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Autore: elrohir    29/06/2006    2 recensioni
Una notte, un duello. Un angelo guerriero inchioda a terra il suo nemico. Dovrebbe ucciderlo. E non lo fa. L'amore fuorilegge e intenso tra un ragazzino ribelle, segnato dai lutti, e un soldato incaricato di reprimere i disordini della capitale. I luoghi sono gli stessi de Il ricamo di lacrime, se qualcuno l'ha letto. E anche gli eventi. Alla fine, tornano anche alcuni personaggi.
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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L'alba profuma di terra

L'alba profuma di terra.

Ha colore rosso e arancione, dipinge il cielo con sbuffi di nuvole.

Fuori dalla finestra ragazzi fumano, seduti nella strada.

Iris dorme.

Sogna leggero boschi incantati, il suo spirito cavalca libero nelle pianure.

Ricorda con la gola chiusa i fratelli, i genitori. Ricorda il suo cavallo, bianco puledro impaziente.

La camera intorno a lui è avvolta dalle ombre. Il sole non riesce a sfuggire alle persiane, anche se cerca di penetrarle, vorrebbe scivolare sul viso immobile di Iris e baciarlo, carezzarlo.

Il sole lo ama. Da sempre.

Iris apre gli occhi. Sorride.

Aurora di vita, nuovo giorno che si annuncia uguale agli altri, altrettanto doloroso.

La loro esistenza è un susseguirsi di mattine luminose e pomeriggi assorti, e notti gelide, candide, accecanti. Ormai non riesce a immaginare un'altra realtà.

Sono passati giorni dal soggiorno in carcere, giorni dall'esperienza della stanza insonorizzata, e Libertà non gli ha ancora detto niente.

Lo lasciano in pace, tutti, lo ascoltano quando vuole parlare e rispettano il suo silenzio quando gli occhi gli si fanno bui. Lo abbracciano se ha bisogno di conforto, lo stringono forte e aciugano le sue lacrime con i baci.

Iris si sente bambino, in mezzo a loro.

Si sente ragazzino immaturo, fragile fiore di campo cresciuto tra querce e pioppi maestosi.

Gli occhi grigi di Libertà sottolineano questa impressione. La sua tenerezza è speciale, preziosa come l'aria.

Non si è ancora ripreso, lo sa bene. La sensazione improvvisa di essere niente, soltanto una delicata composizione di sangue e ricordi e sogni, la consapevolezza di essere in bilico su un filo invisibile, di essere del tutto indifferente al mondo, e così debole, così di passaggio… tutti i pensieri turbinosi di quei momenti di solitudine arrossata hanno scavato la sua mente e si sono annidati nella carne, per maturare.

Nell'altra stanza, dietro la parete sottile, si indovinano suoni ed esclamazioni soffocate.

C'è una voce conosciuta che non appartiene ai suoi compagni, che si mischia ai mormorii tanto rassicuranti. Le proteste diffidenti di Libertà, a volume appena udibile.

E Iris capisce a chi appartiene la voce, ma troppo tardi, perché la resistenza dei fratelli ha ormai ceduto e la porta si sta aprendo. Iris resta seduto sul letto, rassegnato, osservando Giuliano entrare nella camera con l'arroganza di ogni militare, e guardarlo soddisfatto, dritto negli occhi.

 

Giuliano deglutisce per prendere tempo. Non sa come cominciare.

Non si era immaginato questo, di trovarlo raggomitolato sopra il letto, come un gatto, così giovane, con le cicatrici che si incrociano sulle scapole e cominciano a rimarginarsi ma paiono urlare l'assurdità di quella guerra.

Non pensava di restare di nuovo senza parole davanti al suo sguardo trasparente.

Adesso camminano per strada.

Iris è silenzioso, remoto, sembra perso in pensieri lontani.

I ragazzi che vivono con lui l'hanno guardato andare via con l'aria di temere per il suo ritorno.

Ha dovuto faticare, per vederlo. Ha dovuto convincere coscienze di marmo, diffidenti e protettive.

Il giovane con gli occhi grigi non li avrebbe lasciati partire. Ma Iris ha sorriso triste, e sussurrato parole in una lingua sconosciuta. L'altro ha chinato la testa, rabbioso.

Giuliano è rimasto affascinato dal loro cameratismo. È un sentimento che profuma di notti passate a parlare, di conoscenza profonda e dolori comuni. È diverso dalla complicità estranea che lo lega ai suoi colleghi, più commovente.

Vorrebbe chiedere tante cose a Iris, domandargli perché stanno rischiando tutto questo, domandargli chi sono quei ragazzi, cosa rappresentano per lui, quali sono le loro storie, i percorsi tortuosi che li hanno portati lì, in quella città estranea, in quelle notti limpide e fredde, a giocare con le lame.

Vorrebbe chiedergli cosa nasconde dietro gli zigomi candidi, dietro quegli occhi azzurri e remoti, chiedere cosa gli permette di resistere muto sotto le botte sapienti della milizia, chiedergli se è vero, come continua a pensare, che le cicatrici intraviste sulla sua schiena non sono le più dolorose.

Vorrebbe sapere, capire il perché della loro lotta accanita e feroce, il perché di tutto quel sangue versato e della loro tristezza, vorrebbe chiedere quale passato scorre nelle loro vene, quali antenati hanno portano ai loro visi quella bellezza incantevole e gelida, quali sono quegli dèi misteriosi e distaccati che loro amano nei rituali notturni, sotto la luna vergine.

Giuliano ha troppe domande nella testa, e aspetta le risposte da troppo tempo per non averne paura. Ricorda la prima volta che ha sentito parlare di quei guerrieri.

Aveva quattordici anni, era appena finita la guerra, e lui pranzava con i genitori e la sorella. Suo padre raccontava dell'ultimo attentato di quelli che venivano chiamati "gli angeli della morte".

Era caduto loro zio, in quello scontro, e Giuliano aveva imparato a odiarne gli assassini, aveva imparato a temere la parte orientale della città, dove vivevano i ribelli, i criminali.

Era entrato nella milizia con queste idee limpide davanti agli occhi. Sapeva dove stava il bene e dove stava il male, il bianco e il nero erano due colori distinti e immiscibili.

Ma il grigio non si può ignorare per tutta la vita, non se hai una personalità vivace e fantasiosa come quella di Giuliano. E presto i dubbi avevano cominciato a tormentarlo, mentre sempre più amici morivano sotto le lame affilate di quei demoni e le strade al mattino si scoprivano insanguinate da altre battaglie.

La rivoluzione nei pensieri di Giuliano era scoppiata davanti al cadavere di uno dei ribelli.

Era uscito disteso da una porta misteriosa, un blocco di acciaio al quale era vietato l'ingresso.

Lui non si era mai chiesto cosa succedesse dietro quel portale, la mente aveva troppa paura della risposta.

Ma quel giorno tutto era luminoso, e freddo, e i dottori avevano abbandonato il lettino in mezzo al corridoio, per andare a riempire i documenti.

Giuliano si era avvicinato, mosso da un maledetto bisogno di sapere, e aveva sollevato il lenzuolo.

Il volto era pallido, non per la morte ma per il candore della pelle.

I lineamenti erano puri, ed eterni. Pareva un angelo.

Giuliano aveva capito perché li nominassero così.

Ma la morte non era loro madre, si capiva chiaramente dalla fissità di quelle labbra.

Loro erano animali selvatici: uccidevano perché costretti.

Non c'era crudeltà, in quel sorriso. Solo, pace e tristezza.

Giuliano aveva sfiorato gli zigomi pesti, il sangue che sgorgava dalla bocca aveva macchiato il suo viso.

Aveva lo stesso sapore del sangue dei suoi amici, lo stesso colore, la stessa consistenza.

Giuliano si era chiesto cosa fosse successo al giovane, in quel locale, per ucciderlo.

Non si era mai risposto.

E adesso ha di fianco Iris, Iris che ne è uscito vivo, e vorrebbe domandarlo a lui, ma sa di non poterlo fare. C'è troppo dolore da condensare in poche parole, e esperienze oniriche, e sensazioni estreme. C'è la sapienza accumulata nelle cellule ribelli, c'è il piatto deserto dell'incoscienza.

E c'è quel viso pallido, così bello, così fragile, quel viso immoto, angelico.

Giuliano non dice una parola.

Solo lo guarda, e ascolta il silenzio tra loro vibrare di note non suonate.

Giuliano lo riaccompagna a casa, sempre muti.

Quando vedono la strada dove Iris vive, vedono la gente che lo conosce e che lavora, i bambini che giocano e le ragazze che ogni tanto lanciano loro sguardi perplessi, incerti, entrambi si fermano.

Si guardano negli occhi, per la prima volta pari, per la prima volta sotto il sole.

Giuliano sorride, per nascondere la paura.

-Posso tornare di nuovo?

Iris sorride, e il volto si illumina come un cristallo. Poi annuisce, e i loro occhi sembrano perdersi in quello sguardo.

Saranno ancora nemici, la notte, se si incontreranno si sfideranno di nuovo con il pugnale, e danzeranno di nuovo quella danza coronata dalla morte.

Ma di giorno, sotto quel sole che li bagna entrambi, possono cercare un'altra strada, una nuova soluzione.

Di giorno possono vivere, e sognare.

 

Fiona…. Mi fa un piacere immenso leggere i tuoi commenti! Sono contenta che la storia ti piaccia… la maggior parte dei capitoli l’ho già scritta, però sono arrivata a un punto morto. Non so come andare avanti, boh, si vedrà.

Comunque… grazie ancora dei complimenti, sai, avevo paura che questa storia non piacesse, che lo stile fosse troppo lento, pesante. Anche perché credo sia un po’ diverso dai miei soliti lavori. Sono contenta che, ad almeno una, vada invece a genio! Kiss Roh

 

   
 
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