Capitolo XLVII
Ore 17.50
–Autostrada, chilometro 1.070
Irina strinse il
volante, guardò
L’avrebbe seminata.
Anche se guidava una Lamborghini, sapeva che non era l’auto che contava. Non
aveva mai gareggiato contro di lei, e Xander aveva
detto che era piuttosto brava al volante, ma lei era sicura di poterle far
mangiare la sua polvere. In quel momento, sentiva che la differenza tra Fenice
e quella russa troppo invadente era pari a zero.
Se Nina era lì per
seguirla, ostacolarla o ucciderla era tutta un’altra
questione, che in quel momento per Irina aveva scarsa importanza. Non gliene
importava praticamente nulla del perché l’avesse
trovata, e nemmeno di come aveva fatto. Voleva solo levarsela dai piedi e farle
capire che fino a quel momento aveva condotto un gioco sbagliato, con lei:
sfidarla fino a farla arrabbiare era stato il suo più grande errore.
Accelerò,
Nina non si scollò:
il grido del motore della Lamborghini le arrivava dritto nelle orecchie, fino
quasi a coprire quello della Punto. La vide affiancarsi, la carreggiata sgombra
da permetterle la manovra…
Irina si ritrovò a
guardare in faccia Nina Krarakova, e solo il pensiero
che quegli occhi azzurri si fossero posati con
malvagità anche solo una volta su Xander e su Dimitri
la fece andare in bestia. Era malvagia, malvagia fino
in fondo… La sua bella faccia era l’arma più potente che aveva, e non aveva mai
avuto scrupoli nell’usarla. Era un’arrivista, una calcolatrice e soprattutto
una sgualdrina.
E ora la fissava,
con quell’aria di sfida, come se volesse portarle di nuovo via il suo ragazzo,
come se la considerasse un’incapace, una stupida ragazzina che non aveva capito
niente della vita….
Si sbagliava, si sbagliava di grosso. Se c’era una cosa che Irina conosceva,
era quanto crudele potesse essere il mondo, quanto dura potesse
essere l’esistenza di una pilota clandestina… Aveva superato ostacoli che forse
lei nemmeno immaginava, visto che la sua bella faccia l’aveva portata fin dove
era arrivata… Che ne poteva sapere lei, quando il suo massimo sforzo per
ottenere qualcosa era quello di andare a letto con chi glielo poteva dare?
“Non userò i guanti con te, Nina. Hai tirato fuori la
parte peggiore di me, e ne subirai le conseguenze”.
Inchiodò di colpo,
piazzandosi dietro
Nina fece la sua
mossa. Le si mise dietro e la colpì con il muso, per
farla andare in testa coda.
Cosa
poteva
fare per liberarsi di lei in fretta e senza troppi danni all’auto?
Vide il muso della Gallardo affiorare nello specchietto destro, così scartò a
sinistra, ritrovandosi vicino al guard-rail… Fregandosene di chi c’era dentro, Nina speronò una piccola utilitaria che procedeva lenta,
sbalzandola fuori dall’autostrada…
Un paio di clacson suonarono mentre
All’improvviso fu
costretta a inchiodare dietro a un camion che stava cercando di sorpassare un
tir, occupando tutta la carreggiata… Nel giro di un secondo,
Poteva aspettarsi
di tutto, ma non che Nina compisse un’azione così violenta: le venne addosso,
stringendola sul guard-rail, decisa a sfasciarle la macchina… O forse, a
ucciderla.
La fiancata della
Punto si piegò, sollevando una nuvola di scintille, ma
Irina tenne stretto il volante e con un colpo secco cercò di liberarsi…
“Maledetta puttana bionda…”.
Accelerò, tentando
di liberarsi, ma
Gettò un’occhiata a
Nina, per vedere che stava tirando fuori una pistola… Faceva sul serio. Era lì
per ucciderla.
In quel momento,
qualcosa scattò nella testa di Irina, facendole accelerare i battiti del cuore
e stringere con forza inaudita il volante. Era furiosa, furiosa
come solo Fenice poteva essere. Furiosa come una che era stata sfidata nel
profondo. Furiosa come la parte cattiva di lei sapeva essere.
Sterzò così forte
da far spostare
Con un colpo secco,
spinse
Irina vide Nina
perdere di mano la pistola per afferrare il volante, i capelli biondi che le
svolazzarono davanti al viso mentre cercava
disperatamente di spostarsi fuori tiro…
“Fammi vedere cosa fai,
biondina”.
Per un attimo Nina
sembrò voler accelerare per fuggire, ma poi le venne addosso con tutta la forza
dei cinquecento cavalli della Lamborghini… Irina strinse il volante, incassò il
colpo e sentì la rabbia montarle addosso…
Il piede le affondò
sull’acceleratore pensante come un macigno, sterzò bruscamente e chiuse Nina in
una morsa tra lei e il guard-rail…
Con uno stridore
assordante, l’altro specchietto della Gallardo volò
via finendo dall’altra parte della carreggiata e colpendo in pieno un tir che
procedeva nella direzione opposta. Il finestrino della Lamborghini si crepò, ma
Irina non accennò a rallentare…
Voleva fermarla, e
sapeva che non era da lei essere così violenta. Ma era
così fuori di sé dalla rabbia per essere stata affrontata in quel modo da
quella russa senza alcuno scrupolo che non era disposta ad accettare un’altra
sconfitta… Soprattutto da lei.
L’avrebbe fermata a
qualsiasi costo, anche sapendo di perdere tempo.
Tenne il volante
stretto, spingendo sempre più forte a sinistra, sentendo la lamiera leggera e
resistente della Gallardo piegarsi, il guard-rail scricchiolare
di fronte al peso delle due auto…
Il finestrino della
Lamborghini esplose in mille pezzi, facendo volare pezzi
di vetro da tutte le parti, proprio mentre Irina vedeva il casello avvicinarsi
velocemente… Le luci abbaglianti si pararono davanti a loro dopo una curva
veloce, le sbarre abbassate e le auto in coda per pagare il pedaggio…
Nina non ebbe il
tempo di elaborare una strategia: di fronte all’impatto inevitabile, fu
costretta a inchiodare, con Irina che continuava a tenerla chiusa nella sua
morsa… Con uno stridore di gomme, si ritrovarono di fronte al casello, a dieci
metri dallo spartitraffico, la gente intorno che li guardava con gli occhi
spalancati…
Irina afferrò la
pistola e si precipitò giù dall’auto, senza pensare a ciò che poteva succedere.
Tolse la sicura, e vide Nina puntarle addosso la sua
arma…
“Ah, non cercare di spararmi, sgualdrina”.
Il dito di Irina
premette sul grilletto così velocemente che non prese nemmeno la mira. Con un
sibilo, il proiettile volò nell’aria…
Nina gridò mentre
la pistola le schizzava via di mano, finendo sulla carreggiata gelida… In un
secondo, Irina gli fu addosso.
<< Prima mi
prendi per il culo e poi tenti di spararmi?! >>
gridò, infuriata.
Nina non fece in
tempo ad indietreggiare, ne a difendersi. Senza
pensarci, senza fare nessun calcolo, l’istinto la portò a tirare un pugno in
pieno viso alla russa, dritto dritto
sulla sua bella faccia d’angelo…
Forse fu il dolore
alla mano, forse fu l’assoluta sensazione di liberazione che sentì, ma Irina tornò
in sé e si rese conto di quello che era appena successo. Fece una smorfia,
massaggiandosi le nocche, e guardò Nina, a faccia in giù sul cofano della
Lamborghini, che gemeva in preda al dolore, tenendosi il viso… E guardò le auto
che attendevano in coda, la gente che la fissava senza capire cosa stesse
accadendo…
Lei, però, ebbe
molto chiaro ciò che era appena accaduto, e per un attimo si sentì soddisfatta,
soddisfatta di sé stessa.
Aveva battuto Nina,
e in più si era presa la soddisfazione di fare una piccola modifica alla sua
bella faccia di cui tanto si vantava.
Tornò verso
<< Dimmi un
po’… >> iniziò Irina, fissando il naso sanguinante della russa, <<
Credevi davvero che mi lasciassi mettere i piedi in testa da te? >>.
Prese i polsi di
Nina e glieli legò stretti dietro la schiena, senza curarsi di poterle fare male.
Per un attimo i capelli biondi e profumati della ragazza le svolazzarono sotto
il naso, e la cosa contribuì a infastidirla. La spinse verso il guard-rail e
legò il resto della corda.
<< Puttana…
>> disse Nina, la voce impastata, accasciandosi a terra con un gemito.
La russa la guardò
dritta in faccia, e Irina sostenne il suo sguardo senza alcun timore.
Improvvisamente, si chiese come avesse potuto temere una donna del genere. Con
il sangue che le usciva dal naso e un occhio nero sembrava una persona
qualunque… La sua bellezza non si notava.
“Le lezioni di Dimitri sono servite, alla fine”.
<< Mi hai
rovinato la faccia, stronza! >> gridò Nina, soffiando come una gatta,
<< Lo sapevo che eri una puttana… Mi ripagherai per nuova! >>.
Irina si trattenne
dal sorridere: il dolore di Nina era palese, ma non si
sentiva affatto in colpa. In fondo, si era solamente difesa… E si era
presa una piccola rivincita.
<< Non ti
ripagherò proprio per niente, carina >> ribatté, << Avevi solo da
metterti contro di me… E comunque, la tua faccia è come quella di tutti gli
altri >>. Si massaggiò le nocche, per farle capire che le sue ossa non
erano morbide quanto i suoi tratti.
Nina sputò un grumo
di sangue a terra.
<< Vaffanculo
>> ringhiò.
<< Che volevi
da me? >> domandò Irina, ignorandola.
Nina le lanciò
un’occhiataccia.
<< Non sono
affari tuoi >> rispose.
Irina rimase un
attimo a fissarla, poi si strinse nelle spalle. Aveva perso abbastanza tempo
con lei, e avrebbe potuto scoprire perché la seguiva più avanti… Ora doveva
tornare alla sua missione.
<< Non
importa. Se vorrai parlare ci saranno schiere di
poliziotti pronti ad ascoltarti >> disse, poi risalì in auto.
Mandò un rapido
messaggio a McDonall per dirgli che Nina Krarakova era in arresto, e che lei avrebbe proseguito.
Inserì la prima e sotto lo sguardo del casellante e dei passanti sgommò via,
pronta all’ultima parte del suo viaggio.
Ore 17.55 –
Autostrada, chilometro 998
La mano di Dimitri
stringeva convulsamente il volante della R8, gli occhi puntati sull’auto che
stava affiancando: la sagoma nera della Impreza si fondeva perfettamente con il colore della notte
russa intorno a loro, ma per lui era nitida come il giorno. Sentiva il rombo
del motore, ma sentiva anche la rabbia che gli
scorreva nelle vene, una rabbia che aveva covato per anni…
Alla fine il
vigliacco aveva accettato. Raccoglieva la sua sfida, forse sperando nella sua
clemenza…
Dimitri strinse i
denti. Clemenza? No, non ne avrebbe avuta per nessuno, perché nessuno l’aveva avuta per lui. Voleva Vladimir morto, e nemmeno di
fronte alle suppliche avrebbe cambiato idea.
Girò la testa, e
finalmente incontrò lo sguardo di Buinov: lo fissava,
il volto sfregiato, gli occhi scuri e beffardi.
E senza preavviso,
senza pensare, gli andò addosso con tutto il peso della R8, facendolo sbandare.
Dimitri non voleva
gareggiare; voleva solo fermarlo, farlo scendere dall’auto e vedersela faccia a faccia con lui, esattamente come aveva fatto con
tutti gli altri con cui aveva avuto a che fare. Ma come sempre, Vladimir era
troppo codardo per accettare veramente la sfida…
Il suo
comportamento lo fece andare in bestia, così speronò
Vladimir accelerò,
e per un attimo Dimitri credette che volesse fuggire…
Sarebbe stato da lui.
Poi però vide che
sul sedile posteriore della Impreza
c’era qualcuno, e che quel qualcuno stava puntando una pistola verso di lui…
“Coniglio”.
Vladimir non era da
solo. Si era portato dietro il suo amico Cyril per
non essere in inferiorità numerica… E per avere più possibilità di ucciderlo.
Dimitri odiava quel
genere di cose. Sentì l’ira montargli addosso, e si preparò e fermare quella
Subaru.
Ore 22.50 –
Autostrada, chilometro 1.543
Xander vedere
il guard-rail sfilargli accanto così veloce da non riuscire più a distinguerne
i contorni.
Il tachimetro della Ferrari 599 segnava i duecento all’ora, la sirena che
lampeggiava sopra il tetto, le auto che si spostavano dalla corsia di sorpasso
per lasciarlo passare…
Sapeva che Challagher era a pochi chilometri da lui. Lo avevano
intercettato grazie alle telecamere di un casello, e un elicottero era pronto a
fermarlo se lui non fosse riuscito a raggiungerlo.
Lo Scorpione però
sembrava aver perso la strada: proseguiva verso nord, in direzione Cherepova, ma
Irina stava procedendo su un’altra via, forse più breve. Evidentemente non
aveva chiaro il percorso che doveva fare, perché così stava allungando…
Xander gettò una rapida
occhiata alla sua sinistra, per vedere le sponde del lago Rybinskoye,
lo stesso che avevano costeggiato durante
Il suo piede
premette ancora più in basso l’acceleratore, ma cominciava a sentire la
stanchezza. Per Challagher doveva essere lo stesso,
perché come lui e come Irina era in viaggio ormai da più di dodici ore… Poteva
sperare che mollasse?
No, lo Scorpione
non avrebbe ceduto per stanchezza, esattamente come lui. I conti andavano
chiusi, quella notte.
Ore 18.00 –
Autostrada, chilometro 1.000
Dimitri vide Cyril nella Impreza
puntare la pistola contro di lui, poi nell’aria esplose il fragore della
pallottola che partiva dritta nella sua direzione…
Non fece in tempo a
schivarla. Con un sibilo, il proiettile si infilò nel
parabrezza della R8, facendo un perfetto buco concentrico… L’aria gelida inondò
l’abitacolo…
Dimitri digrignò i
denti quando la spalla bruciò all’improvviso, e sterzò bruscamente per
togliersi dalla traiettoria… Sentì gli spari sfiorare di nuovo la sua auto, il
suono dello scoppio che riverberava nella notte… Affondò il piede sul freno per
portarsi fuori tiro…
Si portò una mano
alla spalla, per controllare i danni. Era stato colpito solo di striscio, ma
aveva rischiato grosso. Sentì il sangue caldo colare sotto le dita, mentre il
dolore diventava già un ricordo… Era abituato a ben altro, quella ferita era
più simile a un graffio, per lui… Si sporse e afferrò la pistola che teneva nel
portaoggetti, la rabbia che gli offuscava la mente…
Vladimir aveva
sbagliato su tutti i fronti: aveva sbagliato a
provocarlo, aveva sbagliato a comportarsi da coniglio, ma soprattutto aveva
sbagliato a mettersi contro di lui.
Sentì i proiettili
che venivano sparati dalla Subaru, così zigzagò per
evitarli. Non gli servì troppa concentrazione per prendere la mira, puntando
alle gomme della Impreza: il
suo colpo fu perfetto. Il pneumatico destro scoppiò sonoramente, facendo
sbandare l’auto, il parafango che strisciava sull’asfalto, producendo una scia
di scintille…
Dimitri frenò,
guardando
Imprecò, sapendo
che avrebbe distrutto la sua stessa macchina, poi affondò il piede
sull’acceleratore, superò Vladimir a sinistra e gli andò addosso, spingendolo
con violenza verso la corsia più esterna dell’autostrada…
Il finestrino della
R8 andò in mille pezzi, e sentì qualche scheggia infilarsi nel suo braccio
quando spinse
Con uno scatto,
Dimitri diede un’ultima spinta, e l’auto di Vladimir
imboccò la rampa d’uscita più vicina, finendo in testa coda lungo la corsia di
decelerazione… La seguì, sentendo i clacson delle altre macchine suonare, il
rumore delle ruote che strisciavano sull’asfalto…
Cinquanta metri,
poi
Dimitri inchiodò.
Vide la sagoma di Vladimir muoversi nell’abitacolo, illeso, e Cyril che combatteva per uscire dalla morsa dei sedili
posteriori… Erano suoi…
In un attimo tirò
fuori da sotto il sedile una piccola borsa, che aveva
preparato proprio per quel giorno: dentro, come ogni russo che si rispettava,
portava la sua collezione di coltelli, arma che non l’aveva mai abbandonato e
che sapeva usare meglio di qualunque altra… Ne aveva tanti, uno per ogni
vittoria che aveva ottenuto, uno per ogni pezzo di anima che aveva perso…
Non perse tempo a
sceglierli: prese i tre che usava sempre, lunghi, affilati, letali. Uno era
quello che aveva lasciato a Vladimir la cicatrice sul collo.
Saltò giù dalla R8,
la pistola in pugno e i coltelli alla cintura, puntando dritto
dritto verso
Sentì un colpo di
pistola sparato all’improvviso, e si abbassò di colpo… Cyril
stava cercando in ogni modo di uscire dall’auto, ma sembrava incastrato nei
sedili posteriori… Aveva sparato dal finestrino rotto, perché le portiere
dovevano essere bloccate… Vladimir stava lottando per aprire la sua…
Prima che Cyril avesse il tempo di tentare un altro colpo, Dimitri
prese la mira e gli sparò, prendendolo in pieno. Con
un grido di dolore, il russo si accasciò sul sedile della Subaru, sparendo alla
vista.
Non era lui che
voleva.
Spostò il suo
sguardo su Vladimir: era riuscito a riaprire la portiera, e ora teneva in mano
la pistola, pronto a sparargli… I suoi occhi erano
beffardi, ma Dimitri sapeva che aveva paura, e che sarebbe stato pronto a tutto
pur di salvarsi…
Il Mastino sparò, e
l’arma volò via dalle mani di Buinov, finendo
sull’asfalto… Il russo gridò, poi si voltò per scappare, il volto che
improvvisamente mutava espressione…
In un attimo,
Dimitri gli fu addosso. Lo afferrò per il collo, sbattendolo violentemente sul
cofano della Impreza nera.
<< Dove credi
di andare, codardo? >> ringhiò a pochi centimetri dal volto sfregiato del
russo.
Vladimir non
rispose. Dal nulla tirò fuori un coltello, ma Dimitri fece
in tempo a scostarsi e schivarlo… Sentì la lama passargli a pochi centimetri
dallo stomaco…
<< Allora non
sei così coniglio, Buinov >> disse,
afferrandolo per il braccio. Lo trascinò di nuovo verso l’auto, poi, con gelida
freddezza, gli conficcò nella mano il pugnale più piccolo che aveva.
Vladimir lanciò un
grido, mentre rimaneva inchiodato alla sua stessa auto, il sangue che colava
sul cofano, macchiando le strisce gialle…
Era un colpo che
metteva spesso in atto, il Mastino: erano le mani a mettere in atto ciò che il
cervello comandava. E quella mano era quella che aveva ucciso, che aveva dato
inizio a tutto…
<< Non è
ammazzandomi che migliorerai la tua situazione! >> gridò all’improvviso
Vladimir, forse sperando di fermarlo…
Dimitri rimase a fissarlo,
senza provare nessuna pietà per lui. Era la persona che odiava di più al mondo,
non gli interessava ciò che diceva…
<< Non voglio
migliorare la mia situazione >> ringhiò in
risposta, tenendolo per il bavero della giacca, << Non me ne frega un cazzo
di quello che mi succederà dopo… Se vorranno chiudermi in cella e buttare via
la chiave non sono affari che mi importano… >>.
Improvvisamente,
sul volto di Vladimir si dipinse un piccolo sorriso, nonostante il dolore.
Dimitri ridusse gli occhi a due fessure, infastidito.
<< Possiamo
raggiungere un accordo >> gracchiò, << Io ti posso far scappare, se
vuoi… Potresti andartene da qui senza dover tornare in
carcere… >>.
Dimitri fece una
smorfia, intuendo il suo gioco. La sua freddezza non venne
incrinata, il suo orgoglio non vacillò.
<< Io non
voglio scappare, voglio ucciderti >> ribatté, << Non mi interessano le tue proposte >>.
<< Ma così
potresti prenderti quella ragazza… La ex di Challagher >> disse Vladimir, il volto sfregiato che
cercava di apparire invano accattivante, << Avanti, so che ti è piaciuto
scopartela, alla Mosca-Cherepova… >>.
Dimitri rimase a
fissarlo in silenzio. Odiò il suo tono, odiò il fatto che
voleva comprarlo, e odiò il ricordo che gli provocò. Non gli importava che
sapesse di Irina, ma non sopportava il fatto che come
chiunque altro la trattasse come una bambola…
<< Sì, mi è
piaciuto >> ringhiò, << Ma lei non c’entra, in questa storia
>>.
<< Ancora la
tua adorata sorellina? >> sbottò Vladimir, << E’ roba vecchia, Dimitri.
Ormai è andata, che ti serve vendicarla? E poi, anche la mia famiglia è stata
sterminata… >>. Faceva finta di non sapere, di trovare tutto ridicolo… Il
Mastino andò su tutte le furie.
<< Zitto
>> ringhiò, << Più continui a parlare, più la tua morte sarà
dolorosa… >>.
All’improvviso,
Vladimir urlò, e Dimitri sentì la lama di un coltello sfiorargli il fianco. Si
spostò cercando di evitarlo, ma l’arma lo colpì, lacerandogli i muscoli…
Ignorando il
dolore, afferrò il russo per il collo, tirò fuori il suo coltello e glielo
conficcò dritto nella gamba, facendolo crollare indietro. Si spostò, sentendo
le urla laceranti di Buinov, per accorgersi che era
stato preso solo di striscio: sanguinava, ma non era niente di letale… In un
attimo, anche quel dolore sparì, di fronte all’ennesimo colpo basso di
Vladimir…
Alzò lo sguardo sul
russo, sentendo l’odio che montava dentro di lui.
<< Tua
sorella gridava come una cagna, quando stavo per ammazzarla! >> urlò
Vladimir, aizzandolo soltanto. << Ha chiesto pietà come una donnicciola
qualsiasi… E dire che era pure così brutta che non ci ho fatto nemmeno nessun
giochino… >>.
Dimitri prese il
russo per il collo, fissandolo negli occhi scuri, neri come la sua anima. E per
un attimo, il silenzio fu tale che sentiva il suo cuore battere.
Quello era il modo
di Vladimir di prendersi una rivincita. Voleva fargli perdere completamente il
controllo, sperando di riuscire a fregarlo, si fargli commettere un errore e
colpirlo alle spalle. Ma le sue parole non lo
scalfivano. Poteva dire qualunque cosa su sua sorella, perché lui non gli
avrebbe creduto. E anche se tutto quello che gracchiava
era vero, non gli importava. Era certo che Lora non avrebbe mai implorato uno come lui, perché aveva il suo stesso orgoglio.
Non aveva paura di
uccidere; le sue mani si erano già macchinate di sangue, esattamente come
quelle di Vladimir. Ma a differenza di lui, almeno non
aveva ucciso innocenti. A differenza di lui, non aveva mai voluto essere
Dieci anni. Dieci
lunghi anni aveva aspettato quel momento.
Sapeva cosa poteva
fargli.
Avrebbe voluto
torturarlo, fargli patire tutto ciò che lui, la sua famiglia ma soprattutto
Lora avevano provato. Voleva farlo soffrire fino all’inverosimile,
fargli pagare tutto ciò che aveva fatto. Se non fosse
stato per lui, quella guerra non sarebbe mai iniziata. Se non fosse stato per lui, la sua famiglia, Lora, i suoi fratelli
sarebbero stati ancora vivi…
Afferrò il manico
del coltello che era ancora conficcato nella gamba di Vladimir, e lo spinse più
in fondo, ignorando le sue grida, fregandosene di quanto potesse essere
doloroso… Sentì il sangue caldo colargli tra le dita, gocciolare a terra,
mentre il russo iniziava a chiedergli di smetterla…
Poi si fermò.
Qualcosa, come un enorme peso, si depositò nel suo stomaco. Fissò la faccia
contratta di Vladimir, cercando di capire. Il volto del russo era una maschera
di dolore, la bocca aperta e silenziosa, il respiro affannoso…
Un pensiero gli
attraversò la mente, rapido, come se qualcuno l’avesse spinto a forza dentro la
sua testa.
Lora non avrebbe
voluto. Lora, esattamente come Irina, non avrebbe accettato una vendetta del
genere. Secondo loro, nessuno, nemmeno Vladimir Buinov
avrebbe meritato una fine così dolorosa.
Lo sapeva, ne era
certo.
Ma lui voleva farlo
patire. Voleva farlo morire lentamente, lasciarlo consapevole che la sua vita
strisciava via piano piano… Fargli sentire cosa si
provava, quando il dolore ti straziava il corpo, fino a desiderare di morire…
Aveva ucciso troppe persone e con troppa crudeltà per non meritarlo…
Ma di chi aveva più
rispetto?
Di sé stesso, di sua sorella?
Chi vendicava?
Sé stesso, o Lora?
Digrignò i denti.
Sapeva per chi era
tutto quello. Sapeva che aveva passato dieci anni a meditare vendetta. Aveva
sperato che torturarlo, farlo soffrire, lo avrebbe reso più soddisfatto… Ma era
davvero così?
Per chi era tutto
quello?
Non era per lui.
Era per Lora.
Allora, guardò un’ultima
volta Vladimir negli occhi. La consapevolezza prese piede nelle iridi del
russo, che annaspò un istante, prima di rimanere bloccato nella sua morsa, il
collo imprigionato dal suo braccio, il coltello di Dimitri a pochi centimetri
dal suo collo…
Era così che doveva
andare. Era giusto.
La vendetta non
doveva mai portare soddisfazione.
<< Ringrazia
mia sorella >> sussurrò nell’orecchio di Vladimir, << Ringraziala,
perché fosse stato per me, avresti patito molto di più
>>.
Poi, gli tagliò la
gola.
Ore 22.55 –
Autostrada, chilometro 1.590
William gettava
occhiate a fasi alterne il lago nero che scorreva alla sua sinistra, il rumore
sordo e ripetitivo del motore della Bugatti che gli arrivava dritto nelle
orecchie, i fari posteriori del camion che lo precedeva a un centinaio di metri
che gli balenavano stranamente offuscati davanti agli occhi…
Sbadigliò
sonoramente, anche se la tensione che aveva addosso non si allentò. Aveva sonno,
era stanco, ma l’idea di trovare Irina lo faceva andare avanti ignorando
completamente il suo corpo. Non aveva mai guidato tanto a lungo e così veloce,
ma la sua tempra da pilota clandestino non lo avrebbe abbandonato…
Non sapeva se era
sulla strada giusta, se Fenice si trovava davanti, dietro o vicino a lui. Non
sapeva se Fenice si stesse dirigendo veramente verso Cherepova,
ma qualcosa gli diceva di continuare ad andare avanti, comunque… Prima o poi l’avrebbe incontrata, se lo sentiva.
Guardò nello
specchietto retrovisore: dietro di lui non sembravano esserci auto sospette…
Went era sulle sue
tracce, ne era certo. L’aveva solo seminato, e da un momento all’altro sarebbe
spuntato di nuovo per cercare di catturarlo… Lo conosceva abbastanza per pensare che non avrebbe certo abbandonato la sua caccia.
Non poteva perdere
tempo con lui, non quando il suo unico obiettivo era trovare Irina. Per lui
niente aveva più importanza, finché non fosse riuscito ad avere Fenice davanti
ai suoi occhi e chiederle perché.
Strinse il volante,
mentre nella sua mente uno dopo l’altro i ricordi, le sensazioni che aveva di Irina gli si affastellavano nella mente…
Aveva capito tutto
troppo tardi.
Se avesse potuto tornare indietro, se avesse saputo ciò che
Irina sarebbe diventata per lui, ora le cose sarebbero state diverse…
“Ormai è tardi per piangersi addosso…”.
Certo che era
tardi. Irina l’aveva tradito due volte, e lui si era fatto fregare.
Però, almeno voleva
sapere il perché.
Voleva saperne il
motivo, perché forse sperava ancora che le cose si potessero rimettere a posto…
“Ormai è tardi” si ripetè.
E capì che era
tardi davvero quando vide un elicottero avvicinarsi nella notte nera, e
l’inconfondibile rumore di sirene nell’aria…
<< Ti ho preso
>>.
Xander affondò il piede
sull’acceleratore, i fari rossi della Bugatti impressi negli occhi,
l’adrenalina a mille.
Alla fine lo aveva
raggiunto.
Vide
Superò un cartello
che indicava l’uscita per il lago, ed ebbe una strana sensazione… C’era
qualcosa di familiare, in quel tratto di strada…
Improvvisamente
ricordò. Era già stato lì durante
Gli venne in mente
un’idea: poteva cercare di intrappolare Challagher. Sapeva
doveva portava quella strada: alle sponde del lago. Lo Scorpione non avrebbe
avuto via d’uscita…
Afferrò il
cellulare e chiamò McDonall.
<< Ho un
piano >> disse solo, << Dite all’elicottero di starmi dietro, per
il momento >>.
Gettò il telefono sul
sedile, poi affondò il piede sull’acceleratore e tentò di superare
Il cartello per
l’uscita del lago indicava cento metri: Xander si
affiancò alla sinistra della Bugatti, bloccando la via di fuga da quella parte…
Lo Scorpione però non rallentò, il motore della Veyron
che spingeva al massimo.
Come aveva
previsto, Challagher all’ultimo secondo infilò
l’uscita, credendo di fregarlo. Xander lo seguì,
imboccando la rampa che curvava verso il lago, rimanendogli incollato al
posteriore…
Challagher non lo sapeva, ma
si era messo in trappola da solo. Se continuava dritto per quella strada,
sarebbe arrivato a un vicolo ceco, esattamente come si erano trovati loro
durante la gara… Ma lui non immaginava nemmeno che ci fosse la possibilità di
attraversarlo, correndo un rischio enorme…
Xander accelerò, proprio
mentre sentiva una voce diffondersi nell’aria… In ogni caso, voleva cercare di
bloccarlo, per rifilargli l’umiliazione di essere sconfitto di nuovo da lui.
<< Fermati Challagher, ti dichiariamo in arresto >>.
Franck White, il suo capo
all’F.B.I., era sull’elicottero che li stava seguendo,
ed evidentemente credeva che Challagher si sarebbe
veramente fermato. Xander si affiancò alla Bugatti,
conscio che lo Scorpione non si sarebbe fatto spaventare da un’intimazione del
genere…
Vide lo sguardo
dello Scorpione posarsi su di lui, con la stessa espressione di sfida che lo
aveva contraddistinto. Si fissarono per un istante, le
auto affiancate, il suono dei motori a fare da sottofondo… Challagher
non si sarebbe fermato, avrebbe lottato fino all’ultimo pur di fuggire…
Poi, secco,
improvviso, Challagher cercò di venirgli addosso.
Xander si scostò
rapidamente, lasciando
“Ti fermerò comunque, Challagher. Ti ho già battuto una volta, e lo posso fare di
nuovo”.
William guardò
Paura?
No, non aveva paura
di essere sconfitto. Due anni prima correva per la vendetta; ora correva per la libertà. E con la consapevolezza di ciò che
lui era veramente.
Lo Scorpione, al di là della Black List, al di là di tutto quello che non
aveva più.
“D’accordo, sbirro, lo hai voluto tu”.
C’era solo modo per
liberarsi di Went, ed era ucciderlo.
Inchiodò, pestando
sul freno con tutte le sue forze, tanto che
Afferrò la pistola,
gettando uno sguardo a Went, oltre il vetro della sua
599, e gli venne in mente che tutto quello che era successo era solo colpa sua…
Che se quattro anni prima, al posto suo ci fosse stato qualsiasi altro sbirro,
le cose non sarebbero mai cambiate…
Cercò di prendere
la mira e puntare alla sua testa, ma Went gli venne addosso, il rombo della Ferrari a fargli da
sottofondo, spingendolo verso la sponda del lago… Contrattaccò, speronando la
599 sulla fiancata piegata, liberandosi dalla trappola…
Senza pensare,
prese la mira e sparò un colpo. Sentì il proiettile sibilare e conficcarsi nel
montante del vetro della Ferrari, mentre Went cercava
di togliersi dalla traiettoria. Sparò di nuovo, colpendo il cerchione di
metallo: il proiettile rimbalzò, conficcandosi nel parafango della Bugatti…
William avrebbe
lottato, lottato con le unghie e con i denti per non
farsi prendere. Era già scappato in inseguimenti del genere, e nemmeno
l’elicottero gli faceva paura.
Went sparò verso di
lui, ma pestò violentemente sull’acceleratore, schizzando avanti…
Poi, qualcosa lo
costrinse a guardare davanti a sé.
La strada curvava,
lo vedeva anche nella notte. Curvava proprio sulla sponda del lago…
Il sangue gli si
gelò nelle venne, l’adrenalina crollò di colpo,
rendendogli la mente pienamente lucida…
Non vedeva uscite
da quella strada… Non vedeva una via di fuga…
Con orrore, si rese
conto che era in un vicolo cieco. Che aveva il lago da una parte, e Went dall’altra: poteva solo andare dritto e sperare che la
strada girasse, che lo riportasse sull’autostrada…
Sentì la rabbia
saltargli addosso, artigliandolo fin nelle viscere. L’adrenalina tornò in
circolo, il cuore tornò a pompare mentre la voglia di
scappare si faceva sempre più forte… Non era ancora finita, lui era lo
Scorpione e per lui la via d’uscita esisteva sempre…
Era stato bravo lo
sbirro, a intrappolarlo lì, a costringerlo a prendere quella strada… O forse
nemmeno lui sapeva che forse non li avrebbe portati da nessuna parte?
Tirò fuori il
braccio dal finestrino, e sparò in aria, cercando di beccare l’elicottero… Went era dietro di lui, a godersi lo spettacolo, credendo
di averlo ormai catturato…
Però poteva correre
quanto voleva, poteva sparare in ogni direzione, ma
quella strana sensazione che si formò nello stomaco non si placò.
Improvvisamente, si rese conto che era paura. E un pensiero gli si formò in
testa, prima che lui potesse bloccarlo…
E se fosse stato
catturato di nuovo?
E se tutta quella
fuga, quella strada che aveva percorso in quei mesi, prima per arrivare in
Russia, e poi per inseguire Irina, fosse stata inutile?
E se… E se fosse
destinato a tornare di nuovo in cella, questa volta per sempre?
Fece una smorfia.
No, non sarebbe mai
tornato in carcere. Non sarebbe mai tornato dietro le sbarre, a guardare quei
muri sudici, a mangiare quel cibo insapore, a immaginare solo l’odore delle
gomme e dell’asfalto prima di una gara… A fissare in silenzio i giorni tutti
uguali, a vivere quella mezza esistenza, vuota, buia, inutile.
Sarebbe fuggito a
tutti i costi.
Sterzò, colpendo
con violenza inaudita
Non si fermò, non
rallentò nemmeno. Sfondò il posto di blocco, aprendosi un varco colpendo il
posteriore di una volante, facendola volare via di dieci metri… Il muso della
Bugatti si accartocciò, sparando pezzi di vetro nell’aria, ma lui li ignorò…
Udì le grida, vide gli sbirri correre al riparo mentre una delle auto prendeva
fuoco…
Sentì
Sbucarono dal
nulla, le volanti della polizia, cercando di fermarlo
a ogni costo, ma lui le sbatté via come se fossero state di carta… Prima una,
poi l’altra, facendole finire in testa coda, nel caos generale… Perché non
vedeva più niente, non sentiva più niente, oltre il rumore del suo cuore e la
strada davanti a lui…
<< Fermati, Challagher, o saremo costretti a spararti >>.
La voce arrivava
dall’elicottero, ma William la ignorò. Forse non la
sentì nemmeno. Non gli interessava. Stava solo cercando una via di fuga, il
peso nello stomaco sempre più pesante…
E poi, davanti a
sé, nel buio della notte, vide la strada che terminava. Vide il ghiaccio
sull’acqua brillare nella luce nei fari spaccati della Bugatti, vide la riva
che si gettava nel lago gelato, inesorabile…
E allora capì.
Violento, pesante,
duro e ironico, un unico pensiero gli si formò nella mente.
Era in trappola.
Era in trappola per davvero.
Meccanico, il piede
gli affondò sul freno, facendo inchiodare
L’auto si fermò a
pochi centimetri dalla riva ghiacciata, e lo Scorpione fissò l’orizzonte senza
vederlo. Strinse le mani sul volante, il rumore delle pale dell’elicottero a
fargli da sottofondo, mentre rimaneva immobile, il gelo dentro lo stomaco…
<< Scendi
dall’auto, Challagher! Sei in trappola, non puoi
scappare! >>.
La voce di Went gli arrivò dritta nelle orecchie e poi nel cervello,
svegliandolo ma senza avergli detto in realtà niente di nuovo… Tornò alla realtà, tornò al presente, nonostante il suo cervello gli
inviasse immagini e sensazioni che non c’entravano niente, con tutto quello che
stava accadendo…
Guardò nello
specchietto: lo sbirro teneva una pistola puntata verso di lui, riparandosi
dietro la portiera aperta della Ferrari. Altre volanti
della polizia sopraggiunsero in quel momento, intimandogli a loro volta l’alt.
William non si
mosse, non fece niente. Guardò la pistola che teneva sul sedile, guardò il lago
ghiacciato e guardò il cielo nero della notte.
“Hai perso, Challagher. Hai
perso definitivamente, Scorpione”.
Per la prima volta
nella sua vita, William Challagher capì e accettò di
aver perso. Perché da quando era fuggito dal carcere, la consapevolezza di non
poter essere sempre il numero uno si era fatta strada
subdolamente nella sua testa. Perché finalmente, da quando Irina era entrata
nella sua vita, era cresciuto. Era cresciuto abbastanza da capire che aveva
fallito.
<< Challagher, scendi dall’auto! >>.
Non riconobbe la
voce, perché aveva smesso di ascoltare. L’unica cosa che sentiva era il dolore
che gli arrivava dritto dritto
dalla sua anima, dal suo cuore.
Fallito.
Lo Scorpione,
William Challagher, non era nient’altro che un
fallito.
Aveva fallito con
Non poteva sperare
più in niente, perché più niente aveva senso.
Guardò di nuovo lo
specchietto: Went lo fissava, senza capire cosa
stesse aspettando. Gli sbirri attendevano un suo ordine, per entrare in azione…
Guardò indietro, guardò al suo passato, ricordando tutto ciò che era riuscito
a conquistare. Los Angeles era stata in mano sua, aveva avuto potere e fama,
soldi e gloria. Aveva avuto auto, case, gente alle sue feste, donne nel suo
letto… L’unica cosa che non aveva avuto, l’amore, l’affetto, non poteva più
averli adesso.
Nemmeno avere
l’auto più veloce del mondo l’aveva salvato.
Sarebbe tornato in
carcere, a sognare la vita che aveva perso?
Sarebbe tornato in
una cella, a rimpiangere la sua vita da pilota clandestino?
Sarebbe tornato in
galera, senza più Irina a tenerlo in vita?
No.
Era stato
sconfitto, aveva fallito, ma non era un codardo.
Era caduto, ma non
forse non aveva ancora davvero perso.
Era sempre e
comunque lo Scorpione.
Non si sarebbe
lasciato umiliare.
“Non mi metterai di nuovo le manette, Went”.
Allora, prese la
pistola, la guardò un’ultima volta…
E la gettò fuori
dal finestrino.
Xander vide la mano di Challagher uscire dal finestrino della Bugatti, e per un
secondo credette che volesse sparare. Quando vide
cadere a terra la pistola tirò un sospiro di sollievo.
<< Ok Challagher, scendi con calma dalla macchina e non ti verrà fatto niente >> gridò.
“Anche se io vorrei ucciderti, a dir
la verità…”.
Ci fu un attimo di
silenzio, poi la portiera della Bugatti si aprì, e lo Scorpione uscì fuori,
tranquillo, senza tenere le mani in alto, ma palesemente disarmato. Sul suo
volto, campeggiava incredibilmente un sorriso.
<< D’accordo,
Went, hai vinto >> disse, sarcastico, <<
Mi hai preso. Non cercherò di scappare… Ma visto che
sto per finire di nuovo in cella, avrei una richiesta da fare. Prima che mi
arrestiate, vorrei fare una telefonata >>.
Xander storse il naso,
continuando a fissare Challagher. Non capiva cosa avesse
in mente, ma chiaramente appariva troppo rilassato per la situazione in cui si
trovava. Doveva avere un piano in mente…
<<
Tranquillo, gli amici a cui chiedere aiuto li ho
finiti >> continuò Challagher, quasi divertito,
<< Se non ti dispiace, vorrei parlare con Irina >>.
Xander gettò un’occhiata
intorno a sé, dove gli altri poliziotti tenevano sotto tiro Challagher
con le pistole. Sembravano perplessi quanto lui, dal comportamento dello
Scorpione…
<< Perché?
>> domandò. << Cosa c’entra Irina? >>.
<< Stavo
seguendo lei, ma immagino che se mi arresterete non potrò raggiungerla… Vorrei
togliermi una curiosità, che altrimenti non credo che riuscirei a soddisfare in
breve tempo >>.
La riposta era
chiaramente strana, e Xander non capì dove volesse
andare a parare…
Senza aspettare che
dicesse qualcosa, Challagher tirò fuori il suo
cellulare e lo portò all’orecchio. Poi tornò a sedersi in macchina, rilassato,
come se si trattasse tutto di uno scherzo.
Ore 23.55 –
Autostrada, chilometro 1.877
Il display del
navigatore segnava ormai cento chilometri all’arrivo, e gli occhi di Irina non
si staccavano dalla strada. Non sapeva come aveva fatto, sapeva solo che la
sfida con Nina le aveva regalato nuova energia, la rabbia che aveva provato le aveva
dato uno slancio che nessun altra cosa poteva darle.
Il suo piede non si
era mai staccato dall’acceleratore. Mai, come se fosse stato incollato. Aveva
smesso di sentire sonno, aveva smesso di sentire la
fatica, non aveva nemmeno più male alle braccia. Voleva solo arrivare e basta.
Improvvisamente,
sentì il telefono squillare. Lo afferrò, e le venne un colpo quando vide che
sul display brillava il numero di William. Rallentò appena l’andatura, e
rispose.
<< Pronto?
>>.
<< Irina?
>>.
Lei rimase in
silenzio. William ormai sapeva tutto, del suo tradimento, del fatto che fosse
sulle tracce della Lince… Forse non avrebbe nemmeno dovuto rispondergli, ma
qualcosa l’aveva spinta a farlo…
<< Non voglio
parlare di quello che è successo >> disse William rapidamente,
stranamente serio, << Non mi interessa che tu mi
abbia tradito. Ormai non ha più importanza… Avrei solo voluto che mi salutassi,
prima di andartene >>.
Irina rimase di
sasso. Cosa stava dicendo? Era impazzito? Perché non
le chiedeva dov’era, o dove stesse andando?
<< William…
Dove sei adesso? >> domandò lei, la voce roca. Perché le era venuta la
pelle d’oca?
<< Immagino
non poi molto lontano da te. Ho seguito le tue tracce sperando di raggiungerti,
ma il tuo ragazzo è riuscito a fregarmi >>.
William parlò così
tranquillamente che a Irina si rizzarono i peli sulle braccia. Tutto quello non
era naturale, non era da lui… Teneva gli occhi fissi sulla strada, eppure la
sua testa cercava di immaginare dove fosse William… Perché improvvisamente aveva
la sensazione che per un momento la sua destinazione diventava meno importante?
<< Ti… Ti
hanno arrestato? >> chiese.
<< Arrestato?
>> fece William, quasi ridendo, << No, non credo che mi
arresteranno di nuovo… La cella non è un posto che mi si addice >>.
Ogni secondo che
passava, Irina sentiva sempre di più che c’era qualcosa che non andava… Che
razza di risposte erano, quelle? Lo Scorpione non era mai stato così
tranquillo, di fronte al tradimento… E poi, quello che stava dicendo non aveva
assolutamente senso…
<< Will…
>>.
<< Voglio
solo farti una domanda, Irina >> la interruppe lo Scorpione, << E
voglio, anzi pretendo, che tu mi dia una risposta sincera. Anche facendomi
male, se tu pensi che possa farmelo. Hai solo una possibilità, non te lo
chiederò di nuovo >>.
<< William,
che diavolo… >>.
<< Rispondi a
questa domanda, Irina. Da quando ci siamo conosciuti, c’è stato un momento,
anche solo un attimo, in cui mi hai amato per davvero? >>.
Irina rimase di
sasso, mentre qualcosa di gelido le strisciava nello stomaco, mentre il tarlo
del dubbio le si insinuava nella mente… Tutto quello
che stava accadendo, aveva il sapore di un addio…
<< William,
che cosa stai facendo?! >>.
<< Niente.
Sto aspettando che tu mia dia una risposta >>.
Irina frugò nei suoi
ricordi, mentre il cuore le batteva sempre più forte. Doveva davvero dargli una
risposta?
Sì, lo aveva
odiato. Lo aveva odiato a morte, in passato, odiato fino a sperare di riuscire
a ucciderlo…
Ma poi, poi era
successo quello che era successo, e forse…
Sì, aveva smesso di
odiarlo, perché William non aveva colpa. Non era colpa sua se era diventato lo
Scorpione, non era colpa sua se la rabbia lo aveva corroso, non era colpa sua
se l’odio l’aveva distrutto…
E non le importava
nemmeno ciò che aveva fatto a lei, non le importava più. Perché senza di lui
non sarebbe mai diventata quello che era adesso.
<< William,
perché mi fai questa domanda? >> sussurrò, sentendo il volante strisciare
sotto le dita, la strada che le scorreva davanti, ma la testa quasi scollegata.
<< Rispondi
>> ringhiò William, improvvisamente arrabbiato di fronte alla sua
titubanza, <<
Rispondimi >>.
Irina tacque,
fissando la strada davanti a lei. Poi guardò dentro sé
stessa.
Qualsiasi cosa
stesse accadendo, William aveva diritto a una risposta.
<< Sì
>> disse alla fine, << Sì, William… Ti ho amato, e non lo nego. Ti
ho amato quando mi hai aperto il mondo delle corse clandestine, ti ho amato
quando mi hai fatto entrare nella Black List, ti ho amato quando mi hai
riportato la mia Punto… E soprattutto, ti ho amato quando mi hai dimostrato di
poter cambiare >>.
Ci fu un momento di
silenzio, poi a Irina sembrò che William dall’altra parte avesse fatto un
sorriso.
<< Io non
posso cambiare, Irina >> disse, << Quelli come me non cambiano. Mai >>.
<< Non è vero
Will >> ribatté lei, << Hai fatto cose per me che in passato non
avresti mai fatto… Avevi solo bisogno di qualcuno che ti aiutasse… >>.
<< Qualcuno
che mi aiutasse? >> fece William, << Sai cosa ho pensato di te, la
prima volta che ti ho vista, Irina? Che avevi una
bella bocca, non che potessi aiutarmi >>.
<< Will…
>>.
<< Fammi
finire, Irina, perché dopo non avrò più tempo per dirti quello che devo dirti
>> la aggredì lo Scorpione, quasi irritato, << Quando ti ho vista per la prima volta, non sapevo a cosa mi avresti
portato. Non sapevo che mi avresti rovinato. Non sapevo che per causa tua sarei
finito dietro le sbarre. Non sapevo che avrei potuto innamorarmi di te. E non
sapevo che mi avresti portato a questo.
<< Ma nonostante tutto, non tornerei mai indietro. Anche se
potessi cambiare il passato, non lo farei. Verrei comunque a casa tua. E mi
lascerei odiare di nuovo come hai fatto. Non ho perso nulla, Irina, semplicemente
perché non ho mai avuto niente. E ci è voluta una
fottutissima ragazzina con le corse nel sangue per farmelo capire. Ci è voluta una come te per far uscire fuori la mia parte
peggiore e poi farmi pentire. Ci sei voluta tu per farmi capire di aver
sbagliato >>.
Irina ascoltava
impietrita, il gelo nelle mani, il cuore che batteva lento… Perché William
parlava così? Cosa aveva in mente?
<< E ho solo
una cosa da dirti: grazie. Grazie, bambolina, per avermi distrutto e fatto
rinascere. Grazie per aver dato un senso a quello che
facevo… Lo sai meglio di me, che sarebbe finita così >>.
Irina rimase
impietrita. Sentì il sangue fermarsi. Il suo cervello capì, ma il suo cuore si
rifiutò di collegare tutto. William non poteva fare una cosa del genere… Non
poteva… Non aveva senso…
<< Che vuoi fare, Will?! >> gridò Irina nel telefono,
improvvisamente in preda al panico, << Cosa vuoi
fare?! >>.
William guardò il
lago ghiacciato davanti a lui, il telefono premuto sull’orecchio, e sorrise.
Allora Irina lo
aveva amato per davvero, almeno per un istante. Per un momento era stata
davvero sua.
<< Che vuoi fare, Will?! Cosa vuoi fare?!
>>.
Il tono agitato e
disperato di Irina gli fece capire che aveva intuito quello che stava per
succedere.
C’era un solo modo
per non essere catturato, per rimanere imbattuto, per rimanere
lo Scorpione. Un solo modo per entrare nella leggenda del
mondo delle corse clandestine: vivere al massimo, fino all’ultimo istante.
Vivere, e preferire la morte alla sconfitta.
<< Sarò anche
un perdente, ma sono sempre lo Scorpione. E lo rimarrò fino alla fine. Addio
bambolina >> disse.
Chiuse la
telefonata, gettò il cellulare sul sedile e guardò per un momento Went, ancora fermo a fissarlo.
“Non mi avrai mai vivo, Went”.
Sul viso gli si
disegnò un sorrisetto, mentre valutava quegli ultimi istanti.
Una Bugatti Veyron, una schiera di sbirri e un lago ghiacciato. E lui
fare da preda.
Era tutto perfetto.
Sarebbe rimasto libero, e sarebbe entrato nella leggenda.
Il mondo lo avrebbe
ricordato come lo Scorpione, il più grande pilota clandestino di tutti i tempi.
Aveva tutte le
carte per esserlo.
Inserì la
retromarcia, arretrando lentamente, mentre gli sbirri allarmati gli intimavano
di fermarsi. Non spararono, perché si fermò subito, e gettò un’altra occhiata
nello specchietto retrovisore.
Went lo guardava, gli
occhi azzurri che incontrarono i suoi. E qualcosa brillò nelle iridi che
avevano conquistato Irina: aveva capito.
<< Trattala
bene, Went. Non fare il mio stesso errore. Io sono lo
Scorpione. A te lei, a me la leggenda >>.
Poi, affondò il
piede sull’acceleratore.
Xander gridò, ma sapeva
che ormai era troppo tardi.
Xander vide la Veyron nera avanzare veloce, senza esitazioni, i fari
accesi che illuminavano la superficie gelata dell’acqua…
Poi, secco, arrivò
lo schianto che Xander aveva già sentito una volta…
Il ghiaccio si crepò, proprio dietro il posteriore della Bugatti.
Come una ragnatela,
sulla superficie si disegnò un intrico di crepe, mentre la Veyron
continuava la sua corsa disperata… L’acqua nera del lago eruppe dalle
spaccature con un rumore agghiacciante…
E alla fine, come
se si fosse tuffata, la Veyron
crollò. In un secondo, il ghiaccio si sgretolò e la Bugatti finì sotto,
inghiottita come un minuscolo sasso in una pozzanghera... Sparì,
come se non fosse mai esistita, lasciando solo silenzio dietro di sé.
Xander rimase immobile,
gli occhi puntati nel punto dove l’auto era sparita.
Challagher era morto.
Piuttosto che farsi
prendere, si era ucciso.
Nel momento esatto
in cui Irina si rese conto che la linea era caduta, il suo cuore perse un
battito.
<< William!
>>.
Addosso
le
crollò qualcosa di incomprensibile, così pesante da schiacciarle lo stomaco e il
cuore…
Inchiodò, sentendo
le ruote pattinare sull’asfalto, mentre il gelo si diffondeva dal suo petto e
poi in tutto il corpo…
In un istante, capì
a chi era andato il proiettile di quella roulette russa…
E le lacrime
iniziarono a scenderle sul volto, perché William era morto.
Spazio Autrice
Credo mi odierete…
O forse lo immaginavate già?
Che dire, lo
Scorpione è sempre lo Scorpione… Era chiaro che piuttosto che finire in carcere avrebbe scelto la morte. Forse non così
consapevolmente, ma non si sarebbe lasciato prendere la seconda volta…
Ciò che vorrei
sapere ora è ciò che pensate, o provate, per meglio dire. Credete sia giusto, che
William muoia così? O davvero, lo immaginavate di nuovo dietro le sbarre, o in
fuga?
Fatemi sapere,
credo che questo cap sia importante. Mi sto dando
alla macchia ultimamente, ne sono consapevole, ma devo finire questa storia il prima possibile, prima che mi riprenda la crisi dello
scrittore, e prima di venire sommersa dai miei sempre più pesanti impegni
universitari. Prometto che alla fine dedicherò a ognuno di voi tutto lo spazio
dovuto.
Cercherò di
aggiornare il prossimo cap il prima possibile, come
ho fatto con questo.
Baci
Lhea