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Autore: Rita Scheen    17/10/2011    1 recensioni
-Una vita caduta in pezzi, distrutta, può essere ancora ricostruita? Io non credo Dylan.
-Io non ci ho mai creduto, Ellie. Ma tu ci credi da tutta la vita, non te ne sei ancora accorta?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questo racconto è dedicato ad una persona realmente speciale, siamo vicine, molto, ma divise da 933 chilometri.
Da quando la conosco, ho sempre desiderato dirle molte cose, ma non sono brava a parlare espressamente, non lo sono mai stata.
Spero, in questi sette capitoli che scriverò, di riuscire a farle capire ogni cosa, omaggiandola dell'unica cosa che le posso offrire, le parole che sgorgano dalla mia penna.
Buoni quindici anni, Ellie.
Un giorno sarai libera.












S’avvolse nel lenzuolo, intriso del suo odore. Un buon odore. Di pulito, ma anche.. acido. Appena appena. Acre, forse. In qualche modo, le portò alla mente di quando era piccola. Piccola? Erano solo.. Due anni.
Ed erano successe così tante cose. Con un sospiro si rannicchiò in posizione fetale, coperta dal lenzuolo freddo.
Adesso, era una donna. Ed era diversa, tanto. D’aspetto, di tutto.
Era davvero il caso di svelarsi ad uno sconosciuto? Uno sconosciuto, suvvia. Per quanti anni aveva consumato con gli occhi la sua immagine sui poster patinati che collezionava e attaccava in camera sua, protetti da buste di plastica trasparenti? Quanti articoli aveva letto? Tanti, troppi.
Eppure, non poteva conoscerlo. Non sapeva chi fosse in realtà. Conosceva solo un viso, un sorriso furbo.
Occhi vivi. Ecco, l’immagine che aveva di lui.
Voleva conoscerlo, arrivare a conoscerlo davvero. Nella speranza che sapesse smettere di fingere, e tornasse ad essere il ragazzo che doveva essere stato.
E se avesse finto così a lungo da diventare chi fingeva di essere? Sarebbe stato insopportabile.
Avrebbe fatto male, svelarsi ad un uomo che non sapeva più chi fosse.
La ragazza sospirò ancora, appoggiandosi sulla schiena e tirando il lenzuolo a coprirle il reggiseno scuro. Aveva le palpebre pesanti, gli occhi le facevano male e le bruciavano.
Li chiuse per qualche istante. Percepiva ancora la luce che era rimasta accesa, in attesa del suo arrivo, e sentiva d’essere osservata.
Socchiuse gli occhi di poco per controllare, ma non c’era ancora nessuno. Sarebbe arrivato, sì.
Ne era certa.
Non ne aveva mai avute troppe di certezze, nella vita, per non dire nessuna. No, sbagliato. Ne aveva avute, fino.. fino a un certo punto.
Poi.. basta. La sua intera esistenza era scoppiata in una bolla di sapone. Il suo muro era crollato. Forse, negli ultimi mesi le cose erano migliorate. Ma non era per niente convinta di poter ricostruire la sua vecchia vita, il suo vecchio muro.
I mattoni di quella vita, cadendo, s’erano sbeccati, o s’erano rotti. E non si poteva ricostruire un muro con dei mattoni rotti. Alla prima folata di vento, cadeva di nuovo.
Ed Ellie non aveva mattoni nuovi per ricostruire un muro, né per sostituire quelli rotti.
Si era ritrovata, semplicemente, con tanti pezzi di mattoni tra le mani, in un ricordo sfocato che faceva male.
Era a pezzi, semplicemente, anche lei come i mattoni. Non che avesse il cuore a pezzi, anzi, non aveva mai sentito espressione più sciocca.
Il suo cuore era a posto, al centro del petto, a pompare sangue per il suo corpo.
Era il resto ad essere rotto. Il pensiero, l’anima. I ricordi. Erano tutti rotti, in schegge troppo piccole per essere incollate tra loro.
Perché doveva farsi male in quella maniera, ricordando tutto quello? Era masochista, forse? Forse.
Sospirò, l’ennesimo sospiro della serata, mentre si portava una mano al ciondolo che portava sempre, facendolo correre sulla catenina.
Dei passi leggeri ma perfettamente udibili la riportarono alla realtà: la ragazza aprì gli occhi, e contemporaneamente la  bocca, mentre gli occhi da aperti si facevano sgranati, e la mano, dalla catenella, correva a tormentare l’angolo di un cuscino, nel tentativo di nascondere uno stupore esageratamente evidente.
 



‘No.. ‘






 
  
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