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Autore: itsjjoy    22/10/2011    6 recensioni
"La cosa peggiore era che sapeva perfettamente che se Adam avesse anche solo accennato a scusarsi lui sarebbe tornato a gettarsi tra le sue braccia come se non fosse successo nulla. Anche se continuava a fare male, anche se Adam avrebbe continuato a tradirlo ed a utilizzarlo come valvola di sfogo quando era nervoso, Tommy sarebbe stato lì a lasciarglielo fare, senza battere ciglio, perché non era capace di fare altrimenti."
Forse Adam meritava una persona che lo amasse all’inverosimile, ma Tommy meritava davvero una persona che lo trattasse in quel modo?

[Adam/Tommy; Adam/Sauli; Tommy/OMC; Isaac]
Genere: Angst, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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VERSE 2:          
I'm lyin' here, on the floor, where you left me,
I think I took too much.   

You can do the math a thousand ways, but you can't erase the fact    
that others come and others go, but you always come back.
I'm a winter flower underground always thirsty for summer rain,  
and just like the change of seasons,
I know you'll be back again.     

~

Una mano calda gli sorreggeva la testa. Tommy aveva i brividi e sudava freddo.
Un’altra mano, anch’essa tanto calda da sembrare bollente, gli accarezzava la guancia.

Tommy! Tommy, svegliati!” Un sussurro pieno di panico.
Poi la mano di Adam che scivolava a chiudersi attorno al suo polso.
Alcuni lunghi, infiniti secondi di attesa, poi un sospiro di sollievo.
Qualche bestemmia.
Tommy tentò di aprire gli occhi o di parlare, ma scoprì con un certo disappunto che il suo cervello pareva scollegato dal resto del corpo.
Poi Adam lo tirò su, prendendolo in braccio.
Riuscì a socchiudere gli occhi e a distinguere la sagoma del viso del moro, le labbra contratte in un’espressione preoccupatissima. Poi li richiuse, stanco come se avesse appena sollevato un macigno.


Quando si svegliò gli ci vollero alcuni secondi per realizzare dove si trovava.
Era sul divano della cucina, un plaid stretto attorno alle spalle e Adam che lo manteneva seduto, mentre parlava con un dottore. Non aveva aperto gli occhi, ma era certo che fosse un medico: poteva sentire l’odore di medicine nella stanza.
Cercò di ribellarsi alla stretta di Adam: macché medico, si sarebbe messo a letto e tutto sarebbe passato! Non voleva medicine, non voleva dottori puzzolenti, voleva che Adam gli chiedesse scusa!
Ma appena provò a muoversi e ad aprire gli occhi, a spingere via il cantante, a chiedergli spiegazioni, la testa iniziò a girargli vorticosamente, e riuscì a stento a blaterare qualcosa, prima che la vista gli si oscurasse di nuovo.


Tremava di freddo, stretto sotto delle coperte.
Dove si trovava?
Provò ad aprire gli occhi, ma era troppo debole. Adam era lì, ne era certo. Poteva sentirlo respirare. Era certo che fosse lui. Non sapeva perché, ma ne era certo.

Adam...” mormorò con un tono quasi impercettibile. Non era sicuro che l’altro lo avesse sentito, ma era certo che l’idea che fosse lì, solo per lui, gli riempiva il cuore di un flebile calore.
La mano di Adam stavolta pareva ghiacciata quando gli sfiorò il viso.

Shh... Riposati...”


Adam lo sorreggeva, lo faceva stare seduto.
Dalle labbra di Tommy sfuggì qualche lamento. Che doveva fare? Voleva riposare, era stanco. Perché doveva stare seduto?
Sentì le dita di Adam fargli aprire le labbra e poi imboccarlo. Un cucchiaio con quello che sembrava pastina col brodo. Non voleva mangiare, avrebbe vomitato ancora! Provò a ribellarsi, ma fu inutile. Non ne aveva la forza.
Adam gliene diede altri quattro, forse cinque, obbligandolo a schiudere le labbra e poi a deglutire, con gesti delicatissimi, ma incredibilmente decisi. Con le dita gli spinse tra le labbra qualcosa dal sapore orribile. Sembravano pillole. Poi gli fece bere dell’acqua. Tommy lo lasciò fare, deglutì anche le pillole sperando che fosse finita lì.
Alla fine l’altro lo fece stendere di nuovo, gli scostò i capelli dal viso e sospirò.
A Tommy parve di sentirgli sussurrare qualcosa, ma non capì cosa.


Buio pesto.
La mano ghiacciata di Adam sulla sua fronte, ed uno sbuffo preoccupato.
Lo sentì alzarsi, poi ascoltò i suoi passi allontanarsi. Dopo un po’ lo sentì tornare e posargli una pezza bagnata e incredibilmente fredda sulla fronte, mentre sussurrava qualcosa.
Socchiuse gli occhi, e sorrise nel vedere la sua sagoma sfocata.

Sei tornato, Adam... Sei... tornato...” mormorò piano.
Il ragazzo gli rivolse uno sguardo a metà tra il preoccupato ed il triste. Scosse la testa.
“Shh... Hai 41° di febbre, stai delirando...” Adam lo sussurrò dolcemente, scostandogli i capelli dalla pezza bagnata. Tommy non sapeva se aveva davvero la temperatura così alta, ma era quasi certo di non stare delirando. Ma era troppo stanco per insistere.


Faceva meno freddo, e di certo la temperatura gli si era abbassata, perché Tommy riuscì persino ad aprire gli occhi e a mettere a fuoco quello che aveva intorno.
Era nella sua camera. La stanza era buia, e non distingueva bene quello che c’era intorno.
Adam era seduto su una sedia, accanto al letto. Sembrava addormentato.
Era tornato, sì, non c’era dubbio. Tommy provò a sorridere, ma aveva le labbra terribilmente secche. E doveva andare in bagno.
Sospirò, cercando di alzarsi. Si sentiva debolissimo, ma rispetto alle altre volte riusciva almeno a muoversi. Il bagno era vicinissimo, non sarebbe poi stato così difficile arrivarci. O no?
La risposta parve arrivare da sola quando, alzatosi dal letto, le ginocchia tremanti lo obbligarono ad accasciarsi per terra.
Si lasciò sfuggire un gemito di frustrazione.
Fanculo. Batté debolmente i pugni sul pavimento, senza ottenere neanche di farsi male. Poi, quasi come se spuntassero dal nulla, le mani di Adam lo tirarono su e lo sorressero. Tommy fece una smorfia sofferente, quasi come se quel tocco bruciasse.
Torna a letto..” Adam mormorò, senza avvicinarsi troppo. Era come se avesse paura di una sua reazione. Tommy mugolò e si sforzò di guardarlo.
C’era una tensione terribile, di attesa, di pensieri non detti, di parole ingoiate e di offese prese e mai restituite.

Io devo... devo andare... in bagno.”
Riuscì a leggere l’imbarazzo negli occhi di Adam quando quegli esitò e annuì, poi lo aiutò ad arrivare al bagno sfiorandolo quasi come se fosse un filo d’erba. Okay, forse non stava molto bene.. ma a Tommy tutto quello parve decisamente esagerato! Era solo un po’ di febbre..
Tommy guardò Adam tutto il tempo, lasciandosi trasportare di peso da lui, che nel frattempo evitava testardamente il suoi occhi. Arrivati in bagno, il moro gli tirò giù pantaloni e mutande, frettolosamente, ed arrossendo. Tommy vide chiaramente il rossore sulle sue guance, ma non disse nulla, ed arrossì a sua volta. Avrebbe voluto dirgli che almeno i pantaloni sapeva abbassarseli anche da solo, farselo fare era imbarazzante anche in una situazione del genere, ma non era sicuro che ci sarebbe
davvero riuscito da sé, così restò in silenzio. Si sedette sulla tazza e Adam si voltò, facendo per uscire.
“Ti lascio solo... Non alzarti. Quando hai fatto chiamami.” Parve sforzarsi di controllare il tono della propria voce, poi praticamente scappò via, fuori dalla stanza, chiudendo la porta di scatto.


Adam parlava al telefono, Tommy poteva cogliere spezzoni delle sue frasi.

Ti preoccupi per me? Questa sì che è una novità!” Adam rise senza allegria e la cosa diede i brividi a Tommy. L’ultima volta che l’aveva sentito ridere così, era arrabbiato con lui.
Perché nessuno si preoccupa per lui, invece?”
Tommy cambiò posizione tra le coperte, nel modo più silenzioso possibile, scoprendo un orecchio che teneva premuto contro il cuscino, in modo da sentire meglio.

Non m’importa un cazzo del lavoro. Non lo lascio solo!”
Tommy sorrise tra sé e sé. Parlava di lui, non era così? Avrebbe tanto voluto abbracciarlo, ma era così stanco...

No che non mi ammalo, idiota. Sono sotto antibiotici anche io, razza di coglione che non sei altro!”
Chissà con chi parlava, per usare termini così coloriti con tanta tranquillità.

Licenziami pure, fai il cazzo che ti pare. Io da qui non mi muovo.”
Tommy rabbrividì e gli venne ancora da piangere. Stavolta per via di qualcosa di molto simile alla felicità, però. Come aveva potuto dubitare dell’amore di quel ragazzo anche solo per un istante? Sicuramente gli avrebbe chiesto scusa, appena sarebbe stato meglio. E poi si stava prendendo cura di lui...
Sentì Adam borbottare qualcos’altro e mandare a quel paese il suo interlocutore, per poi ritornare verso il letto. Richiuse gli occhi e fece finta di dormire.
Lo sentì avvicinarsi, poi sentì il calore delle sue labbra sulle proprie.
E l’odore, e il sapore, e la morbidezza di quel semplice bacio lo fecero rabbrividire flebilmente.
Non seppe se Adam se ne fosse accorto o meno. Probabilmente pensava che stesse dormendo.

Non mi allontaneranno da te. Mai più. Te lo prometto.”


La mano di Adam tra i propri capelli fu la prima cosa che percepì, ancora prima di aprire gli occhi. Glieli accarezzava delicatamente, sicuramente per evitare di svegliarlo, e teneva l’altra mano posata sulla sua. Era curioso come la mano che gli sfiorava il viso paresse terribilmente fredda, mentre l’altra poggiata sulla sua sembrasse invece molto calda. Tommy sorrise e aprì lentamente gli occhi.
Adam ritrasse la mano in fretta e le posò entrambe su quella ghiacciata di Tommy. Scosse la testa.

Sei tornato...” il sussurro di Tommy fu appena percettibile, ma Adam lo udì chiaramente e sembrò riscuotersi dai propri pensieri. Non rispose. Gli posò una mano sulla fronte, probabilmente per controllargli la temperatura. Pensava di nuovo che delirasse?
Sono semplicemente venuto a vedere se eri ancora vivo.. non hai risposto al telefono e mi sono spaventato.”
Tommy sentì il cuore mancare un battito. L’aveva chiamato! Lo aveva pensato, e si era preoccupato per lui... Non poté fare a meno di sorridere. Adam scosse la testa e abbassò lo sguardo.

E poi sei rimasto..” Tommy lo aggiunse, flebilmente, guardandolo felice.
Stavi male! Ti ho trovato svenuto fuori sul balcone! Ho... ho avuto tanta paura, Tommy...” Adam si interruppe, ma Tommy non disse nulla. Non c’era nulla da dire. Era tornato. Poteva metterla come gli pareva, negare fino alla morte, ma era lì con lui, si stava occupando di lui, lo stava curando, e Tommy lo sapeva che quella era una cosa che non avrebbe fatto per nessun altro. Solo per lui.
Adam alzò lo sguardo su Tommy. La sua espressione cambiò dall’intenerito ad una smorfia che Tommy non riuscì ad identificare. Poi abbassò lo sguardo, sospirò e tornò a guardarlo con un’espressione intensa, tra la rabbia, la frustrazione e la malinconia.

Non vorrei sembrati invadente... Ma mi spieghi cosa hai in testa, al posto del cervello? Segatura?” fece una breve pausa, guardando l’espressione confusa di Tommy. “Avrai perso qualcosa come dieci chili in una settimana e ora devo anche darti da mangiare o continueresti a star digiuno! Il medico era preoccupatissimo, voleva ricoverarti! Sei pazzo o cosa?”
Tommy era sorpreso, nell’accezione negativa: ora era lui che doveva chiedere scusa? Ma come si permetteva? Avrebbe dovuto essere preoccupato, sentirsi in colpa – e lui fu sordo a quelle sfumature di voce che trasmettevano apprensione, e che ripensandoci in seguito si rese conto (o forse si convinse?) di aver udito ma di non aver ascoltato. In quel momento, però, si rese conto soltanto che Adam se la stava prendendo con lui, di nuovo. Non solo non gli aveva chiesto scusa – aveva il
dovere di farlo, diamine, dopo tutto quello che era successo! – ma aveva persino il coraggio di arrabbiarsi con lui! Era possibile passare dallo stare così bene allo stare di nuovo tremendamente male in un solo istante – con una sola frase? Forse, in fondo, aveva fatto bene a dubitare del suo amore: c’erano dei buoni motivi per farlo e quello era uno di essi. Non era difficile, bastava dire una parola, una sola, scusa.
Io.. non lo so...” borbottò Tommy, guardandolo di sottecchi e sperando solo che si calmasse. Lui non riuscì ad alterarsi, stava troppo male, voleva solo lasciare cadere la discussione e far finta di nulla, ne aveva abbastanza di finire sempre in quella situazione. E poi, davvero non sapeva perché si era comportato in quel modo: stava uno schifo e aveva semplicemente fatto quello che il suo corpo gli aveva detto di fare; non aveva fame e non aveva mangiato. Non era colpa sua se si era ammalato!
Adam, dal canto suo, non sembrava volersi fermare. Non lasciò a Tommy il tempo di pensarci, magari di formulare qualche scusa, qualcosa da dire, qualunque cosa preservasse quel poco di orgoglio che gli restava e che non fosse un patetico ‘perdonami, non lo faccio più’.

Non lo sai?! Tommy! Sei stato a digiuno per sei giorni! SEI GIORNI!! Cosa cercavi di fare, morire di fame?! Ti ho trovato svenuto, avevi la febbre a 41° e avevi vomitato sangue, Tommy, sangue! E per fortuna che sono venuto io! Hai la polmonite. Vuoi spiegarmi come cazzo hai fatto a prendere la polmonite in estate?! Ti rendi conto che hai messo in pericolo la tua vita?!”
Tommy non riuscì a trattenere le lacrime, cominciarono a scendere da sole, ancora una volta come di volontà propria; iniziò a singhiozzare e dei forti colpi di tosse lo scossero tutto. Dio, che figura orribile.
Adam smise di urlargli contro quando vide le lacrime, e fece per dire qualcosa, ma poi Tommy tossì, e singhiozzò e lui semplicemente gli si avvicinò, lo sguardo da cucciolo bastonato che aveva sempre quando si sentiva in colpa, e gli passò un braccio attorno alle spalle, stringendolo a sé.

No... Io... Calmati, Tommy...”
Ma Tommy lo ignorò. Anzi, singhiozzò ancora più forte, ed un altro attacco di tosse lo scosse tutto. Cercò persino di allontanarlo, ma non ci riuscì, riusciva a stento a stare seduto senza che gli girasse la testa!
“Io non volevo che succedesse tutto questo... Non è colpa mia.. Non è colpa mia...” Tommy non riuscì più a trattenersi, tirò su con il naso, poi riprese a piangere, come un bambino; si sentiva così gracile, debole, sembrava bastasse un soffio a portarlo via, che si sentì consolato quando l’altro lo strinse a sé.
Aveva bisogno di Adam, in quel momento, ed era assurdo, ma lui era proprio lì, al suo fianco, eppure era come se non ci fosse. Il calore e l’odore erano quelli, ma quello non era il suo ragazzo, quello era un suo amico a cui aveva fatto pena e che per pura compassione lo stava aiutando.
A poco a poco Tommy si calmò, con grande sforzo, iniziò a piangere in silenzio, stretto al moro con una forza che neanche lui stesso si sarebbe aspettato di avere. Sperava di sentire quella fatidica parola da un’istante all’altro, lo sperava con tutto il cuore, ma quando quella non arrivò, decise di provare a fare lui il primo passo.

L’ho fatto perché... Non avevo la forza di fare nulla sapendo che i nostri ‘per sempre’ erano una bugia...” il biondo lo mormorò con un filo di voce e poi tirò su col naso, gli occhi chiusi e l’aria stanca. Adam sospirò e lo strinse appena di più.
Tutto quello che Tommy silenziosamente implorava che accadesse era che lui gli facesse delle maledette scuse, che gli dicesse che quei per sempre non erano una bugia e che non lo sarebbero mai diventati, che lui era lì e sarebbe rimasto, perché non potevano fare a meno l’uno dell’altro.
Ma Adam non disse nulla.







Note di fine capitolo:

...do re mi soool

LOL!
No, okay, torniamo seri. 
Spero che vi piaccia e che non odierete troppo il mio Adam adorato perché, fidatevi della vostra amata autrice, ha le sue ragioni ed è convinto che siano valide! Per quanto riguarda il nostro piccolo e maltrattato micetto, beh.. non è un cretino irresponsabile pazzo d'amore, lui? *-*
La canzone di questo capitolo è "Just Like A Pill" di P!nk, perfetta per il tema, non pensate? :P

   
 
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