che le scelte prese portassero ad eventuali conseguenze.
Ma non avevo calcolato che nel bel mezzo del mio piano,  incappasse una figura tanto influente, capace di crearmi dubbi e incertezze.
Lui non poteva essere calcolato.
Piombato nella mia vita solo per sconvolgerla, non si poteva sapere ciò di cui era capace.
L'imprevedibile tornado rosso, in grado di avvolgermi e penetrarmi fino all'angolo più remoto dell'anima,  era possibile tenerlo tra le righe dritte di una vita fatta solo di progetti e scelte già fatte?
Non credo lo fosse , poiché lui era come me.



"Continua. Ora non è tempo di fermarsi..."



Così, al centro della stanza,  sembrava non volesse ammetterlo.
Come se le mie parole fossero state un eco insistente di un sogno che ci sembrava di aver vissuto.
Come le voci dei ricordi distanti che tentiamo di riportare alla luce.. che ci sembrano così opache, così prive di senso.
Mi guardava, come se già fossi un puntino lontano sull'orizzonte.



"Non doveva levare le sue mani"



I miei occhi carichi d'ira lo trapassarono senza degnarlo della più sincera attenzione, ferendolo come una spada trafigge la carne, lacerandola  fino allo strazio.
Eppure non volevo.
Non avevo mai voluto fargli del male.
Far del male a Matt era come infliggermi lo stesso dolore...
Ma non lo facevo per questione di egoismo, lo facevo poiché lo sentivo troppo parte di me stesso.
Come se a ferirmi fossi stato io.
E quel sangue, non avrei mai voluto farlo sgorgare a lui, che tanto sapeva volermi bene.
Mio fratello.



"Solo lui sa come uccidermi"



Ma quella volta, bastò un mio silenzio. Uno sguardo che sapeva bruciare più del ghiaccio sulla pelle. La scelta di lasciarsi vivere, trasportato da un orgoglio che sempre era stato capace di fottermi.

Matt sospirò rumorosamente, come rassegnato a quell'idea che tanto lo tormentava. Mi guardò un ultima volta.
I suoi occhi verdi mi inchiodarono sulla porta.
Erano profondi.. ma stavolta, come mai era capitato, erano chiari e leggibili.
Vedevo uno strazio mai provato.
Un'agonia che non pensavo potesse esistere.
Leggevo, scorrendo le frastagliate sfumature delle sue iridi, la paura di un abbandono imminente, e la malinconia della solitudine.
Mi stava mostrando una vita di colori spenti, morti, senza una luce che li accendesse e li rendesse vivi.
Quel suo sguardo, fu l'immagine che ancora oggi,  fatico a cancellare dalle retini.  Che mi perseguita come un demonio nei miei incubi peggiori.



"Mi diceva che ero troppo grande per questo, mentre le sue carezze affondavano sul mio viso..."



«Mello..ti prego»
La voce fredda.  Impassibile.  Come mai l'avevo udita.
Carica di speranza.  Quella che io potessi lasciar perdere le mie scelte, crollare,  rimanere in quelle quattro mura che ormai vedevo come una prigione.
La casa che tanto amavo, l'odio la stava rendendo il mio inferno personale.
«Non posso.  Non deve vincere lui.  Mi dispiace Matt...»
Dissi con un vuoto incolmabile nel petto.
Solo dire quelle frasi, distruggeva ogni mia convinzione e la mia stessa volontà.
Stavo abbandonando il mio migliore amico...potevo davvero farlo?
Ne ero realmente capace?
Si.
L'orgoglio sarebbe stato in grado di smuovere qualsiasi montagna che non si era inchinata nemmeno al vento.

Lui si girò, avvolto da qualche coperta, con il viso scaldato da un leggero rossore.
La febbre si era alzata parecchio. Negl'occhi lucidi si intravedeva un barlume di stanchezza, sovrastato da qualcosa di molto più intenso.
Una patina opaca, come un velo impercettibile di emozioni che si erano sovrapposte l'una all'altra.


"I nostri cuori battevano come in un unico corpo"



Il freddo, la pioggia, il sudore di una corsa...non fecero che farlo stare male. Questo solo per vedermi felice.

Di cosa era capace Matt?
Quanto potevo aver sottovalutato quel ragazzo?
Quanto era in grado di sopportare sulle sue spalle?


Sospirò nuovamente lasciando cadere un braccio al suo fianco. La testa china e lo sguardo rivolto a terra.
Lo osservai per un ultima volta, accennando un sorriso amaro sulle mie labbra che avevano ben poca voglia di mentire.
Così raccolsi la borsa da terra e poggiai la mano sulla maniglia, pronto per lasciarmi alle spalle il passato.

                     "Fu improvviso.
                       Doloroso.
                       Immediato.
                       Un tempo che sembrò così lungo... da farmi morire dentro.
                       Il mio cuore. Pensavo non potesse più riprendersi.
                       Le fiamme, feroci e ustionanti, mi bruciavano ovunque le sue mani si posassero.
                       Come onde si infrangevano contro il mio petto e giù..sullo stomaco, fino alle ossa.
                       Non avevo mai desiderato così tanto piangere. Ma non avrei permesso alle lacrime di fuggire, perché se così fosse stato,
                       sarei crollato... rimanendo con lui."


Le mie labbra tremarono.
Troppo fredde a contatto con le sue, rimasero mezze socchiuse, fotografate in un misto di stupore e gioia.
Bloccato tra le sue braccia sentii la vampata di un fuoco sconosciuto e ustionante arrivarmi alla testa.
Tutto intorno a me iniziò a ruotare, chiudendomi  lo stomaco,  sigillandolo come un pugno sferrato all'improvviso.
La sua rabbia sembrava trasmettersi dalla sua bocca.
Una rabbia piena di rancore, amarezza, malinconia infinita.  Un dolore tanto forte da avvelenarmi le labbra.



"Volevo che quell'immagine di noi restasse marchiata sul mio cuore"



Le fiamme erano rosse. Bruciavano nel loro colore, come il sole che scottava in una calda mattina d'estate.
Rosse come il sangue che mi procurò quel bacio. Rosso come il cuore, come l'amore. Rosso come l'odio, come la rabbia.
Rosso come i capelli.
Quelli di Matt, che mai come in quel momento, sembravano rappresentare il fuoco che mi ustionava fino alle ossa.

Lui bruciava con me, in quell'attimo che sembrò eterno. Tra le lacrime pronte a sfuggirmi come l'acqua trabocca da una diga distrutta.
Il mio muro era distrutto. La mia volontà. La mia voglia di essere il Mello di sempre.
Con rabbia mi spinse contro la porta. I miei polsi bloccati nella sua morsa feroce chiedevano di essere liberati, mentre il corpo inerme, non sapeva ancora cosa stesse accadendo.
Premeva le sue labbra come a trasmettermi qualcosa, un segreto nascosto da troppo o urlo  soffocato.
Le premeva come a parlarmi. Come a dire : "Resta. Sono qui per te."
Mi baciava come a volermi amare, come a rendermi partecipe del suo dolore.
Perché Matt? Perché lui?
Cosa gli era preso? Non si era mai comportato in quel modo.



"Non dovevo farmi domande, ne lui doveva porsele. Eravamo insieme, questo contava..."



Chiusi gli occhi per un attimo, rendendomi davvero conto di quello che stava accadendo.
Riacquistai carica.  Ricomposi la diga.  Ricreai il muro.  E per quanto sbagliassi a farlo, con tutta la forza lo spinsi via, convinto che quella fosse la scelta più giusta.
Non dovevo restare. Non era la mia strada.
Lui mi guardò, l'aria affranta e sul punto di crollare...
Io ricambiai quell'occhiata che parlava da se. Che raccontava di quanto rimpianto portassi nel cuore, di quale parte di me io lasciassi il ricordo. Che raccontava di noi, di un errore, il suo errore e non il mio.  L'errore di puntare a qualsiasi mezzo pur di non vedere la propria vita nella più totale assenza di colori.
Si era spinto a troppo.
Matt aveva sbagliato.

                     "Nonostante quello squarcio enorme nel mio petto, tanto grande da farmi cadere a pezzi... chiusi la porta della stanza, lasciandolo lì.
                       Al centro.
                      Con lo sguardo vacuo e le mani ancora tese verso di me."




"Vai via.  Levati dalla testa! Ti odio diamine! Ti odio! Perché mi perseguiti?"
La pistola era fredda. Poggiata sulla mia tempia non aveva alcun effetto.
Conoscevo un solo modo per far tacere quelle voci...
Aprii il primo cassetto e accesi il fornello a gas. Poi posai la punta del coltello sulla fiamma e la scaldai finché il metallo non diventò incandescente.
Sfilai la vecchia fasciatura dal braccio bianco come il gesso.
Quando premetti la lama sulla pelle nuda, tra vari segni di bruciature,  si sentì uno sfrigolio. Poi, come in un nastro riavvolto al contrario,  vidi le scene udendo la sua voce..
"Mello.. ti prego"
Di nuovo la punta del coltello sulla fiamma, questa volta con la mano che tremava : volevo bruciarmi fino a sprofondare nel nero.
Mi accasciai sul pavimento premendo le mani sulla testa senza riuscire a trovare il silenzio,  senza cancellare dalle retini quelle immagini tanto vivide che mi tormentavano.
Era questa forse la fine?
  
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