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Autore: sonyx1992    23/10/2011    2 recensioni
Dal capitolo 12:"I sogni sono come i bicchieri: si rompono facilmente.
Vengono chiusi in una scatola su cui viene scritto “fragile” come ammonimento, per ricordarci di quanto sia facile perderli.
Tu prendi la scatola tra le mani, stai attenta ad ogni passo, stai attenta alla stretta sul contenitore, lo appoggi al petto, giusto sotto al mento, per poter cogliere le trappole sul cammino.
Ma stai attenta!
Anche quando mancano pochi gradini i pericoli sono lì, in agguato, nascosti dietro l'angolo, celato dentro due bambini che giocano sulle scale.
Ti incontrano, vi scontrate, cadete; e cadono i sogni.
E quella scatola con la scritta “fragile” ti dimostra la sua fragilità lasciando che i tuoi sogni si frantumino.
GAME OVER.
I tuoi sogni sono distrutti, non vedi? Sono lì, a terra, spezzati in miliardi di pezzi, ormai inutili se non per ferire e tagliare chi posa un piede sopra di loro.
Ed ora cosa fai?
Ti siedi, li osservi, pensi a come andare avanti.
È inutile piangere sul latte versato e sui sogni infranti.
Ti alzi, ti tiri su con le braccia e ricominci, raccogli la scatola, rimetti insieme i pezzi di vetro e vai avanti; cammini fino alla tua destinazione, poi ti fermi e ti siedi di nuovo, vicino ad un cumulo di neve, e con le mani rosse ed infreddolite, inizi a modellarla, a schiacciarla, a toglierla.
Cosa fai?
“Voglio costruire un pupazzo di neve”, mi rispondi.
Ed io osservo la scatola accanto a te, con dentro i tuoi sogni infranti.
Ci guardo dentro e mi accorgo che tra i cocci di vetro un bicchiere è ancora intero; si, te lo giuro, non lo vedi? È ancora lì, si è salvato!
Sorrido perché i tuoi sogni ci sono ancora, nascosti tra i pezzi di quelli infranti, ma ci sono ancora.
Quindi, ti aiuto a costruire il pupazzo di neve."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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03- IL MIO DOPO-SBORNIA NON COMPRENDE L'AMNESIA

 

"Nicola"

 

 

A sei anni sognavo di fare l'astronauta; a otto giuravo di diventare un pilota; a dieci immaginavo di esplorare il mondo intero.

Non so come sono arrivato a fare il banale impiegato d'ufficio.

 

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Quest'anno ho promesso di fare qualcosa di diverso.

È il 25 dicembre, il giorno di Natale, ma non è cambiato niente; ho ancora sette giorni ed uno di questi lo sto sprecando in ufficio: l'ultimo luogo in cui posso far iniziare questo grande cambiamento nella mia vita.

Sono seduto nel mio angolo, alla mia scrivania che è uguale identica a tutte le altre scrivanie nell'edificio, in mogano scuro con due chiazze di caffè che mi sono appena cadute.

Amo il caffè: mi fa restare sveglio in un mondo che mi fa solo addormentare con la sua monotonia.

Compilo esausto gli ultimi documenti della giornata per poi sbirciare, furtivo, l'orologio che con i suoi rintocchi sembra fare il conto alla rovescia al mio posto.

Sono le 17.45; solo quindici minuti alla libertà.

Gianfranco Savino, il mio capo, non crede nella religione; anzi, mi chiedo se abbia mai creduto a qualcosa nella sua vita.

Per lui il giorno di Natale è un qualsiasi altro insieme di 24 ore in cui si può lavorare; o meglio, si deve lavorare.

E se penso che perfino il Grinch, in questo gelido Natale, se ne starebbe volentieri chiuso in casa con una tazza di cioccolata bollente e con un bel fuoco a scaldargli i piedi, mi vengono i nervi a pensare di avere come capo un uomo come Savino; perfino il Grinch lo odierebbe, davvero.

Chiudo i fascicoli e li abbandono sulla mia scrivania di mogano, macchiata di caffè.

Infine, lascio che la mia testa cada sul ripiano in legno, provocando un rumore sordo quando la mia fronte entra in contatto col duro materiale; chiudo, poi, gli occhi, tirando un profondo sospiro di sollievo.

È il 25 dicembre, mancano meno di 7 giorni alla scadenza della mia promessa ed ancora non é cambiato niente nella mia inutile vita.

 

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Può sembrare strano, ma quello è uno dei giorni che è rimasto più chiaro e fresco nella mia memoria.

Tutti confessano di non ricordarsi nulla il giorno dopo, quando, in preda agli effetti collaterali più devastanti, vomiti tutto quello che hai fatto la notte prima.

Anch'io, come molti altri, ho passato così il primo giorno del nuovo anno: attaccato al water di casa mia, con il dopo-sbornia più terrificante del mondo; eppure, i miei ricordi erano rimasti lì, nella mia testa disordinata e non erano stati vomitati fuori insieme all'enorme quantità di alcool che avevo assunto durante l'addio all'anno appena passato.

Erano lì, aggrappati come me alla tazza del bagno e mi facevano compagnia, tenendomi la fronte e suggerendomi un rimedio a quell'esistenza tragica in cui ero caduto.

Un cambiamento. Fu allora, in quel momento, che giurai a me stesso di apportare qualche modifica a quell'inutile romanzo che mi ostinavo a chiamare vita.

 

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Sergio è l'amico di sempre, quello indimenticabile; di carattere difficile ed avventuroso, è uno di quegli amici che si fanno vedere una volta "ogni morte di Papa", come si suol dire.

Probabilmente, il Papa è appena morto perché il mio telefonino, appoggiato sulla scrivania, inizia a vibrare e fa partire la suoneria che ho impostato solo per Sergio: "Hold my hand" di Michael Jackson e Akon.

Canzone fantastica; quasi, mi dispiace interromperla.

Se non rispondo adesso, però, mi toccherà aspettare che muoia un altro Papa prima di ricevere un'altra chiamata dal mio amico.

"Ehi, Sergio!" lo saluto come se fosse passato poco tempo dall'ultima volta che ci siamo visti; quasi 12 mesi, ormai.

Strano che, questa volta, si sia fatto sentire così presto; i Papi, al giorno d'oggi, non se la devono passare tanto bene!

"Ehi, Nicola, vecchio mio!", mi chiama vecchio anche se sono più giovane di lui di 2 anni, "che programmi hai per la serata?".

La sua domanda mi lascia nel più totale disorientamento e, col cellulare bloccato sul mio orecchio, non so se confessargli i miei piani per la sera di Natale o se mentire.

 

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Sono cocciuto, lo so bene. Me lo hai sempre ripetuto, per poi scoppiare nella tua fragorosa e gioiosa risata di bambina.

Me lo ripeto io, ogni dannato Natale che mi fermo davanti a casa tua ed urlo il tuo nome alla città e al mondo, perché tutti sappiano quello che provo per te.

"Sei cocciuto!", me lo ripeti ogni stramaledetto 25 dicembre, affacciandoti alla tua finestra e cacciandomi via senza mezzi termini; ora, però, le mie orecchie piangono nel non sentire più quella risata infantile che mi aveva fatto innamorare di te.

Sono cocciuto, lo so, eppure non mi stancherò mai di sentirtelo dire.

 

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Il locale si chiama Roxy, come quello della "Vita spericolata" di Vasco.

Mi ritrovo qui, col mio amico Sergio e bevo del whisky come le star; in un certo senso, almeno.

Sapete, in realtà, non mi è mai capitato di sentire che le star usano incontrarsi in angusti locali con nomi banali a sorseggiare whisky. Che razza di star sono, scusate?

Io e Sergio non ci sentiamo affatto delle star, però, per qualche motivo, ci ritroviamo a ripetere la loro insolita usanza.

Il mio amico è cambiato in quei (quasi) 12 mesi in cui non ci siamo più visti: è più alto, più magro e, oserei aggiungere, più vecchio.

Mi racconta di viaggi esotici e di gente che non conosco; ride di avventure che non ho mai vissuto e di amori che non ho mai amato.

Poi, è il mio turno.

Gli racconto di uffici noiosi e di pratiche odiose; rido di un capo che perfino il Grinch odierebbe e piango di un amore che non riesco a non amare.

Ci ascoltiamo a vicenda, ci guardiamo una volta terminati i nostri resoconti ed, infine, facciamo scontrare i nostri bicchierini ed ingoiamo un altro sorso bruciante di whisky, sperando di ingoiare insieme anche quelle storie. Almeno, per quel che riguarda me.

In effetti, se fossi in lui, non vorrei mai dimenticare tutte le sue avventure sparse per il mondo.

 

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Fuggire ed andare lontano. Cambiare identità, ma soprattutto, cambiare il passato e ricominciare. Nessuno ti conosce, tu sei il solo a custodire la tua vita trascorsa ed i tuoi ricordi.

Che cosa magnifica!

 

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Se non sbaglio, si chiama Sara; o Lucia, forse?

Quando mi ha urlato il suo nome la musica era più alta della sua voce, quindi non sono riuscito a capire bene come si chiama.

Però è bellissima: occhi neri come la pece e capelli dello stesso colore che si agitano fuori controllo sulla pista da ballo; il naso è piccolo, sottile e la bocca altrettanto fine ed invitante; il corpo ha i lineamenti giusti, niente da ridire, perfino i seni un po’ piccoli, nell'insieme, appaiono perfetti.

Il sudore inizia ad imperlarle la fronte e ad inumidirle i capelli, rendendola ancora più invitante ai miei occhi rossi per il fumo dell'alcool.

Quanti bicchieri di whisky abbiamo ingoiato prima di ritrovarci lì, con quel bellissimo angelo dalla chioma scura e dai seni piccoli ma perfetti?

La corteggio, avvicinando il mio corpo a quello di Sara o Lucia e cercando di seguire il suo ritmo; balliamo insieme mentre le mia braccia la afferrano e la mia faccia affonda nella sua spalla, inalando un profumo dolce ed esotico.

Come i viaggi di Sergio, immagino.

E proprio il mio amico mi allontana da quel sogno, afferrandomi per un braccio e trascinandomi ad un tavolo; alzo il braccio libero e saluto la dolce ed esotica Lucia o Sara da lontano.

Quando siamo seduti, con la testa che mi gira, Sergio inizia ad urlarmi qualcosa, ma la musica è ancora troppo forte per permettermi di capire qualcosa in più di qualche sillaba confusa, così annuisco semplicemente.

Mi mostra della polverina bianca sul tavolo, divisa in 3 strisce più o meno uguali; prende una banconota da 20€ e, dopo averla arrotolata, la appoggia sopra alla polvere bianca e l'aspira nel naso.

Confuso, lo vedo alzare la testa di colpo e poi scuoterla iniziando a ridere, prima di porgermi i 20€ arrotolati.

Sara o Lucia ci raggiunge al tavolo e si appoggia alla mia spalla, guardandomi fisso negli occhi come se volesse stare seduta in prima fila per godersi al meglio lo spettacolo.

Mi passo la lingua sulle labbra, assaporando la notte di fuoco che mi aspetta con quella sirena dagli occhi neri, per poi imitare Sergio.

Aspiro la cocaina e poi do il via al mio cambiamento.

 

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La suoneria che ho impostato per te è "She's the one" di Robbie Williams; non so per quanto tempo ho aspettato, invano, che il telefonino me la facesse sentire almeno una volta.

Ma, finalmente, ora sembra che quel momento sia giunto.

Scorgo il cellulare rimasto sul tavolo che vibra e con la schermata illuminata; non sento la voce di Robbie ma un sesto senso mi dice che sei te. Per questo non corro a prenderlo in preda all'ansia e non rispondo.

Distolgo lo sguardo dal tavolo e mi rituffo negli occhi della mia nuova musa che non ha un nome preciso ma che, per la prima volta mi fa passare un Natale diverso da quelli passati sotto casa tua, al freddo.

Non c'è dubbio, ancora oggi rimpiango quell'istante, quella mia cocciutaggine che mi ha abbandonato in quel momento e ti ha lasciato sfuggire per sempre dalle mie mani. Non sono più cocciuto, sono un vero e proprio imbecille.

 

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E come la mattina del primo dell'anno, mi ritrovo aggrappato alla tazza nel mio bagno e ci vomito dentro tutto.

La dolce fata dal nome ancora ignoto è svanita nel nulla questa mattina, all'alba, credendo di essersi alzata silenziosamente e di essere fuggita in un alito di vento, senza svegliare nessuno, non accorgendosi, però, che io non dormivo affatto; ma l'ho lasciata comunque andare via.

Come l'ultima volta che mi ero dato appuntamento col water, i miei ricordi non vengono vomitati insieme a tutto il resto; è strano, ma il mio dopo-sbornia non comprende l'amnesia.

Ricordo che Sergio se n'è andato con un'amica di Sara o Lucia, una certa Elisa; o Elena, forse e mi ha salutato con un cenno complice.

Probabilmente è stato nominato un nuovo Papa, perché qualcosa mi dice che non lo vedrò più ancora per un po’.

I suoi 20€ li ho tenuti io e li ho usati per comprare un regalo alla mia fata: una borsa taroccata di un marocchino notturno, se non sbaglio.

In effetti, quello era il primo che vedevo che vendeva borse di notte e mi ha fatto anche un po’ pena pensare che non ne avrebbe vendute molte con tutte quel buio; così ne ho comprata una non solo per la mia sirena ma anche per far piacere a lui; due piccioni con una fava.

Chiudo gli occhi, lottando contro l'emicrania che mi sta letteralmente uccidendo.

Ho mantenuto la mia promessa; ho portato quel piccolo cambiamento necessario alla mia vita, evitando di trascorrere il solito Natale come un imbecille ubriaco e disperato che urla il nome della sua amata sotto una finestra.

Come se Robbie avesse intercettato il mio pensiero, inizia a cantare "She's the one" e fa vibrare il mio telefonino, che mi fa compagnia sul pavimento.

Lo prendo e schiacciando il pulsante della risposta me lo porto all'orecchio, pronto a sentire la sua voce che mi cerca.

Ma, dall'altro capo, non c'è lei, ma qualcun altro: "Sono Federica".

E tutto il mondo mi crolla addosso.

 

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A dodici anni pensavo ad una carriera più altruista, come quella del dottore; a quattordici fui spinto verso la chimica; a sedici cambiai ed intrapresi la strada del giornalista; a diciotto ti ho conosciuta ed ho abbandonato tutto per te.

Ecco come mi sono ritrovato a fare il banale impiegato d'ufficio.

 

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Amati lettori, rieccomi con il terzo capitolo, raccontato dal punto di vista di Nicola. La narrazione è ancora ferma all'incidente di lea, ma dal prossimo, cioè quello di Mattia, andrà avanti.
Spero vi sia piaciuto questo capitolo e che mi vogliate seguire in questa storia. ;)
Nel prossimo capitolo succederà qualcosa nel rapporto tra Federica e Mattia e vedremo come andrà a finire tra loro 2. Mattia chiederà finalmente a Federica di sposarlo??
Al prossimo capitolo, lettori. (Lasciate un commentino, vi prego!!! ;( )
Un bacio.

=S=

   
 
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