E finalmente, dopo due mesi e undici giorni…ecco a voi il
capitolo 34, il più importante di tutta la fan
fiction! O meglio, uno dei più importanti v.v
Come al solito, vi devo delle scuse per
il mio ritardo. Ma ora mi impegnerò a postare un
capitolo ogni due settimane. E ho pensato di spostare il giorno di
pubblicazione dal venerdì al lunedì.
E indovinate un po’? Il capitolo ovviamente non mi convince, ma
vabbè xD Io sono un caso a parte, nemmeno la trama mi
convince più xD Ma non abbandonerò mai Father, è il mio bambino v.v
Beh…bando alle ciance! Buona lettura :D
Elyl
Chapter XXXIV:
Nice to meet you, Alistair
“Un sacrificio protratto nel tempo può rendere il cuore una pietra.”
-William Butler Yeats-
L’ufficio
di Severus Piton era immerso nel silenzio. Non che solitamente fosse rumoroso, ma quel giorno era carico di tensione, paura e
orgoglio. Padre e figlio erano in piedi l’uno di fronte all’altro, separati
solo dalla scrivania a cui l’uomo era solito sedere
mentre correggeva i compiti degli alunni.
“Farò ciò che mi è stato chiesto.” Ribadì Alistair
chiudendo le mani a pugno, tremando, la voce che si ruppe verso la fine della
frase, incapace di celare il terrore che provava.
Il pozionista chiuse gli occhi e portò indietro il braccio sfiorando il
bracciolo della poltrona su cui si sedette. Fece un profondo respiro e si prese
il viso con una mano.
“Perché?” Riuscì infine a sussurrare con grande sforzo, la voce roca.
Il ragazzo fece una smorfia e incrociò le braccia al petto sentendo la rabbia
montare.
“Perché è quello che vuoi tu.” Ringhiò.
Sollevò il capo e fissò gli occhi in quelli verdi del figlio che arretrò di un
passo, stupito dal fuoco che ardeva in quei due tunnel neri: odio, terrore,
furia.
“Credi davvero che sia quello che io…” Sottolineò l’ultima
parola. “…voglio? Credi seriamente che sia felice di
tutto questo? Di averti messo in pericolo?” Scattò in piedi,
furente.
Il giovane si morse il labbro e abbassò lo sguardo fissando la punta delle
proprie scarpe.
“Darei qualsiasi cosa, qualsiasi, per permetterti di
scappare e lasciarti vivere la tua vita. Darei ogni cosa che mi
appartiene e non per poterti lasciare libero. Sono pronto a morire per te,
Alistair.” Disse, il tono di voce sempre più alto fin quasi a urlare,
gesticolando per dare enfasi alle proprie parole.
“Per Hermione.” Bisbigliò. “Lo faccio per lei.”
Severus sentì una stretta al cuore: l’amore che suo figlio provava per la
Granger era lo stesso che lui provava per Lily. Lo vedeva nei suoi occhi, dal
suo comportamento.
Il ragazzo sollevò il viso e guardò il padre.
“Lo faccio perché Harry deve uccidere il Signore
Oscuro, l’assassino di mia mamma.” Urlò livido di rabbia, le unghie conficcate
nei palmi delle mani. “Per impedire che altri babbani e nati babbani muoiano
ingiustamente, per vendicarmi.” Fece una pausa respirando profondamente per
cercare di calmarsi, invano. “Lo faccio perché con il mio sacrificio riuscirò a
impedire che venga fatto del male a Hermione, la
ragazza che amo.” Scosse appena il capo. “Per la ragazza a
cui devo rinunciare.” Con uno scatto della mano si asciugò
le lacrime che avevano iniziato a scivolare lungo le sue guance senza che
nemmeno se ne rendesse conto. “E’…è necessario.” Riprese dopo qualche minuto di
silenzio. “In ogni guerra qualcuno deve sacrificarsi per il
bene superiore, anche a costo di uccidere la propria anima, di perdere
qualunque cosa. E in questo caso, devo farlo io.”
Severus guardò il figlio e sentì il suo dolore come proprio. L’unico motivo per cui non piangeva era che non sapeva più come si
facesse. Era orgoglioso di suo figlio, dell’uomo che era diventato e stava diventando. La somiglianza con Lily era incredibile, tant’è
che gli venne spontaneo chiedersi come avesse fatto il Cappello Parlante a
smistarlo a Serpeverde.
“Mi dispiace.” Disse dopo un lungo silenzio.
“Risparmia il fiato, non mi interessano le tue
parole.” Fece una smorfia, amareggiato. “Non voglio le tue
scuse. Sono furioso e ti odio perché se devo rinunciare a lei è solo per la tua stupidità. Al momento mi risulta impossibile accettare le tue scuse.”
L’uomo fece per dire qualcosa, ma in quel momento sentì il suo marchio
bruciare, la pelle che andava a fuoco. Fece una smorfia e si portò la mano
all’avambraccio sinistro.
“Ti fa male?” Domandò Alistair senza riuscire a celare la preoccupazione nella
sua voce.
Lentamente Severus annuì, sapendo ciò che li attendeva. Superò la scrivania e
aprì la porta dell’ufficio.
“Seguimi.” Ordinò.
Senza dire nulla, il Caposcuola eseguì. Percorsero in
silenzio il castello, ignorando chi incontravano. Giunsero all’ufficio del
preside e subito l’uomo pronunciò la parola d’ordine. Salirono sulle scale
mobili e Alistair deglutì a fatica. Il suo cuore batteva rapido, picchiando
contro le coste, le sue mani erano sudate ed era semplicemente terrorizzato.
Severus non bussò nemmeno, entrò direttamente e chiuse la porta facendola
sbattere non appena il figlio fu entrato. Subito
iniziò a parlare, ma l’attenzione di Silente era concentrata su Alistair. Sul
suo volto apparve un sorriso triste: Severus aveva detto
la verità al figlio. Intrecciò le proprie dita fissandole, annuendo di tanto in
tanto.
“Ha accettato il suo compito.” Concluse ringhiando. “Mio figlio ha accettato
di mettere in pericolo la sua vita per il tuo volere.” Severus lanciò uno
sguardo d’odio all’anziano. “E…il Signore Oscuro mi ha
appena chiamato. Desidera vedermi.”
“Alistair?” Lo chiamò Silente.
“Si?” Sussurrò il ragazzo, facendo un passo in avanti.
“Credi d’essere pronto per incontrare Lord Voldemort?” Domandò senza
distogliere lo sguardo dalle proprie mani.
“Si, signore.” Rispose con solennità. “Sono pronto.”
Severus scosse il capo, la sua ultima speranza che andava in fumo. Si avvicinò
alla finestra e lasciò vagare lo sguardo. Quanto aveva sperato che Alistair
dicesse che non lo era, che voleva scappare. “Lily, proteggilo, ti prego.” Si
ritrovò a pensare.
Si voltò verso l’anziano e lo trovò ancora nella stessa posizione.
“Allora?” Sbottò avvicinandosi all’antica scrivania.
“Sto pensando, Severus.” Lo ammonì duramente.
Calò nuovamente il silenzio, poi finalmente gli occhi penetranti di Silente si
fissarono in quelli verdi di Alistair.
“Credi d’essere un buon Occlumante?” Chiese serio.
“Si, signore.” Mostrò il petto come un soldato
all’appello.
“Sei capace di nascondere l’essenziale passando solo informazioni ben precise?”
Il ragazzo sbatté gli occhi e in quella frazione di secondo vide davanti a sé
Harry, Hermione, la loro storia, ciò che aveva scoperto pochi giorni prima, suo
padre che fingeva d’essere fedele al Signore Oscuro
quando in realtà era la miglior spia dell’Ordine della Fenice. Deglutì e si
voltò verso l’uomo, vedendone tutta la sofferenza e la paura, ma nemmeno questo
lo aiutò a placare la sua ira. Tornò a guardare il preside, fissando lo sguardo
nel suo. Con che diritto aveva ordinato a suo padre di celargli la sua vera
identità? Scosse impercettibilmente il capo. Se Silente l’aveva fatto, aveva i
suoi buoni motivi. Chi era lui per indagare? Non era forse Silente l’unico mago
di cui il Signore Oscuro avesse paura?
“Si, signore. Sono in grado di fare tutto ciò che mi
chiede.”
“Sei pronto a fingere?” Domandò serio, con fare solenne. “A
vivere una vita di menzogne, a essere qualcuno che non sei? A mentire?”
Sottolineò l’ultima parola.
“Si, signore.” Rispose rapido come se fosse un
testimone chiave in un processo.
“Sei disposto a rinunciare completamente alla tua vita?” Chiese l’anziano dopo
qualche minuto di silenzio. “A rinunciare all’amore?”
Il ragazzo sbatté le palpebre molto lentamente e il tempo gli sembrò rallentare.
Era davvero così sicuro di farcela? No, per niente. Ma
doveva farlo.
“Si, signore.” Rispose con una sicurezza che non gli
apparteneva.
In quel momento, nonostante si sentisse morire per quelle parole, Severus Piton
provò un’ondata d’orgoglio per Alistair. Cos’aveva fatto per meritarsi un
figlio come lui? Era coraggioso, era forte: era tutto ciò che lui avrebbe
voluto essere e che mai sarebbe stato. A soli diciassette anni era pronto a rinunciare a tutto per salvare la ragazza che amava.
E lui cos’aveva fatto, invece? Aveva condannato la ragazza che amava, l’aveva
fatta morire. Scosse il capo, sentendo quella familiare stretta al cuore: se
Lily, la sua dolce Lily, era morta, la colpa non era che
sua.
Il preside si alzò di scatto, andò dal giovane e fece un cenno al pozionista,
che rapido si avvicinò.
“Figliolo…” Iniziò Silente posando una mano sulla spalla del giovane e una su
quella dell’uomo. “…dovrai essere forte.” Fissò i suoi occhi cristallini in
quelli verdi del ragazzo. “Da te, dalle tue azioni, dipendono
molte vite. Il tuo compito è di fondamentale importanza.” Strinse appena la presa sulla sua spalla. “Dovrai comportarti come uno dei più fedeli sostenitori di
Voldemort: niente più sostegno ai babbani, non dovrai difenderli, dovrai
insultarli. Niente più contatti con Harry e i
suoi amici. Soprattutto con la signorina Granger.”
Alistair sentì il suo cuore fermarsi, creparsi e andare in frantumi. Lentamente
annuì, scacciando le lacrime e la voglia di urlare.
“Perfetto.” L’anziano guardò Severus. “E tu sei pronto?”
Pronto? Che domanda stupida! Ovvio che non lo era. Come avrebbe potuto esserlo?
Stava condannando suo figlio.
“Si.” Rispose dopo qualche momento di silenzio.
Sotto lo sguardo attento di Alistair, Silente si allontanò rapido dai due e
andò a sedersi alla sua antica scrivania. La stessa che solo pochi mesi prima
era stata oggetto d’interesse e che ora gli sembrava così insignificante. Ma a
ben vedere, molte cose che prima gli erano sembrate fondamentali
ora erano prive di qualsiasi significato.
“Il tuo marchio bruciava?” Domandò Silente al pozionista sistemando delle
carte.
“Si.” Rispose semplicemente.
Sollevò il capo e guardò l’uomo.
“Portalo con te.” Ordinò perentorio. “Ora.” Si alzò e aprì l’anta di un
armadietto, estraendone il suo Pensatoio. “Il più in fretta
possibile. A Voldemort non piace aspettare.”
Alistair rimase impietrito nell’udire quelle parole che ora continuavano a
rimbombare nella sua testa. Sentiva le braccia pesanti, le gambe sembravano
essere diventate di pietra e l’aria era sfuggita dai suoi polmoni.
All’improvviso, come un fulmine a ciel sereno, capì il vero significato di
quelle parole. Avrebbe incontrato il Signore Oscuro,
il più potente mago oscuro di tutti i tempi, l’assassino di sua madre. Il suo
cuore prese a battere rapido, i tremori lo assalirono e sbiancò. Sembrava un
incubo. Doveva per forza essere così, la realtà non poteva essere così brutta.
Severus annuì rapidamente, poi afferrò il figlio e abbandonò di corsa l’ufficio
del preside, trascinandolo letteralmente fuori dal castello. Per tutto il
percorso strinse con forza il polso del ragazzo arrivando a lasciargli il segno
delle proprie dita sulla pelle mentre combatteva contro se stesso. Tutto ciò
che voleva fare era smaterializzarsi a Spinner’s End,
fare le valigie e scappare il più lontano possibile con Alistair. La sua
copertura sarebbe saltata? Se fosse servito a salvare il suo bambino lo avrebbe
fatto più che volentieri. Cos’era il mondo in confronto ad Alistair? Niente.
Strizzò gli occhi, aumentò ancora la stretta e non appena varcarono i cancelli si smaterializzarono, ritrovandosi in un una strada
deserta per nulla illuminata e totalmente deserta. Subito liberò il figlio e
gli diede le spalle. Chiuse gli occhi e fece dei profondi respiri.
Alistair allungò un braccio e posò il palmo bene aperto alla ruvida parete di
mattoni, stentando a tenersi in piedi. Sempre più pallido, si portò una mano
allo stomaco, poi strizzò gli occhi e cadde in ginocchio. Portò in avanti le
mani e vomitò mentre le lacrime rigavano il suo viso.
Il pozionista deglutì a fatica, poi si spolverò e riacquistò il suo solito
contegno.
“Andiamo.” Disse glaciale facendo un cenno al figlio, incamminandosi verso la
via principale.
Ancora inginocchiato a terra, il giovane sollevò di scatto il viso e gli lanciò
un’occhiata piena d’odio. Lentamente si rimise in piedi e si pulì la bocca con
un fazzoletto che aveva in tasca, poi scosse il capo e raggiunse il padre. No,
così non andava. Doveva liberare la mente, altrimenti non sarebbe stato in
grado di resistere a possibili attacchi, cosa che era sicuro sarebbe successa.
Stava per incontrare il Signore Oscuro, mica un mago
qualsiasi. Se avesse potuto avrebbe esplorato ogni suo
singolo ricordo, pensiero o desiderio. No, non se avesse potuto: lo avrebbe
sicuramente fatto. Scosse il capo e si passò la mano tra i capelli
“Dove stiamo andando?” Chiese affiancandosi a lui, senza ottenere alcuna
risposta. “Allora?” Incalzò.
L’uomo continuò a non rispondere e aumentò il passo mentre serrava la mascella
e chiudeva la mano a pugno.
“Dove stiamo andando?” Ripeté. “Ho tutti i diritti di saperlo!” Protestò.
All’improvviso l’uomo si fermò e si voltò verso il ragazzo.
“Alistair!” Esclamò con gli occhi spalancati, pieni di terrore.
Deglutì e capì quanta paura avesse suo padre, quanto fosse disperato e
angosciato. Tremava, era pallido, la sua fronte imperlata di sudore, la
mascella contratta e le mani chiuse a pugno.
“Se continui a parlare, non riesco a liberare la mente.” Iniziò Severus
cercando di mantenere il controllo. “Non riuscirò a
dimenticare che ti sto mettendo in pericolo. Preferirei morire piuttosto
che doverti fare affrontare tutto ciò.”
Alistair aprì e chiuse la bocca senza riuscire a proferir parola, poi abbassò
il capo e lentamente annuì arrossendo appena. Non aveva pensato a come si
sentisse l’uomo, era troppo impegnato a odiarlo. E ora, per la prima volta in
tutta la sua vita, sapeva come si sentiva.
Severus riprese a camminare rapido, seguito a ruota dal figlio.
“Libera la mente.” Ordinò dopo parecchi minuti.
Dov’era finito l’uomo che quasi gli aveva urlato contro? Era sparito,
sostituito dal solito Severus Piton: freddo, cinico, pungente.
Il ragazzo si fermò un attimo e chiuse gli occhi. Si concesse il lusso di
pensare ancora un minuto alla sua bella Hermione, poi fece un respiro profondo
e liberò totalmente la mente: niente odio, niente
paura, niente amore. Niente di niente, vuoto totale. Si passò la mano tra i
capelli e tornò a camminare accanto al padre, assumendo la stessa fredda
espressione.
Svoltarono un angolo e davanti a loro apparì una grande villa. Pochi passi e
raggiunsero l’entrata. L’uomo estrasse la bacchetta, eseguì un movimento e il
cancello in ferro battuto si spalancò. Si incamminarono per il vialetto, raggiungendo così
l’ingresso. Ripose la bacchetta all’interno della sua veste e bussò.
Nonostante all’apparenza fosse impassibile, Alistair
sentiva il cuore battere rapido e la paura attanagliargli lo stomaco. No,
doveva liberarsene. Doveva eliminare ogni pensiero, doveva
manipolare i propri ricordi. Un battito di ciglia e, nello stesso momento in
cui il portone si aprì, fu libero da ogni sentimento.
“Si?” Domandò una voce che sembrava più uno squittio.
“Codaliscia.” Disse con voce strascicata Severus. “Alla fine hai trovato la tua
mansione: l’usciere.”
Fulminò con lo sguardo l’omuncolo, aprì la porta ed entrò in casa, seguito a
ruota dal figlio.
“Wow.” Sussurrò Alistair guardando l’ingresso di quella grande casa,
affascinato. Fece qualche passo ammirando i quadri, la bocca spalancata in una
grande “o”.
“Piton.” Disse una voce glaciale con una nota di pazzia.
Severus chiuse gli occhi, poi li riaprì immediatamente e si voltò verso le
scale che Bellatrix Lestrange stava lentamente scendendo, lo sguardo folle
puntato sul giovane Piton, un sorriso perverso sulle labbra.
“Bellatrix.” L’accolse freddamente l’uomo,
pronunciando il suo nome quasi ringhiando.
“Viso d’angelo è tuo figlio?” Domandò la donna guardando attentamente l’oggetto
del suo interesse.
“Si.” Rispose semplicemente Severus.
“Come ti chiami, ragazzo?”
“Alistair.” Rispose prontamente guardandola negli occhi.
La Mangiamorte rimase a osservarlo qualche istante, poi ghignò.
“Vi somigliate.” Fece un cenno ai due, li superò e si avviò verso il salone.
“Aspetta qua, Viso d’Angelo.” Ordinò, per poi sparire
oltre il portone.
Il pozionista annuì lentamente in direzione del figlio, poi la seguì all’interno
della stanza.
“Severus.” Lo accolse freddamente Lord Voldemort seduto a capotavola, il suo
fidato serpente, Nagini, acciambellato al suo fianco.
“Mio Signore.” Salutò con rispetto inchinandosi, aspettando un cenno per
rialzarsi. Una volta che fu arrivato si rialzò e portò
le mani dietro la schiena, intrecciando le dita.
“Per quale motivo ci hai impiegato così tanto tempo?”
Domandò osservando la propria bacchetta, come se stesse pensando a quale
incantesimo utilizzare per punire il suo ritardo.
“Perdono, mio Signore.” Fece una piccola pausa. “Ero a colloquio con Silente.”
“Qualche novità?” Domandò il Mago Oscuro.
Severus annuì impercettibilmente stringendosi le mani l’una con l’altra, unico
segno di nervosismo.
L’Oscuro Signore notò il movimento del suo capo e subito si fece più attento.
Strinse la bacchetta nella mano e portò tutta la sua attenzione all’uomo,
ignorando la donna che gli porgeva da bere un bicchiere pieno di Whiskey
Incendiario.
“Che novità porti, Severus?” Strizzò appena gli occhi come se volesse mettere
meglio a fuoco il pozionista.
Fece un leggere inchino e, senza mai dare le spalle al Signore
Oscuro, andò ad aprire la porta e fece un cenno al figlio. Alistair deglutì,
strinse le mani a pugno ed entrò nella stanza con la mente sgombra, i ricordi
più preziosi eliminati e messi al sicuro. Subito l’uomo gli mise una mano sulla
spalla e lo condusse dal suo Signore, sul cui viso apparve un ghigno.
Rapido il ragazzo s’inchinò aspettando che il padre parlasse.
“Mio Signore, le presento Alistair. Mio figlio.”
L’Oscuro Signore osservò il giovane a lungo e con attenzione, studiandone
l’atteggiamento e l’aspetto. Lentamente le sue labbra si incurvarono
e sul suo volto apparve un ghigno.
“Alistair…” Iniziò appoggiandosi allo schienale della poltrona stringendo la
bacchetta tra le dita. “Alzati pure.”
Il ragazzo si tirò in piedi e mostrò fieramente il petto, fissando lo sguardo
in quello dell’Oscuro mago.
“Mi guardi negli occhi. Bene, bene: coraggioso.” Disse con la sua rapida
parlantina.
Senza aspettare altro, il Signore Oscuro puntò la
bacchetta contro Alistair e subito iniziò a esaminare i suoi pensieri. Uno dopo
l’altro, i ricordi si succedettero: Eric e il loro legame; l’amicizia con altri
giovani Purosangue come Kain Montague, Claudius Warrington,
Adrian Pucey e Draco Malfoy; la scoperta dell’essere
figlio di Lily Evans e conseguentemente fratello di Harry Potter; come
frequentasse diverse ragazze senza porsi domande, senza preoccuparsi di ferirle;
l’incontro e la storia con Hermione Granger; l’odio per Silente.
Così come era iniziato, il fiume di ricordi
s’interruppe bruscamente.
“Eccellente. Si, perfetto.” Sussurrò pensieroso
Voldemort. “Ho visto che sei a conoscenza delle tue disdicevoli origini.”
“Si, Signore.” Annuì Alistair, impassibile.
“E dimmi, che cosa ne pensi?”
“Cosa ne penso, Signore?” Fece una pausa durante la quale lo guardò negli
occhi. “Mi vergogno d’essere figlio di Lily Evans, ma ancor di più a essere
imparentato con Potter.” Riprese schifato. “Quello non è mio fratello.”
“Ottimo.” Il ghigno sul volto dell’uomo si allargò. “E di quella Sangue Sporco
che mi dici?”
“La Granger?” Fece una smorfia disgustato. “E’ solo un
divertimento, un passatempo come un altro. La sto prendendo in giro: le uniche
ragazze che mi interessano sono quelle Purosangue.”
Lord Voldemort annuì, celando la soddisfazione e il fatto che fosse
impressionato dal giovane Piton.
“E’ vero ciò che dice tuo padre? Vuoi
diventare medimago?”
“Si, Signore.” Rispose annuendo, smarrito per
quell’improvviso cambio di discorso.
“Al mio servizio c’è un eccellente medimago francese che potrebbe insegnarti
molte cose.” Iniziò guardandolo. “In cambio, però, pretendo che diventi un mio
fedele servitore e al termine del tuo praticantato tu lavori per me.”
Il ragazzo lottò con ogni forza per trattenere una smorfia, riuscendoci. Come
se avesse scelta. Sentiva l’odio scorrergli nelle
vene, la rabbia salire, ma, così come era arrivata, la
scacciò.
“Accetto la sua offerta.” S’inchino, poi ricambiò il suo sguardo. “Ne sarei
onorato.”