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Autore: LoveDrewSmile    16/10/2011    2 recensioni
Inserire accenno alla trama della storia (breve riassunto o anticipazione) e/o citazione dal testo. No linguaggio SMS, No tutto maiuscolo, No Spoiler! NON C'E' BISOGNO DELL'HTML PER ANDARE A CAPO IN QUESTA INTRODUZIONE.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 2

Mi svegliai quando un lieve raggio di sole raggiunse il mio viso. Aprii gli occhi e rivolsi il mio sguardo verso l'orologio appeso alla parete. Erano le 5.30 del mattino ma non avevo affatto sonno. Poi mi girai alla mia destra: sul comodino un mazzo di rose rosse; in quel momento ebbi la certezza che quello che avevo vissuto il giorno precedente non era solo un sogno. Con la testa poggiata sul soffice cuscino, mi venne un pensiero: non potevo contattare in alcun modo Justin, e neanche lui poteva farlo con me. Spostai le leggere coperte dal mio corpo e mi alzai, infilando i miei piede nelle calde pantofole. Rimasi per qualche attimo a fissare il vuoto, poi, all'improvviso, ebbi un flash-back: eravamo davanti alla porta della mia casa e Justin mi disse: - A domani. - accompagnando le sue parole con un bacio.
 

Ripensando a quel momento ebbi un sobbalzo. Non solo per l'attimo stupendo vissuto, ma perché aveva detto “a domani”. Decisi di andare al parco, come il giorno precedente. Mi vestii in tutta fretta, indossando dei pantaloncini corti e una camicia viola e bianca e, naturalmente, le mie converse viola. Scrissi con un'inaccurata grafia un bigliettino ai miei genitori, per poi lasciarlo ai piedi della porta della loro camera. Vi era scritto: “Sono uscita, scusate l'orario. Se qualcuno suona alla porta di casa chiamatemi immediatamente al cellulare”. E se Justin fosse andato a casa per cercarmi? Non mi sarei mai perdonata se non mi avesse trovata. Presi la mia bici rossa e la portai sulla strada, poi chiusi la porta. Salita su di essa, sfrecciai sulle strade deserte, accompagnata solo dal canto delle rondini estive e il vento tiepido della mattina. Arrivai subito al parco, e tornai alla stessa panchina del giorno precedente. Raggi di luce candida scendevano dal cielo, e si riflettevano sulle gocce di rugiada che brillavano sui sottili e verdi fili d'erba. Erano le 6.00: mi guardai intorno, non c'era nessuno. Così decisi di fare un veloce giro intorno al parco con la mia bici per vedere se Justin fosse nei dintorni. Così mi avviai per una via illuminata del sole, con un terreno mal curato, fatto di sassi sottilissimi, così sottili che sembravano sabbia. Solo qualche pietra di media grandezza si trovava per terra ma, anche se presa dalle ruote della bici, faceva fare ad esse solo un piccolo salto. Il percorrere delle ruote sulla sabbia procurava un piacevole suono alle mie orecchie, che si univa al leggero suono del cinguettio degli uccellini. Mi girai alla mia destra per ammirare il paesaggio che si trovava oltre una schiera di querce: colline verdi, campi fioriti, fili di grano dorato, che brillavano sotto la luce del sole in lontananza. Guardai davanti a me: una radice di un grande albero era fuoriuscita del terreno, e si trovava a pochi centimetri dalla mia ruota. Cercai in qualche modo di frenare, ma la mia velocità era tale che non me lo consentì. Caddi sbattendo la testa, poi vidi tutto nero....
 

Dovevano essere passati diversi minuti, quando aprii lentamente gli occhi, e vidi davanti a me una sagoma sfocata con i contorni illuminati dai raggi solari. Sentii una mano calda poggiata sulla mia nuca che reggeva la mia testa. Quando recuperai, anche se di poco, la vista riuscii a vedere un volto maschile, con capelli corti dorati e un sorriso stupendo stampato sulle labbra. I suoi occhi erano color miele, e brillavano di luce propria. Riconobbi il volto di Justin.                                                                                                                                     
- Stai bene? - Mi domando con voce ansiosa.                                                                                    
- Si, ma credo di aver sbattuto la testa. - Risposi cercando di nascondere il dolore che provavo.                                                                                                                                         
- Andiamo ad un pronto soccorso. - Mi disse mentre mi prese in braccio.                                  
- No, non ce n'è bisogno, credimi. Ho solo battuto leggermente la testa. Non è il caso di allarmare la mia famiglia per una lieve caduta. - Mi fissò per qualche istante, poi fece qualche passo con me in braccio e mi fece sedere su di una panchina. Poi prese il cellulare e disse – Fai subito, ti aspetto. - Poi salì sulla bici e fece mettere me dietro.    
- Reggiti a me. - Mi strinsi forte a lui, come se fosse l'ultimo suo abbraccio.                            
- Dove stiamo andando? - Gli domandai, con il dubbio che volesse portarmi in ospedale. 
- Non mi perdonerei mai se ti succedesse qualcosa. - Non aggiunsi altro, solo mi strinsi a lui più forte. Capii quanto fosse importante per lui sapere che io stessi bene. Al solo pensiero di questo un brivido percorse la mia pelle. Di gioia, ovviamente. Arrivammo fino al ciglio della strada, dove c'era una macchina nera solitaria sulla strada. Justin scese dalla bici e, prendendomi in braccio, mi poggio sul sedile posteriore della macchina. Poi un signore vestito di nero, che si trovava al posto di guida, scese dall'auto, lasciando la portiera aperta, e prese la bici che era poggiata a terra, aprii il portabagagli e la mise lì. Justin si sedette al mio fianco. Poi, mentre l'autista si era riseduto e aveva messo in moto la macchina, Justin si avvicinò al suo orecchio e gli disse sottovoce – Al pronto soccorso, presto! -. Poi mi disse con voce dolce:
– Stai meglio? - Così dicendo mise il suo braccio intorno alla mia spalla. Poi mi sorrise e mi domandò con un fare scherzoso
– Cosa posso fare per farti stare meglio? -  Io sorrisi e mi fermai a riflettere per un attimo, poi subito risposi
– La tua presenza è la miglior cura ad ogni mio dolore. Se sarai sempre con me, non temerò mai alcun male. - Justin mi guardò negli occhi, poi con il suo braccio attorno a me, mi strinse più forte a lui. Io poggiai la mia testa sulla sua spalla, e lui fece lo stesso poggiando la sua testa sulla mia. Sentivo il suo respiro sulla mia pelle; il suo profumo, simile a quello di una rosa appena sbocciata, e il suo sguardo che, quando magicamente si incrociava col mio, creava un fremito al mio cuore. Justin abbassò il finestrino: un fresco vento riempì l'aria intorno a noi. Una raggio di luce appena entrato ci illuminò. Justin si staccò da me e fissò il mio volto. La luce che penetrava nei suoi occhi era lo spettacolo più bello a cui avessi assistito nella mia vita. Poi si avvicinò a me con il volto, accarezzandomi con una mano il viso. I nostri corpi erano così vicini che riuscivo a sentire il battito del suo cuore. Poi si avvicinò di più, fino a sfiorare le mie labbra, ma non ci baciammo. Un attimo dopo si strinse forte a me in un abbraccio, ed io feci istintivamente lo stesso. Il suo dolce profumo era diventato come l'ossigeno per me. Non potevo più farne a meno. Le sue calde braccia mi avvolgevano in un abbraccio pieno d'amore. Eravamo due cuori, uniti in un solo corpo. Un nuovo vento arrivò e portò con se il suo profumo.                                                                                         
- Siamo arrivati. - Così le parole dell'autista ruppero quell'istante così intenso e profondo. Justin scese dalla macchina dicendomi di aspettare. Poi aprii la mia portiera e mi prese in braccio.                                                                                                        
- Guarda che so camminare anche da sola. - Ridacchiai scherzosamente.                                                
- Lo so. Ma così ho una scusa in più per essere abbracciato a te. - Poi fissò per un solo secondo il mio volto, per poi riprendere a comminare. Arrivati dentro l'edificio, Justin mi mise a terra e mi prese per mano. Poi chiese ad una signora di passaggio, con un camice bianco con a destra applicata una croce blu:                                                                
- Ci scusi, lei è caduta dalla bici poco fa sbattendo la testa, ed ho il timore che si sia fatta male. - Disse rivolgendosi all'infermiera.                                                                      
- Guardi: lì in fondo a destra c'è un corridoio; prosegua dritto e poi bussi alla 5a porta a sinistra. - Rispose affrettata la signora, poi riprese a camminare frettolosamente.                 
- Andiamo. - Mi disse Justin, stringendo forte la mia mano. Bussammo alla porta.                 
  - Avanti. - Rispose l'altra parte con voce alta. Aprimmo la porta in un lieve cigolio e vedemmo davanti a noi un signore con capelli bianchi, quasi più candidi del colore del suo camice, ch'era seduto s'una poltrona nera.                                                                    
- Cosa è successo? - Ci domandò.                                                                                              
Subito risposi – Nulla, e solo che mentre andavo in bici sono caduta e.. - esitai per qualche attimo a completare la mia frase.                                                                                   
- E ha sbattuto la testa. - Intervenne subito Justin.

 

- Venga, si avvicini a me. - Mi fece cenno con una mano, mentre si alzò venendo verso di me. Dopo qualche controllo alle testa e la schiena, mi disse:                                                             
– E' solo una leggera caduta. Oltre ad un battito accelerato più del normale dovuto allo spavento, cosa che passerà subito, è tutto regolare. Non preoccupatevi ragazzo mio. - Si rivolse a Justin con tono divertito. Quest'ultimo tirò come un respiro di sollievo.                                
- Grazie dottore. Alla prossima.- salutò cordialmente Justin, poi mi strinse la mano e mi portò verso la macchina, poi mi chiese – Dove vorresti andare? -

 

Sorridendo risposi
- Non importa, andrei ovunque con te al mio fianco. - Justin mi abbracciò per qualche secondo, poi mi prese per mano e iniziammo a camminare su un viale fiorito. Fiori bianchi, rosa e rossi decoravano le numerose aiuole che si trovavano sui marciapiedi. Un odore di primavera riempiva l'aria. Mentre camminavamo tra fiori di ogni tipo, Justin si fermò e prese un fiore rosa con petali lucenti e delicati. Si voltò verso di me e lo poggiò tra i miei capelli. Io mi limitai a sorridere. Qualsiasi parole che avrei potuto dire, non sarebbe mai bastata per quell'istante così intenso. All'orizzonte si poteva vedere un boschetto non molto esteso, con alberi poco frondosi.
- Voglio portarti lì. - Mi disse Justin indicando l'orizzonte. Poi continuò – ci sei mai stata?-
- No –  risposi  – ma mi piacerebbe andarci. - conclusi con un sorriso. Justin mi riprese per mano, e così ci dirigemmo verso quella meta. A qualche metro dal viale che portava al boschetto, un vento nuovo e fresco portò con se il sapore della primavera. Eravamo tra i primi alberi, alti e profumati. Poco davanti a noi c'era un campo fiorito. I fiori erano lilla, alti solo a pochi centimetri da terra. L'odore si sentiva ovunque nel bosco, forse perché il campo fiorito era abbastanza ampio, circa come due volte un campo di calcio. Justin lasciò la mia mano e iniziò a correre del campo di fiori. Io mi fermai.
- Che fai? Non vieni? - Mi domandò con tono divertito. Io lo raggiunsi. Lui smise di correre e si avvicinò a me.
- È così bella la natura. - Esclamai.
- Sì, è vero. Ma non bella quanto quello che ho davanti a me. - Justin rispose. Poi si avvicinò ancora di qualche passo a me. Con una mano mi accarezzò il volto, e l'altra la poggio sulla mia schiena, e mi avvicinò a lui.  Mi guardò negli occhi e poi accarezzò le mie labbra con le sue. Eravamo due cuori che andavano allo stesso battito, uniti nella stessa anima. Un momento magico, che nessuna parola umana e nessuna sensazione appartenente a questo mondo avrebbe mai potuto descrivere. Sentivo di essere parte di lui, della sua vita, del suo cuore. Ed io, che non potevo più fare a meno di sentire il suo respiro sulla mia pelle. Si staccò da me e si sedette per terra.                                                                                           
- Ehi, vieni. - Mi invitò a sedermi affiancò a lui. Io lo feci. Io mi sdraiai sul soffice campo. Lui, affiancò a me, mi guardo. Poi si appoggiò alla mia sinistra, sdraiandosi.           
- Ascoltami – mi disse con tono preoccupato rivolgendosi verso di me – anche se sarò distante, questo non vuol dire che tu non sarai al mio fianco. -                                           
Spaventata dalle sue parole, mi voltai verso di lui, e gli risposi – Cosa vuoi dire con questo? - I miei occhi si erano inumiditi. Sentii che quella favola in cui stavo vivendo, sarebbe svanita in un attimo.                                                                                             
Le sue parole interruppero i miei pensieri
– Significa che ovunque mi porterà la vita, io ti porterò nel cuore. -                                                                                                          
- Continuo a non capire, Justin. Sai che anche per me è la stessa cosa, ma non capisco perché me lo stai dicendo. - Risposi timorosa che dalla sua bocca potessero uscire parole che menzionassero un suo allontanamento. Ma, in fin dei conti, avrei dovuto aspettarlo. Che cosa mi aspettavo? Che ci sarebbe stato un lieto fine al mio grande sogno?                
- Significa che...io...il lavoro mi aspetta, ed è in America. Lo sai che il mio lavoro è fare il cantante, e devo incidere nuove canzoni quest'estate. Adesso è giugno, ma ad agosto avrò finito il mio nuovo album. È una promessa. - Sentii come un pugno dello stomaco. Il mio bel castello di sogni che mi ero costruita crollò con un soffio di vento. Una lacrima scese dai miei occhi.                                                                                                         
- Ti prego, non piangere. Anche per me è difficile. -  cercò di tranquillizzarmi – ma io non ho altra scelta, capisci? -                                                                                                  
Asciugandomi la lacrima risposi – Sì, capisco. - Invece non riuscivo a capacitarmi di tutto quello che stava succedendo.                                                                                          
- No, non capisci, se non staresti piangendo. -
Io mi alzai. Poi risposi:  - Cosa dovrei fare? Tu mi stai dicendo che non ti vedrò più. - riuscii a balbettare singhiozzando, mentre affogavo nelle lacrime del mio pianto.                                                 
Si alzò anche lui – No dico questo. Quest'estate ci rivedremo. Farò di tutto per starti vicino. - Mi abbracciò.                                                                                                                
- Non temere. Io ti amo, e nulla si metterà tra di noi. - Lo strinsi più forte.                         
  - Anche io ti amo. - Quella fu la prima volta che glielo dissi. Un vento portò con se il fiore che mi aveva lasciato tra i capelli. Ma lui si chinò e me ne poggi un altro in mano. 
- Andiamo, si sta facendo buio. Ti riaccompagno a casa. - Mi disse stringendo la mia mano. Percorremmo un lungo tragitto con la macchina, con lui alla guida. Arrivati davanti alla porta, lui scese dalla macchina e accompagnò davanti il portone.                      
- Quando parti? - Gli domandai.                                                                                        
- Domani mattina, alle 8.00 -                                                                                            
  - Ci sarò. -                                                                                                                        
- Tu, tu non devi. Soffriremmo ancora di più. - Mi rispose.                                               
- Pensi seriamente che potrei soffrire più di così? - Gli domandai mentre una nuova lacrima nasceva nei miei occhi.                                                                                     
- Ti aspetterò, a domani. - Mi diede un lungo bacio. Poi salì in macchina e andò via. Mi rimaneva solo il suo fiore nella mia mano. Una volta dentro casa, mi accorsi che i miei genitori erano già a letto. Mi infilai sotto le coperte e caddi in un profondo sonno, con la speranza che il mio sogno appena iniziato, nella dimensioni dei sogni, trovasse una fine migliore di quella che aveva avuto nel mondo reale.


GrazGraz
 
Grazie per aver letto questo capitolo. Volete anche il prossimo? E' già pronto e se volete lo posto (:
 

Maria

  
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