Quella mattina il mio letto era ancora più scombinato del solito. Fogli, magliette, sciarpe, borse e tant’altro ne occupavano gran parte. Il pacchetto rosso che mi aveva dato Vanessa era ancora lì sulla sedia, proprio dove l’avevo lasciato la sera prima, presi la maglia e accuratamente la piegai e la misi sopra la pila di vestiti ammucchiati a casaccio nella mia valigia. Riguardando la maglia mi apparve nitidamente il viso di Vanessa mentre faceva ondeggiare i suoi capelli nerissimi e ridendo mi diceva “Tu e quei cinque babbuini siete la cosa più bella che ho” . Mi scappò un lieve sorriso.
Per Vanessa quei cinque babbuini erano tutto. One Direction, un gruppo inglese, nato da poco, le aveva letteralmente preso il cuore, ventiquattrore su ventiquattro non faceva altro che ascoltare le loro canzoni o guardare loro foto, era veramente impazzita per questi cinque ragazzi. Io? Io all’inizio mi limitavo a dire che avevano una bella voce e facevano canzoni orecchiabili ma dopo qualche settimana cambia radicalmente idea, tanto che mi ritrovai anche io ad ascoltare le loro canzoni interrottamente per tutto il giorno.
Magari può sembrare una cosa stupida, a diciassette anni innamorasi di un gruppo, innamorarsi follemente delle loro canzoni, emozionarsi ascoltando la loro voci e piangere perché sai che non potrai incontrarli, ma lei era così, un po’ come me, e io le volevo bene per questo, finalmente avevo trovato un amica uguale a me e non l’avrei abbandonata MAI.
“Elii sei pronta?” Mia mamma mi chiamava, dovevo partire, avrei dovuto lasciare quel paese triste e desolato, che odiavo tanto, per la città che sognavo ogni notte.
Raccolsi tutte e tre le mie valige e andai fuori in cortile dove mi aspettava mio padre.
Salutai tutti e salii in macchina. Appoggiai la testa sul finestrino caldo, iniziai a guardare le possenti nuvole bianche che scorrevano veloci sopra di me, cercai di trovare ad ogni nuvola una forma sensata ma in quel momento pensai che potessero essere solo un enorme montagna di panna montata in cui io potevo sguazzare liberamente.
“Papà ci sono i bar all’aeroporto, vero?”
“Si. Ma fino a mezz’ora fa eri agitata per il volo e ora pensi a mangiare?”
“Mi è venuta fame”
“Tu pensi sempre al cibo” mi disse scuotendo la testa.
“Come Niall” dissi sottovoce.
“Chi è questo Niall?”
“Nessuno, nessuno” dissi sorridendo.
 
All’aeroporto..
“Eccoci qua, ultimo saluto?” mi disse mio padre appoggiandomi una mano sulla spalla.
“Già, ma vi chiamerò e mi farò sentire spesso”
Salutai mio padre. “Stanno già chiamando il tuo volo, mi raccomando chiamaci appena arrivi e buona fortuna”
“Grazie, risaluta tutti, un bacio”
Ero emozionata, emozionata come non mai, avrei vissuto un anno intero a Londra. Si era decisamente emozionante, avevo un sorriso da ebete stampato in faccia dalla mattina e speravo che quel sorriso non mi abbandonasse (soprattutto nella fase della discesa dell’aereo). I miei sogni per una volta si stavano avverando, stava andando tutto bene, TUTTO PER IL VERSO GIUSTO.