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Autore: MairTonks    22/10/2011    1 recensioni
C'è una storia dietro ogni persona.
C'è una ragione per cui loro sono quel che sono.
Qualcosa nel passato li ha resi tali,e alcune volte è impossibile cambiarli .
-S.Freud
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Una via piena di bambini.
 
Dicembre 1962
 
Quel pomeriggio di fine dicembre tutte le strade dell’Inghilterra erano ricoperte da una soffice neve che continuava a scendere lentamente.
Forse era l’aria natalizia, le decorazioni appese alle porte, gli alberi addobbati di mille colori o la risata gioiosa dei bambini che rendeva l’aria quasi magica ed era difficile trattenere un sorriso.
Non tutti sembravano respirare quell’aria di festa.
In una via della periferia di Londra una bambina, nascosta dietro un albero, guardava con invidia un gruppo di bambini che giocava con la neve. Alcuni si lanciavano palle di neve, altri tentavano di costruire un pupazzo e altri ancora si rotolavano ridendo sulla candida distesa bianca che ricopriva il giardino.
Dovevano divertirsi molto visto che alcuni ridevano talmente tanto da finire per terra, stremati dalle troppe risate. Un bambino con indosso un vecchio cappello rosso, probabilmente di seconda mano, lanciò una palla di neve verso di lei centrando in piena faccia e facendole perdere l'equilibrio.
 
-Stai bene?- le urlò il bambino preoccupato mentre tendeva una mano per aiutarla a rialzarsi.
 
La bambina si tolse la neve dagli occhi e fissò quasi con disgusto la mano sporca del che il bambino le tendeva. I suoi genitori le avevano ordinato di non entrare in contatto con i bambini babbani perché erano inferiori e doveva trattarli al pari degli elfi domestici.
 
-Sicura di non esserti fatta male?- le chiese il bambino vedendo che non reagiva e toccandole leggermente una spalla.
 
-Non mi toccare!- esclamò la bambina scostandosi come se si fosse scottata.
Il bambino sembra essersi offeso e rimase lì con gli occhi bassi, come se stesse cercando di scusarsi senza usare le parole. La bambina si alzò lentamente, scrollandosi la neve dai suoi vestiti nuovi e rendendosi conto che il suo vestitino era tutto sporco. Alzò lo sguardo sul bambino davanti a lei e notò che anche i suoi vestiti erano sporchi e bagnati come i suoi.
 
Il panico la invase, si era ridotta allo stesso livello dei bambini babbani? Cosa avrebbero detto i suoi genitori quando l’avrebbero vista così? La paura le salì fino agli occhi e uscì fuori sotto forma di lacrime e singhiozzi.
 
-Perché piangi?- le domandò il bambino fissandola senza però avvicinarsi per paura di essere respinto.
 
La bambina disse qualcosa ma la risposta fu coperta dai singhiozzi e resa incomprensibile dalle labbra bagnate dalle lacrime.
 
-Ehi, se piangi mentre parli non si capisce niente. Fai un bel respiro e poi rispondi- le consigliò il bambino.
 
-Mi sono sporcata il vestito- rispose dopo aver seguito le indicazioni del bambino.
 
-Ahahah-
 
-Casa c’è da ridere?- chiese la bambina stringendo i pugni per la rabbia. Il bambino davanti a lei era piegato in due dalle risate e sembrava non aver sentito la sua domanda.
 
-Beh, non è una cosa molto grave e poi non sei l’unica con i vestiti sporchi. Guarda me ad esempio- rispose il bambino con un sorriso mentre indicava i suoi vestiti tutti bagnati. La bambina ora tremava di rabbia e sentire che un babbano si paragonava a lei la fece infuriare di più.
 
Il bambino continuava a fissarla con un sorriso e la bambina perse il controllo. Da un ramo dell’albero sopra la testa del bambino, cadde una grossa quantità di neve che ricoprì completamente la piccola figura.
Se ne pentì subito: non aveva ancora compiuto undici anni ed era normale che una bambina della sua età perdesse il controllo della magia ma il bambino davanti a lei era stato travolto dalla neve e di lui rimaneva solo il berretto rosso che spiccava sul quel mare di bianco.
 
Quando il bambino riemerse la bambina ritornò a respirare e si precipitò ad aiutarlo.
 
-Scusami, non volevo- si scusò la bambina mentre lo aiutava a togliersi la neve dai vestiti.
 
-Tranquilla, non sei stata tu a far cadere la neve dal ramo, sarebbe impossibile- commentò il bambino.
 
-Io mi chiamo Bradley- si presentò
 
-Io sono Charity- disse lei educatamente, come le era stato insegnato da sua madre.
 
-Che nome strano-
     
-Non è che il tuo sia meglio- commentò lei leggermente offesa.
 
-Ma è bello, è particolare- disse il bambino cercando di farsi perdonare.
 
Charity sorrise e in quel momento si rese conto che il bambino che aveva davanti non era tanto diverso da lei, anche se non era un mago.
 
-Mi dispiace per i tuoi vestiti ma sta tranquilla, tra qualche ora si asciugheranno e ritorneranno come nuovi- la rassicurò Bradley.
 
-Lo so, ma io voglio che si asciughino adesso- disse Charity con un tono da bambina capricciosa che non ha ancora ottenuto quello che vuole. Ma all’improvviso una strana luce gialla avvolse i due bambini e quando se ne andò avevano entrambi i vestiti asciutti.
Charity guardò Bradley davanti a lei con gli occhi colmi di terrore. Aveva appena fatto una magia davanti ad un babbano e non poteva certo spiegargli che era stata lei.
 
-Wow, qualche ora deve essere già passata!- esclamò il bambino notando i suoi vestiti asciutti.
 
-Già- commentò lei con una risatina nervosa che tentava di nascondere il sollievo.
 
-Si sta facendo tardi e devo tornare a casa. Ci vediamo Bradley- lo salutò Charity allontanandosi prima che il bambino potesse fare altre domande sul fatto appena accaduto.
 
-Aspettami- le urlò Bradley mentre la inseguiva.
-Devo tornare a casa anche io. Io abito al numero 26, te?- le domandò camminando al suo fianco.
 
-Al numero 14- rispose Charity continuando a camminare guardando davanti a se per dare l’impressione di non conoscere il bambino. Se i suoi genitori l’avessero vista parlare con quel bambino sarebbe finita nei guai.  
 
-Ho capito! Abiti in quella grande casa che sembra un castello- disse. La bambina non potè fare a meno di trattenere una risata.    
                                                                                                       
 La sua casa, al contrario di quella della maggior parte dei maghi purosangue che viveva in vie babbana, non era visibile solo ai maghi. I suoi genitori avevano fatto in modo che i babbani ammirassero la grandezza della loro casa e si sentissero inferiori. Succedeva che gli adulti si fermassero ad ammirare la loro casa facendo commenti a voce alta su quanto era grande e bella. Al contrario i bambini la paragonavano ad un castello come quelli che vedevano nei loro libri di favole, dove vi abitavano grandi principi e principesse.  
 
-Io sono arrivata, ci vediamo Bradley- lo salutò qualche minuto dopo mentre rientrava a casa sperando che nessuno dei suoi genitori la vedesse.
 
-Ciao Charity- rispose lui agitando la mano mentre si allontanava.
 
La bambina entrò nella grande casa e raggiunse in fretta la sua camera. Nonostante lo spiacevole inizio, il pomeriggio era stato divertente e quel bambino che aveva conosciuto al parco era davvero simpatico. Mentre tornavano a casa insieme le aveva raccontato della sua battaglia a palle di neve con i suoi amici e univa parole e gesti rendendo tutto più divertente.
 
Una domanda le sorse spontanea: perché i suoi genitori le dicevano sempre di non giocare con i babbani perché erano cattivi? Cosa avevano di sbagliato?
 
 
Angolo Autrice ^^
Salve a tutti!!! So di avere un’altra storia in corso ma questa idea mi piaceva troppo. Come avrete capito questa storia parla di Charity Burbage, la professoressa di babbanologia ad Hogwarst. Mi sono sempre chiesta perché avesse scelto questa professione e ora provo a darmi una risposta^^ .
Ci tengo a precisare che i personaggi (ad eccezione di alcuni che prendo in prestito dalla Rowling) e le date sono di mia invenzione. Non so se Charity fosse una purosangue ma ciò serve a rendere la storia più interessante.
Spero sia di vostro gradimento !!!
                                                        Emily 

  
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