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Autore: atlanta    24/10/2011    1 recensioni
Solo dei lampi, dei ricordi spezzati. L’auto, i vetri e l’air bag. Il botto, assordante. C’era solo quello, come un sottofondo continuo. Crash. Crash. Crash.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando sei in coma non vedi nulla.
Credo sia falso dire che dall’altra parte del tunnel ci sia il paradiso, la luce calda e le altre stronzate. O perlomeno, per me non c’era niente di tutto ciò.
Anzi, penso che la cosa funzioni così: se ci credi lo vedi. Se non lo vedi è perché non ci credi.
Per me lì non c’era nulla.
Solo dei lampi, dei ricordi spezzati. L’auto, i vetri e l’air bag. Il botto, assordante. C’era solo quello, come un sottofondo continuo. Crash. Crash. Crash.
Lì per me non c’era altro che i colori sbiaditi del cofano della mia macchina e l’odore bruciante delle gomme sull’asfalto.
Di lei non c’era traccia.
Sapevo che non mi avrebbe mai lasciato. Sapevo che sarebbe stato il primo volto accanto al mio letto, qualora mi fossi risvegliato da quell’incubo. Ma di lei non c’era nulla in quel luogo. Era tutto buio. Era tutto buio e c’erano solo i ricordi frammentati del mio incidente.
Mara.
C’era la paura. C’era quel terribile lunghissimo e fuggente attimo in cui avevo capito cosa stava accadendo, in cui avevo visto i fari del camion pararsi davanti a me, come gli occhi scintillanti di un predatore. Quelle luci mi dicevano che stavano venendo a prendermi .
Mi avrebbero preso e me l’avrebbero fatta pagare.
Avrei finalmente scontato tutte le mie pene. Avrei sofferto per tutti gli sbagli che avevo commesso, tutte le ferite che avevo creato.
Prima tra tutte avrei pagato per Beatrice.
La donna accanto a me, quella donna affascinante e magnetica che sedeva accanto a me. E che non era mia moglie.

Mara.
Mara era mia moglie.
Un ricordo, un istante. E non c’era più.
Mara.
Un nome.
Chi è Mara?
Crash. Di nuovo.
Un respiro. Un respiro potente, a pieni polmoni, una folata di vento, quella che cambia l’aria nella stanza dopo la notte.
Ah. Un sussulto nel petto.
Sbattei le palpebre, come cercando di rimuovere la polvere dagli ingranaggi del mio volto indolenzito.
La luce. E un letto.
Era la vita? Sì.
Sentii il ticchettare della lancetta di un orologio. Mi ero svegliato. Un miracolo?
Mi guardai attorno.
Ma non c’era nessuno ad aspettarmi.
  
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