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Autore: KAT_jinx    25/10/2011    1 recensioni
Cosa c’è nel mio armadio.
Lo vedo, c’è qualcuno.
Lo sento, sento il suo respiro.
Genere: Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sorpresa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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HO PAURA E VORREI URLARE






I vampiri esistono. L’ho letto in un libro, ma vivono lontano e attaccano di notte, nei vicoli. Preferiscono giovani uomini o giovani donne, sangue fresco ma quasi maturo.
I fantasmi esistono. Il nonno della mamma vive con noi, ma lui è buono, un po’ dispettoso alle volte, ma lo fa per divertirsi. E poi i fantasmi sono impalpabili, non possono farti del male.
Gli zombie esistono. Si chiamano Inferi, e sono corpi soggetti ad un incantesimo oscuro. Me l’ha spiegato il papà, ha detto che non devo temerli; sono morti, e nessuno ha motivo di mandarmi contro un’orda di corpi morti che camminano.
I lupi mannari esistono. Vivono nelle foreste, nei boschi; vengono in città con la luna piena, per mangiare. Stanno in strada e aspettano la loro preda, diventano bestie, non lo fanno apposta, il loro istinto di predatori esce in quei momenti, ma non entrano nelle case.
L’uomo nero invece non esiste. È solo la rappresentazione della paura umana, la paura dell’ignoto, di ciò che non si conosce; è irreale e stupito avere paura dell’uomo nero, io non ne ho paura.
Nessun mago o strega può entrare in casa senza il permesso della mamma o del papà. Hanno messo un sacco di incantesimi protettivi per evitare intrusi.
Allora, cosa c’è nel mio armadio.
Lo vedo, c’è qualcuno.
Lo sento, sento il suo respiro.
L’anta è leggermente aperta a mostrarmi la sua presenza, lo sento respirare, sembra agitato.
Ho paura e non so che fare.
Vorrei urlare, chiamare la mamma. Lei mi abbraccerebbe, verrebbe a dirmi che è tutto un brutto sogno, che è stato solo un incubo, che in realtà non c’è niente. Mi canterebbe una canzone, cullandomi fino a quando gli occhi non si saranno chiusi per la stanchezza.
Vorrei urlare, chiamare il papà. Lui aprirebbe l’armadio, mi farebbe vedere che ciò di cui avevo paura era solo un vecchio giaccone e poi riderebbe, mi prenderebbe in giro ed io mi arrabbierei, perché sono stato stupido ad urlare per un giaccone, perché mi sentirei offeso, ma dopo potrei dormire sereno.
Vorrei urlare, ma mi manca la voce.
Ho paura e vorrei urlare.
Non riesco a muovermi.
Sono seduto sul mio letto, la coperta pesante mi copre le gambe e gli occhi sono puntati sull’armadio, su quell’anta che lo nasconde, ma io lo sento.
È notte, la stanza è buia, le tende sono chiuse, ma un leggero raggio lunare entra da un buco che ho fatto oggi su una delle tende. Avevo preso in prestito la bacchetta di papà, ma ora, quel buco mi permette di distinguere i contorni degli oggetti.
La casa tace, stanno dormendo tutti e vorrei dormire anche io, ma non posso e non ci riesco, sento il suo respiro, vedo la sua ombra.
Ho paura e vorrei urlare.
Si sta aprendo, l’anta dell’armadio si apre e il mio cuore comincia a battere sempre di più, sento che sta per scoppiare.
Sta uscendo, un’ombra nera e alta sta uscendo da mio armadio; ne vedo i contorni e i denti bianchi, sembra un essere umano, un uomo, credo stia ghignando. È grosso e si muove scomposto, a scatti e ha un odore strano. È fastidioso, mi punge il naso, è odore di carne, sangue, odore di morte.
Si ferma esattamente dove quel leggero raggio lunare tocca il pavimento e finalmente lo riconosco.
Ho paura e vorrei urlare.
La sua foto è sparsa per la città, gli Auror lo stanno cercando.
Sta ghignando, avevo ragione ed io adoro avere ragione ma ora non mi importa più, non mi importa più di niente e di nessuno, esistiamo solo io e lui, intorno a noi è tutto nero, tutto vuoto.
Non ho speranze.
È alto più di due metri, robusto, sporco e pieno di cicatrici. Il viso è spigoloso, il mento ha uno strato di barba incolta, i capelli sono tagliati male, a ciocche e sporchi di terra e sangue; gli occhi sono piccoli e brillano di eccitazione. Mentre mi guarda con la testa inclinata continua a passarsi la lingua sui canini affilati.
So chi è, ma non capisco cosa voglia da me; sono piccolo e mingherlino, sono pelle e ossa, non sono buono neanche come antipasto.
Ho paura e vorrei urlare.
Non dice niente, ghigna solo.
Si avvicina ed io non mi muovo.
Mi afferra e mi carica in spalla, apre la finestra e con un balzo salta giù, siamo fuori.
Comincio a piangere in silenzio, lacrime salate mi rigano le guance, ma non emetto un suono, quasi non respiro.
Ho paura e vorrei urlare.

Ora so perché mi ha preso.
Era la notte del 30 ottobre quando mi ha portato via.
Il 31 ottobre si festeggiava Halloween e c’era la luna piena.
Mentre gli altri bambini si travestivano, a me veniva dato un travestimento che non mi toglierò mai più.
Sono diventato come loro, sono diventato come lui.
Ho paura e vorrei urlare.
Ma non ho più paura di lui. Lo odio, lo compatisco, ma non lo temo.
Ora ho paura di lei, la dea che illumina la notte.
La Luna.
Ho paura di lei e urlerò, perché la trasformazione è dolorosa.
Non sarò più quello di una volta, non sarò più il bambino di un tempo, quello che voleva mostrarsi grande agli occhi degli altri, ma che in realtà grande non è. Non avrò più indietro la mia infanzia.
Sono diventato grande nel momento in cui i suoi canini sono entrati nella mia carne, marchiandomi e rendendomi suo simile a vita.
Non mi è stato più concesso essere piccolo e indifeso. Ero diventato un pericolo.
Sono un pericolo.
Per questo sono qui, in questa baracca abbandonata piena di ragnatele e topi. Vengo qui tutti i mesi da quel giorno, da quella notte di Halloween. E anche stanotte, la notte del 31 ottobre sono qui.
Sono grande ormai, sono cresciuto e sono ancora più pericoloso.
Solo aspetto che la mia paura illumini la notte.
Si sta nascondendo dietro una nuvola, vuole cogliermi impreparato, ma non ce la farà.
La sto sconfiggendo, con questa pozione la combatto.
Il mio corpo si trasforma, ma all’interno rimane il mio spirito umano.
Ho paura, ma ho imparato ad urlare.

Remus J. Lupin





E' piccola, corta, non è niente di che, ma è il mio regalo di Halloween ad un personaggio fantastico.

  
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