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Autore: _opheliac    20/10/2011    3 recensioni
Blaine era un ragazzo che difficilmente credeva alle storie che gli anziani raccontavano sulle loro divinità: certo, sacrificava gli animali quando lo si riteneva necessario – benché non sempre riuscisse a guardare quelle povere bestie morenti – e se arrivava un periodo di carestia allora pregava affinchè Brittany ridonasse la fertilità alle terre, ma lo faceva più per tradizione che per vero credo.
Ma un giorno dovette ricredersi.

Una Klaine ambientata nell'antica Grecia, tra gli Inferi, il Monte Olimpo e gli ostacoli delle divinità. La decisione di Finn, Padre degli Dei, risolverà i dissapori e farà vincere l'amore proibito, se questi si mostrerà meritevole, o seguirà la volontà di Dave?
Genere: Fantasy, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Un po' tutti
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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4-Solstizio d’Estate

 

Blaine non si rese conto di star trattenendo il fiato finchè il suo corpo non iniziò ad avere bisogno di buttare fuori l’aria accumulata, i polmoni che iniziavano a pulsare dolorosamente, segnalando alla sua mente che - per Finn! - doveva espirare. Quando il bisogno si fece impellente parve risvegliarsi dalla trance in cui era caduto, e sospirò rumorosamente, mentre il torace si abbassava vistosamente, vuoto; una volta che il bisogno d’ossigeno fu di nuovo impossibile da ignorare, inalò l’aria densa di fumi all’interno del tempio, sentendosi immediatamente stordito, le narici che bruciavano leggermente, mentre i polmoni si espandevano per quella boccata di aria sacra. Considerata la distanza di parecchi metri a cui si trovava rispetto al tripode, si chiese inconsciamente che sensazioni dovesse provare la Pizia, praticamente seduta sul getto dei vapori. I suoi occhi, insieme a quelli delle decine e decine di persone che come lui stavano assistendo alla cerimonia, si posarono proprio sul viso della donna che, benché fosse difficile riuscire a vedere bene attraverso i vapori, appariva stravolto dall’estasi della connessione divina che stava avvenendo in quel momento.

Blaine era attonito mentre una voce sconosciuta, antica e potente iniziava a diffondersi per la navata e poi al di fuori di essa, come trasportata e amplificata dall’aria stessa, raggiungendo nel profondo la mente di coloro che erano in grado di essere raggiunti; non fu facile, all’inizio, capire cosa stesse accadendo:  la maggior parte degli uomini e le donne all’interno del tempio avevano iniziato a guardarsi in giro, perplessi, non appena la Pizia aveva spalancato la bocca, dando inizio alla cerimonia, osservando come alcuni parevano completamente concentrati verso l’anziana donna, come se fossero in grado di sentire cose sconosciute ai più. Inizialmente aveva pensato che doveva essere soltanto una sua impressione, perché quella voce era così forte, e si insinuava nella sua mente e nel suo corpo in maniera così intensa da scuoterlo dall’interno, ed era impossibile che ci fosse qualcuno che non riuscisse a sentirla.

Il corpo della sacerdotessa era scosso da forti tremiti, mentre le sue labbra parevano muoversi da sole, del tutto indipendenti dal corpo che le ospitava, soggiogate dalla voce divina. Ella, o chi per lei, stava cantilenando di storie antiche quanto il mondo, del dio del Caos che aveva generato Gea, la madre Terra, la quale aveva generato Urano, con il quale si era congiunta per dare al mondo i Titani. Narrò di come il figlio e consorte Urano giacesse costantemente su di lei e gettasse i figli nel profondo tartaro, finchè il minore dei Titani non lo evirò, salvando i suoi fratelli e le sue sorelle.

-Egli era Crono, colui che controllava il tempo e il suo scorrimento. Ma il dio divenne un mostro ancor più cruento del padre, divorando i figli che la consorte Rea partoriva, finchè giunse Finn, il minore degli Olimpi, il più forte e il più valoroso, il quale ebbe risparmiata la vita, venendo affidato alle cure delle ninfe; quando fu cresciuto abbastanza, avvelenò il custode del tempo, rinchiudendolo per l’eternità, liberando i suoi fratelli e le sue sorelle, divenendone il capo. E come fece suo padre prima di lui, e il padre di suo padre ancor prima, prese in sposa Quinn, sua sorella, e fu il Padre degli Olimpi. –

Blaine ascoltava meravigliato quella storia di cui non aveva mai saputo l’esistenza, essendo il suo villaggio troppo piccolo per poter trovare qualcuno che ne potesse essere a conoscenza. Era affascinato da quella sequenza di lotte per la supremazia, dalle dimostrazioni di forza e coraggio e per la prima volta si rese conto di ciò che davvero erano gli Dei e cosa avevano fatto per gli uomini. Cosa ancora continuavano a fare.

E improvvisamente, parte della sua voglia di incontrare il dio Kurt si trasformò in paura. Paura per un essere che non era in grado di comprendere neanche in minima parte, che probabilmente vedeva gli uomini soltanto come piccoli giocattoli che presto o tardi avrebbero lasciato la loro vita sulla Terra, abbracciando le mortali spire dell’Ade. Sapeva che il suo desiderio era infantile e mai avrebbe potuto realizzarsi, ma quelle considerazioni erano, per lui, abbastanza tristi. Ed era quasi certo che più della metà degli uomini che ascoltavano la cerimonia non si erano mai posti le stesse considerazioni.

 

*******

 

Gli occhi di Kurt erano spalancati e brillavano in maniera innaturale, le pupille dilatate molto più del normale, ma sembrava non vedere realmente cosa c’era intorno a lui. Se lo si osservavano attentamente, si poteva notare il leggero velo opaco che ricopriva gli occhi chiari, il quale rendeva il suo sguardo vacuo e quasi senza vita, il che era stupefacente se lo si metteva in contrasto con la luce che emanavano.

La sua presenza in quella radura, ormai, era solamente fisica. Il suo spirito, la sua mente, il suo intero essere era proiettato a grandissima distanza da quell’oasi di benessere in mezzo alla foresta. Intorno a sé poteva sentire gli esseri umani raccolti alla presenza della Sacerdotessa, percependoli come piccoli, numerosi puntini. Più della metà di essi erano grigi e tristi, le luci delle loro anime completamente spente e chiuse alla sua presenza, incapaci di bearsi di un onore che non riuscivano nemmeno ad immaginare, così sciocchi da non comprendere un indizio talmente semplice da essere sotto gli occhi di tutti; il resto delle piccole anime erano ai suoi occhi luminosi cerchi di vita, le cui sfumature variavano dal bianco, al giallo, all’azzurro, tanti colori diversi, alcuni creati appositamente dalla sua mente, a raffigurare e rispecchiare l’essenza stessa di tanti uomini così diversi tra loro, e il collegamento che riuscivano a raggiungere, in quel momento, con il dio. Riconosceva subito la Pizia tra quell’intreccio di luci, poiché il puntino che la rappresentava era il più grande e il più luminoso di tutti, poiché in quel momento la sua anima era strettamente legata a quella di Kurt, tanto da sentire ciò che sentiva lui, e dire ciò che lui voleva.

Ma, oh.

Del verde brillante predominava improvvisamente la scena, meno luminoso del bianco accecante della Sacerdotessa, ma molto più di tutti gli altri esseri.

Wow, non se lo sarebbe mai aspettato.

Poteva significare solo una cosa: un umano aveva compreso appieno il significato di quel giorno, aveva capito e accolto dentro di sé l’essenza stessa del momento in cui la Porta degli Uomini veniva aperta; inutile dire che lo incuriosiva tantissimo quell’inaspettata novità.  Era la prima volta, dacché riusciva a ricordare, che accadeva una cosa simile, perché normalmente coloro che riuscivano ad ottenere un collegamento maggiore con lui erano le sacerdotesse, gli oracoli, qualcuno dotato di forte potere spirituale. Di solito, i colori che li rappresentavano erano le più vaste sfumature del bianco, comunemente associato dagli umani alle divinità.

La curiosità che lo colpì in quel momento fu tale da farlo vacillare, solo per un istante, nel pronunciare il rito cerimoniale. I suoi vasti pensieri, di norma separati, si fusero tra di loro, creando un vortice di idee, sensazioni, suoni e immagini che avrebbero distrutto una mente umana in pochi istanti. Ebbe comunque un effetto del tutto inaspettato anche su di lui, poiché confuse le parole che fuoriuscirono dalle sue labbra, facendole mischiare in un intreccio completamente nuovo e imprevisto.

Quel che accadde subito dopo non se lo sarebbe mai aspettato, ma qualcosa gli diceva che Rachel lo aveva saputo e, volutamente, non glielo aveva rivelato.

Davanti a lui, spaesato e totalmente sconvolto, vi era un umano.

E - Kurt avrebbe voluto maledire il cielo per questo – non solo era un umano, e si trovava li, dinnanzi a lui, senza la benché minima idea di come ci fosse finito, ma era il giovane che lo aveva visto settimane prima.

-Oh Finn, perché mi punisci?!- borbottò a mezza voce, la concentrazione ormai interrotta. Il suo pensiero vagò verso la Sacerdotessa, la quale si era improvvisamente ritrovata senza il collegamento mentale che si era stabilito, e cercò di calmarsi, pensando che in ogni caso la parte più importante della cerimonia era stata fatta – beh, in realtà non ne era poi così sicuro, in quei momenti si estraniava davvero dal mondo; ad esempio non aveva idea di quanto tempo fosse passato da quando aveva iniziato la meditazione – e Kurt sperò che se la sapesse cavare da sola.

In ogni caso, in quel momento non è che poteva fare molto. Per raggiungere lo stato di trance che permetteva il collegamento con la Pizia aveva meditato per giorni e giorni, dapprima a momenti alterni, facendo delle lunghe pause per riposare la mente e rifocillare il corpo, bisogno che si presentava più frequentemente in quei momenti rispetto a quanto accadeva di solito; il giorno prima della cerimonia, comunque, si era chiuso nella meditazione e non ne era più uscito, e così avrebbe continuato finché non avesse finito.

Kurt sospirò leggermente, osservando l’uomo ancora spaesato, e lentamente si alzò dal masso su cui era seduto dal giorno prima, sentendo le forze iniziare a scemare in maniera quasi impercettibile; incurante dell’acqua che gli lambiva le gambe nude, infilò i piedi dentro il placido lago, creando delle increspature sulla superficie fino a quel momento liscia, le quali andarono aumentando non appena egli iniziò a muoversi verso la riva ove il giovane era scompostamente seduto.

Blaine, dal suo canto, era immobile, le mani appoggiate alla fresca erba, gli occhi nocciola che non riuscivano a staccarsi dal corpo sinuoso del dio che avanzava verso di lui, gli schizzi d’acqua sollevati al suo passaggio che si attaccavano all’orlo del bianco chitone, rendendone il tessuto trasparente. Spaventato e confuso, continuava a chiedersi cosa ci facesse li, dove fosse di preciso, e soprattutto se ciò che stava vedendo era reale; magari, si disse, era svenuto per via dei vapori all’interno del Tempio, e adesso stava vivendo un’allucinazione. Una bellissima allucinazione, doveva dirlo.

Per provare a se stesso che era veramente un sogno ad occhi aperti prese una pietra appuntita a pochi centimetri di distanza dalla sua mano, e stringendola con forza se la sbatté sulla mano sinistra in velocità, convinto com’era che non avrebbe nemmeno sentito il colpo; peccato che il dolore che si espanse per tutta la superficie dell’arto fu alquanto reale, e anche piuttosto forte, e anche il gemito che era uscito dalla sua bocca lo sembrava, così come il colorito della pelle che cambiò in un rosa molto acceso.

-Per Finn, ma voi umani non vi eravate evoluti?!- una voce dal tono insolitamente alto e nervoso arrivò alle orecchie di Blaine, il quale alzò lo sguardo, fino a quel momento tenuto sulla mano dolorante, verso il proprietario, che gli era ormai arrivato vicino e lo sovrastava con la sua presenza imponente.

Il moro rimase senza parole, la bocca spalancata, incapace di rispondere in maniera adeguata alla sagace provocazione del Dio, il quale gli sostava davanti, le braccia incrociate al petto, il cipiglio severo ed altezzoso che induriva appena i suoi tratti delicati e quasi femminei, senza però deturparne la bellezza.

E, da quella posizione, Blaine poteva osservare ben altre bellezze del corpo del Dio.

-Sai parlare? Hai un nome?Sembri più tonto di Sam quando si inizia a parlare di questioni sulla terra ferma!-

Blaine non si era accorto che, mentre lui era perso a contemplare il viso e le gambe del Dio, lì dinanzi a lui egli aveva continuato a parlare, chiedendogli informazioni che in quel momento non era in grado di rivelare, tanto era lo sconcerto che gli albergava in corpo.  Deglutì a vuoto un paio di volte mentre la voce cristallina del Dio continuava incalzata ad essere rivolta verso di lui, e tentò di articolare una frase di senso compiuto nella mente.

-Voi, ehm, vostra eccellenza, no, vostra divinità, uhm- beh, non era propriamente sensata, ma era il meglio che riusciva a venir fuori in quel momento. Avrebbe voluto dirgli il suo nome e riuscire a rispondere al Dio, ma non aveva la minima idea di come rivolgersi a lui eh, ohpertuttiglidei, doveva sembrare ridicolo. Un bue avrebbe avuto più acume mentale.

E da come le sopracciglia di Kurt si arcuarono, probabilmente doveva pensarlo anche lui.

-Io sono, cioè, Blaine- gli uscì a gran velocità, gli occhi ancora spalancati, il collo teso per osservarlo. Si rese conto soltanto in quell’istante che era ancora inginocchiato ai suoi piedi, anche se forse era la cosa giusta da fare. Insomma, ci si inchinava davanti ai Re, cosa avrebbe dovuto fare dinanzi un Dio? Sdraiarsi per terra? Osannarlo? Per la prima volta maledì la sua poca conoscenza degli Olimpi, che in quel momento si sarebbe rivelata estremamente utile.

Probabilmente Kurt dovette intuire il suo spaesamento perché il suo sguardo si addolcì lievemente e un piccolo sospiro lasciò le sue labbra prima che una mano gli fosse porta in aiuto. Blaine la fissò perplesso per qualche secondo, alternando poi lo sguardo sul viso del dio, prima di afferrarla e farsi tirar su; sentiva le ginocchia pericolosamente instabili.

-Blaine, dunque. Non siete un giovane molto sveglio, eh? Ma va bene, non siete poi così diverso dal resto della vostra specie, tutti così sporchi, senza cultura, e così bassi.. ma cosa stavo dicendo? Ohibò, non ha importanza. Chiamatemi pure Kurt, se vi aggrada. Anche per me, infondo, è la prima conversazione con un umano, non sentitevi troppo in imbarazzo.-

Il giovane uomo era rimasto ad ascoltare quel fiume inarrestabile di parole per un tempo che sembrava lungo una vita, ma lo trovò stranamente piacevole; la voce del dio – di Kurt, si corresse mentalmente – possedeva una tonalità diversa da tutte le voci che era abituato a sentire, e pareva rassomigliare molto più a una voce femminile, benché fosse dotata di una certa virilità che la rendeva, senza alcun dubbio, appartenente ad un uomo. In ogni caso, era di una musicalità e bellezza per lui indescrivibile a parole, forse l’unica similitudine che riusciva a rendergli giustizia era il suono degli uccellini che cinguettavano deliziati alle prime luci del giorno.

-Oh, dunque. Kurt. Voi, uhm, sapreste dirmi.. come sono arrivato qui? E dove sono?- ma nel momento in cui Blaine pose quell’ultima domanda, ebbe da sé la risposta. Quella era indubbiamente la foresta che si trovava ai piedi del monte Olimpo, a poca distanza dal suo villaggio. La foresta in cui da anni cacciava e si nascondeva, e dove aveva visto il dio per la prima volta. Come aveva fatto a non riconoscerla subito? Vi passava buona parte delle sue giornate sin da quando era un bambino!

Kurt, probabilmente, doveva aver visto lo sguardo di consapevolezza negli occhi castani di lui – un castano così strano, con sfumature verdi e dorate – poiché decise di rispondere soltanto ad una delle sue domande. L’unica a cui non sapeva dare risposta.

-Oh, questo è un quesito interessante. In realtà non ho da darvi una risposta concreta, mi duole ammetterlo. Devo aver perso concentrazione durante il rito e beh, aver sbagliato qualche passaggio. Non chiedetemi altro. – buttò fuori quella risposta in maniera piuttosto secca, quasi borbottando, come se in realtà si vergognasse di ciò che stava raccontando. Blaine pensò che a creature perfette come gli dei capitasse di rado di commettere degli errori. Ovviamente, non sapeva quanto si stava sbagliando.

In ogni caso, adesso si trovava lì, nella foresta. Aveva lasciato lo zaino nella camera della locanda, convinto di tornare per la notte, e oltre a quello aveva anche pagato in anticipo la piccola stanzetta. La cosa lo infastidiva un poco, ma fortunatamente non aveva nulla di valore all’interno del bagaglio usato per viaggiare, preoccupato com’era che potesse rovinarsi, dunque ciò che vi aveva perso era lo zaino di tessuto e il misero e logoro cambio usato durante il pellegrinaggio. Nulla di particolarmente rilevante.

Ciò che lo faceva pensare, però, era il motivo per il quale proprio lui fosse scomparso dalla cerimonia e riapparso lì dinanzi al dio Kurt. O forse anche altri avevano viaggiato sino a finire nei misteri del mondo sconosciuto? E se invece era stato scelto perché qualcosa in lui non andava? Quei pensieri irragionevoli iniziarono a mandarlo in panico.

-Oh santi numi, non è che mi è accaduto qualcosa di strano durante il viaggio? Mi avete lasciato della magia addosso? Dovrò sacrificare qualche parte di me, adesso?- chiese totalmente impaurito,  sgranando gli occhi e fissando ancor più insistentemente il dio, avvicinandosi a lui di un paio di centimetri, come se la sua vicinanza lo rassicurasse.

Per contro, egli si batté una mano sulla fronte pallida, in segno di evidente frustrazione.

-Ma per gli Dei, ma quali amenità andate blaterando? Magia, sacrificare voi stesso? Voi non siete molto esperto del nostro culto, nevvero? – gli chiese allora, riducendo gli occhi celesti in due fessure severe e spazientite.  A quello sguardo, Blaine non poté che tirarsi appena indietro come a voler rimpicciolire, e fece segno di diniego con il capo.

Un lungo sospiro lasciò allora le rosee labbra di Kurt, che, dopo averlo fissato per un paio di istanti in silenzio, volse il corpo alla sua destra, camminando per pochi passi fino a raggiungere dei grossi massi, abbastanza grandi e lisci da permettere di star seduti in posizione abbastanza comoda. Prese posto e accavallò le gambe con un gesto elegante, evitando così che il chitone mettesse in mostra parti poco consone alla visione altrui, e con la mano sinistra batté sul masso accanto a lui, facendo segno a Blaine di sedersi. Il giovane lo guardò perplesso, ma impiegò solo pochi secondi a decidersi a raggiungerlo, andandosi ad accomodare con impazienza.

-Avete molto da imparare. Iniziamo-

 

*******

Lo scranno di Finn era il più grande e il più luminoso, quasi a volerne sottolineare l’importanza e la maestosità. Era posizionato esattamente davanti l’Orasep, in leggero rialzo rispetto a quello degli altri Olimpi, così che potesse osservare meglio ciò che vi scorreva all’interno; tuttavia era un evento alquanto raro trovarlo seduto al posto che gli spettava di diritto, poiché di norma preferiva osservare il mondo nell’intimità delle sue stanze. Quel giorno, però, qualcosa lo aveva spinto a continuare il momento della vista lì nella navata centrale del Tempio.

Si era seduto, un braccio poggiato sulla sedia, l’altro lievemente piegato all’esterno, la mano saldamente stretta attorno all’impugnatura del proprio scettro. Il chitone bianco, lungo sino ai piedi a differenza di molti del suoi simili, gli cingeva il corpo virile lasciandone scoperte piccole porzioni di pelle. Gli occhi scuri erano concentrati sulle immagini che continuavano a susseguirsi all’interno della grande sfera, tanto da creare delle piccole rughe sulla fronte normalmente liscia del dio; nonostante quello, però, il suo sguardo appariva sereno e, stranamente, quasi compiaciuto.  Vi era una dolcezza di fondo che, agli occhi di un osservatore esterno, sarebbe stata inspiegabile. Ovviamene, nella mente del Padre degli Dei era tutto chiaro; forse fin troppo.

Era solo nella sua contemplazione; rari erano i momenti in cui qualcuno lo disturbasse con la sua presenza, a meno che egli stesso non la richiedesse. Erano ben pochi coloro che si presentavano al suo cospetto per motivi futili o senza che quelli fossero presenti, e ancor meno coloro che lo disturbavano con chiacchiere inutili solo per perder tempo. In effetti, forse l’unica persona che faceva una cosa simile era sua moglie Quinn.

Finn sospirò soltanto al pensiero della consorte, distraendosi per alcuni istanti da ciò che stava osservando, e accorgendosi finalmente di una figura a pochi passi di distanza, appoggiata ad una delle colonne che separavano la navata centrale da quella destra. Per un attimo irritato da non essersene accorto prima, il sentimento sparì quasi all’istante alla vista di chi fosse.

-Oh Rachel, mia cara. Non vedo perché non ti avvicini, così da farmi godere della tua compagnia.- le disse sorridente, il tono di voce caldo e gentile. Gli occhi si erano staccati solo per un momento dall’Orasep, e vi tornarono quasi all’istante.

Rachel rise a quella frase, ma non si mosse dalla sua posizione, continuando a tenere gli occhi su di lui – Oh Finn, sapete benissimo perché non mi avvicino. Mi pare di avervelo ricordato giusto la notte scorsa, e la notte prima ancora, e credo che potrei proseguire all’infinito, se ne avessi il tempo.-

Nonostante i modi formali che aveva utilizzato nel rispondergli, il suo tono era alquanto divertito e – come negarlo – piuttosto canzonatorio, come se sapesse di poterlo prendere in giro senza rischiare conseguenze.

-Vorrei solo farti ragionare, lo sai. – il tono di Finn era ancora gentile, ma la risposta era stata data in maniera secca, come se fosse stata una frase detta milioni di volte, ormai impressa a memoria nella mente e rilasciata dalle labbra in maniera automatica.

-Ne abbiamo già parlato. E’ una mia scelta, e ci convivo più che bene da secoli, ormai. Non saranno le tue voglie da soddisfare a farmi cambiare idea.-

Le immagini dell’Orasep scomparvero completamente, e l’attenzione di Finn si volse completamente verso la dea bruna, le cui guancie si erano arrossate per la veemenza con cui aveva pronunciato quella frase. A parte Quinn, Rachel era l’unica persona in tutto l’Olimpo che osasse rivolgersi a lui in quei toni bruschi e che mostrasse una certa confidenza. I battibecchi tra di loro erano una routine ormai, un piccolo rito che andava avanti ormai da tempo immemore e che erano iniziati dapprima come imbarazzanti segnali e balbettanti richieste, per poi divenire giocose prese in giro; non vi era mai stato un vero e proprio litigio tra loro, se non qualche frustrato battibecco.

Era la prima volta, da tantissimi anni, che la dea gli rispondeva in quei termini. A sua memoria, Finn non ricordava fosse mai accaduto. E, per la prima volta, il suo sguardo, nel posarsi sul viso di lei, si indurì a tal punto da sembrare minaccioso.

-Non osare rivolgerti a me in questi toni, Rachel! Solo perché non ho mai posto lamentela sui tuoi atteggiamenti, ciò non significa che tu possa trattarmi come un tuo pari.- si alzò di scatto a quelle parole, la voce rimbombante per tutta la navata. Era furente, e la mano attorno allo scettro si strinse convulsamente.

Rachel lo guardò in silenzio per alcuni istanti, lo sguardo indecifrabile, prima di abbassare lo sguardo, delusa.

-Siete voi a desiderare ch’io lo faccia. Desiderate troppe cose che non avverranno mai, Padre mio.-

E a testa china, mosse il passo verso l’uscita, le parole ancora echeggianti in direzione di Finn, il quale rimase ad osservarla, immobile, finché le grandi porte non si richiusero dietro di lei.

 

 

Spazio dell’autrice

*spunta da un angolino*

Oh, ehm, salve! Forse vi ricorderete di me come quella cretina che pubblicò una storia dicendo che avrebbe aggiornato una volta a settimana e poi sparì per due mesi interi. Vi porgo le mie più sincere scuse per questo incredibile e ingiustificabile ritardo. A mia discolpa posso solo dire che questo capitolo mi ha fatto patire le pene dell’inferno per la parte centrale, che i dialoghi sono e resteranno sempre il mio cruccio poiché sono completamente incapace di scriverli, e che in realtà in questo capitolo dovevano esserci anche altre cose nel mio progetto iniziale; solo che, una volta iniziato a scrivere, non riuscivo a collocarle.

Semplicemente, non dovevano starci.

Poi l’università, la laurea del mio fidanzato, gli esami, le lezioni.. non sono riuscita a gestirmi con i tempi come speravo di poter fare, e mi sono ritrovata ad avere poco tempo e sfruttarlo in malo modo. Mi spiace, sul serio.

Che altro posso dire? Mi spiace veramente tanto, ma spero apprezzerete comunque questo capitolo,  dove FINALMENTE i nostri beniamini si incontrano come si deve! So che non dovrei nemmeno chiederlo dopo il lungo periodo di latitanza, ma mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate.

Ringrazio tantissimo Alba, alias Sashy qui su efp che da ragazza gentilissima qual è ha accettato di betarmi questo capitolo dandomi una grossa, enorme mano. Grazie cara, probabilmente avrei impiegato altre due settimane senza te.

Insomma, vi lascio. Continuerò a scrivere non appena finite queste note, non preoccupatevi. Solo, mi sembra ovvio che non riuscirò a pubblicare ogni settimana. Spero ogni due, massimo tre. Lo so, forse è troppo, ma sinceramente spero si rivelino solo previsioni pessimiste.

Grazie se siete arrivati fin qui, a presto!

 

  
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