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Autore: sonyx1992    20/10/2011    1 recensioni
Dal capitolo 12:"I sogni sono come i bicchieri: si rompono facilmente.
Vengono chiusi in una scatola su cui viene scritto “fragile” come ammonimento, per ricordarci di quanto sia facile perderli.
Tu prendi la scatola tra le mani, stai attenta ad ogni passo, stai attenta alla stretta sul contenitore, lo appoggi al petto, giusto sotto al mento, per poter cogliere le trappole sul cammino.
Ma stai attenta!
Anche quando mancano pochi gradini i pericoli sono lì, in agguato, nascosti dietro l'angolo, celato dentro due bambini che giocano sulle scale.
Ti incontrano, vi scontrate, cadete; e cadono i sogni.
E quella scatola con la scritta “fragile” ti dimostra la sua fragilità lasciando che i tuoi sogni si frantumino.
GAME OVER.
I tuoi sogni sono distrutti, non vedi? Sono lì, a terra, spezzati in miliardi di pezzi, ormai inutili se non per ferire e tagliare chi posa un piede sopra di loro.
Ed ora cosa fai?
Ti siedi, li osservi, pensi a come andare avanti.
È inutile piangere sul latte versato e sui sogni infranti.
Ti alzi, ti tiri su con le braccia e ricominci, raccogli la scatola, rimetti insieme i pezzi di vetro e vai avanti; cammini fino alla tua destinazione, poi ti fermi e ti siedi di nuovo, vicino ad un cumulo di neve, e con le mani rosse ed infreddolite, inizi a modellarla, a schiacciarla, a toglierla.
Cosa fai?
“Voglio costruire un pupazzo di neve”, mi rispondi.
Ed io osservo la scatola accanto a te, con dentro i tuoi sogni infranti.
Ci guardo dentro e mi accorgo che tra i cocci di vetro un bicchiere è ancora intero; si, te lo giuro, non lo vedi? È ancora lì, si è salvato!
Sorrido perché i tuoi sogni ci sono ancora, nascosti tra i pezzi di quelli infranti, ma ci sono ancora.
Quindi, ti aiuto a costruire il pupazzo di neve."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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01- LA VITA AMA I TEST A CROCETTE

 

"Federica"

 

 

Natale è il periodo che preferisco. In assoluto.

Ogni anno io e Lea lo passiamo insieme, a casa mia, sedute davanti al fuoco a scaldarci e raccontare pettegolezzi e novità; non ci capitano spesso episodi come questo: abitiamo distanti l'una dall'altra e i nostri lavori ci tengono spesso lontane; ma il giorno della Vigilia di Natale lei riesce sempre a ritagliare un po’ di tempo dal suo lavoro all'officina del padre per venire a trovarmi.

"E non sai che ha fatto! È tornato, un'altra volta!! Se continua così mio padre lo ucciderà!" si mette a ridere, cercando di evitare di strozzarsi con un pop-corn.

Non lo ammetterà mai ma è innamorata di Nicola, dal tempo del liceo.

Partecipo anch'io alla risata della mia amica, immaginando la scena del signor Marini inseguire quel povero ragazzo lanciandogli dietro oggetti e minacciarlo di non tornare più ad importunare sua figlia.

Sono stati insieme una volta, ma poi lui l'ha tradita con un'altra, allora lei l'ha lasciato.

Ma il ragazzo non si è dato per vinto e sembra volersi guadagnare il perdono di Lea.

"Che programmi hai per domani?" chiedo cambiando discorso, mentre mi infilo in bocca una manciata di pop-corn.

Lei alza le spalle, "Il solito" risponde atona, "I miei vogliono che passi la giornata di Natale con la famiglia."

Sorrido divertita all'espressione contrariata di Lea.

"Tu invece?" mi sbircia lei, già intuendo la mia risposta.

"Indovina?" le domando ironicamente, lasciando che sia lei ad esprimere ciò che sospetta.

"Mattia" dice semplicemente, esponendo con quella sola parola tutti i suoi sospetti.

Sospetti che vengono fondati da un mio cenno affermativo.

Sbuffa, "Però non è giusto. Tu passi col tuo fidanzatino il Natale e a me tocca trascorrerlo sola con la mia famiglia. Mi toccherà sopportare la zia Milly. La conosci, sai quanto è noiosa!…"

Annuisco mentre lei continua a parlare, divertita dal suo atteggiamento rimasto infantile.

Già, la vita è ingiusta, non posso davvero darle torto. Ormai si sa che chi davvero si meriterebbe qualcosa di buono riceve come ricompensa solo qualcosa di spiacevole.

"Bè, potresti perdonare Nicola." Le suggerisco, distogliendo lo sguardo da lei e fissando il fuoco che con le sue fiamme si muove senza controllo.

"Ma sei scema?? Mai!!! Non dopo quello che mi ha fatto!" incrocia le braccia al petto, alzando lo sguardo indispettita dalla mia proposta.

Sorrido divertita, prendendo un'altra manciata di pop-corn dalla scodella.

"Come vuoi. Allora salutami zia Milly." Ribatto io, iniziando a ridere e lanciandole i pop-corn in faccia.

Lei inizia a ridere, cercando di ripararsi dalla frecciata di pop-corn con le mani e mettendosi in ginocchio inizia il contrattacco, rubandomi la scodella e rovesciandone il contenuto su di me, "Questa me la paghi, Alberti!" urla tra le risa.

Questa è la Vigilia che amo, quella che voglio passare ogni anno.

Io e Lea davanti al fuoco a lanciarci i pop-corn addosso e a ridere spensierate, distaccandoci completamente dal mondo esterno per una sera.

 

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La vita è troppo furba da lasciarsi ingannare così. Ogni momento, anche quello più spensierato e felice, è destinato a finire, lasciando il posto alla realtà di sempre.

 

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"Ancora non ci credo che mi abbandoni in questo modo!" Lea mi guarda imbronciata appoggiata al cancello di casa mia, mentre corro incontro a Mattia e lo saluto con un bacio a fior di labbra.

"Dai Lea, non ricominciare! Non morirai!!" le assicuro io, staccandomi dal mio amore e guardandola sorridendo.

Lei risponde sbuffando, incrociando le braccia al petto ed alzando lo sguardo contrariata, aumentando l'espressione della sua smorfia imbronciata.

"Mi sono perso qualcosa?" chiede Mattia, confuso dal comportamento della mia amica.

"Niente amore." Gli spiego io, "Solo una ragazzina capricciosa che non vuole passare il Natale con la sua famiglia!" continuo alzando apposta il tono della voce per farmi sentire dalla diretta interessata.

Lei mi fulmina con lo sguardo, continuando a tenere la sua faccia imbronciata.

"Ehi! Ragazzina capricciosa a chi??" si avvicina lei minacciosa.

Io la guardo fingendomi confusa della sua reazione e facendomi pensierosa.

"Mmm...tu!" le dico, puntandola con un dito e facendola imbestialire ancora di più.

"Tsk!" risponde lei, tornando nella sua posizione imbronciata, fingendosi offesa per le mie parole.

"Non sarebbe meglio che tu vada dai tuoi, ragazzina capricciosa?" la richiamo guardandola con aria di sfida, ricevendo l'ennesima occhiata fulminante dalla mia amica.

"Adesso vado, signora Stellari." Apostrofa le ultime parole apposta, sapendo bene l'effetto che provocano a me e a Mattia.

Come si aspetta Lea, mi sento avvampare le guance e sbirciando il mio ragazzo capisco che anche lui è arrossito a quell'appellativo.

Solo ieri sera le ho confidato che non vedo l'ora che Mattia mi chieda di sposarlo, in fondo è da molti anni che stiamo insieme e lui vuole quasi trasferirsi a casa mia, ma ancora non si è deciso a farmi la proposta.

"Stupida!" le rispondo io, tradita.

Lei mi risponde facendomi la linguaccia, mettendosi poi a ridere per la paralisi che ancora immobilizza il mio ragazzo e per saltellare come una ragazzina verso la sua macchina, una C3 grigia metallizzata.

La sbircio mentre continua a sorridermi attraverso il parabrezza, orgogliosa per la sua vendetta nei miei confronti.

Avvia il motore e si allontana dal viale di casa mia, mentre un silenzio di tomba sembra cadere tra me e Mattia, ancora immobilizzato, con l'espressione persa nel vuoto.

"Andiamo?" domando titubante poi, senza aspettare una risposta, mi fiondo nella sua Aygo blu; chiudo la portiera e prendendo un profondo respiro attendo che anche Mattia salga.

Qualche attimo di totale silenzio, poi il rumore della portiera che si apre e lui, il volto cadaverico e lo sguardo fisso nel vuoto che si siede sul sedile e afferra saldamente il volante, come se volesse avere qualcosa di saldo e sicuro a cui aggrapparsi.

Imbarazzata, resto in silenzio, aspettando che gli avvenimenti continuino da soli senza il mio intervento.

Quando Mattia sembra rilassarsi gira la chiave facendo rombare il motore e, dopo aver ingranato la marcia, guida la sua Aygo blu lontano da casa mia.

 

------------

 

Quando ero piccola, qualcuno a me caro mi augurò di raggiungere i miei sogni; avrei dovuto impegnarmi a fondo, prepararmi alle cadute, alle delusioni e alle lacrime...ma, una volta superato tutto questo ce l'avrei fatta e, il mio sogno, si sarebbe finalmente realizzato.

Che sogno meraviglioso!

 

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"Senti, amore, riguardo a quello che ha detto Lea stamattina…" provo ad aprire il 'Discorso Matrimonio', cercando di volgere a mio favore il tradimento della mia amica.

Lo sento irrigidirsi a quelle mie prime parole, mentre il suo sguardo torna a perdersi nel vuoto.

"Si, ecco…sai com'è fatta!! Scherza sempre quella cretina!!" rimedio alla situazione per nulla favorevole, maledicendo tra me il comportamento infantile di Lea che mi ha cacciato in questo guaio.

Mattia sembra rilassarsi e lo sento prendere un respiro di sollievo.

Inizio a dondolare uno sci dalla seggiovia dove siamo seduti, nervosamente e col rischio che lo sci si stacchi e che cada nella soffice neve che ricopre il terreno a qualche metro sotto di noi.

A quell'idea torno lucida e rimetto lo sci al suo posto, al sicuro, appoggiandolo sulla sbarra di metallo.

"Comunque non è una cattiva idea.." lo sento irrigidirsi nuovamente.

"Si, cioè…non che non ci abbia pensato all'idea di.." provo a fare il primo passo, mentre sento il volto che mi va a fuoco, quasi letteralmente: mi sento bollire.

"Ci siamo quasi, togli gli sci!" mi interrompe bruscamente lui, alzando poi la sbarra che ci tiene seduti.

Sbuffo amareggiata, mentre mi lascio scivolare fuori dalla seggiovia e nascondo parte del volto sotto la calda sciarpa che mi avvolge il collo, per non fargli vedere l'improvviso rossore che mi ha colta.

Poi, con una potente spinta con le racchette, iniziamo a scendere per le piste innevate, dimenticando ed evitando completamente l'appellativo datomi quella mattina da Lea.

"Signora Stellari." Ripeto tra me e me tra uno slalom e l'altro.

Non suona neanche male!

Comunque una cosa è certa: il 'Discorso Matrimonio' è ufficialmente chiuso.

 

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"Amore, il tuo telefono lo butto giù nella neve se non smette di suonare!" impreca nel sonno il mio ragazzo, girandosi dall'altra parte del letto matrimoniale.

Senza aprire gli occhi, tasto con la mano sul comodino, cercando distrattamente la causa di quel rumore fastidioso.

Lo afferro e schiaccio il pulsante per la risposta, portandomelo stancamente all'orecchio.

"Pronto?" domando debolmente, ancora intontita dal sonno.

Dall'altro capo sento ciò che non avrei mai voluto sentire in tutta la mia vita.

Mi alzo di scatto, mettendomi seduta sul letto ed appoggiando istintivamente una mano sulla bocca, come se mi volessi impedire di singhiozzare o urlare.

"Dove?" domando in preda alla disperazione, il cuore che batte forte per la paura.

Annuisco stupidamente, come se il mio interlocutore potesse vedermi, "Arriviamo subito."

Butto il telefonino sul letto e mi alzo di corsa, correndo all'armadio e tirando fuori i primi vestiti che mi capitano.

"Fede, che succede?" Mattia mi guarda nella penombra, le coperte che coprono dolcemente parte del suo corpo.

"Lea." Dico semplicemente, come se il nome della mia distratta amica potesse spiegare tutto, "Ha avuto un incidente." Aggiungo, per essere più chiara.

 

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Questa sera mi sono chiesta come mai la vita sia così crudele nei nostri confronti. Forse, prova una sottospecie di piacere sadico nel vederci soffrire nei momenti più felici che trascorriamo.

Pensateci: quando tutto sembra andarci bene accade sempre qualcosa, qualsiasi cosa, capace di rovinarci, anche solo in parte, quella felicità e quella gioia.

Come è accaduto a Lea. Non so cosa abbia fatto di così grave da meritarsi questo; dev'essere stato qualcosa di terribile però, se la vendetta è stata così crudele da rovinare l'esistenza della mia amica svampita.

Lea, non credo tu ti meritassi tutto questo.

 

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Coma. Trauma cranico. Basse percentuali di uscire da questo incubo.

Il mio cervello tenta inutilmente di rigettare tutte queste parole, queste informazioni, queste terribili notizie.

I medici restano freddi e distaccati mentre informano il signor Marini sulle condizioni della figlia.

Preferisco concentrarmi sulle loro espressioni e sul loro incredibile sangue freddo che pensare a Lea.

Mi chiedo come facciano a distaccarsi in quel modo… in fondo, si parla di una ragazza, giovane, senza problemi, che fino ad oggi ha vissuto la sua vita tranquilla e con normalità. Come possono restare così freddi ed inermi alla straziante scena del signor Marini? Il volto cadaverico e gli occhi spenti che puntano il vuoto: anche lui si rifiuta di ascoltare quelle parole.

Ma i medici continuano con le loro spiegazioni. Del resto, è parte del loro lavoro.

"Mi dispiace." Tenta un gesto di umanità quello che sembra più anziano dei 2 medici che ci stanno di fronte; ha la barba bianca ispida che gli da l'aria di essere anziano e gli occhi vuoti, svuotati da ogni emozione e nascosti dietro un paio di occhiali da vista; i capelli rari gli coprono parte del cranio e le mani ruvide stringono a forza una cartelletta.

Il signor Marini non reagisce a quelle parole, resta con gli occhi sgranati a fissare il vuoto.

Mattia mi stringe una mano, intuendo il mio dolore.

Lo guardo per un istante, lasciando che quel contatto plachi un po’ quell'enorme sofferenza ed incredulità.

Appare calmo e controllato, anche se la sua mano stretta a pungo sui jeans tradisce il suo stato d'animo.

"Possiamo vederla?" chiedo in un filo di voce, tornando a fissare il dottore dalla barba bianca.

Annuisce, mantenendo costantemente il suo professionale distacco dalla situazione.

 

La stanza è fredda, come i dottori che lavorano in quell'ospedale. Le pareti sono bianche, neutre, spoglie. Hai sempre odiato gli ospedali, penso tristemente tra me.

Resto sulla soglia per un istante, lo sguardo che studia le pareti fredde, senza avere il coraggio di posarsi su quel letto così terribilmente doloroso.

Ma non posso evitarlo. Ecco che i miei occhi si posano su di te e ne resto inorridita.

"Come è successo? Come ti hanno ridotta?" Penso disperata, le gambe che iniziano a farsi deboli proprio in quel momento in cui tu sembri aver bisogno di forza e sostegno.

Tremando e strisciando stancamente i piedi mi avvicino al tuo letto; si potrebbe pensare che tu dorma tranquillamente tra quelle bianche lenzuola, che sembrano riflettere la neutralità delle pareti e dei medici; si potrebbe ipotizzare che tu stia facendo chissà quali bei sogni, persa chissà dove nella tua fantasia.

Ma i tubi che partono dal tuo corpo tradiscono ogni ipotesi positiva.

Coma. Trauma cranico.

Non ho il coraggio di avvicinarmi. Sono la solita fifona, lo so. Tra le due sei sempre stata tu la più forte e coraggiosa; io sono sempre stata quella controllata, che prima di fare qualsiasi cosa ci pensa su almeno un miliardo di volte; ma in questo momento, avrei solo bisogno di un minimo di quel tuo coraggio per poterti stare vicino, per non fuggire o crollare sulle mie deboli gambe.

Le lacrime iniziano a pungermi gli occhi; e mi fa male addirittura cercare di tenerle indietro.

Mi porto un'altra volta la mano alla bocca, come ho fatto quando la debole voce del signor Marini mi ha messo al corrente di ciò che è successo.

Trattengo i singhiozzi, o almeno ci provo, ma questi sembrano più forti di me e mi scuotono il corpo con duri colpi, come se volessero farmi svegliare.

Resto come una stupida a metà strada tra te e la porta della stanza, le gambe paralizzate e troppo deboli per fare un altro passo.

E l'unica cosa a cui riesco a pensare è quanto sia ingiusta la vita.

Non è giusto. Non è giusto.

 

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Ci mette alla prova. Ci studia e poi, senza un preavviso, ci sottopone ad un esame, ad un test. Uno stupido test in cui devi crocettare una delle due risposte. Ho sempre odiato quel genere di compiti in classe, quelli in cui devi giocarti tutto, devi giocare contro la fortuna. Non basta studiare, non è sufficiente, perché le domande nascondono trucchi, indovinelli difficili da decifrare. La prima o la seconda? Quale delle due è quella giusta?

Noi ancora non lo sappiamo, ma quella crocetta è capace di cambiare il nostro destino, è capace di cambiare tutto.

La prima o la seconda? La penna batte nervosamente, indecisa, senza sapere quale segnare.

È l'esame al quale ci sottopone la vita, la realtà. Non può andare sempre tutto bene perché poi la vita diventa invidiosa di noi, della nostra fortuna e felicità. Per questo ci mette alla prova e ci inganna con i suoi trucchi, con i suoi inganni nascosti in quelle due scelte.

La prima o la seconda? Tu quale hai scelto? La prima o la seconda?

 

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Buonasera a tutti voi lettori di Efp. :)
Questo capitolo è un pò lungo (anzi, ho dovuto tagliare anche un pezzo!) ma dal prossimo saranno più brevi.
Allora che dire di questa storia: più che un racconto romantico tra due sole persone (che sarebbero Federica e Mattia secondo la trama), questo racconto è più spinto al tema dell'amicizia e delle vite di quattro persone, vale a dire: Federica, Lea, Mattia e Nicola (tutti intorno ai 25 anni come età). Ogni capitolo ha un punto di vista diverso e vanno a turno (il primo è Federica, il secondo Lea, il terzo Nicola, il quarto Mattia e poi si ripete...).
Loro quattro sono i protagonisti con lo scopo di 'raggiungere i propri sogni' come dice il titolo; e, l'evento accaduto a Lea li fermerà nei loro sogni o sarà solo una spinta a realizzarli? Questo sta a voi scoprirlo se avrete voglia di seguirmi!
Un bacio.

=Sony=

   
 
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