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Autore: _montblanc_    18/10/2011    9 recensioni
«Mi sono risvegliata in mezzo alla foresta di Konoha e mi sono detta: ”Beh, non è un male, infondo è sempre stato il mio sogno”, ma poi l’Hokage mi aizzato contro un gruppetto di Anbu e tutto è degenerato...» stava sbraitando la ragazza, una certa isteria nel tono di voce.
~
«Vuoi unirti all’Akatsuki?» domandò di rimando lui, senza distogliere lo sguardo dal combattimento; si stava visibilmente spazientendo.
Vuoi unirti all’Akatsuki? VUOI UNIRTI ALL'AKATSUKI?! Certe cose non si chiedevano così! Non ci si poteva mettere un minimo di introduzione tipo “Ehi, ciao! Ma lo sai che anche se non sei una ninja e non sai un emerito cippolo di come ci si comporti in una battaglia, saresti un membro eccellente nell’Akatsuki? Eh? Che ne pensi?”.
Se lo faceva in modo così diretto e, sopratutto, ad una che non desidera altro nella vita - in mia difesa potevo solo dire che ognuno merita di avere le proprie ambizioni-, questa, poverina, rischiava l’infarto. Ed io non ero Kakuzu, a me ne bastava uno per rimanerci secca.
(Ho cominciato a scrivere questa storia veramente tanto tempo fa, quindi sto piano piano riscrivendo i vecchi capitoli nel disperato tentativo di renderli più leggibili)
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akasuna no Sasori, Akatsuki, Altri, Deidara, Nuovo Personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
Capitoli:
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Capitolo 29:
Covo di Orochimaru...
La ragazza dai lunghi capelli castani incrociò le braccia al petto, inarcando, sdegnata, un sopracciglio.
Rimase ad osservare il vuoto mentre, dietro di lei, riecheggiavano i passi di Sasuke Uchiha.
- Quel brutto bastardo di un Uchiha!- pensò lei sdegnata, voltandosi verso la figura del ragazzo che si allontanava.
Che aveva in testa quello scoiattolo dai capelli sparati? Come osava ignorarla?
Senza perdersi d’animo lo raggiunse, tirandolo per il kimono, se tale poteva essere definito quel “coso”...
Assomigliava più ad un accappatoio di Rocco Siffredi, ecco.
La ragazza sbuffò: stare nel corpo di Ambra le faceva venire in mente strane cose.
Era veramente irritante avere un accesso completo ai suoi ricordi dato che questi, la maggior parte delle volte, influenzavano la sua personalità.
Sasuke lanciò un’occhiataccia irritata – o almeno così pensò lei, dato che lo sguardo del moro non faceva trasparire nessuna emozione- alla sua mano, per poi alzare gli occhi verso i suoi.
Probabilmente pensava che così l’avrebbe intimorita.
Fuko sbuffò, sorreggendo il suo sguardo.
Voleva fare a chi rideva prima? L’avrebbe accontentato, ma almeno doveva ascoltare ciò che lei aveva da dirgli.
- Allora, Sas’ke.- ridacchiò lei, rimarcando per bene il soprannome che era solita usare la proprietaria di quel corpo – Ho un patto da proporti.-.
Il ragazzo in questione se ne fregò altamente e, dopo essersi liberato dalla sua presa, ricominciò a camminare.
- Senti un po’ brutta testa di cazzo, ma chi ti credi di essere?!- urlò adirata Fuko, facendolo fermare – Oh, no! Che ho fatto? Ho dato della “testa di cazzo” ad un Uchiha!- fece sarcastica lei – Ora mi ucciderà!- continuò, con voce piagnucolosa.
Sasuke incassò il colpo senza fiatare e riprese a camminare, facendola arrabbiare ancora di più.
Se qualcuno le avesse detto una cosa del genere gli avrebbe come minimo spezzato la colonna vertebrale in due parti.
Come faceva lui a rimanere così indifferente?
Bene, era veramente arrivato il momento di giocarsi il tutto per tutto. Il suo ultimo asso nella manica. Se non riusciva a convincerlo con quello era veramente fottuta.
- Ascoltami e ti parlerò del motivo per cui Itachi ha sterminato il tuo clan, quella notte.-.
Lo sguardo dello scoiattolo valse più di mille parole.
- Bingo.- pensò, schioccando le labbra.

Fuko:
Oh...ooh...
Ero così sconvolta che persino imprecare mi risultava difficile, figuriamoci formulare un pensiero coerente.
Ok, avevo dato una grande randellata a Madara lì dove non batte il sole e l’avevo colpito in pieno.
Il fatto che ancora non avesse detto nulla a parte un mugolio soffocato non mi rasserenava affatto.
Questo significava che: primo gli avevo fatto male e secondo mi ero appena scavata la fossa con le mie stesse mani.
Improvvisamente l’idea di tagliarmi la gola con la mia falce divenne molto più allettante dell’essere sharingata per solo Dio sa quanto tempo dal grande Uchiha.
Quando la sofferenza di quest’ultimo parve appianarsi – nonostante avesse cercato di rimanere impassibile si vedeva lontano un miglio che essere colpiti lì faceva male- portò la sua attenzione su di me.
Sollevai appena lo sguardo – dalla falce alla sua maschera- giusto per scorgere una lucetta rossa brillare nella fessura arancione.
Ok, manteniamo la calma.
- AAAAAAAAAAAH!- iniziai ad urlare, prendendo a correre per la stanza – AAAAAAAH!- sbraitai, cercando di aprire la porta che, essendo stata chiusa a chiave, non si apriva ovviamente – AAAAAAAAH!- continuai, riprendendo la mia folle corsa per la camera, compiendo percorsi arzigogolati e parecchio insensati.
Non preoccupatevi, non mi ero definitivamente ammattita.
Stavo cercando di...temporeggiare. Si, speravo che così Madara ci avesse messo più tempo a decidere come farmi secca.
Mi fermai qualche secondo più tardi – dannata resistenza- annaspando alla ricerca di aria.
- Hai finito?- domandò lui inarcando un sopracciglio - d’accordo, questo non potevo dirlo. Diciamo che, col tono di voce che aveva usato, l’”alzata di sopracciglio” ci stava bene-.
Gli osservai le scarpe, indecisa sul da farsi.
Purtroppo non avevo molta scelta.
- La prego non mi uccida! Non era mia intenzione colpire sua eccellenza l’Uchiha in persona! Ok, forse un po’ volevo colpirla, ma non lo volevo fare veramente! No, cioè...cerchi di capirmi!- cominciai a sbraitare senza, però, guardarlo negli occhi.
Avevo una brutta, bruttissima, sensazione.
Rimasi inchinata – si, faceva male ammetterlo ma mi ero prostrata di fronte ad uno schifoso Uchiha- per quella che mi parve un’eternità.
Non sentendo alcun cenno di vita provenire dal mio interlocutore – la botta che aveva preso gli aveva causato un ictus?- sollevai lievemente lo sguardo.
Non l’avessi mai fatto.
In un secondo mi ritrovai intrappolata in quello che pareva essere una vera e propria occhiata di fuoco.
Venni percossa da un brivido tremendo ricordandomi che, effettivamente, quel bagliore l’avevo già visto una volta. Di persona.
La volta che ero svenuta per poi rinvenire nel mondo di Naruto.

“ Stavo tranquillamente scarabocchiando numeri senza senso in un foglio sperando di riuscire a trovare la soluzione di quel dannatissimo problema di geometria quando uno strano rumore di passi mi fece sobbalzare.
Mi alzai lentamente dalla sedia, cercando di captare qualche segno di intrusione.
Effettivamente non doveva esserci nessuno a casa mia in quel momento e dubitavo che il mio gatto potesse camminare con un passo così pesante.
Mi maledissi in tutte le lingue del mondo quando mi accorsi di aver mollato il cellulare in cucina.
Non avevo via di fuga a parte la finestra però, sinceramente, di buttarmi dal terzo piano non me ne andava più di tanto. Anche perché fuori faceva freddo e, casomai fossi sopravvissuta alla caduta, sarei morta per congelamento.
Bé, sempre meglio che essere trucidati da un serial killer.
Un altro rumore mi fece gelare il sangue nelle vene.
Ok, quello non me l’ero sicuramente immaginato.
Veniva dalla cucina.
Come facevo a dirlo poi, da dentro la mia camera, era un mistero.
Il più silenziosamente possibile aprii le ante del mio armadio e disertai da lì dentro quella sottospecie di tubo di ferro su cui si appendevano i vestiti – avete presente di che cosa sto parlando?-.
Sempre meglio quello come arma che niente.
Effettivamente avrei anche potuto decidere di accoltellare il presunto intruso con una penna ma ci sarebbe stato troppo spargimento di sangue per i miei gusti.
Tentai di uscire dalla stanza facendo meno rumore possibile ma, a quanto pareva, la mia cara maniglia arrugginita non lo voleva sapere proprio di assecondarmi. Fatto sta che un suono agghiacciante – che poteva far invidia persino alla colonna sonora di psyco - annunciò che la cretina aveva appena aperto la porta.
Deglutii sperando con tutto il cuore che il serial killer fosse sordo o che ,quantomeno, fosse troppo preso ad ammirare i vari quadri della cucina per sentire il fracasso che stavo facendo in quel momento.
Effettivamente dopo tutto il casino della maniglia ero solo inciampata sul gatto e avevo ribaltato un bonsai dalla mensola, nulla di che.
Questo si era anche spiaccicato al suolo e si era frantumato a terra con tutto il vaso e annessa imprecazione da parte della sottoscritta.
Poi ero finita con un piede nel secchio – fortunatamente vuoto- in cui mia madre solitamente metteva l’acqua per lavare i pavimenti e per toglierlo avevo mollato un calcio al muro da cui era venuto giù un pezzo di intonaco.
E pensare che la mia camera distava solamente due metri dalla cucina: probabilmente avrei demolito la casa se fosse stata un po’ più lontana!
Fatto sta che, ormai completamente fuori dalla missione “passare inosservati” mi diressi a passo spedito verso la mia meta, ormai convinta di essermi solo immaginata che ci fosse qualcuno.
In quel momento la mia preoccupazione più grande era come spiegare ai miei genitori il perché di tutto quel casino in corridoio.
Purtroppo però, per la prima volta in tutta la mia vita, scoprii che il mio intuito aveva fatto centro.
Appena lo vidi rimasi leggermente perplessa – ma solo “leggermente”: che cazzo ci faceva Madara Uchiha con il suo deretano spiaccicato sul tavolo dove io mangiavo ogni santo giorno? Non c’era più rispetto al giorno d’oggi...
Pian piano i miei neuroni parvero svegliarsi dal torpore che da sempre li contraddistingueva e cominciarono ad avanzare dei “perché?” quantomeno più sensati.
Come era entrato a casa mia? Perché era entrato a casa mia? Perché e come Madara Uchiha che, teoricamente, sarebbe dovuto essere il personaggio di un anime era a casa mia?
Ok, quello non era Madara ma un cosplayer che aveva sbagliato il luogo di ritrovo.
Mi affacciai leggermente dalla soglia ignorando il suo “Hey!” che avrebbe dovuto farlo passare per un giovincello.
Purtroppo non c’era nessun “Deidara/Sasori/Hidan” in vista.
Peccato...
- Che cavolo guardi?- borbottai rivolta all’arancione che, senza il minimo ritegno, mi stava squadrando da capo a piedi.
Il suo sguardo si soffermò sulla mia arma e per un attimo pensai che si fosse spaventato.
No, ovvio che no.
Se la rideva il bastardo! Anzi, sogghignava.
Come facessi a saperlo? Intuito femminile, ecco...
- Questa è casa mia...- gli feci presente, vagamente spaventata dal fatto che il mio cellulare si trovasse tra le sue mani.
- Lo so.- rispose lui, come se fosse la cosa più scontata del mondo.
- E quello è il mio tavolo.- tentai nuovamente, indicando il mobile su cui si era seduto.
Questa volta si limitò ad annuire, irritandomi ancora di più.
- Senti un po’...coso arancione...- cominciai, cercando di contenermi.
- “Coso”?- fece eco lui.
Io annuii.
- Se per te non è di troppo disturbo, potresti “gentilmente” staccare il tuo sedere dal mio tavolo e dirigerti verso la porta?-.
- Ambra, vuoi entrare nel mio mondo?-.”

Mi svegliai molto tempo più tardi, anche se, sinceramente, non mi ero nemmeno accorta di essermi messa a dormire.
Non appena cominciai a riprendere coscienza, ovvero quando iniziai a passare pigramente dallo stato dormi a quello del veglia, cominciai ad avvertire dolore ovunque come se fossi stata perforata da centinaia di aghi.
Ok, in parole povere mi sentivo uno schifo e la testa mi faceva ancora più male di quando mi ero ubriacata – maledetto Deidara!-.
Cercai di ricordarmi cosa accidenti mi era capitato: presa dalla disperazione mi ero lanciata contro il muro, frantumandolo e lasciandoci impressa la forma di me in fuga? Ero stata pestata a sangue da Madara? Mi ero chiusa tra le ante dell’armadio tentando di mimetizzarmi con l’ambiente circostante?
Le possibilità, ora che ci pensavo, potevano essere infinite: per quanto mi ricordavo potevo anche essermi messa a fare bungee jumping dal lampadario della camera.
Chissà perché, mentre tiravo fuori le più assurde motivazioni, continuavo a respingere un’idea che, fondamentalmente, pareva essere la più azzeccata.
Eppure il solo pensare di poterci pensare mi faceva paura.
Io non ero assolutamente stata sharingata da Madara, altrimenti me ne sarei ricordata no?
Oh cavolo, ci stavo pensando!
Mi alzai di scattò dal letto, sentendo ogni singola vertebra della spina dorsale farmi male, costringendomi ad una terribile caduta con intreccio finale tra le coperte.
Coperte? Come ci ero finita su un letto?
Cercai di sollevarmi ma, a quanto pareva, in quel momento avevo la stessa forza fisica di un budino gelatinoso.
Rimasi lì, la guancia spiaccicata contro il freddo pavimento e le gambe ancora sul letto, intrecciate tra le varie lenzuola del letto di Deidara.
- E morì così...- annunciai solenne, con una tonalità di voce che sarebbe stata perfetta se accompagnata da una colonna sonora drammatica – Io, Ambra Ricci, sto per informarvi delle mie ultime volontà. Io...- iniziai, ma dei passi poco distanti da me mi fecero sobbalzare.
Madara era ancora lì? Stava aspettando che mi svegliassi per darmi il colpo di grazia?
Accidenti! Messa in quel modo non riuscivo a vedere nulla!
- La smetti di dire idiozie?- fece infastidito qualcuno, afferrandomi per la vita e sollevandomi dal pavimento.
Eh si, dopo giorni di lontananza e solitudine mi ritrovavo finalmente tra le braccia del mio adorato Deidara.
La felicità fu così forte che per un momento mi dimenticai di essere ridotta peggio di un foglio di carta masticato da una capra – paragone decisamente strano- e approfittai di quella posizione per lanciargli le braccia al collo e spingerlo sul letto.
- DeiDei, sei proprio tu!- esclamai in un tono così dolce che non mi sarei sorpresa di vedere cuoricini fuoriuscire dalla mia testolina.
Lo sentii sbuffare, probabilmente infastidito dalla posizione che, effettivamente, era alquanto equivocabile.
Effettivamente da quando ero arrivata lì mi ritrovavo sempre in situazioni equivocabili.
Ma ero troppo contenta per pensarci: a breve mi sarei messa a scodinzolare.
Dopo cinque minuti buoni in cui l’artista non disse nulla – forse sperava che finisse tutto in fretta- iniziò a cercare di spingermi via.
- Fu, staccati!- disse irritato – Guarda che ti faccio esplodere!- mi minacciò.
Controvoglia abbandonai la mia posizione strategica e mi lasciai cadere a peso morto accanto a lui.
- Allora, cosa ti è successo, uhm?- domandò curioso – Che ci facevi infondo alle scale?-.
Infondo alle scale? Madara aveva anche cercato di rimuovere il cadavere – certo che poteva nasconderlo in un luogo un pochino più appartato-? O io avevo tentato disperatamente la fuga?
- Oh... diciamo che sono stata pestata a sangue da Maaaaaa...- cominciai, per poi ricordarmi che, forse, sarebbe stato il caso di tenermelo per me.
Effettivamente non sapevo neanche se mi avesse pestata a sangue o meno.
- Da Maaaaaa?- m’incitò lui, voltandosi verso di me.
- Dal manico della mia falce.- conclusi solenne.
Lui inarcò un sopracciglio.
- Non credevo che il manico della tua falce avesse spirito d’iniziativa.- mi punzecchiò, con la faccia di chi non credeva a una sola parola di quello che aveva sentito.
- Sarebbe stato più intelligente se tu avessi detto che sei caduta dalle scale.- mi fece notare qualcuno, qualcuno con i capelli rosso fuoco.
- ‘Ri-senpai!- cinguettai, tentando di andare ad abbracciare anche lui.
Proprio mentre stavo per alzarmi dal letto, però, la mia colonna vertebrale fece un suono terribile e, per un momento, pensai che si fosse staccata.
No, non volevo diventare un’invertebrata.
Placidamente mi rimisi sdraiata.
- La mia schiena!- piagnucolai affranta.
- Si può sapere che cosa è successo mentre eravamo via?- chiese Sasori, avvicinandosi.
- Q-quello che hai detto tu prima!- risposi impacciata, anche se, ovviamente, nessuno dei due mi volle credere.
- Sai...- iniziò Deidara, con un ghigno che non prometteva nulla di buono – Sei stata incosciente per diversi giorni. Dovevi venere quanto era preoccupato Danna.- lo prese in giro ma, prima di poter aggiungere qualcosa, si ritrovò la mia mannaia puntata alla gola.
Deglutii, incapace di proferire parola.
Probabilmente mi ero spaventata più io dell’artista.
- A proposito, cosa ci faceva questa sotto il tappeto della cucina?- domandò il marionettista, spostando il coltello.
- E perché il divano si trova in corridoio?-.
- Ah!- urlai, presa alla sprovvista dalla cruda realtà.
Questo era difficile da chiarire.
- Mi...mi era venuta improvvisamente voglia di cambiare l’arredamento ma...poi...poi la mannaia ha avuto il sopravvento e....-.
Cosa caspita stavo dicendo? Il sopravvento su cosa?
- Fu-chan...- scandì bene Deidara, calcando bene sul “chan” – Lo sai che non sai mentire, vero? Aspetta un attimo... che stai facendo?- disse, alludendo probabilmente alla mia espressione super concentrata.
- Vi sto suggestionando.- spiegai determinata – Non sentite l’irrefrenabile voglia di sorvolare su questo argomento?- chiesi speranzosa.
- No.- risposero i due in coro.
E ti pareva....
  
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