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Autore: Ossigeno    17/10/2011    3 recensioni
...mentre mi avventuravo nel folto del grano, scorsi… un ombra.
Si muoveva rapida,ma silenziosa. Era vicina allo spaventapasseri, probabilmente ci aveva sbattuto contro. Poteva essere chiunque, un malintenzionato, un ladro, ma poteva anche essersi disperso, magari stava cercando aiuto.
Tuttavia, fu l’ombra a risolvere il problema, schiantandosi contro di me e facendomi cadere sulla terra schiacciata.
Buonasera! Prima storia su efp, spero vi piaccia!
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Buonasera! Salve a tutti, sono nuova su efp, questa è la prima storia che pubblico, è una one shot, spero vi piaccia. Lasciate un commento negativo o positivo, vorrei sapere cosa ne pensate!

Vi auguro una buona lettura!


 

Ero stesa nel mio piccolo letto smollato e sgangherato, le coperte giacevano ingarbugliate ai miei piedi, la luna e le stelle fuori dalla finestra splendevano più che mai. Era una notte serena, senza una nuvola, senza un rumore, eccetto quello dei grilli che cantavano nei campi.

Amavo la mia casa. Era piccola, spoglia, di certo non ricca, ma era circondata da un grande spazio aperto che mio padre aveva coltivato con il grano. Da piccola, giravo nei campi osservando che spighe che a quei tempi erano più alte di me si almeno un metro.

Mio padre era un contadino, mia madre lavorava in una piccola fattoria nei dintorni, eravamo poveri, ma molto felici. Mio padre, Charlie, era fiero del suo campo di grano, uno dei più grandi della Gran Bretagna.

Mentre ero assorta nei miei pensieri, sentii un rumore insolito. Non proveniva dalla casa, non erano i miei genitori, e animali oltre ai grilli non ce n’erano. Cos’era allora?

Infilai le mie ciabattone giganti, inforcai la vestaglia e issandomi sul bordo della finestra uscii fuori. La fortuna di avere un solo piano era che potevo tranquillamente uscire dalla finestra senza farmi scoprire.

La luce era poca, le spighe erano alte quanto me, vedevo lo spaventapasseri in lontananza, ma nient’altro.

Eppure, mentre mi avventuravo nel folto del grano, scorsi… un ombra.

Si muoveva rapida,ma silenziosa. Era vicina allo spaventapasseri, probabilmente ci aveva sbattuto contro. Poteva essere chiunque, un malintenzionato, un ladro, ma poteva anche essersi disperso, magari stava cercando aiuto.

Tuttavia, fu l’ombra a risolvere il problema, schiantandosi contro di me e facendomi cadere sulla terra schiacciata.

Quando focalizzai bene ciò che avevo intorno capii che era un uomo quello che stava tranquillamente posato su di me. Istintivamente spalancai la bocca per urlare, ma la sua mano mi bloccò

<< non voglio farti del male, però ti prego, taci, non posso essere scoperto>> la voce sembrava supplicante, il suo sguardo sembrava splendere sotto le stelle. La luce gli conferiva un colore argentato, quasi ultraterreno.

<< Chi sei tu? Perché sei a casa mia?>>

<< Ca- casa tua? Ah, ecco, io… Senti, non sono cattivo, volevo solo fare una cosa… non prenderla a male, non è una cosa brutta>>

<< Mi spieghi di che parli?>> ero più confusa di prima

Lui mi guardò imbarazzato << Ecco…>>

 

 

 

<< Cosa?! Ma sei pazzo? Scherzi, questo è il nostro campo, ci serve il grano, dobbiamo vivere noi eh!>> ero arrabbiata, anzi, furiosa, con quello sconosciuto che aveva avuto la faccia tosta di venire nei nostri campi… per fare cosa?

Cerchi nel grano.

Avevo visto qualcosa in tv, in vari programmi, ma non ci avevo prestato molto caso, non credevo agli alieni o cose varie. La mia filosofia di vita era guardare per credere, e io di alieni non ne avevo mai visti… anche se, pensandoci, secondo quei programmi gli alieni facevano cerchi nel grano, quel ragazzo faceva cerchi nel grano, quindi….

Era un alieno. Si, l’avrei preso in giro.

<< Ti prego, credimi, è una bella cosa…>>

<< Sei un alieno vero? Menti pure, se lo sei>>

Mi guardò decisamente perplesso <<Un alieno? Ma che cosa dici?>>

<< Senti dimmi cosa vuoi. Noi umani veniamo in pace, non vogliamo farvi del male, anzi, vorremmo condividere con voi le nostre…>>

<< Non sono un alieno ok?! Smettila di parlare come se non capissi niente>>

<< Sei tu quello che vuole distruggere il lavoro di mio padre!>>

<< Ma è per una buona causa!>>

<< E allora coltiva il tuo campo e poi facci dei cerchi!>>

Mi stava facendo veramente arrabbiare. Pretendeva anche di avere ragione!

Lo vidi estrarre il cellulare dalla tasca – noi non ne usavamo, avevamo il telefono di casa e basta. Era più economico, serviva per le emergente e soprattutto non ci stressava ogni due secondi con una chiamata.

Compose un numero sulla piccola tastiera  e lo avvicinò all’orecchio

<< Emmett? No, non venire più.. c’è stato un problema, lo faremo domani o dopodomani da un'altra parte… si si, torno a casa, buonanotte>> chiuse la chiamata  e mi fissò.
Calò un lungo, estenuante silenzio che fu interrotto da lui dopo vari minuti

<< Allora, ti va di.. guardare le stelle insieme? Qui sono proprio belle!>>

Prima voleva distruggere il raccolto… poi voleva guardare le stelle. Ovvio, chi non fa così?

<< Senti, forse dovresti andare a casa.. direi che per questa notte ho visto abbastanza cose..>>

<< No ti prego! Almeno un po’, che ti costa, e così puoi anche controllare insieme a me se arrivano i miei amici alieni>> sorrise e dovevo ammetterlo, sotto la luna quel sorriso era proprio stupendo.

<< Solo per un po’ ok? Poi tu torni a fare l’extraterrestre e io la ragazza umana che dorme>>

Il suo sorriso si allargò << Si, signora>>

 

 

Più tardi, stesi tra le spighe, guardavamo le tante costellazioni nel cielo sereno. Fortunatamente mio padre mi aveva insegnato parecchie cose sull’astronomia, perché le domande che mi poneva il ragazzo alieno erano molto difficili

<< E ora mi dici come si chiama questa bella stella stesa accanto a me?>>

Mi voltai verso di lui, e li trovai a fissarmi << E’ un patetico molto di sedurmi, alieno?>>

<< Forse si, forse no – disse vago – ma tu me lo dici lo stesso?>>

Risi di cuore, quel ragazzo in un certo senso mi faceva tenerezza << Mi chiamo Isabella, tu?>>

<< E’ un bellissimo nome! Il mio è Edward>>

<< Ah, va di moda tra gli alieni?>>

<< Si, mio fratello primogenito si chiama E.T e non era rimasto altro nome oltre questo>>

<< Ah… scommetto che questo E.T è molto attraente>>

<< Mai quanto me, ragazza umana>> ammiccò facendomi l’occhiolino.

Tornammo a fissare le stelle insieme, in silenzio. Non c’era altro da dire, le parole erano intorno a noi, nella natura, e noi stavamo ascoltando.

Per una volta però, fui io ad interrompere il silenzio pacifico

<< Pensi che io abbia la possibilità di rivederti, alieno Edward?>>

lui sorrise senza voltarsi << Penso proprio di si ragazzina umana>> sussurrò, e mi strinse la mano. L’alba ci colse così, stanchi, felici, insieme.!!!

  
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