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Autore: Melanto    28/06/2006    1 recensioni
[Versione Aggiornata del: 24/10/2009] - Si scherzava tra i più giovani, si rideva. Giocavano, ignari di ciò che stava succedendo o, forse, ne avevano percepito i frammenti nell'aria trascurandone la pericolosità.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Angel no Tears'
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ANGEL NO TEARS
- METAMORPHOSIS -

- CAPITOLO 6 - Cathar Rhythm

La pioggia assumeva sempre di più i connotati di un acquazzone a mano a mano che l’eternità passava. Martellava incessante sui vetri delle finestre, sbattuta da un vento insidioso che si era levato all’improvviso.
I tuoni rimbombavano nel silenzio della sala, perpetrando un mormorio sommesso, mentre si allontanavano diffondendosi nel paesaggio circostante.
Mikael assunse una postura più consona al Principe delle Schiere Celesti, sistemò la sedia e vi si appoggiò con la schiena perfettamente dritta. La testa alta e l’espressione impassibile erano come un muro invalicabile per i suoi pensieri.
“La decisione è tratta.” disse “Vi esorto a prendere in fretta una posizione a riguardo, poi me la comunicherete. Pensateci bene. Dichiaro terminata la riunione.”
Nessuno si mosse subito, restarono immobili per qualche secondo come a prendere coscienza di quello che era accaduto ed ora si preparavano ad affrontare.
“Prima che tu vada, Raphael...” parlò nuovamente la guida degli Arcangeli “...vorrei conoscere la tua decisione. Da questa dipenderà la tua presenza al consiglio delle Luci Ardenti.”
L’Arcangelo dei Malakim1 era come incredulo davanti al tono distaccato con cui Mikael parlava della situazione e dei suoi annessi provvedimenti. Gli sembrava un involucro di carne privo di cuore e non poteva non dispiacersi per questo.
“Questo conflitto porterà vittime e feriti.” rispose con espressione seria “Le mie attenzioni saranno rivolte a loro.”
“Molto bene, allora puoi andare.” rispose cancellandolo mentalmente dalla riunione degli Ardenti, che ora si riducevano a quattro, escludendo, come era ovvio, anche Gabriel ed Uriel.
Dopo quest’ultima frase, tutti presero ad abbandonare le proprie posizioni, lasciando la sala.
Binael era incollerito per la presunzione di Gabriel e se ne andò con passo sostenuto, mentalmente stava già organizzando le fila degli Aralim per il conflitto. L’andatura di Hesediel era invece indecisa, come anche la sua posizione a riguardo. Gli occhi incollati allo scettro, dal manico corto, e la paura di imbracciare le armi, provvedimento così lontano dalla sua natura.
Metatron scuoteva il capo affiancato da Sandalphon, avevano già deciso a prescindere che non avrebbero mandato al macello né i Seraphim e né gli Ashim2. L’Arcangelo dagli occhi viola si massaggiava la fronte, rassegnato, accompagnandosi con un mormorio incomprensibile; l’altro aveva lo sguardo dritto innanzi a sé e manteneva una calma terribilmente naturale. Non sembrava allarmato dagli eventi improvvisi, ma li accettava prendendoli come insegnamenti del Padre: se Lui permetteva tutto questo, doveva per forza essere parte di un suo Divino Disegno. Ciò che lui poteva ora, come suo umile Arcangelo, era pregare per le sorti di tutti.
Delle guide angeliche, Raziel fu l’ultimo ad abbandonare la sala. Il suo passo era rassegnato ed i suoi pensieri dispersi. Per la prima volta vacillava la sua convinzione di innocenza. Rivedeva il volto di Gabriel e quello di Mikael lanciarsi sguardi infuocati, la disperazione di Anael e le parole di Gabriel che dichiaravano guerra. Era forse sua la colpa di tutto quello che stava accadendo? Magari sì, magari no; si sentiva confuso da tutto quel susseguirsi degli eventi.
-Se solo avessi pensato alle probabili conseguenze, non avrei mai messo in pericolo l’intero Paradiso...- si ritrovò a pensare -...come ho potuto essere così egoista e pensare solo al mio bene! Ho forse perso la capacità di giudizio? Perché non mi sono reso conto che stavo sbagliando?-
“Non crucciare il tuo viso, Raziel.” Raphael comparve al suo fianco, con espressione gentile sul volto.
L’altro sospirò “Non so più se le mie azioni siano mosse dalla Ragione o dal Sentimento. Credo di aver sbagliato tutto...”
“Le tue azioni erano e sono tuttora giuste. Non hai nulla di cui rimproverarti.” e passarono lentamente attraverso i colonnati che portavano agli alloggi. Si poteva sentire l’odore della pioggia mescolarsi a quello della terra umida. Numerose gocce, sospinte dal vento, si infrangevano lungo le figure delle due creature celesti.
Raziel si fermò ad osservare l’intero sconvolgersi del loro equilibrio. Qualche goccia lo colpì in viso come a schiaffeggiarlo per quello che stava facendo. “Piange anche il cielo.”
Raphael osservò il suo profilo afflitto e sospirò “Non per voi, mio caro Fratello. Non per voi...”

Camael aveva abbandonato la sala trafelato.
Non voleva parlare né sentire le opinioni di nessuno. Aveva bisogno di stare da solo a pensare, a decidere e a scegliere.
I suoi passi sostenuti non facevano il minimo rumore ed aveva preso un corridoio laterale per avere maggiore silenzio intorno a sé.
Gli eventi erano precipitati come la pioggia battente.
Solo un attimo prima gioiva per la presenza improvvisa di Gabriel e, per quel minuscolo frangente, il suo cuore si era illuso che tutto potesse finalmente risolversi. Ma poi, altrettanto bruscamente, le sue speranze erano state spazzate via. Un vento gelido aveva improvvisamente ghiacciato il suo cuore, mentre recepiva ogni singola parola proferita dalla Guida del coro Angelico. La creatura di cui aveva maggiore rispetto e devozione, l’unica che aveva la capacità di farlo pendere dalle sue labbra, aveva deciso di combattere contro i suoi stessi Fratelli.
Gli occhi si fermarono sul giardino bagnato dalla pioggia. Vi entrò, sentendo le mille gocce sulla sua pelle scoperta.
Come si capovolgeva tutta la loro situazione. Avevano sempre combattuto fianco a fianco ed ora erano gli uni contro gli altri.
Caino e Abele.
Chi l’uno e chi l’altro? Ma, in fondo, che importava? Sarebbe stato comunque un fratricidio.
Alzò i suoi azzurri occhi al cielo, come a cercare una risposta alla scelta che doveva compiere. Combattere? Restare a guardare? Le gocce trafiggevano le sue iridi mischiandosi alle lacrime, nascondendole. Scivolavano poi sul viso, sugli abiti inzuppati, sui capelli corvini e lucidi.
Se solo Mikael non fosse stato così ottuso...
“Cosa devo fare?”
Un’immagine comparve alla sua mente, come un dipinto disegnato dalla pioggia, e fu il calore che questo seppe trasmettergli a farlo scegliere. Una piccola fiamma nel gelo del temporale. Ma non fu abbastanza per consolarlo da quello che sarebbe successo in seguito e, come un salice, si piegò sotto il peso della sua consapevolezza, piangendo per il dolore.

Dopo aver congedato Vereveil, Mikael ordinò a Jophiel di convocare Jehudiel, Barchiel e Scaltiel, i tre restanti delle sette Luci Ardenti. A loro spettava il compito di preparare l’offensiva contro i traditori.
Il Corriere di Dio annuì lasciando la sala.
Ora, solo Mikael ed Azrael restavano nel Planetario improvvisamente silenzioso. L’Angelo della Morte aveva deciso di sua volontà di non andarsene. Aspettava che il Principe delle Schiere Celesti gli rivelasse il motivo della sua convocazione. Attese che furono soli, ma l’altro non disse nulla. Azrael lo vedeva immobile, con le mani incrociate all’altezza del naso e gli occhi fissi in un punto indefinito del tavolo. Sospirò deciso a cominciare.
“L’irruzione di Gabriel è stata una vera sorpresa, come la sua dichiarazione di guerra. Devo ammettere che è riuscito a stupirmi.”
L’altro continuava a non rispondere. Riprese.
“E così Raziel e Gabriel sono legati da un qualcosa di molto profondo...”
Ancora silenzio, ma Azrael non era dotato di molta pazienza e si risolse di andare dritto al punto della questione.
“D’accordo, Mikael.” disse con tono sbrigativo “Detesto perdere tempo, quindi, ti pregherei di comunicarmi il motivo della mia presenza.”
Il Principe delle Schiere Celesti poggiò la schiena contro la sedia, uscendo dal suo mutismo.
“Il motivo era di richiedere il tuo appoggio e, visto che ora si prospetta una guerra, vorrei il tuo sostegno armato.”
L’altro parve interdetto.
“Cosa? Assolutamente, no. Non intendo partecipare alle vostre questioni, il Paradiso non mi riguarda.” disse alzandosi “Il mio compito è di ‘accompagnare’ le anime dopo la Morte, non di ‘mandarcele’!”
“Quindi resterai a guardare?” non parve particolarmente deluso, piuttosto, indifferente. Anche Azrael si era accorto di come il suo comportamento fosse repentinamente cambiato. Se prima era stato carico di ardore e di voglia di rivalsa, ora sembrava totalmente distaccato. Impartiva i suoi ordini come se stesse chiedendo un bicchiere di acqua fresca. La comparsa di Gabriel doveva averlo davvero spiazzato, sconvolto, lo vedeva come estraniato dal suo presente reale.
“Certo che resterò a guardare. Dovrò occuparmi degli angeli che moriranno durante lo scontro.”
Mikael annuì. “Va bene, allora puoi andare.” e cancellò mentalmente anche Azrael dalla lista della sua fazione.

Quella si sarebbe potuta benissimamente definire ‘notte’. I contorni ed i colori delle cose non erano più definibili a prima vista, ma compattati in una stessa tinta blu-cobalto scuro.
Eppure non era nemmeno una notte comune. Le nubi preservavano una luminescenza naturale che conferiva loro un riflesso violaceo.
L’unico rumore in quell’oscurità continuava ad essere il martellio incessante della pioggia al suolo, mentre tutt’intorno era silenzio.
Due angeli, dalle tuniche bianche, passavano per i corridoi con una lunga fiaccola alla mano. Le ali di modeste dimensioni, che spuntavano dalla loro schiena, erano sufficientemente grandi per poterli sollevare di due, massimo tre metri dal suolo. Altezza necessaria per poter raggiungere dei piccoli piatti in marmo fuoriuscenti dalle colonne ed opportunamente utilizzati come lampade ad olio. Al loro interno restava raccolto il liquido scuro che, a contatto con la fiamma della fiaccola, prendeva a bruciare a sua volta illuminando di una luce pallida il corridoio. Le fiamme tremolanti minacciarono più volte di spegnersi, sotto le raffiche di vento improvvise, eppure continuavano a resistere come tutti sembravano fare all’interno del palazzo.
Resistevano ad una situazione ostica che li stava portando alla rovina e tutto facevano fuorché salvare loro stessi.
Restavano confinati nei loro alloggi, chiusi in un mutismo contemplativo che li bloccava in un vicolo cieco; oppure parlavano adirati, sconvolti, alla ricerca di un colpevole ed una soluzione. La più semplice di quest’ultima non veniva nemmeno presa in considerazione.
I due angeli procedettero lungo il corridoio che, a mano a mano, prendeva una maggiore luminosità, anche se la fine restava tuttavia poco visibile.
Lo scalpiccio dei sandali misto al ticchettare della pioggia coprì un lieve fruscio di sete alle loro spalle. Un mantello, dello stesso colore della notte, approfittava delle zone in ombra per allontanarsi indisturbato. Scivolava lungo le pareti, dirigendosi verso l’unico luogo del Paradiso che, fino a quel momento, aveva conosciuto l’oscurità e l’avrebbe conosciuta in eterno.
Pochi avevano accesso a quell’ala del palazzo e lui era tra questi, ma non voleva che altri venissero a conoscenza di quella sua visita, soprattutto vista la loro situazione attuale. Ma proprio in merito a quest’ultima, lui doveva recarsi lì, per avere l’assoluta certezza che il conflitto si svolgesse solo ed esclusivamente tra le Schiere Celesti.
Il colonnato chiuso, che conduceva alla zona oscura, era coperto da una tenda d’edera ed era isolato rispetto agli altri, aveva anche uno stile architettonico totalmente diverso dal resto. Le alte colonne in stile ionico erano state sostituite da altre in marmo nero e granito, dalle superfici scanalate. Conturbanti figure di serpenti erano scolpite su di esse, attorcigliandosi dalla base al capitello come a soffocare l’intera struttura. Lo stesso capitello raffigurava le teste dei rettili dalle fauci spalancate da cui uscivano le biforcute lingue.
La figura spostò la tenda lentamente, con un mano, richiudendola alle sue spalle.
Le serpi lo guardavano dall’alto delle colonne, prive di espressione, mentre un intricato manto di rovi ed edere ricopriva le pareti in pietra grezza.
Di lontano si poteva scorgere un enorme portone in granito, con rifiniture porpora. Contorni di volti dalle espressioni agonizzanti sembravano uscire dalla sua superficie. Alcuni tendevano le mani come a supplicare che qualcuno li portasse via da quel luogo.
Non una luce in tutto il corridoio, ma solo due piccole fiaccole ardevano in una perenne fiamma verde acido ai due angoli alla base del portone.
La figura si fermò a pochi passi da esso, alzando il viso per osservarne l’interezza con espressione severa, ma al contempo decisa.
Così come altrettanto decisa fu la voce alle sue spalle.
“Fermati e mostrati.” ordinò senza durezza “Nessuno può varcare quella soglia senza averne prima messo al corrente le Luci Ardenti e le guide delle Schiere Celesti. Chi osa, dunque, contravvenire alle regole?”.
L’altro non rispose, si limitò a privare il suo capo della copertura del mantello, mentre una cascata bronzea si disseminava; alle sue spalle. Impossibile da non riconoscere.
“Ero cosciente della tua presenza, Metatron, per questo ho continuato ad avanzare.” Raziel mostrò il suo volto all’interlocutore dall’espressione sorpresa.
“Cosa fai qui? In questo posto che, già nell’aria che lo circonda, pullula di male?”
L’altro si girò completamente, volgendo le spalle alla porta dell’Inferno. “Devo parlare con Satanael.”
“Cosa?” esclamò allarmato “Adesso? Mentre il Paradiso sta sprofondando su sé stesso tu...” ma venne interrotto.
“E’ proprio a causa della nostra situazione attuale che devo, assolutamente, parlare con lui.”
La guida dei Seraphim non sembrava convinta e scuoteva la testa camminando in circolo. “Raziel, non credo che sia una buona idea. Satana è pericoloso e tu varchi la soglia della sua casa. Dimmi, che speri di ottenere?”
“Devo avere la piena certezza che né lui né Semeyaza si intromettano nel conflitto.”
Quella frase fece spalancare gli occhi al suo Divino Fratello. Metatron non aveva mai preso in considerazione quella evenienza e gli sembrò così terrificante che dovette sedersi, accomodandosi alla base di una delle colonne.
“Oh, Padre mio...” mormorò passandosi le mani sul viso “...che ne sarebbe di noi se dovesse accadere una simile disgrazia?”
“Non avremmo via di scampo. Non possiamo permettere che lui ci attacchi nell’unico momento in cui ci presentiamo maggiormente divisi.” poi in tono più calmo, comprendendo la tristezza di Metatron, aggiunse “So com’è Satanael, ma, ti prego, non impedirmi di farlo è una questione troppo importante che deve essere chiarita. Per favore mantieni tacita questa mia visita all’Inferno.”
L’Arcangelo sospirò pensieroso, ma sapeva che era l’unica cosa da fare. Lentamente annuì.
“Amen.” mormorò con rassegnazione “Però stai attento e non trattenerti a lungo. Attenderò il tuo ritorno nel mio alloggio, appena varcherai l’uscio di edera raggiungimi.”
Raziel annuì, voltandogli le spalle.
L’enorme entrata torreggiava innanzi alla sua figura. Inspirò profondamente, mentre una mano candida spingeva leggermente sul chiavistello.
Caldi vapori sulfurei fuoriuscirono dall’apertura investendo il viso dell’Arcangelo, ma non erano sufficienti ad intimorirlo; aprì ancora un po’ l’ingresso e vi si eclissò al suo interno, richiudendo il pesante portone dietro di sé.

Don’t you come back now?
Don’t you turn your eyes?
And if you dare to look,
I’ll be you waiting...

Impera e nessimo.
Impera samie nero.
Dove di immantore Dio?

L’entrata all’Inferno era un’enorme voragine ad imbuto, con una rozza scalinata ricavata nella roccia. Costeggiava l’intera parete del baratro dal cui interno si innalzava una fiamma verde acido.
Raziel prese a scendere, incurante del caldo già torrido. Il portone era ben chiuso dietro di lui, ma non era importante: seppure fosse stato aperto, a nessun ospite dell’Inferno era permesso di varcarne la soglia. Avanzò deciso lungo i gradini irregolari, il tempo non era molto e non poteva indugiare. Raggiunse la galleria alla base della voragine e si immerse all’interno della sua oscurità.
Differentemente dall’anticamera, il condotto era gelido ed i suoi calzari producevano un leggero scalpiccio, affondando nelle pozze calcaree ai suoi piedi. Qualche goccia scivolava sul viso, dal soffitto permeabile, e lui provvedeva a ripulirsi col dorso della mano.
La caratteristica di quella galleria era che si stringeva sempre di più fino a costringere i suoi varcatori a proseguire carponi. Una sottile rivalsa di Satanael per mettere in ginocchio i suoi ex-Fratelli.
Raziel aveva già le mani a terra e si apprestava a varcare l’entrata all’Inferno, l’uscita della galleria era ad un passo.
Le urla ed i lamenti, che lo avevano accompagnato per tutto il tragitto, ora erano più forti e presto avrebbe potuto vedere coloro che le emettevano.
Uscì dal budello alzandosi in piedi. Le sete della veste erano bagnate e sporche, ma non sembrò curarsene. Rimase eretto ad osservare, per qualche attimo, la Valle che si stendeva sotto di lui.
Urla e grida delle anime dannate arrivavano ora nitide alle sue orecchie, mentre vedeva correre i corpi martoriati inseguiti da orde di demoni alati che si facevano beffe di loro. Ridevano sguaiati, mentre provvedevano alla tortura. Stralci di spiriti volarono, innanzi ai suoi occhi, legati come cavalli ad una biga su cui un altro diavolo si ergeva beatamente. La sua frusta schioccava, con un rumore acuto, a spronare i peccatori.
Non un filo d’erba in quella landa desolata, non un fiore, solo rocce irte e spuntoni.
Nel mezzo sorgeva l’enorme palazzo di Satanael composto da un corpo centrale più grande, con cupola a bulbo, e quattro torri più piccole dallo stesso stile architettonico. Era in marmo nero con rifiniture in oro zecchino.
Un’alta scalinata separava il fondo della valle dall’entrata del mausoleo dove, di guardia, vi erano due demoni.
Il cielo era di un forte carminio, come se stesse bruciando.
D’un tratto la biga, che prima lo aveva oltrepassato incurante della sua presenza, gli si fece contro fermandosi ad un metro da lui.
Il diavolo aveva corte corna appuntite ed ali da pipistrello troppo piccole perché potessero sorreggerlo in volo. Indossava una tunica marrone con pettorali e calzari in ferro grezzamente lavorato. Occhi rosso sangue ed un ghigno di stupore dipinto sul viso.
Tsk! Chi l’avrebbe mai detto!” esclamò poggiando un gomito sul suo mezzo di trasporto, per poi annusare l’aria intorno alla sua figura “Ma che odor di lindo e pinto! Che ci fa un bell’angioletto come te in un posto come questo? Oh già, che sbadato, non t’avranno mica cacciato, Raziel? Circolano strane voci, sembra che nei ‘piani alti’ vi stiate dando da fare! Tra un po’ il Paradiso resta vuoto!” e sghignazzò alacremente.
L’Arcangelo scosse lentamente la testa. “Ringrazia che il Padre non possa vederti, Azael, gli si spezzerebbe il cuore scoprire in che modo si è ridotto uno dei suoi figli.”
L’altro non parve offendersi per questa sua constatazione, ma alzò le spalle quasi rassegnato. “Che saranno mai due ali candide paragonate alla mia liberta?” sorrise, non richiedendo risposta. “Cosa ti spinge fino a qui?”
“Devo conferire con Satanael.”
“Con sua altezza l’Imperatore? E tu credi che Lui accetti di vederti?”
“Lo farà.” rispose senza ombra di dubbio.
Azael parve incerto.
“Detesta che lo si chiami Satanael...”
“Lo so, ma lo preferisco al volgare ‘Satana’. Lui è stato guida dei Cherubini prima di me e col suo nome, da me, sarà sempre chiamato.”
L’altro sospirò, guardandosi intorno. “Vuoi un passaggio al palazzo imperiale o preferisci far due passi nella Valle dei Lamenti? In questi periodi raggiunge il culmine del suo dolore!”
Ne parlava come fosse una meta di piacevole viaggio e, normalmente, lui avrebbe preferito attraversarla a piedi piuttosto che usufruire di un trasporto demoniaco. Ma purtroppo non poteva perdere altro tempo e volare era severamente vietato agli angeli.

“La mia casa, le mie regole.”

Aveva detto Satanel miriadi di anni prima e le regole le aveva imposte proprio bene.
Raziel fece un cenno del capo in segno affermativo e Azael gli fece posto accanto a sé. “Quale onore che mi concedi! Reggiti le piume!” e con un colpo di frusta ripartì alla volta del castello.
L’organizzazione dell’Inferno era notevolmente diversa da quella del Paradiso.
A capo, come Imperatore Supremo, vi era Satanael.
Le sue schiere erano divise in re, principi, ministri, presidenti, granduchi, duchi, conti, marchesi, generali, luogotenenti e demoni distribuiti all’interno di un vastissimo regno che si stendeva oltre il grigio mare alle spalle del castello di Satana. Il totale era di circa 800.000 sottoposti di grado superiore, più milioni di diavoli. Un numero decisamente considerevole rispetto alle forze celesti, il cui braccio armato era notevolmente minore. Una guerra contro la loro immane forza era un puro suicidio.
Diede un’occhiata alla valle sotto di sé e non poté non intristirsi per l'eterna sorte degli uomini che si trovavano al suo interno; e dire che questi si erano macchiati di colpe lievi: il resto dei peccatori sprofondava al di sotto del castello imperiale. Non l’aveva vista personalmente ma, dai resoconti dell’unico che vi era stato, c’era una porta nei meandri del palazzo che permetteva l’accesso ai più terribili gironi infernali. Magari era stato proprio questo viaggio sconvolgente ad aver aumentato in Mikael l’odio, la repulsione e la diffidenza negli esseri umani. Il suo carattere ferreo si era oltremodo indurito.
“Sei fortunato!” esclamò Azael, fermando la biga a qualche centimetro dalla scalinata. “Troverai anche Semeyaza alla corte dell’Imperatore.”
Raziel annuì, scendendo dal mezzo e cominciando a salire i larghi gradini neri come la pece.
Differentemente dagli angeli che vivevano in Paradiso ed i demoni dimoranti all’Inferno, Semeyaza ed i suoi Egrigori avevano scelto come loro dimora la Terra stessa e vivevano mescolandosi agli uomini con cui, un tempo, si erano congiunti.
Duecento i capostipiti che avevano giaciuto con le donne mortali. Erano relativamente pochi rispetto all’armata di Satanael, ma pur sempre dannosi, anche se preferivano tenersi alla larga da entrambe le fazioni.
Innanzi al portone i due demoni di guardia chiusero il varco all’Arcangelo, incrociandovi le proprie lance, ma la comparsa di Azael alle sue spalle li convinse a lasciarli passare. Gorgogliarono degli strani versi con tono irritato, che Raziel non riuscì a comprendere, e tolsero le loro lance.
L’angelo caduto varcò per primo l’ingresso, seguito dal suo ospite.
La guida degli Auphanim conosceva già l’intero ambiente, così come pure il percorso per la sala del trono. Enormi affreschi dalle sinistre tematiche si stendevano lungo tutte le pareti del palazzo, mentre il pavimento sotto i suoi piedi era ornato con complessi mosaici. Risate sguaiate si sentivano provenire dai meandri del castello, ma non se ne curò più di tanto non essendo il suo cammino indirizzato verso quei luoghi.
Salirono un’altra serie di scalinate prima di giungere innanzi alla porta della sala del trono ed Azael si fermò ad un passo dall’entrata.
“Beh, ti lascio. Fa' pure come se fossi a casa tua.” e gli volse le spalle, allontanandosi nell’oscurità da cui erano emersi. Raziel osservò l’ingresso per un attimo, forse era una pazzia eppure doveva parlargli. E se avesse voluto prendere comunque parte al conflitto? Approfittare della situazione? Pregò di riuscire a convincerlo a starne fuori. Spinse le ante del portone, con entrambe le mani, e queste si aprirono senza sforzo.
La prima cosa che notò fu l’improvviso silenzio che accolse la sua entrata.
La sala era ampia, con un lungo tappeto d’oro che conduceva fino alla sommità dov’era posto il trono. Colonne, pareti e pavimento erano rigorosamente in marmo nero. Alti drappeggi scendevano lungo il perimetro privo di finestre mescolandosi alle tende dai finissimi tessuti che arrivavano fino al trono. Le tinte cangiavano dall’oro al porpora.
Il sedile imperiale era una miriade di cuscini in cui il Diavolo Supremo restava sprofondato, attorniato dai demoni di maggiore bellezza e dalla sua compagna Lilith. Beveva forti liquori dalle tinte vermiglie e mangiava carne cruda per sentire di più il gusto del sangue.
E così fu anche quella volta.
Satanael era elegantemente accomodato su di un grosso cuscino dorato, su cui facevano netto contrasto la tunica dal vivo colore cremisi ed i liscissimi quanto lunghi capelli corvini su cui risaltavano dei riflessi purpurei. Per quanto fosse ancora distante poteva già scorgere nitidamente la sua figura. Le lunghe corna ricadevano all’indietro fino alla base del collo. La pelle lattea, troppo pallida per un essere vivente, era liscia e priva di qualsiasi imperfezione. Lui, che un tempo era stato il più bello tra i tutti, ora aveva incredibilmente perso la sua aura angelica tramutando il suo splendore in una bellezza languida ed ambigua. Mentre avanzava poté notare il viso, dai perfetti contorni lineari, distendersi in un sorriso tentatore. Le labbra viola snudarono lievemente i bianchissimi denti perfetti, mentre gli occhi neri, come quelli dei corvi, e adornati da lunghissime ciglia si nutrivano della sua presenza, osservandolo con stupore. Le grandi ali brune di pipistrello erano ripiegate compostamente sulla sua schiena.
Accanto a lui, seduto su di un cuscino purpureo, c’era Semeyaza dalla corporatura più scolpita e mascolina e dall'abbigliamento tipicamente umano. Aveva abbandonato da tempo tuniche e calzari, sostituendoli con pantaloni neri e stivali dello stesso colore, un maglioncino grigio scuro dal collo alto ed un lungo cappotto nero. In quel periodo, nel luogo della Terra in cui viveva, era inverno. I suoi occhi dorati, quasi gialli, risaltavano vistosamente sulla pelle abbronzata ed i grigi capelli corti piuttosto spettinati, mentre una lunghissima coda di cavallo partiva dalla base del collo. Anche se non erano visibili, in quel momento, l’angelo ribelle era dotato di sei bellissime ali dalle piume nere. E non nascondeva certo il suo stupore nel vederlo lì.
D’intorno, alla base della piccola scalinata che conduceva al trono, erano sparsi numerosi sottoposti di Satanael affiancati da alcuni Egrigori.
Zaqebe3, dai capelli di ghiaccio; Beelzebub4 dalle larghe spalle e la benda sull’occhio ricordo della guerra passata, ma non per questo dimenticata e Belial5 dalla bellezza innaturale.
Accanto all’Imperatore, opposto a Semeyaza, stava Lilith. Il suo corpo dalle forme generose era avvolto in uno stretto abito rosso dall’ampia scollatura, mentre i capelli dello stesso colore erano raccolti in un'alta ed elaborata acconciatura. Gli occhi di un verde vivo e brillante seguivano i suoi movimenti.

Impera e nessimo.
Impera samie nero.
Dove di immantore torra?

E mani diavole.
E mano diavole.
E nere mani diavole...

L’Arcangelo si fermò alla base della scalinata.
Satanael si alzò con un movimento fluido, avvicinandosi di qualche passo. Il suo corpo aveva linee delicate ed efebiche. Per sua volontà aveva rinunciato ad una sessualità definita, provando orrore nella volgare definizione di ‘maschio’ o ‘femmina’ che lo avrebbe reso troppo umano.
“Raziel.” sussurrò con stupore e la sua voce aveva conservato quella musicalità delicata dai toni molto alti. “Quale onore averti qui con noi.”
“Devo parlarti.” l'interpellato diede una rapida scorsa ai presenti “Possibilmente da solo.”
L’altro sorrise ancora più sorpreso.
Beelzebub parve contrariato. “E chi ti dice che Sua Maestà voglia parlare con te?!”
“Lasciateci.” ordinò a sorpresa Satanael, senza distogliere lo sguardo dal nuovo venuto.
“Ma... Imperatore...”
Shhh.”
Il Signore delle Mosche si zittì malvolentieri, mentre tutti cominciavano ad abbandonare la sala.
“Cortesemente, Semeyaza, resta anche tu.” aggiunse la guida degli Auphanim, fermando l’angelo ribelle che tornò ad occupare il suo posto.
“E di cosa dovremmo discutere?” domandò stupito “Di come il Paradiso stia andando a rotoli? Mi spiace ho già la Terra a cui pensare!”
Gli altri risero della battuta, richiudendo il portone alle loro spalle.
L’ultima ad accomiatarsi fu Lilith, che scomparve alle spalle di una delle tende del trono.
“Vieni.” chiamò Satanael “Accomodati.”
Raziel prese posto dove prima era seduta la compagna del Diavolo.
“Speravo venissi qui.” esordì quest’ultimo, passandosi un dito attorno alle labbra sottili. “E così... Gabriel ha finalmente alzato la testa. Sapevo che prima o poi si sarebbe ribellato e poi il carattere di Mikael è talmente... irritante!”
“Vedo che le notizie volano in fretta.”
“Abbastanza da sapere che il signore degli Angeli6 ha mosso guerra alle Schiere Celesti.” calò improvviso il silenzio a quella frase, mentre Satanael lo osservava sorridente. E fu di nuovo lui a prendere la parola “E tu, Semeyaza, cosa ne pensi?”
L’altro sospirò. “Lodevole. Per quel che mi riguarda resterò a godermi lo spettacolo comodamente seduto su questo cuscino.”
Il Diavolo annuì. “Sono pienamente d’accordo con te.” poi rivolto a Raziel “Perché intervenire quando state facendo tutto da soli? Non era per sapere questo che eri venuto?”
Le intuizioni immediate di Satanael lo avevano sempre lasciato perplesso, ed anche in quel momento non fece eccezione, ma cercò di sentirsi in qualche modo sollevato dalle sue parole.
“Povero, povero Mikael...” aggiunse il Diavolo, con eccessiva verve “...Uriel e Gabriel gli hanno voltato le spalle, le Schiere restanti sono divise ed infine una guerra. Già, povero Mikael. Non ha spina dorsale per essere la Guida Suprema. Si crede un forte, ma è solo un misero essere umano.”
Raziel emise un sospiro, alzandosi. “Visto che ho avuto le mie risposte, tolgo il disturbo.”
“Così presto?” domandò Semeyaza “Non hai qualche bel retroscena da raccontare?!” e sorrise, giocherellando con il lungo codino.
L’altro si allontanò giù per la scalinata senza rispondere, arrivato che fu innanzi al portone la voce di Satanael lo fermò.
“E tu, guida degli Auphanim, quale sarà la tua posizione?”
“Quella più giusta.” si limitò a rispondere chiudendo l’uscio dietro di sé.
Semeyaza sorrise, scuotendo il capo “Sempre enigmatico.”
“Si schiererà con Mikael.”
“Cosa? Con Mikael? Contro Gabriel?”
Satana annuì. “Perché questa è la cosa più giusta da fare.” scandì lentamente “Tipico di Raziel.”

Riemerse dalle profondità dell’Inferno con maggiore velocità di quando vi fu entrato.
Richiuse la tenda d’edera alle sue spalle, respirando a pieni polmoni l’aria salmastra del Paradiso.
Fu lieto di sentirsi nuovamente a casa anche se, ormai, quel luogo era troppo cambiato per essere ancora casa sua.
Si mosse rapidamente verso l’alloggio dove Metatron lo stava spettando, con notevole impazienza. Incredibile come Satanael e Semeyaza sapessero così tante cose della loro situazione e quanto dolore aveva saputo provocargli la sua verità...

“Perchè intervenire quando state facendo tutto da soli?”

Era vero.
Si stavano distruggendo con le proprie mani, ma almeno loro non si sarebbero intromessi.
Perchè questo pensiero non riusciva a rincuorarlo?
Entrò nella stanza della guida dei Seraphim, togliendosi il mantello blu notte dalle spalle.
“Non mi sono attardato più del dovuto.” disse, mentre l’altro gli si faceva contro trepidante o, per meglio dire, agitato. Infatti lo fermò prima che potesse aggiungere alcunché, prendendolo per le spalle.
“Prima che tu mi dica, c’è una cosa che devi sapere.”

You hear my prayer?
Don’t you turn your eyes?
And if you dare to mourn...

Raziel lo fissò sorpreso, mentre la luce di un lampo illuminava a giorno la camera.
“Camael se n’è andato.”

...I’ll be you waiting.7



1MALAKIM: o Melechim, Re o Re Angelici, chiamati anche Virtù. E' il coro retto da Raphael.

2ASHIM: Fiamme di Fuoco, chiamati anche Anime Benedette. E' l'ordine retto da Sandalphon le cui schiere prendono il nome di Elementali divisi in: Salamandre, Ondine, Silfidi e Gnomi.

3ZAQEBE: uno dei più importanti tra i duecento Egrigori che scesero in Ardis assieme a Semeyaza.

4BEELZEBUB: detto il Signore delle Mosche e primo in carica dopo Satana.

5BELIAL: bellissimo quanto spietato demonio della sodomia.

6ANGELI: Kerubim o Cherubici, chiamati anche Angeli. E' il coro retto da Gabriel che, nonostante il nome, non ha nulla a che vedere con quello retto da Raziel.

7 : la canzone che fa da colonna sonora a questo capitolo è Cathar Rhythm degli Era ed è una loro proprietà.


LA PAROLA ALL'AUTRICE:

Oh beh, credo che si debbano spendere due parole per questo capitolo un po' più lunghetto dei suoi predecessori. Più che altro è dei luoghi descritti che vi vorrei parlare: il varco dell'Inferno ed il Palazzo di Satanael.
Per il primo credo che molti di voi ci siano arrivati: ringrazio immensamente il buon Dante per avermi ispirato nella discesa di Raziel. Nella Divina Commedia si parla dell'Infermo come di una voragine ad imbuto dove, alla fine, vi è uno stretto budello (quello attraverso il quale l'Arcangelo è dovuto passare carponi). Diciamo che è stato il mio piccolo omaggio al Maestro e alla parte più bella della sua Comedia.
Il secondo, forse, era decisamente più difficile da identificare, quindi ve ne parlo io!^^
Dobbiamo spostarci un momento in India, se non vi spiace, precisamente ad Agra. Qui, nel 1632, l'imperatore mughal Shah Jahan iniziò la costruzione di quella che (a mio parere) è la tomba più bella esistente nel mondo. Un degno saluto alla moglie, morta due anni prima, e che terminò nel 1654. Il mausoleo, ora patrimonio dell'Unesco ed una delle 7 Meraviglie del Mondo Moderno, prende il nome di Taj Mahal. Il Taj Mahal è stato realizzato con i migliori marmi e minerali provenienti da tutto l'Oriente: marmo bianco, diaspro, giada, cristalli, lapislazzuli, zaffiri e corniola.
Ma non è tutto, si dice che fosse in progetto (e scavi ne hanno dimostrato le tracce) un secondo mausoleo destinato all'imperatore, che doveva essere realizzato in marmo nero. Ecco. Da qui è nato il Palazzo di Satanael. ^_^Y


Ci tenevo a fare queste piccole spiegazioni, è un modo come un altro per avvicinarvi di più alle mie storie. Un saluto e grazie dell'attenzione.

 

   
 
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