VERSE
2:
I'm lyin' here,
on the floor, where you left me,
I think I took
too much.
You
can do the math a thousand ways, but you can't erase the fact
that
others come and others go, but you always come back.
I'm
a winter flower underground always thirsty for summer rain,
and
just like the change of seasons,
I
know you'll be back again.
~
Una
mano calda gli sorreggeva la testa. Tommy aveva i brividi e sudava
freddo.
Un’altra
mano, anch’essa tanto calda da sembrare bollente, gli
accarezzava
la guancia.
“Tommy!
Tommy, svegliati!” Un sussurro pieno di panico.
Poi
la mano di Adam che scivolava a chiudersi attorno al suo polso.
Alcuni
lunghi, infiniti secondi di attesa, poi un sospiro di sollievo.
Qualche
bestemmia.
Tommy
tentò di aprire gli occhi o di parlare, ma scoprì
con un certo
disappunto che il suo cervello pareva scollegato dal resto del corpo.
Poi
Adam lo tirò su, prendendolo in braccio.
Riuscì
a socchiudere gli occhi e a distinguere la sagoma del viso del moro,
le labbra contratte in un’espressione preoccupatissima. Poi
li
richiuse, stanco come se avesse appena sollevato un macigno.
Quando
si svegliò gli ci vollero alcuni secondi per realizzare dove
si
trovava.
Era
sul divano della cucina, un plaid stretto attorno alle spalle e Adam
che lo manteneva seduto, mentre parlava con un dottore. Non aveva
aperto gli occhi, ma era certo che fosse un medico: poteva sentire
l’odore di medicine nella stanza.
Cercò
di ribellarsi alla stretta di Adam: macché medico, si
sarebbe messo
a letto e tutto sarebbe passato! Non voleva medicine, non voleva
dottori puzzolenti, voleva che Adam gli chiedesse scusa!
Ma
appena provò a muoversi e ad aprire gli occhi, a spingere
via il
cantante, a chiedergli spiegazioni, la testa iniziò a
girargli
vorticosamente, e riuscì a stento a blaterare qualcosa,
prima che la
vista gli si oscurasse di nuovo.
Tremava
di freddo, stretto sotto delle coperte.
Dove
si trovava?
Provò
ad aprire gli occhi, ma era troppo debole. Adam era lì, ne
era
certo. Poteva sentirlo respirare. Era certo che fosse lui. Non sapeva
perché, ma ne era certo.
“Adam...”
mormorò con un tono quasi impercettibile. Non era sicuro che
l’altro
lo avesse sentito, ma era certo che l’idea che fosse
lì, solo per
lui, gli riempiva il cuore di un flebile calore.
La
mano di Adam stavolta pareva ghiacciata quando gli sfiorò il
viso.
“Shh...
Riposati...”
Adam
lo sorreggeva, lo faceva stare seduto.
Dalle
labbra di Tommy sfuggì qualche lamento. Che doveva fare?
Voleva
riposare, era stanco. Perché doveva stare seduto?
Sentì
le dita di Adam fargli aprire le labbra e poi imboccarlo. Un
cucchiaio con quello che sembrava pastina col brodo. Non voleva
mangiare, avrebbe vomitato ancora! Provò a ribellarsi, ma fu
inutile. Non ne aveva la forza.
Adam
gliene diede altri quattro, forse cinque, obbligandolo a schiudere le
labbra e poi a deglutire, con gesti delicatissimi, ma incredibilmente
decisi. Con le dita gli spinse tra le labbra qualcosa dal sapore
orribile. Sembravano pillole. Poi gli fece bere dell’acqua.
Tommy
lo lasciò fare, deglutì anche le pillole sperando
che fosse finita
lì.
Alla
fine l’altro lo fece stendere di nuovo, gli scostò
i capelli dal
viso e sospirò.
A
Tommy parve di sentirgli sussurrare qualcosa, ma non capì
cosa.
Buio
pesto.
La
mano ghiacciata di Adam sulla sua fronte, ed uno sbuffo preoccupato.
Lo
sentì alzarsi, poi ascoltò i suoi passi
allontanarsi. Dopo un po’
lo sentì tornare e posargli una pezza bagnata e
incredibilmente
fredda sulla fronte, mentre sussurrava qualcosa.
Socchiuse
gli occhi, e sorrise nel vedere la sua sagoma sfocata.
“Sei
tornato, Adam... Sei... tornato...” mormorò piano.
Il
ragazzo gli rivolse uno sguardo a metà tra il preoccupato ed
il
triste. Scosse la testa.
“Shh... Hai 41° di febbre, stai
delirando...” Adam lo sussurrò dolcemente,
scostandogli i capelli
dalla pezza bagnata. Tommy non sapeva se aveva davvero la temperatura
così alta, ma era quasi certo di non stare delirando. Ma era
troppo
stanco per insistere.
Faceva
meno freddo, e di certo la temperatura gli si era abbassata,
perché
Tommy riuscì persino ad aprire gli occhi e a mettere a fuoco
quello
che aveva intorno.
Era
nella sua camera. La stanza era buia, e non distingueva bene quello
che c’era intorno.
Adam
era seduto su una sedia, accanto al letto. Sembrava addormentato.
Era
tornato, sì, non c’era dubbio. Tommy
provò a sorridere, ma aveva
le labbra terribilmente secche. E doveva andare in bagno.
Sospirò,
cercando di alzarsi. Si sentiva debolissimo, ma rispetto alle altre
volte riusciva almeno a muoversi. Il bagno era vicinissimo, non
sarebbe poi stato così difficile arrivarci. O no?
La
risposta parve arrivare da sola quando, alzatosi dal letto, le
ginocchia tremanti lo obbligarono ad accasciarsi per terra.
Si
lasciò sfuggire un gemito di frustrazione. Fanculo.
Batté debolmente i pugni sul pavimento, senza ottenere
neanche di
farsi male. Poi, quasi come se spuntassero dal nulla, le mani di Adam
lo tirarono su e lo sorressero. Tommy fece una smorfia sofferente,
quasi come se quel tocco bruciasse.
“Torna
a letto..” Adam mormorò, senza avvicinarsi troppo.
Era come se
avesse paura di una sua reazione. Tommy mugolò e si
sforzò di
guardarlo.
C’era
una tensione terribile, di attesa, di pensieri non detti, di parole
ingoiate e di offese prese e mai restituite.
“Io
devo... devo andare... in bagno.”
Riuscì
a leggere l’imbarazzo negli occhi di Adam quando quegli
esitò e
annuì, poi lo aiutò ad arrivare al bagno
sfiorandolo quasi come se
fosse un filo d’erba. Okay, forse non stava molto bene.. ma a
Tommy
tutto quello parve decisamente esagerato! Era solo un po’ di
febbre..
Tommy
guardò Adam tutto il tempo, lasciandosi trasportare di peso
da lui,
che nel frattempo evitava testardamente il suoi occhi. Arrivati in
bagno, il moro gli tirò giù pantaloni e mutande,
frettolosamente,
ed arrossendo. Tommy vide chiaramente il rossore sulle sue guance, ma
non disse nulla, ed arrossì a sua volta. Avrebbe voluto
dirgli che
almeno i pantaloni sapeva abbassarseli anche da solo, farselo fare
era imbarazzante anche in una situazione del genere, ma non era
sicuro che ci sarebbe davvero
riuscito da sé, così restò in
silenzio. Si sedette sulla tazza e
Adam si voltò, facendo per uscire.
“Ti lascio solo... Non
alzarti. Quando hai fatto chiamami.” Parve sforzarsi di
controllare
il tono della propria voce, poi praticamente scappò via,
fuori dalla
stanza, chiudendo la porta di scatto.
Adam
parlava al telefono, Tommy poteva cogliere spezzoni delle sue frasi.
“Ti
preoccupi per me? Questa sì che è una
novità!” Adam rise senza
allegria e la cosa diede i brividi a Tommy. L’ultima volta
che
l’aveva sentito ridere così, era arrabbiato con
lui.
“Perché
nessuno si preoccupa per lui, invece?”
Tommy
cambiò posizione tra le coperte, nel modo più
silenzioso possibile,
scoprendo un orecchio che teneva premuto contro il cuscino, in modo
da sentire meglio.
“Non
m’importa un cazzo del lavoro. Non lo lascio solo!”
Tommy
sorrise tra sé e sé. Parlava di lui, non era
così? Avrebbe tanto
voluto abbracciarlo, ma era così stanco...
“No
che non mi ammalo, idiota. Sono sotto antibiotici anche io, razza di
coglione che non sei altro!”
Chissà
con chi parlava, per usare termini così coloriti con tanta
tranquillità.
“Licenziami
pure, fai il cazzo che ti pare. Io da qui non mi muovo.”
Tommy
rabbrividì e gli venne ancora da piangere. Stavolta per via
di
qualcosa di molto simile alla felicità, però.
Come aveva potuto
dubitare dell’amore di quel ragazzo anche solo per un
istante?
Sicuramente gli avrebbe chiesto scusa, appena sarebbe stato meglio. E
poi si stava prendendo cura di lui...
Sentì
Adam borbottare qualcos’altro e mandare a quel paese il suo
interlocutore, per poi ritornare verso il letto. Richiuse gli occhi e
fece finta di dormire.
Lo
sentì avvicinarsi, poi sentì il calore delle sue
labbra sulle
proprie.
E
l’odore, e il sapore, e la morbidezza di quel semplice bacio
lo
fecero rabbrividire flebilmente.
Non
seppe se Adam se ne fosse accorto o meno. Probabilmente pensava che
stesse dormendo.
“Non
mi allontaneranno da te. Mai più. Te lo prometto.”
La
mano di Adam tra i propri capelli fu la prima cosa che
percepì,
ancora prima di aprire gli occhi. Glieli accarezzava delicatamente,
sicuramente per evitare di svegliarlo, e teneva l’altra mano
posata
sulla sua. Era curioso come la mano che gli sfiorava il viso paresse
terribilmente fredda, mentre l’altra poggiata sulla sua
sembrasse
invece molto calda. Tommy sorrise e aprì lentamente gli
occhi.
Adam
ritrasse la mano in fretta e le posò entrambe su quella
ghiacciata
di Tommy. Scosse la testa.
“Sei
tornato...” il sussurro di Tommy fu appena percettibile, ma
Adam lo
udì chiaramente e sembrò riscuotersi dai propri
pensieri. Non
rispose. Gli posò una mano sulla fronte, probabilmente per
controllargli la temperatura. Pensava di nuovo che delirasse?
“Sono
semplicemente venuto a vedere se eri ancora vivo.. non hai risposto
al telefono e mi sono spaventato.”
Tommy
sentì il cuore mancare un battito. L’aveva
chiamato! Lo aveva
pensato, e si era preoccupato per lui... Non poté fare a
meno di
sorridere. Adam scosse la testa e abbassò lo sguardo.
“E
poi sei rimasto..” Tommy lo aggiunse, flebilmente,
guardandolo
felice.
“Stavi
male! Ti ho trovato svenuto fuori sul balcone! Ho... ho avuto tanta
paura, Tommy...” Adam si interruppe, ma Tommy non disse
nulla. Non
c’era nulla da dire. Era tornato. Poteva metterla come gli
pareva,
negare fino alla morte, ma era lì con lui, si stava
occupando di
lui, lo stava curando, e Tommy lo sapeva che quella era una cosa che
non avrebbe fatto per nessun altro. Solo per lui.
Adam
alzò lo sguardo su Tommy. La sua espressione
cambiò dall’intenerito
ad una smorfia che Tommy non riuscì ad identificare. Poi
abbassò lo
sguardo, sospirò e tornò a guardarlo con
un’espressione intensa,
tra la rabbia, la frustrazione e la malinconia.
“Non
vorrei sembrati invadente... Ma mi spieghi cosa hai in testa, al
posto del cervello? Segatura?” fece una breve pausa,
guardando
l’espressione confusa di Tommy. “Avrai perso
qualcosa come dieci
chili in una settimana e ora devo anche darti da mangiare o
continueresti a star digiuno! Il medico era preoccupatissimo, voleva
ricoverarti! Sei pazzo o cosa?”
Tommy
era sorpreso, nell’accezione negativa: ora era lui che doveva
chiedere scusa? Ma come si permetteva? Avrebbe dovuto essere
preoccupato, sentirsi in colpa – e lui fu sordo a quelle
sfumature
di voce che trasmettevano apprensione, e che ripensandoci in seguito
si rese conto (o forse si convinse?) di aver udito ma di non aver
ascoltato. In quel momento, però, si rese conto soltanto che
Adam se
la stava prendendo con lui, di nuovo. Non solo non gli aveva chiesto
scusa – aveva il dovere
di farlo, diamine, dopo tutto quello che era successo! – ma
aveva
persino il coraggio di arrabbiarsi con lui! Era possibile passare
dallo stare così bene allo stare di nuovo tremendamente male
in un
solo istante – con una sola frase? Forse, in fondo, aveva
fatto
bene a dubitare del suo amore: c’erano dei buoni motivi per
farlo e
quello era uno di essi. Non era difficile, bastava dire una parola,
una sola,
scusa.
“Io..
non lo so...” borbottò Tommy, guardandolo di
sottecchi e sperando
solo che si calmasse. Lui non riuscì ad alterarsi, stava
troppo
male, voleva solo lasciare cadere la discussione e far finta di
nulla, ne aveva abbastanza di finire sempre in quella situazione. E
poi, davvero non sapeva perché si era comportato in quel
modo: stava
uno schifo e aveva semplicemente fatto quello che il suo corpo gli
aveva detto di fare; non aveva fame e non aveva mangiato. Non era
colpa sua se si era ammalato!
Adam,
dal canto suo, non sembrava volersi fermare. Non lasciò a
Tommy il
tempo di pensarci, magari di formulare qualche scusa, qualcosa da
dire, qualunque cosa preservasse quel poco di orgoglio che gli
restava e che non fosse un patetico ‘perdonami, non lo faccio
più’.
“Non
lo sai?! Tommy! Sei stato a digiuno per sei giorni! SEI GIORNI!! Cosa
cercavi di fare, morire di fame?! Ti ho trovato svenuto, avevi la
febbre a 41° e avevi vomitato sangue,
Tommy, sangue!
E per fortuna che sono venuto io! Hai la polmonite. Vuoi spiegarmi
come cazzo hai fatto a prendere la polmonite in estate?! Ti rendi
conto che hai messo in pericolo la tua vita?!”
Tommy
non riuscì a trattenere le lacrime, cominciarono a scendere
da sole,
ancora una volta come di volontà propria; iniziò
a singhiozzare e
dei forti colpi di tosse lo scossero tutto. Dio, che figura orribile.
Adam
smise di urlargli contro quando vide le lacrime, e fece per dire
qualcosa, ma poi Tommy tossì, e singhiozzò e lui
semplicemente gli
si avvicinò, lo sguardo da cucciolo bastonato che aveva
sempre
quando si sentiva in colpa, e gli passò un braccio attorno
alle
spalle, stringendolo a sé.
“No...
Io... Calmati, Tommy...”
Ma Tommy lo ignorò. Anzi, singhiozzò
ancora più forte, ed un altro attacco di tosse lo scosse
tutto.
Cercò persino di allontanarlo, ma non ci riuscì,
riusciva a stento
a stare seduto senza che gli girasse la testa!
“Io non volevo
che succedesse tutto questo... Non è colpa mia.. Non
è colpa
mia...” Tommy non riuscì più a
trattenersi, tirò su con il naso,
poi riprese a piangere, come un bambino; si sentiva così
gracile,
debole, sembrava bastasse un soffio a portarlo via, che si
sentì
consolato quando l’altro lo strinse a sé.
Aveva bisogno di
Adam, in quel momento, ed era assurdo, ma lui era proprio
lì, al suo
fianco, eppure era come se non ci fosse. Il calore e l’odore
erano
quelli, ma quello non era il suo ragazzo, quello era un suo amico a
cui aveva fatto pena e che per pura compassione lo stava aiutando.
A
poco a poco Tommy si calmò, con grande sforzo,
iniziò a piangere in
silenzio, stretto al moro con una forza che neanche lui stesso si
sarebbe aspettato di avere. Sperava di sentire quella fatidica
parola da un’istante all’altro, lo sperava con
tutto il cuore, ma
quando quella non arrivò, decise di provare a fare lui il
primo
passo.
“L’ho
fatto perché... Non avevo la forza di fare nulla sapendo che
i
nostri ‘per sempre’ erano una bugia...”
il biondo lo mormorò
con un filo di voce e poi tirò su col naso, gli occhi chiusi
e
l’aria stanca. Adam sospirò e lo strinse appena di
più.
Tutto
quello che Tommy silenziosamente implorava che accadesse era che lui
gli facesse delle maledette scuse, che gli dicesse che quei per
sempre non erano una bugia e che non lo sarebbero mai diventati, che
lui era lì e sarebbe rimasto, perché non potevano
fare a meno l’uno
dell’altro.
Ma
Adam non disse nulla.
Note
di fine capitolo:
...do re mi soool ♪
LOL!
No, okay, torniamo seri.
Spero che vi piaccia e che non odierete troppo il mio Adam adorato
perché, fidatevi della
vostra amata autrice, ha le sue ragioni ed è convinto che
siano valide! Per quanto riguarda il nostro piccolo e maltrattato
micetto, beh.. non è un cretino irresponsabile pazzo
d'amore, lui? *-*
La canzone di questo capitolo è "Just Like A Pill" di P!nk,
perfetta per il tema, non pensate? :P