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Autore: xmalikazzitua    25/10/2011    2 recensioni
Occhi cerulei, con cambiamenti perenni, pelle pallida, denti splendenti, capelli corvini, fisico slanciato...non l’aveva mai notata prima d’ora, ma, ne era sicuro, qualcosa in lei era anormale. No, ma che diavolo andava a pensare! Non poteva essere un...vampiro, lo escludeva. Un essere tanto angelico, non poteva appartenere alla categoria di bevitori di sangue. Neppure tra un milione di anni.
(AkuRoku & RokuXion)
Genere: Fluff, Mistero, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Okay, rieccomi qua per aggiornare…che dire, non che mi aspettassi molte recensioni, ma almeno un piccolissimo commento non farebbe altro che aiutarmi a capire meglio i gusti dei signori lettori xD Insomma, vorrei soddisfare i vostri bisogni in fatto di fic, che male c’è? ;) i consigli riguardanti la storia sono assai graditi, quindi, mi raccomando! Ma no, non vi sto istigando, vi sto semplicemente implorando in ginocchio di recensire *si mette per terra, con le mani giunte e gli occhi supplichevoli T^T*  Va bene, la smetto…ù.ù  Or dunque, vi lascio al secondo capitolo (sperando sempre rientri nei vostri ideali di fic sui vampiri..ahah xD)

                                                                       2 - Odore invitante

Affacciato alla finestra di camera sua, cercava di non pensare alla puzza di aglio asfissiante, e di concentrarsi su qualcosa di diverso. Qualunque cosa, bastava che fosse al di fuori del circolo vizioso dei cari vampiri. Ciò di cui aveva bisogno in quel momento era distrarsi, perciò, Roxas contemplava amareggiato la pioggia fitta che cadeva ininterrottamente da ormai troppe ore.
Alle quattro di mattina, in quel periodo, il buio avvolgeva ancora con il suo manto oscuro la città, rendendo l’atmosfera inquietante.
Neppure un lieve suono, se non quello dell’acquazzone perpetuo.
Non riuscendo a chiudere occhio a causa di quella strana paura infondata che lo impauriva, aveva deciso di starsene lì, beato, a fissare la cortina di acqua piovana.
Un rumore improvviso, somigliante allo sbattere di una porta, lo fece destare dai suoi pensieri. A quell’ora, in casa sua, tutti dormivano, e nessuno avrebbe mai avuto l’intenzione di mettere piede fuori dal letto se non dopo le sette di mattina.
Deglutì, sempre più confuso. Non poteva credere che Sora si fosse già alzato, e di conseguenza, stesse  mettendo sottosopra l’intera casa.
Anche perché il suo amato fratellino dormiva beato nel suo letto, respirando pesantemente. I suoi genitori, delle persone bisognose di almeno otto ore di sonno, non si sarebbero mai degnati di alzarsi a quell’ora, neppure per vomitare. Incredibile, questo lo sapeva, ma ancora più sorprendente era il continuo scricchiolio delle assi del parquet del salotto, giù al primo piano.
- Hai letto troppi Twilight, hai letto troppi Twilight…a causa di quel demente di Sora! Lui e la sua mania dei vampiri! - sibilava fra sé e sé, volgendo sguardi acidi all’ignaro fratello.
Terrorizzato, afferrò la mazza da baseball, e sforzandosi di vestire i panni del ragazzo coraggioso e temerario, strisciò lentamente verso la porta della sua stanza. L’aprì adagio, riuscendo a non produrre alcun suono stridulo.
Mettendo un piede davanti all’altro, sempre molto a rilento, riuscì a raggiungere la ringhiera vicino alla scala, e con uno scatto silenzioso, vi si affacciò.
Non vide nessuno, nonostante la vista dovesse ancora assuefarsi alla luce accesa del salotto.
Chi diavolo poteva essere tanto stupido da entrare nella sua casa, alle quattro di mattina? E stiamo parlando di una casa fatta più del cinquanta percento da trecce di aglio e rose selvatiche. Una casa da cui stare alla larga, insomma. Soprattutto, un vampiro doveva prestare molta attenzione.
Prendendo fiato, decise di scendere le scale, rischiando un possibile scontro con un succhiasangue.
Armandosi di coraggio fino al midollo, pensò che l’essere potesse trovarsi in cucina. Magari stava cercando carne al sangue, uno spuntino prima di passare alla portata migliore del pranzo, la famiglia Parker, la famiglia di Roxas. E magari, lui, poteva essere il primo ad essere assaggiato.
Procedette verso il luogo del mostro affamato, e con un balzo, si catapultò nella stanza.
Vuota, completamente vuota. Forse il vampiro stava cercando di confonderlo. Una sensazione dal retrogusto amaro lo pervase, facendolo arrancare di nuovo in salotto. Continuare quella stupida ricerca, forse, non aveva molto senso. Probabilmente Sora, prima di andare a letto, si era dimenticato la luce accesa, sbadato com’era. Un’ipotesi di cui tener conto.
Ma era quell’atmosfera, quel silenzio quasi tangibile a rendere tutto troppo…troppo diverso dal normale. Non voleva, soprattutto, non doveva affrontare ancora quell’insulsa paura che si faceva largo sempre di più nel suo subconscio.
Lasciò cadere la mazza, dopo che un’ondata di freddo gelido gli oltrepassò il corpo.
Un’ondata talmente veloce che a fatica riuscì a percepirla.
Possibile che…l’avesse provocata un vampiro?
Si voltò verso l’uscita di casa, appena in tempo per vedere un’ombra celere fuggire e scomparire nel nulla.
La porta si accostò, facendo penetrare altra aria fredda.
Il cuore di Roxas perse un battito, poi un altro e un altro ancora.
Rischiava sul serio di svenire. Dovette stendersi per terra, accasciato al muro, per far sì che il sapore di vomito arrivatogli in bocca se ne andasse.
Socchiudendo gli occhi, una specie di illusione si impossessò della sua attenzione: una ragazza perfetta, dagli occhi celesti, pelle luccicante, capelli color della cenere e con un’espressione quasi luttuosa stampata sul volto, lo fissava, senza tralasciare segni di una qualsiasi sensazione. Sembrava finta, irreale.
- Sto solo sognando - sentenziò Roxas, con voce impastata, mentre le palpebre si chiudevano del tutto. In quel mentre, la mano della ragazza gli si appoggiò su una guancia, e Roxas scoprì con piacere che era fredda, ghiacciata, dura.
Mentre cadeva lentamente fra le braccia del sonno, un gelo quasi inspiegabile si propagava per tutto il suo corpo, come se qualcuno ricoperto di cristalli di ghiaccio lo stesse stringendo a sé.

Quando si svegliò, il biondo si ritrovò nel suo letto, ancora tutto intero. Alzò il capo, e voltandolo verso destra, notò che anche Sora stava bene, ancora addormentato.
Voltandolo invece verso sinistra, poteva scorgere i raggi di luce filtrare attraverso il vetro della finestra. Inoltre, poteva ancora udire il suono della pioggia senza fine.
Si rigettò all’indietro, stanco, quando all’improvviso la sveglia suonò: le sette di mattina.
Sora balzò come una gazzella giù dal letto, e stiracchiandosi, rivolse un sorriso radioso a Roxas.
- ‘Giorno fratellino - bofonchiò, sbadigliando. - Mai dormito meglio! - aggiunse, dirigendosi verso il suo armadio pieno di vestiti.
Roxas lo fissava, leggermente assonnato, mentre i ricordi della notte precedente lo lasciavano un’altra volta senza risposta. In teoria, doveva trovarsi in salotto, sdraiato per terra. Chi l’aveva portato in braccio, senza svegliarlo?
Il biondo decise di indagare: - Sora…per caso stanotte ti sei alzato verso…le quattro?
Il ragazzo, prendendo in mano una felpa e lanciandola sul letto, si voltò verso il fratello, confuso: - Perché mai mi sarei dovuto alzare? Sai benissimo che mai e poi mai mi desterei dai miei bellissimi sogni sui vampiri.
A quella parola, Roxas rabbrividì.
- Evita di nominarli, te ne sarei infinitamente grato - mormorò scettico, osservando il costume di Halloween di Sora appoggiato sulla sedia di fianco alla porta.
Quest’ultimo scrollò le spalle, rassegnato: allora davvero suo fratello non voleva crederci.
- Come vuoi tu - concluse, dopo aver finito di vestirsi. - Tu che fai? Non vieni a scuola?
Roxas si schiarì la gola, tossendo.
- Non saprei. Tu che dici?
- Ti conviene, se non vuoi peggiorare l’idea che ha di te Mrs. White. Anche se, sinceramente, a scuola si sta bene anche senza di te.
Il biondo serrò le labbra, disgustato dall’affermazione del gemello.
- Ah…non credo sia possibile. I vampiri mi vengono a cercare perfino di notte - borbottò, dando molta enfasi alla parola “vampiri”.
Sora sgranò gli occhi, e boccheggiando, esclamò:
- Scherzi?!
Roxas scosse la testa.
- Certo che stai proprio dando fuori di matto - quella frase, la disse con molta insicurezza. - Ed ora, passami qualche vestito a caso. Stanotte mi sono stancato fin troppo.
Sora continuava a non capire: scherzava o diceva sul serio? Ma volete sapere una cosa? Neppure Roxas, colui che aveva proferito quelle parole, ne era del tutto certo.


Arrivati a scuola, le ore di lezione passarono come niente. Certe volte Roxas si soffermava ancora sugli avvenimenti della notte passata, chiedendosi se aveva sognato oppure aveva vissuto davvero quegli strani fatti.
Quei pensieri lo tormentarono fino all’ora di mensa, quando, entrando nel refettorio, l’illusione della nottata precedente si trasformò in realtà: occhi cerulei, pelle pallida, denti splendenti, capelli corvini, fisico slanciato...non l’aveva mai notata prima d’ora, ma, ne era sicuro, qualcosa in lei era anormale. No, ma che diavolo andava a pensare! Non poteva essere un...vampiro, lo escludeva. Un essere tanto angelico, non poteva appartenere alla categoria di bevitori di sangue. Neppure tra un milione di anni.
Squadrandola, osservandola in tutta la sua magnificenza, non poté fare altro che rimanere a bocca aperta. Roxas, distogliendole un attimo lo sguardo di dosso, si accorse che al suo tavolo non era sola: era circondata da altre cinque persone. Alla sua sinistra, un tizio dai capelli rossi, sparati verso l’alto, con occhi verdi e strani tatuaggi sotto di essi, lo rendevano assai bizzarro, ma d’una bellezza estasiante. La pelle, come tutti gli altri presenti in quella cerchia di ragazzi, era marmorea, luccicante, pallida; una ragazza bionda, bellissima, con gli stessi occhi della corvina, sedeva invece alla sua destra, affiancata poi da un altro ragazzo ancora: aveva i capelli candidi, di un colore strano, tendente verso il bianco. I suoi occhi ricordavano vagamente due diamanti. Gli altri due, seduti all’altro lato del tavolo, erano perfetti come statue di dei greci: uno aveva i capelli pettinati in una maniera molto, molto eccentrica, somiglianti ad uno spazzolone di colore nocciola. Gli occhi celesti, mettevano ancora di più in risalto le occhiaie marcate, caratteristiche di tutti loro. L’ultima rimasta era una ragazza davvero stupenda, con capelli color porpora, occhi blu e un fisico mozzafiato. Ciascuno, in quel tavolo, erano in grado di lasciare chiunque senza parole, ed ognuno era unico nel proprio genere. Possibile che Roxas non li avesse mai notati? Tutti e sei, all’improvviso, si voltarono verso di lui, fissandolo intensamente. La bella corvina, in particolar modo, gli rivolse un sorriso ampio e magnifico. Roxas rimase impressionato ancora di più dalla sua bellezza, tanto che, se non fosse stato per suo fratello che lo aveva afferrato al momento giusto, sarebbe cascato a terra, incantato nella maniera più agghiacciante.

 

Roxas, sedendosi al suo posto, accanto Sora ed alcuni suo amici, poté continuare beatamente a fissare gli dei greci, i ragazzi più incantevoli mai visti. D’un tratto, s’accorse però che qualcosa non quadrava. Forse fu solo una sua impressione, poteva benissimo sbagliarsi, ma notò un improvviso cambiamento del colore degli occhi dell’adolescente dai capelli candidi. Da color diamante, divennero scuri come due pozze d’inchiostro profonde. In seguito, il ragazzo afferrò saldamente il tavolo con le mani, stringendolo con una tale forza che a momenti rischiava di spezzarsi. Con così tanta grinta che la bionda al suo fianco lo linciò con lo sguardo, costringendolo a fermarsi. Infine, l’albino si voltò verso Roxas, trattenendo in maniera molto visibile il respiro. Espirò soltanto dopo qualche minuto, alzandosi in fretta e furia, uscendo dal refettorio. Questo fece guadagnare molti punti a favore a Roxas, dato che i restanti al tavolo lo fissarono in modo disgustato, come se fosse stato uno scempio inguardabile. Automaticamente, il biondo iniziò ad annusarsi le ascelle.
- Non dirmi che puzzo così tanto che lascio addirittura la scia? - pensò, avvilito. Gli unici, però, che dietro quella presunta cattiveria pareva celassero del divertimento, erano il tizio dai capelli rossi e la corvina.
Leggendo il labiale di quest’ultima, riuscì a cogliere qualche parola: “piacevole…odore invitante…estasi immediata…devo controllarmi…non riesco a farne a meno…è più forte di me”
Il rosso sghignazzò, penetrandolo con i suoi occhi color smeraldo.
“Hai ragione…è difficile…bisogna evitarlo”
- Ce l’hanno con me? - si chiese Roxas, mentre Sora, annoiato, lo strattonava per attirare la sua attenzione.
- Ma che hai? Hai visto un vampiro o più di uno? Sembri quasi ipnotizzato, senza contare che non hai neppure toccato cibo - sbuffò il gemello, ficcandogli in bocca un pezzo di pizza.
Lo sguardo di Roxas lasciava trapelare ben poco di tutto quell’intruglio di preoccupazioni che andava mano a mano a crearsi sempre di più nella sua mente.

 

Ed ecco la fine del 2^ capitolo…Sora pare un veggente, riesce sempre ad azzeccare ciò che Roxas sta pensando/vedendo…eh, Sora *w* xD Succede molto spesso anche a me che qualcuno riesca a leggermi nel pensiero °A° xP

Beh, spero vi sia piaciuto! Commentate, così almeno la mia anima potrà riposare in pace! (nooo, sono già morta?! O.O)

Okay, okay, perdonate la mia pazzia…xD Allora, alla prossima! ;)

 

 

  
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