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Autore: Lhea    26/10/2011    3 recensioni
[Seguito de “Il gioco dello Scorpione”]
Sono passati due anni da quando lo Scorpione è finito dietro le sbarre, due anni da quando Irina è tornata a essere una ragazza normale e due anni da quando tutto nella sua vita ha iniziato a prendere la giusta piega… Ma si sa che il passato è sempre difficile da dimenticare, e lei lo sa meglio di tutti.
Il passato si può nascondere, si può rinnegare, si può anche cercare di dimenticarlo, ma non si può cancellare. Perché rimane lì, a ricordarti ciò che sei stata e ciò che sei diventata; rimane lì a farti capire cosa hai perso e cosa hai guadagnato… Il passato torna. E quando torna, un motivo c’è sempre.
E se all’improvviso Fenice tornasse? E se all’improvviso se le venisse offerta la possibilità di correre ancora per una giusta causa, di passare dalla parte “giusta” e coniugare due cose che non aveva mai pensato di poter riunire? E se all’improvviso si rendesse conto che alla fine il suo passato non lo hai mai dimenticato, che ha sempre vissuto all’ombra di ciò che era stata?
Questa volta Irina deve fare una scelta che può cambiare definitivamente il suo mondo, il suo modo di vedere e di vivere… Una scelta che la dividerà da tutto e da tutti, e che sarà la sua unica possibilità per lasciarsi veramente il suo passato alle spalle. Per poi scoprire che in due anni molte cose cambiano, comprese le persone che hanno fatto parte della sua vita.
Questa volta, il passato torna per sconvolgere tutti, per dimostrare che si cade e ci si rialza; per dimostrare che si perde e si vince; per dimostrare che il bene e il male sono solo due visioni relative… Per dimostrare che alle volte le parti si invertono, e ti mostrano quello che veramente c’è da vedere.
[Nota dell’autrice: lasciatemelo dire: questo non sarà il solito seguito. Se torno, torno per stupirvi… E’ una promessa]
POSTATO ULTIMO CAP + EPILOGO
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Gioco dello Scorpione'
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Capitolo XLVII

Capitolo XLVII

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 17.50 –Autostrada, chilometro 1.070

 

Irina strinse il volante, guardò la Gallardo bianca alle sue spalle e sentì che la rabbia le montava addosso come una furia. Nina Krarakova si rifaceva vedere nel momento meno opportuno.

 

L’avrebbe seminata. Anche se guidava una Lamborghini, sapeva che non era l’auto che contava. Non aveva mai gareggiato contro di lei, e Xander aveva detto che era piuttosto brava al volante, ma lei era sicura di poterle far mangiare la sua polvere. In quel momento, sentiva che la differenza tra Fenice e quella russa troppo invadente era pari a zero.

 

Se Nina era lì per seguirla, ostacolarla o ucciderla era tutta un’altra questione, che in quel momento per Irina aveva scarsa importanza. Non gliene importava praticamente nulla del perché l’avesse trovata, e nemmeno di come aveva fatto. Voleva solo levarsela dai piedi e farle capire che fino a quel momento aveva condotto un gioco sbagliato, con lei: sfidarla fino a farla arrabbiare era stato il suo più grande errore.

 

Accelerò, la Gallardo che le rimase incollata al paraurti, e superò un paio di auto a tutta velocità, il cielo che iniziava ormai a essere completamente scuro… La notte avrebbe reso tutto più difficile, ma non impossibile.

 

Nina non si scollò: il grido del motore della Lamborghini le arrivava dritto nelle orecchie, fino quasi a coprire quello della Punto. La vide affiancarsi, la carreggiata sgombra da permetterle la manovra…

 

Irina si ritrovò a guardare in faccia Nina Krarakova, e solo il pensiero che quegli occhi azzurri si fossero posati con malvagità anche solo una volta su Xander e su Dimitri la fece andare in bestia. Era malvagia, malvagia fino in fondo… La sua bella faccia era l’arma più potente che aveva, e non aveva mai avuto scrupoli nell’usarla. Era un’arrivista, una calcolatrice e soprattutto una sgualdrina.

 

E ora la fissava, con quell’aria di sfida, come se volesse portarle di nuovo via il suo ragazzo, come se la considerasse un’incapace, una stupida ragazzina che non aveva capito niente della vita….

 

Si sbagliava, si sbagliava di grosso. Se c’era una cosa che Irina conosceva, era quanto crudele potesse essere il mondo, quanto dura potesse essere l’esistenza di una pilota clandestina… Aveva superato ostacoli che forse lei nemmeno immaginava, visto che la sua bella faccia l’aveva portata fin dove era arrivata… Che ne poteva sapere lei, quando il suo massimo sforzo per ottenere qualcosa era quello di andare a letto con chi glielo poteva dare?

 

“Non userò i guanti con te, Nina. Hai tirato fuori la parte peggiore di me, e ne subirai le conseguenze”.

 

Inchiodò di colpo, piazzandosi dietro la Gallardo, e la superò poi a destra, mettendo tra loro due un grosso tir con rimorchio. Accelerò, fiondandosi avanti, ma la Lamborghini riuscì a seguirla…

 

Nina fece la sua mossa. Le si mise dietro e la colpì con il muso, per farla andare in testa coda. La Punto non si mosse, rimanendo incollata alla strada, ma Irina digrignò i denti per la rabbia… Affondò il piede sull’acceleratore e si scostò di lato, costringendo Nina a seguirla…

 

Cosa poteva fare per liberarsi di lei in fretta e senza troppi danni all’auto?

 

Vide il muso della Gallardo affiorare nello specchietto destro, così scartò a sinistra, ritrovandosi vicino al guard-rail… Fregandosene di chi c’era dentro, Nina speronò una piccola utilitaria che procedeva lenta, sbalzandola fuori dall’autostrada…

 

Un paio di clacson suonarono mentre la Lamborghini zigzagava nel tentativo di raggiungerla, così Irina ne approfittò per farsi un po’ di strada…

 

All’improvviso fu costretta a inchiodare dietro a un camion che stava cercando di sorpassare un tir, occupando tutta la carreggiata… Nel giro di un secondo, la Gallardo le sbucò di fianco…

 

Poteva aspettarsi di tutto, ma non che Nina compisse un’azione così violenta: le venne addosso, stringendola sul guard-rail, decisa a sfasciarle la macchina… O forse, a ucciderla.

 

La fiancata della Punto si piegò, sollevando una nuvola di scintille, ma Irina tenne stretto il volante e con un colpo secco cercò di liberarsi…

 

La Gallardo era più grossa, più pesante e più potente. Rimase incastrata nella morsa di Nina e della sua auto, il camion davanti a lei che stava quasi per levarsi da davanti…

 

“Maledetta puttana bionda…”.

 

Accelerò, tentando di liberarsi, ma la Gallardo stringeva troppo… Sentì il vetro scricchiolare, mentre il guard-rail scorreva veloce alla sua sinistra…

 

Gettò un’occhiata a Nina, per vedere che stava tirando fuori una pistola… Faceva sul serio. Era lì per ucciderla.

 

In quel momento, qualcosa scattò nella testa di Irina, facendole accelerare i battiti del cuore e stringere con forza inaudita il volante. Era furiosa, furiosa come solo Fenice poteva essere. Furiosa come una che era stata sfidata nel profondo. Furiosa come la parte cattiva di lei sapeva essere.

 

Sterzò così forte da far spostare la Gallardo di due metri, sfiorando un vecchio camion traballante. La Punto inchiodò per liberarsi e in un attimo Irina la superò a destra, sentendo l’adrenalina che iniziava a pompare nelle vene, la rabbia che le faceva fregare di qualsiasi cosa potesse accadere…

 

Con un colpo secco, spinse la Gallardo contro il guard-rail, esattamente come era stato fatto a lei. Ma ci mise così tanta rabbia che uno degli specchietti della Lamborghini volò via, i fari andarono in mille pezzi spargendosi sulla carreggiata e una nuvola di scintille si sollevò nell’aria, illuminando la strada…

 

Irina vide Nina perdere di mano la pistola per afferrare il volante, i capelli biondi che le svolazzarono davanti al viso mentre cercava disperatamente di spostarsi fuori tiro…

 

“Fammi vedere cosa fai, biondina”.

 

Per un attimo Nina sembrò voler accelerare per fuggire, ma poi le venne addosso con tutta la forza dei cinquecento cavalli della Lamborghini… Irina strinse il volante, incassò il colpo e sentì la rabbia montarle addosso…

 

Il piede le affondò sull’acceleratore pensante come un macigno, sterzò bruscamente e chiuse Nina in una morsa tra lei e il guard-rail…

 

Con uno stridore assordante, l’altro specchietto della Gallardo volò via finendo dall’altra parte della carreggiata e colpendo in pieno un tir che procedeva nella direzione opposta. Il finestrino della Lamborghini si crepò, ma Irina non accennò a rallentare…

 

Voleva fermarla, e sapeva che non era da lei essere così violenta. Ma era così fuori di sé dalla rabbia per essere stata affrontata in quel modo da quella russa senza alcuno scrupolo che non era disposta ad accettare un’altra sconfitta… Soprattutto da lei.

 

L’avrebbe fermata a qualsiasi costo, anche sapendo di perdere tempo.

 

Tenne il volante stretto, spingendo sempre più forte a sinistra, sentendo la lamiera leggera e resistente della Gallardo piegarsi, il guard-rail scricchiolare di fronte al peso delle due auto…

 

Il finestrino della Lamborghini esplose in mille pezzi, facendo volare pezzi di vetro da tutte le parti, proprio mentre Irina vedeva il casello avvicinarsi velocemente… Le luci abbaglianti si pararono davanti a loro dopo una curva veloce, le sbarre abbassate e le auto in coda per pagare il pedaggio…

 

Nina non ebbe il tempo di elaborare una strategia: di fronte all’impatto inevitabile, fu costretta a inchiodare, con Irina che continuava a tenerla chiusa nella sua morsa… Con uno stridore di gomme, si ritrovarono di fronte al casello, a dieci metri dallo spartitraffico, la gente intorno che li guardava con gli occhi spalancati…

 

Irina afferrò la pistola e si precipitò giù dall’auto, senza pensare a ciò che poteva succedere. Tolse la sicura, e vide Nina puntarle addosso la sua arma…

 

“Ah, non cercare di spararmi, sgualdrina”.

 

Il dito di Irina premette sul grilletto così velocemente che non prese nemmeno la mira. Con un sibilo, il proiettile volò nell’aria…

 

Nina gridò mentre la pistola le schizzava via di mano, finendo sulla carreggiata gelida… In un secondo, Irina gli fu addosso.

 

<< Prima mi prendi per il culo e poi tenti di spararmi?! >> gridò, infuriata.

 

Nina non fece in tempo ad indietreggiare, ne a difendersi. Senza pensarci, senza fare nessun calcolo, l’istinto la portò a tirare un pugno in pieno viso alla russa, dritto dritto sulla sua bella faccia d’angelo…

 

Forse fu il dolore alla mano, forse fu l’assoluta sensazione di liberazione che sentì, ma Irina tornò in sé e si rese conto di quello che era appena successo. Fece una smorfia, massaggiandosi le nocche, e guardò Nina, a faccia in giù sul cofano della Lamborghini, che gemeva in preda al dolore, tenendosi il viso… E guardò le auto che attendevano in coda, la gente che la fissava senza capire cosa stesse accadendo…

 

Lei, però, ebbe molto chiaro ciò che era appena accaduto, e per un attimo si sentì soddisfatta, soddisfatta di stessa.

 

Aveva battuto Nina, e in più si era presa la soddisfazione di fare una piccola modifica alla sua bella faccia di cui tanto si vantava.

 

Tornò verso la Punto, aprì il baule e prese la corda dal kit di soccorso. Raggiunse la Gallardo e costrinse Nina a voltarsi, afferrandola malamente per la spalla.

 

<< Dimmi un po’… >> iniziò Irina, fissando il naso sanguinante della russa, << Credevi davvero che mi lasciassi mettere i piedi in testa da te? >>.

 

Prese i polsi di Nina e glieli legò stretti dietro la schiena, senza curarsi di poterle fare male. Per un attimo i capelli biondi e profumati della ragazza le svolazzarono sotto il naso, e la cosa contribuì a infastidirla. La spinse verso il guard-rail e legò il resto della corda.

 

<< Puttana… >> disse Nina, la voce impastata, accasciandosi a terra con un gemito.

 

La russa la guardò dritta in faccia, e Irina sostenne il suo sguardo senza alcun timore. Improvvisamente, si chiese come avesse potuto temere una donna del genere. Con il sangue che le usciva dal naso e un occhio nero sembrava una persona qualunque… La sua bellezza non si notava.

 

“Le lezioni di Dimitri sono servite, alla fine”.

 

<< Mi hai rovinato la faccia, stronza! >> gridò Nina, soffiando come una gatta, << Lo sapevo che eri una puttana… Mi ripagherai per nuova! >>.

 

Irina si trattenne dal sorridere: il dolore di Nina era palese, ma non si sentiva affatto in colpa. In fondo, si era solamente difesa… E si era presa una piccola rivincita.

 

<< Non ti ripagherò proprio per niente, carina >> ribatté, << Avevi solo da metterti contro di me… E comunque, la tua faccia è come quella di tutti gli altri >>. Si massaggiò le nocche, per farle capire che le sue ossa non erano morbide quanto i suoi tratti.

 

Nina sputò un grumo di sangue a terra.

 

<< Vaffanculo >> ringhiò.

 

<< Che volevi da me? >> domandò Irina, ignorandola.

 

Nina le lanciò un’occhiataccia.

 

<< Non sono affari tuoi >> rispose.

 

Irina rimase un attimo a fissarla, poi si strinse nelle spalle. Aveva perso abbastanza tempo con lei, e avrebbe potuto scoprire perché la seguiva più avanti… Ora doveva tornare alla sua missione.

 

<< Non importa. Se vorrai parlare ci saranno schiere di poliziotti pronti ad ascoltarti >> disse, poi risalì in auto.

 

Mandò un rapido messaggio a McDonall per dirgli che Nina Krarakova era in arresto, e che lei avrebbe proseguito. Inserì la prima e sotto lo sguardo del casellante e dei passanti sgommò via, pronta all’ultima parte del suo viaggio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 17.55 – Autostrada, chilometro 998

 

La mano di Dimitri stringeva convulsamente il volante della R8, gli occhi puntati sull’auto che stava affiancando: la sagoma nera della Impreza si fondeva perfettamente con il colore della notte russa intorno a loro, ma per lui era nitida come il giorno. Sentiva il rombo del motore, ma sentiva anche la rabbia che gli scorreva nelle vene, una rabbia che aveva covato per anni…

 

Alla fine il vigliacco aveva accettato. Raccoglieva la sua sfida, forse sperando nella sua clemenza…

 

Dimitri strinse i denti. Clemenza? No, non ne avrebbe avuta per nessuno, perché nessuno l’aveva avuta per lui. Voleva Vladimir morto, e nemmeno di fronte alle suppliche avrebbe cambiato idea.

 

Girò la testa, e finalmente incontrò lo sguardo di Buinov: lo fissava, il volto sfregiato, gli occhi scuri e beffardi.

 

E senza preavviso, senza pensare, gli andò addosso con tutto il peso della R8, facendolo sbandare.

 

La Subaru venne catapultata contro il guard-rail, ma non si scompose. Vladimir contrattaccò, cercando di mandarlo in testa coda, senza riuscirci…

 

Dimitri non voleva gareggiare; voleva solo fermarlo, farlo scendere dall’auto e vedersela faccia a faccia con lui, esattamente come aveva fatto con tutti gli altri con cui aveva avuto a che fare. Ma come sempre, Vladimir era troppo codardo per accettare veramente la sfida…

 

Il suo comportamento lo fece andare in bestia, così speronò la Impreza così forte da farle crepare il vetro posteriore…

 

Vladimir accelerò, e per un attimo Dimitri credette che volesse fuggire… Sarebbe stato da lui.

 

Poi però vide che sul sedile posteriore della Impreza c’era qualcuno, e che quel qualcuno stava puntando una pistola verso di lui…

 

“Coniglio”.

 

Vladimir non era da solo. Si era portato dietro il suo amico Cyril per non essere in inferiorità numerica… E per avere più possibilità di ucciderlo.

 

Dimitri odiava quel genere di cose. Sentì l’ira montargli addosso, e si preparò e fermare quella Subaru.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 22.50 – Autostrada, chilometro 1.543

 

Xander vedere il guard-rail sfilargli accanto così veloce da non riuscire più a distinguerne i contorni. Il tachimetro della Ferrari 599 segnava i duecento all’ora, la sirena che lampeggiava sopra il tetto, le auto che si spostavano dalla corsia di sorpasso per lasciarlo passare…

 

Sapeva che Challagher era a pochi chilometri da lui. Lo avevano intercettato grazie alle telecamere di un casello, e un elicottero era pronto a fermarlo se lui non fosse riuscito a raggiungerlo.

 

Lo Scorpione però sembrava aver perso la strada: proseguiva verso nord, in direzione Cherepova, ma Irina stava procedendo su un’altra via, forse più breve. Evidentemente non aveva chiaro il percorso che doveva fare, perché così stava allungando…

 

Xander gettò una rapida occhiata alla sua sinistra, per vedere le sponde del lago Rybinskoye, lo stesso che avevano costeggiato durante la Mosca-Cherepova… Con il nero della notte sembrava un’infinita lastra di acciaio scuro, senza alcun confine…

 

Il suo piede premette ancora più in basso l’acceleratore, ma cominciava a sentire la stanchezza. Per Challagher doveva essere lo stesso, perché come lui e come Irina era in viaggio ormai da più di dodici ore… Poteva sperare che mollasse?

 

No, lo Scorpione non avrebbe ceduto per stanchezza, esattamente come lui. I conti andavano chiusi, quella notte.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 18.00 – Autostrada, chilometro 1.000

 

Dimitri vide Cyril nella Impreza puntare la pistola contro di lui, poi nell’aria esplose il fragore della pallottola che partiva dritta nella sua direzione…

 

Non fece in tempo a schivarla. Con un sibilo, il proiettile si infilò nel parabrezza della R8, facendo un perfetto buco concentrico… L’aria gelida inondò l’abitacolo…

 

Dimitri digrignò i denti quando la spalla bruciò all’improvviso, e sterzò bruscamente per togliersi dalla traiettoria… Sentì gli spari sfiorare di nuovo la sua auto, il suono dello scoppio che riverberava nella notte… Affondò il piede sul freno per portarsi fuori tiro…

 

Si portò una mano alla spalla, per controllare i danni. Era stato colpito solo di striscio, ma aveva rischiato grosso. Sentì il sangue caldo colare sotto le dita, mentre il dolore diventava già un ricordo… Era abituato a ben altro, quella ferita era più simile a un graffio, per lui… Si sporse e afferrò la pistola che teneva nel portaoggetti, la rabbia che gli offuscava la mente…

 

Vladimir aveva sbagliato su tutti i fronti: aveva sbagliato a provocarlo, aveva sbagliato a comportarsi da coniglio, ma soprattutto aveva sbagliato a mettersi contro di lui.

 

Sentì i proiettili che venivano sparati dalla Subaru, così zigzagò per evitarli. Non gli servì troppa concentrazione per prendere la mira, puntando alle gomme della Impreza: il suo colpo fu perfetto. Il pneumatico destro scoppiò sonoramente, facendo sbandare l’auto, il parafango che strisciava sull’asfalto, producendo una scia di scintille…

 

Dimitri frenò, guardando la Subaru cercare di riprendere aderenza, Cyril sul sedile posteriore sballottato qua e la… Vladimir non sembrava volersi fermare nemmeno con una ruota bucata…

 

Imprecò, sapendo che avrebbe distrutto la sua stessa macchina, poi affondò il piede sull’acceleratore, superò Vladimir a sinistra e gli andò addosso, spingendolo con violenza verso la corsia più esterna dell’autostrada…

 

Il finestrino della R8 andò in mille pezzi, e sentì qualche scheggia infilarsi nel suo braccio quando spinse la Subaru con tutta la potenza dei quattrocento cavalli dell’Audi… Strinse i denti, continuando a spingere la Impreza, la fiancata della R8 che strideva, la Subaru che lottava furiosamente per rimanere dritta…

 

Con uno scatto, Dimitri diede un’ultima spinta, e l’auto di Vladimir imboccò la rampa d’uscita più vicina, finendo in testa coda lungo la corsia di decelerazione… La seguì, sentendo i clacson delle altre macchine suonare, il rumore delle ruote che strisciavano sull’asfalto…

 

La Impreza finì di traverso, occupando tutta la carreggiata. Come la pallina di un enorme flipper iniziò a sbattere il muso e poi il posteriore sui guard-rail laterali, prima da una parte e poi dall’altra, completamente fuori controllo… Il cofano si piegò su se stesso, i vetri esplosero, l’alettone si staccò finendo sul prato adiacente…

 

Cinquanta metri, poi la Subaru girò un’ultima volta su se stessa e si fermò, di traverso sulla strada.

 

Dimitri inchiodò. Vide la sagoma di Vladimir muoversi nell’abitacolo, illeso, e Cyril che combatteva per uscire dalla morsa dei sedili posteriori… Erano suoi…

 

In un attimo tirò fuori da sotto il sedile una piccola borsa, che aveva preparato proprio per quel giorno: dentro, come ogni russo che si rispettava, portava la sua collezione di coltelli, arma che non l’aveva mai abbandonato e che sapeva usare meglio di qualunque altra… Ne aveva tanti, uno per ogni vittoria che aveva ottenuto, uno per ogni pezzo di anima che aveva perso…

 

Non perse tempo a sceglierli: prese i tre che usava sempre, lunghi, affilati, letali. Uno era quello che aveva lasciato a Vladimir la cicatrice sul collo.

 

Saltò giù dalla R8, la pistola in pugno e i coltelli alla cintura, puntando dritto dritto verso la Impreza

 

Sentì un colpo di pistola sparato all’improvviso, e si abbassò di colpo… Cyril stava cercando in ogni modo di uscire dall’auto, ma sembrava incastrato nei sedili posteriori… Aveva sparato dal finestrino rotto, perché le portiere dovevano essere bloccate… Vladimir stava lottando per aprire la sua…

 

Prima che Cyril avesse il tempo di tentare un altro colpo, Dimitri prese la mira e gli sparò, prendendolo in pieno. Con un grido di dolore, il russo si accasciò sul sedile della Subaru, sparendo alla vista.

 

Non era lui che voleva.

 

Spostò il suo sguardo su Vladimir: era riuscito a riaprire la portiera, e ora teneva in mano la pistola, pronto a sparargli… I suoi occhi erano beffardi, ma Dimitri sapeva che aveva paura, e che sarebbe stato pronto a tutto pur di salvarsi…

 

Il Mastino sparò, e l’arma volò via dalle mani di Buinov, finendo sull’asfalto… Il russo gridò, poi si voltò per scappare, il volto che improvvisamente mutava espressione…

 

In un attimo, Dimitri gli fu addosso. Lo afferrò per il collo, sbattendolo violentemente sul cofano della Impreza nera.

 

<< Dove credi di andare, codardo? >> ringhiò a pochi centimetri dal volto sfregiato del russo.

 

Vladimir non rispose. Dal nulla tirò fuori un coltello, ma Dimitri fece in tempo a scostarsi e schivarlo… Sentì la lama passargli a pochi centimetri dallo stomaco…

 

<< Allora non sei così coniglio, Buinov >> disse, afferrandolo per il braccio. Lo trascinò di nuovo verso l’auto, poi, con gelida freddezza, gli conficcò nella mano il pugnale più piccolo che aveva.

 

Vladimir lanciò un grido, mentre rimaneva inchiodato alla sua stessa auto, il sangue che colava sul cofano, macchiando le strisce gialle…

 

Era un colpo che metteva spesso in atto, il Mastino: erano le mani a mettere in atto ciò che il cervello comandava. E quella mano era quella che aveva ucciso, che aveva dato inizio a tutto…

 

<< Non è ammazzandomi che migliorerai la tua situazione! >> gridò all’improvviso Vladimir, forse sperando di fermarlo…

 

Dimitri rimase a fissarlo, senza provare nessuna pietà per lui. Era la persona che odiava di più al mondo, non gli interessava ciò che diceva…

 

<< Non voglio migliorare la mia situazione >> ringhiò in risposta, tenendolo per il bavero della giacca, << Non me ne frega un cazzo di quello che mi succederà dopo… Se vorranno chiudermi in cella e buttare via la chiave non sono affari che mi importano… >>.

 

Improvvisamente, sul volto di Vladimir si dipinse un piccolo sorriso, nonostante il dolore. Dimitri ridusse gli occhi a due fessure, infastidito.

 

<< Possiamo raggiungere un accordo >> gracchiò, << Io ti posso far scappare, se vuoi… Potresti andartene da qui senza dover tornare in carcere… >>.

 

Dimitri fece una smorfia, intuendo il suo gioco. La sua freddezza non venne incrinata, il suo orgoglio non vacillò.

 

<< Io non voglio scappare, voglio ucciderti >> ribatté, << Non mi interessano le tue proposte >>.

 

<< Ma così potresti prenderti quella ragazza… La ex di Challagher >> disse Vladimir, il volto sfregiato che cercava di apparire invano accattivante, << Avanti, so che ti è piaciuto scopartela, alla Mosca-Cherepova… >>.

 

Dimitri rimase a fissarlo in silenzio. Odiò il suo tono, odiò il fatto che voleva comprarlo, e odiò il ricordo che gli provocò. Non gli importava che sapesse di Irina, ma non sopportava il fatto che come chiunque altro la trattasse come una bambola…

 

<< Sì, mi è piaciuto >> ringhiò, << Ma lei non c’entra, in questa storia >>.

 

<< Ancora la tua adorata sorellina? >> sbottò Vladimir, << E’ roba vecchia, Dimitri. Ormai è andata, che ti serve vendicarla? E poi, anche la mia famiglia è stata sterminata… >>. Faceva finta di non sapere, di trovare tutto ridicolo… Il Mastino andò su tutte le furie.

 

<< Zitto >> ringhiò, << Più continui a parlare, più la tua morte sarà dolorosa… >>.

 

All’improvviso, Vladimir urlò, e Dimitri sentì la lama di un coltello sfiorargli il fianco. Si spostò cercando di evitarlo, ma l’arma lo colpì, lacerandogli i muscoli…

 

Ignorando il dolore, afferrò il russo per il collo, tirò fuori il suo coltello e glielo conficcò dritto nella gamba, facendolo crollare indietro. Si spostò, sentendo le urla laceranti di Buinov, per accorgersi che era stato preso solo di striscio: sanguinava, ma non era niente di letale… In un attimo, anche quel dolore sparì, di fronte all’ennesimo colpo basso di Vladimir…

 

Alzò lo sguardo sul russo, sentendo l’odio che montava dentro di lui.

 

<< Tua sorella gridava come una cagna, quando stavo per ammazzarla! >> urlò Vladimir, aizzandolo soltanto. << Ha chiesto pietà come una donnicciola qualsiasi… E dire che era pure così brutta che non ci ho fatto nemmeno nessun giochino… >>.

 

Dimitri prese il russo per il collo, fissandolo negli occhi scuri, neri come la sua anima. E per un attimo, il silenzio fu tale che sentiva il suo cuore battere.

 

Quello era il modo di Vladimir di prendersi una rivincita. Voleva fargli perdere completamente il controllo, sperando di riuscire a fregarlo, si fargli commettere un errore e colpirlo alle spalle. Ma le sue parole non lo scalfivano. Poteva dire qualunque cosa su sua sorella, perché lui non gli avrebbe creduto. E anche se tutto quello che gracchiava era vero, non gli importava. Era certo che Lora non avrebbe mai implorato uno come lui, perché aveva il suo stesso orgoglio.

 

Non aveva paura di uccidere; le sue mani si erano già macchinate di sangue, esattamente come quelle di Vladimir. Ma a differenza di lui, almeno non aveva ucciso innocenti. A differenza di lui, non aveva mai voluto essere la Lince. A differenza di lui, una minima parte umana gli era rimasta.

 

Dieci anni. Dieci lunghi anni aveva aspettato quel momento.

 

Sapeva cosa poteva fargli.

 

Avrebbe voluto torturarlo, fargli patire tutto ciò che lui, la sua famiglia ma soprattutto Lora avevano provato. Voleva farlo soffrire fino all’inverosimile, fargli pagare tutto ciò che aveva fatto. Se non fosse stato per lui, quella guerra non sarebbe mai iniziata. Se non fosse stato per lui, la sua famiglia, Lora, i suoi fratelli sarebbero stati ancora vivi…

 

Afferrò il manico del coltello che era ancora conficcato nella gamba di Vladimir, e lo spinse più in fondo, ignorando le sue grida, fregandosene di quanto potesse essere doloroso… Sentì il sangue caldo colargli tra le dita, gocciolare a terra, mentre il russo iniziava a chiedergli di smetterla…

 

Poi si fermò. Qualcosa, come un enorme peso, si depositò nel suo stomaco. Fissò la faccia contratta di Vladimir, cercando di capire. Il volto del russo era una maschera di dolore, la bocca aperta e silenziosa, il respiro affannoso…

 

Un pensiero gli attraversò la mente, rapido, come se qualcuno l’avesse spinto a forza dentro la sua testa.

 

Lora non avrebbe voluto. Lora, esattamente come Irina, non avrebbe accettato una vendetta del genere. Secondo loro, nessuno, nemmeno Vladimir Buinov avrebbe meritato una fine così dolorosa.

 

Lo sapeva, ne era certo.

 

Ma lui voleva farlo patire. Voleva farlo morire lentamente, lasciarlo consapevole che la sua vita strisciava via piano piano… Fargli sentire cosa si provava, quando il dolore ti straziava il corpo, fino a desiderare di morire… Aveva ucciso troppe persone e con troppa crudeltà per non meritarlo…

 

Ma di chi aveva più rispetto?

 

Di stesso, di sua sorella?

 

Chi vendicava?

 

stesso, o Lora?

 

Digrignò i denti.

 

Sapeva per chi era tutto quello. Sapeva che aveva passato dieci anni a meditare vendetta. Aveva sperato che torturarlo, farlo soffrire, lo avrebbe reso più soddisfatto… Ma era davvero così?

 

Per chi era tutto quello?

 

Non era per lui.

 

Era per Lora.

 

Allora, guardò un’ultima volta Vladimir negli occhi. La consapevolezza prese piede nelle iridi del russo, che annaspò un istante, prima di rimanere bloccato nella sua morsa, il collo imprigionato dal suo braccio, il coltello di Dimitri a pochi centimetri dal suo collo…

 

Era così che doveva andare. Era giusto.

 

La vendetta non doveva mai portare soddisfazione.

 

<< Ringrazia mia sorella >> sussurrò nell’orecchio di Vladimir, << Ringraziala, perché fosse stato per me, avresti patito molto di più >>.

 

Poi, gli tagliò la gola.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 22.55 – Autostrada, chilometro 1.590

 

William gettava occhiate a fasi alterne il lago nero che scorreva alla sua sinistra, il rumore sordo e ripetitivo del motore della Bugatti che gli arrivava dritto nelle orecchie, i fari posteriori del camion che lo precedeva a un centinaio di metri che gli balenavano stranamente offuscati davanti agli occhi…

 

Sbadigliò sonoramente, anche se la tensione che aveva addosso non si allentò. Aveva sonno, era stanco, ma l’idea di trovare Irina lo faceva andare avanti ignorando completamente il suo corpo. Non aveva mai guidato tanto a lungo e così veloce, ma la sua tempra da pilota clandestino non lo avrebbe abbandonato…

 

Non sapeva se era sulla strada giusta, se Fenice si trovava davanti, dietro o vicino a lui. Non sapeva se Fenice si stesse dirigendo veramente verso Cherepova, ma qualcosa gli diceva di continuare ad andare avanti, comunque… Prima o poi l’avrebbe incontrata, se lo sentiva.

 

Guardò nello specchietto retrovisore: dietro di lui non sembravano esserci auto sospette…

 

Went era sulle sue tracce, ne era certo. L’aveva solo seminato, e da un momento all’altro sarebbe spuntato di nuovo per cercare di catturarlo… Lo conosceva abbastanza per pensare che non avrebbe certo abbandonato la sua caccia.

 

Non poteva perdere tempo con lui, non quando il suo unico obiettivo era trovare Irina. Per lui niente aveva più importanza, finché non fosse riuscito ad avere Fenice davanti ai suoi occhi e chiederle perché.

 

Strinse il volante, mentre nella sua mente uno dopo l’altro i ricordi, le sensazioni che aveva di Irina gli si affastellavano nella mente…

 

Aveva capito tutto troppo tardi.

 

Se avesse potuto tornare indietro, se avesse saputo ciò che Irina sarebbe diventata per lui, ora le cose sarebbero state diverse…

 

“Ormai è tardi per piangersi addosso…”.

 

Certo che era tardi. Irina l’aveva tradito due volte, e lui si era fatto fregare.

 

Però, almeno voleva sapere il perché.

 

Voleva saperne il motivo, perché forse sperava ancora che le cose si potessero rimettere a posto…

 

“Ormai è tardi” si ripetè.

 

E capì che era tardi davvero quando vide un elicottero avvicinarsi nella notte nera, e l’inconfondibile rumore di sirene nell’aria…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

<< Ti ho preso >>.

 

Xander affondò il piede sull’acceleratore, i fari rossi della Bugatti impressi negli occhi, l’adrenalina a mille.

 

Alla fine lo aveva raggiunto.

 

Vide la Bugatti accelerare di colpo, ma gli rimase attaccata. Sentiva le pale dell’elicottero fendere l’aria sopra di lui, mentre con il faro puntava l’auto di Challagher, illuminandola a giorno. Non sarebbe fuggito questa volta. Qualunque mossa avesse fatto, c’era l’elicottero pronto a stargli dietro.

 

Superò un cartello che indicava l’uscita per il lago, ed ebbe una strana sensazione… C’era qualcosa di familiare, in quel tratto di strada…

 

Improvvisamente ricordò. Era già stato lì durante la Mosca-Cherepova

 

Gli venne in mente un’idea: poteva cercare di intrappolare Challagher. Sapeva doveva portava quella strada: alle sponde del lago. Lo Scorpione non avrebbe avuto via d’uscita…

 

Afferrò il cellulare e chiamò McDonall.

 

<< Ho un piano >> disse solo, << Dite all’elicottero di starmi dietro, per il momento >>.

 

Gettò il telefono sul sedile, poi affondò il piede sull’acceleratore e tentò di superare la Bugatti. Prima Challagher cercò di zigzagare per non farlo passare, poi aumentò la velocità e si portò a destra, lungo la corsia d’emergenza.

 

Il cartello per l’uscita del lago indicava cento metri: Xander si affiancò alla sinistra della Bugatti, bloccando la via di fuga da quella parte… Lo Scorpione però non rallentò, il motore della Veyron che spingeva al massimo.

 

Come aveva previsto, Challagher all’ultimo secondo infilò l’uscita, credendo di fregarlo. Xander lo seguì, imboccando la rampa che curvava verso il lago, rimanendogli incollato al posteriore…

 

Challagher non lo sapeva, ma si era messo in trappola da solo. Se continuava dritto per quella strada, sarebbe arrivato a un vicolo ceco, esattamente come si erano trovati loro durante la gara… Ma lui non immaginava nemmeno che ci fosse la possibilità di attraversarlo, correndo un rischio enorme…

 

Xander accelerò, proprio mentre sentiva una voce diffondersi nell’aria… In ogni caso, voleva cercare di bloccarlo, per rifilargli l’umiliazione di essere sconfitto di nuovo da lui.

 

<< Fermati Challagher, ti dichiariamo in arresto >>.

 

Franck White, il suo capo all’F.B.I., era sull’elicottero che li stava seguendo, ed evidentemente credeva che Challagher si sarebbe veramente fermato. Xander si affiancò alla Bugatti, conscio che lo Scorpione non si sarebbe fatto spaventare da un’intimazione del genere…

 

Vide lo sguardo dello Scorpione posarsi su di lui, con la stessa espressione di sfida che lo aveva contraddistinto. Si fissarono per un istante, le auto affiancate, il suono dei motori a fare da sottofondo… Challagher non si sarebbe fermato, avrebbe lottato fino all’ultimo pur di fuggire…

 

Poi, secco, improvviso, Challagher cercò di venirgli addosso.

 

Xander si scostò rapidamente, lasciando la Veyron andare avanti. Tirò fuori la pistola, gli occhi puntati sui fari posteriori della Veyron.

 

“Ti fermerò comunque, Challagher. Ti ho già battuto una volta, e lo posso fare di nuovo”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

William guardò la Ferrari dietro di lui, e gli venne quasi da sorridere. Alla fine si sfidavano di nuovo, esattamente come due anni prima, su una strada diversa, con due auto diverse, ma con la stessa rabbia, con la stessa grinta, e soprattutto per lo stesso motivo: sempre lei, Irina.

 

Paura?

 

No, non aveva paura di essere sconfitto. Due anni prima correva per la vendetta; ora correva per la libertà. E con la consapevolezza di ciò che lui era veramente.

 

Lo Scorpione, al di là della Black List, al di là di tutto quello che non aveva più.

 

“D’accordo, sbirro, lo hai voluto tu”.

 

C’era solo modo per liberarsi di Went, ed era ucciderlo.

 

Inchiodò, pestando sul freno con tutte le sue forze, tanto che la Ferrari fu costretta a schivarlo e a piazzarsi a destra… Poi, veloce come aveva frenato, ripartì trainato dalla potenza spropositata della Bugatti…

 

Afferrò la pistola, gettando uno sguardo a Went, oltre il vetro della sua 599, e gli venne in mente che tutto quello che era successo era solo colpa sua… Che se quattro anni prima, al posto suo ci fosse stato qualsiasi altro sbirro, le cose non sarebbero mai cambiate…

 

Cercò di prendere la mira e puntare alla sua testa, ma Went gli venne addosso, il rombo della Ferrari a fargli da sottofondo, spingendolo verso la sponda del lago… Contrattaccò, speronando la 599 sulla fiancata piegata, liberandosi dalla trappola…

 

Senza pensare, prese la mira e sparò un colpo. Sentì il proiettile sibilare e conficcarsi nel montante del vetro della Ferrari, mentre Went cercava di togliersi dalla traiettoria. Sparò di nuovo, colpendo il cerchione di metallo: il proiettile rimbalzò, conficcandosi nel parafango della Bugatti…

 

William avrebbe lottato, lottato con le unghie e con i denti per non farsi prendere. Era già scappato in inseguimenti del genere, e nemmeno l’elicottero gli faceva paura.

 

Went sparò verso di lui, ma pestò violentemente sull’acceleratore, schizzando avanti…

 

Poi, qualcosa lo costrinse a guardare davanti a sé.

 

La strada curvava, lo vedeva anche nella notte. Curvava proprio sulla sponda del lago…

 

Il sangue gli si gelò nelle venne, l’adrenalina crollò di colpo, rendendogli la mente pienamente lucida…

 

Non vedeva uscite da quella strada… Non vedeva una via di fuga…

 

Con orrore, si rese conto che era in un vicolo cieco. Che aveva il lago da una parte, e Went dall’altra: poteva solo andare dritto e sperare che la strada girasse, che lo riportasse sull’autostrada…

 

Sentì la rabbia saltargli addosso, artigliandolo fin nelle viscere. L’adrenalina tornò in circolo, il cuore tornò a pompare mentre la voglia di scappare si faceva sempre più forte… Non era ancora finita, lui era lo Scorpione e per lui la via d’uscita esisteva sempre…

 

Era stato bravo lo sbirro, a intrappolarlo lì, a costringerlo a prendere quella strada… O forse nemmeno lui sapeva che forse non li avrebbe portati da nessuna parte?

 

Tirò fuori il braccio dal finestrino, e sparò in aria, cercando di beccare l’elicottero… Went era dietro di lui, a godersi lo spettacolo, credendo di averlo ormai catturato…

 

Però poteva correre quanto voleva, poteva sparare in ogni direzione, ma quella strana sensazione che si formò nello stomaco non si placò. Improvvisamente, si rese conto che era paura. E un pensiero gli si formò in testa, prima che lui potesse bloccarlo…

 

E se fosse stato catturato di nuovo?

 

E se tutta quella fuga, quella strada che aveva percorso in quei mesi, prima per arrivare in Russia, e poi per inseguire Irina, fosse stata inutile?

 

E se… E se fosse destinato a tornare di nuovo in cella, questa volta per sempre?

 

Fece una smorfia.

 

No, non sarebbe mai tornato in carcere. Non sarebbe mai tornato dietro le sbarre, a guardare quei muri sudici, a mangiare quel cibo insapore, a immaginare solo l’odore delle gomme e dell’asfalto prima di una gara… A fissare in silenzio i giorni tutti uguali, a vivere quella mezza esistenza, vuota, buia, inutile.

 

Sarebbe fuggito a tutti i costi.

 

Sterzò, colpendo con violenza inaudita la Ferrari, per poi vedere davanti a lui, a un centinaio di metri, un posto di blocco della polizia. I lampeggianti rossi e blu brillavano nella notte, l’elicottero illuminava le auto ferme, a bloccargli la strada…

 

Non si fermò, non rallentò nemmeno. Sfondò il posto di blocco, aprendosi un varco colpendo il posteriore di una volante, facendola volare via di dieci metri… Il muso della Bugatti si accartocciò, sparando pezzi di vetro nell’aria, ma lui li ignorò… Udì le grida, vide gli sbirri correre al riparo mentre una delle auto prendeva fuoco…

 

Sentì la Ferrari seguirlo, sentì i colpi di pistola che gli venivano sparati addosso, nel tentativo di bucargli le gomme… Sentì gli avvertimenti dall’elicottero, sentì la ghiaia sotto le ruote, mentre la sponda del lago alla sua sinistra si faceva sempre più bassa…

 

Sbucarono dal nulla, le volanti della polizia, cercando di fermarlo a ogni costo, ma lui le sbatté via come se fossero state di carta… Prima una, poi l’altra, facendole finire in testa coda, nel caos generale… Perché non vedeva più niente, non sentiva più niente, oltre il rumore del suo cuore e la strada davanti a lui…

 

<< Fermati, Challagher, o saremo costretti a spararti >>.

 

La voce arrivava dall’elicottero, ma William la ignorò. Forse non la sentì nemmeno. Non gli interessava. Stava solo cercando una via di fuga, il peso nello stomaco sempre più pesante…

 

E poi, davanti a sé, nel buio della notte, vide la strada che terminava. Vide il ghiaccio sull’acqua brillare nella luce nei fari spaccati della Bugatti, vide la riva che si gettava nel lago gelato, inesorabile…

 

E allora capì.

 

Violento, pesante, duro e ironico, un unico pensiero gli si formò nella mente.

 

Era in trappola. Era in trappola per davvero.

 

Meccanico, il piede gli affondò sul freno, facendo inchiodare la Bugatti con uno stridore assordante. Le pietre si sollevarono sull’asfalto, scricchiolando mentre le gomme cercavano disperatamente di artigliare il terreno, per far fermare quel bolide da quattrocento all’ora…

 

L’auto si fermò a pochi centimetri dalla riva ghiacciata, e lo Scorpione fissò l’orizzonte senza vederlo. Strinse le mani sul volante, il rumore delle pale dell’elicottero a fargli da sottofondo, mentre rimaneva immobile, il gelo dentro lo stomaco…

 

<< Scendi dall’auto, Challagher! Sei in trappola, non puoi scappare! >>.

 

La voce di Went gli arrivò dritta nelle orecchie e poi nel cervello, svegliandolo ma senza avergli detto in realtà niente di nuovo… Tornò alla realtà, tornò al presente, nonostante il suo cervello gli inviasse immagini e sensazioni che non c’entravano niente, con tutto quello che stava accadendo…

 

Guardò nello specchietto: lo sbirro teneva una pistola puntata verso di lui, riparandosi dietro la portiera aperta della Ferrari. Altre volanti della polizia sopraggiunsero in quel momento, intimandogli a loro volta l’alt.

 

William non si mosse, non fece niente. Guardò la pistola che teneva sul sedile, guardò il lago ghiacciato e guardò il cielo nero della notte.

 

“Hai perso, Challagher. Hai perso definitivamente, Scorpione”.

 

Per la prima volta nella sua vita, William Challagher capì e accettò di aver perso. Perché da quando era fuggito dal carcere, la consapevolezza di non poter essere sempre il numero uno si era fatta strada subdolamente nella sua testa. Perché finalmente, da quando Irina era entrata nella sua vita, era cresciuto. Era cresciuto abbastanza da capire che aveva fallito.

 

<< Challagher, scendi dall’auto! >>.

 

Non riconobbe la voce, perché aveva smesso di ascoltare. L’unica cosa che sentiva era il dolore che gli arrivava dritto dritto dalla sua anima, dal suo cuore.

 

Fallito.

 

Lo Scorpione, William Challagher, non era nient’altro che un fallito.

 

Aveva fallito con la Black List, aveva fallito con Irina, aveva fallito in tutta la sua vita. Non aveva più niente, nemmeno la libertà. Aveva perso tutto, o forse non aveva mai avuto niente. L’unica cosa che aveva dato un senso alla sua esistenza ormai non l’aveva più. La sua Fenice, la sua bambolina, la sua rovina, non lo amava davvero. Non poteva sperare di costruire qualcosa con lei, di averla almeno vicina… Era sempre stata un’illusione, la sua.

 

Non poteva sperare più in niente, perché più niente aveva senso.

 

Guardò di nuovo lo specchietto: Went lo fissava, senza capire cosa stesse aspettando. Gli sbirri attendevano un suo ordine, per entrare in azione…

 

Guardò indietro, guardò al suo passato, ricordando tutto ciò che era riuscito a conquistare. Los Angeles era stata in mano sua, aveva avuto potere e fama, soldi e gloria. Aveva avuto auto, case, gente alle sue feste, donne nel suo letto… L’unica cosa che non aveva avuto, l’amore, l’affetto, non poteva più averli adesso.

 

Nemmeno avere l’auto più veloce del mondo l’aveva salvato.

 

Sarebbe tornato in carcere, a sognare la vita che aveva perso?

 

Sarebbe tornato in una cella, a rimpiangere la sua vita da pilota clandestino?

 

Sarebbe tornato in galera, senza più Irina a tenerlo in vita?

 

No.

 

Era stato sconfitto, aveva fallito, ma non era un codardo.

 

Era caduto, ma non forse non aveva ancora davvero perso.

 

Era sempre e comunque lo Scorpione.

 

Non si sarebbe lasciato umiliare.

 

“Non mi metterai di nuovo le manette, Went”.

 

Allora, prese la pistola, la guardò un’ultima volta…

 

E la gettò fuori dal finestrino.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Xander vide la mano di Challagher uscire dal finestrino della Bugatti, e per un secondo credette che volesse sparare. Quando vide cadere a terra la pistola tirò un sospiro di sollievo.

 

<< Ok Challagher, scendi con calma dalla macchina e non ti verrà fatto niente >> gridò.

 

“Anche se io vorrei ucciderti, a dir la verità…”.

 

Ci fu un attimo di silenzio, poi la portiera della Bugatti si aprì, e lo Scorpione uscì fuori, tranquillo, senza tenere le mani in alto, ma palesemente disarmato. Sul suo volto, campeggiava incredibilmente un sorriso.

 

<< D’accordo, Went, hai vinto >> disse, sarcastico, << Mi hai preso. Non cercherò di scappare… Ma visto che sto per finire di nuovo in cella, avrei una richiesta da fare. Prima che mi arrestiate, vorrei fare una telefonata >>.

 

Xander storse il naso, continuando a fissare Challagher. Non capiva cosa avesse in mente, ma chiaramente appariva troppo rilassato per la situazione in cui si trovava. Doveva avere un piano in mente…

 

<< Tranquillo, gli amici a cui chiedere aiuto li ho finiti >> continuò Challagher, quasi divertito, << Se non ti dispiace, vorrei parlare con Irina >>.

 

Xander gettò un’occhiata intorno a sé, dove gli altri poliziotti tenevano sotto tiro Challagher con le pistole. Sembravano perplessi quanto lui, dal comportamento dello Scorpione…

 

<< Perché? >> domandò. << Cosa c’entra Irina? >>.

 

<< Stavo seguendo lei, ma immagino che se mi arresterete non potrò raggiungerla… Vorrei togliermi una curiosità, che altrimenti non credo che riuscirei a soddisfare in breve tempo >>.

 

La riposta era chiaramente strana, e Xander non capì dove volesse andare a parare…

 

Senza aspettare che dicesse qualcosa, Challagher tirò fuori il suo cellulare e lo portò all’orecchio. Poi tornò a sedersi in macchina, rilassato, come se si trattasse tutto di uno scherzo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 23.55 – Autostrada, chilometro 1.877

 

Il display del navigatore segnava ormai cento chilometri all’arrivo, e gli occhi di Irina non si staccavano dalla strada. Non sapeva come aveva fatto, sapeva solo che la sfida con Nina le aveva regalato nuova energia, la rabbia che aveva provato le aveva dato uno slancio che nessun altra cosa poteva darle.

 

Il suo piede non si era mai staccato dall’acceleratore. Mai, come se fosse stato incollato. Aveva smesso di sentire sonno, aveva smesso di sentire la fatica, non aveva nemmeno più male alle braccia. Voleva solo arrivare e basta.

 

Improvvisamente, sentì il telefono squillare. Lo afferrò, e le venne un colpo quando vide che sul display brillava il numero di William. Rallentò appena l’andatura, e rispose.

 

<< Pronto? >>.

 

<< Irina? >>.

 

Lei rimase in silenzio. William ormai sapeva tutto, del suo tradimento, del fatto che fosse sulle tracce della Lince… Forse non avrebbe nemmeno dovuto rispondergli, ma qualcosa l’aveva spinta a farlo…

 

<< Non voglio parlare di quello che è successo >> disse William rapidamente, stranamente serio, << Non mi interessa che tu mi abbia tradito. Ormai non ha più importanza… Avrei solo voluto che mi salutassi, prima di andartene >>.

 

Irina rimase di sasso. Cosa stava dicendo? Era impazzito? Perché non le chiedeva dov’era, o dove stesse andando?

 

<< William… Dove sei adesso? >> domandò lei, la voce roca. Perché le era venuta la pelle d’oca?

 

<< Immagino non poi molto lontano da te. Ho seguito le tue tracce sperando di raggiungerti, ma il tuo ragazzo è riuscito a fregarmi >>.

 

William parlò così tranquillamente che a Irina si rizzarono i peli sulle braccia. Tutto quello non era naturale, non era da lui… Teneva gli occhi fissi sulla strada, eppure la sua testa cercava di immaginare dove fosse William… Perché improvvisamente aveva la sensazione che per un momento la sua destinazione diventava meno importante?

 

<< Ti… Ti hanno arrestato? >> chiese.

 

<< Arrestato? >> fece William, quasi ridendo, << No, non credo che mi arresteranno di nuovo… La cella non è un posto che mi si addice >>.

 

Ogni secondo che passava, Irina sentiva sempre di più che c’era qualcosa che non andava… Che razza di risposte erano, quelle? Lo Scorpione non era mai stato così tranquillo, di fronte al tradimento… E poi, quello che stava dicendo non aveva assolutamente senso…

 

<< Will… >>.

 

<< Voglio solo farti una domanda, Irina >> la interruppe lo Scorpione, << E voglio, anzi pretendo, che tu mi dia una risposta sincera. Anche facendomi male, se tu pensi che possa farmelo. Hai solo una possibilità, non te lo chiederò di nuovo >>.

 

<< William, che diavolo… >>.

 

<< Rispondi a questa domanda, Irina. Da quando ci siamo conosciuti, c’è stato un momento, anche solo un attimo, in cui mi hai amato per davvero? >>.

 

Irina rimase di sasso, mentre qualcosa di gelido le strisciava nello stomaco, mentre il tarlo del dubbio le si insinuava nella mente… Tutto quello che stava accadendo, aveva il sapore di un addio…

 

<< William, che cosa stai facendo?! >>.

 

<< Niente. Sto aspettando che tu mia dia una risposta >>.

 

Irina frugò nei suoi ricordi, mentre il cuore le batteva sempre più forte. Doveva davvero dargli una risposta?

 

Sì, lo aveva odiato. Lo aveva odiato a morte, in passato, odiato fino a sperare di riuscire a ucciderlo…

 

Ma poi, poi era successo quello che era successo, e forse…

 

Sì, aveva smesso di odiarlo, perché William non aveva colpa. Non era colpa sua se era diventato lo Scorpione, non era colpa sua se la rabbia lo aveva corroso, non era colpa sua se l’odio l’aveva distrutto…

 

E non le importava nemmeno ciò che aveva fatto a lei, non le importava più. Perché senza di lui non sarebbe mai diventata quello che era adesso.

 

<< William, perché mi fai questa domanda? >> sussurrò, sentendo il volante strisciare sotto le dita, la strada che le scorreva davanti, ma la testa quasi scollegata.

 

<< Rispondi >> ringhiò William, improvvisamente arrabbiato di fronte alla sua titubanza,  << Rispondimi >>.

 

Irina tacque, fissando la strada davanti a lei. Poi guardò dentro stessa.

 

Qualsiasi cosa stesse accadendo, William aveva diritto a una risposta.

 

<< Sì >> disse alla fine, << Sì, William… Ti ho amato, e non lo nego. Ti ho amato quando mi hai aperto il mondo delle corse clandestine, ti ho amato quando mi hai fatto entrare nella Black List, ti ho amato quando mi hai riportato la mia Punto… E soprattutto, ti ho amato quando mi hai dimostrato di poter cambiare >>.

 

Ci fu un momento di silenzio, poi a Irina sembrò che William dall’altra parte avesse fatto un sorriso.

 

<< Io non posso cambiare, Irina >> disse, << Quelli come me non cambiano. Mai >>.

 

<< Non è vero Will >> ribatté lei, << Hai fatto cose per me che in passato non avresti mai fatto… Avevi solo bisogno di qualcuno che ti aiutasse… >>.

 

<< Qualcuno che mi aiutasse? >> fece William, << Sai cosa ho pensato di te, la prima volta che ti ho vista, Irina? Che avevi una bella bocca, non che potessi aiutarmi >>.

 

<< Will… >>.

 

<< Fammi finire, Irina, perché dopo non avrò più tempo per dirti quello che devo dirti >> la aggredì lo Scorpione, quasi irritato, << Quando ti ho vista per la prima volta, non sapevo a cosa mi avresti portato. Non sapevo che mi avresti rovinato. Non sapevo che per causa tua sarei finito dietro le sbarre. Non sapevo che avrei potuto innamorarmi di te. E non sapevo che mi avresti portato a questo.

 

<< Ma nonostante tutto, non tornerei mai indietro. Anche se potessi cambiare il passato, non lo farei. Verrei comunque a casa tua. E mi lascerei odiare di nuovo come hai fatto. Non ho perso nulla, Irina, semplicemente perché non ho mai avuto niente. E ci è voluta una fottutissima ragazzina con le corse nel sangue per farmelo capire. Ci è voluta una come te per far uscire fuori la mia parte peggiore e poi farmi pentire. Ci sei voluta tu per farmi capire di aver sbagliato >>.

 

Irina ascoltava impietrita, il gelo nelle mani, il cuore che batteva lento… Perché William parlava così? Cosa aveva in mente?

 

<< E ho solo una cosa da dirti: grazie. Grazie, bambolina, per avermi distrutto e fatto rinascere. Grazie per aver dato un senso a quello che facevo… Lo sai meglio di me, che sarebbe finita così >>.

 

Irina rimase impietrita. Sentì il sangue fermarsi. Il suo cervello capì, ma il suo cuore si rifiutò di collegare tutto. William non poteva fare una cosa del genere… Non poteva… Non aveva senso…

 

<< Che vuoi fare, Will?! >> gridò Irina nel telefono, improvvisamente in preda al panico, << Cosa vuoi fare?! >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

William guardò il lago ghiacciato davanti a lui, il telefono premuto sull’orecchio, e sorrise.

 

Allora Irina lo aveva amato per davvero, almeno per un istante. Per un momento era stata davvero sua.

 

<< Che vuoi fare, Will?! Cosa vuoi fare?! >>.

 

Il tono agitato e disperato di Irina gli fece capire che aveva intuito quello che stava per succedere.

 

C’era un solo modo per non essere catturato, per rimanere imbattuto, per rimanere lo Scorpione. Un solo modo per entrare nella leggenda del mondo delle corse clandestine: vivere al massimo, fino all’ultimo istante. Vivere, e preferire la morte alla sconfitta.

 

<< Sarò anche un perdente, ma sono sempre lo Scorpione. E lo rimarrò fino alla fine. Addio bambolina >> disse.

 

Chiuse la telefonata, gettò il cellulare sul sedile e guardò per un momento Went, ancora fermo a fissarlo.

 

“Non mi avrai mai vivo, Went”.

 

Sul viso gli si disegnò un sorrisetto, mentre valutava quegli ultimi istanti.

 

Una Bugatti Veyron, una schiera di sbirri e un lago ghiacciato. E lui fare da preda.

 

Era tutto perfetto. Sarebbe rimasto libero, e sarebbe entrato nella leggenda.

 

Il mondo lo avrebbe ricordato come lo Scorpione, il più grande pilota clandestino di tutti i tempi.

 

Aveva tutte le carte per esserlo.

 

Inserì la retromarcia, arretrando lentamente, mentre gli sbirri allarmati gli intimavano di fermarsi. Non spararono, perché si fermò subito, e gettò un’altra occhiata nello specchietto retrovisore.

 

Went lo guardava, gli occhi azzurri che incontrarono i suoi. E qualcosa brillò nelle iridi che avevano conquistato Irina: aveva capito.

 

<< Trattala bene, Went. Non fare il mio stesso errore. Io sono lo Scorpione. A te lei, a me la leggenda >>.

 

Poi, affondò il piede sull’acceleratore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Xander gridò, ma sapeva che ormai era troppo tardi.

 

La Bugatti partì con un rombo assordante, sollevando la ghiaia dal terreno, e senza nessun’altro rumore se non quello degli pneumatici che strisciavano per terra, si gettò nel lago…

 

Xander vide la Veyron nera avanzare veloce, senza esitazioni, i fari accesi che illuminavano la superficie gelata dell’acqua…

 

Poi, secco, arrivò lo schianto che Xander aveva già sentito una volta… Il ghiaccio si crepò, proprio dietro il posteriore della Bugatti.

 

Come una ragnatela, sulla superficie si disegnò un intrico di crepe, mentre la Veyron continuava la sua corsa disperata… L’acqua nera del lago eruppe dalle spaccature con un rumore agghiacciante…

 

E alla fine, come se si fosse tuffata, la Veyron crollò. In un secondo, il ghiaccio si sgretolò e la Bugatti finì sotto, inghiottita come un minuscolo sasso in una pozzanghera... Sparì, come se non fosse mai esistita, lasciando solo silenzio dietro di sé.

 

Xander rimase immobile, gli occhi puntati nel punto dove l’auto era sparita.

 

Challagher era morto.

 

Piuttosto che farsi prendere, si era ucciso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel momento esatto in cui Irina si rese conto che la linea era caduta, il suo cuore perse un battito.

 

<< William! >>.

 

Addosso le crollò qualcosa di incomprensibile, così pesante da schiacciarle lo stomaco e il cuore…

 

Inchiodò, sentendo le ruote pattinare sull’asfalto, mentre il gelo si diffondeva dal suo petto e poi in tutto il corpo…

 

In un istante, capì a chi era andato il proiettile di quella roulette russa…

 

E le lacrime iniziarono a scenderle sul volto, perché William era morto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Credo mi odierete… O forse lo immaginavate già?

Che dire, lo Scorpione è sempre lo Scorpione… Era chiaro che piuttosto che finire in carcere avrebbe scelto la morte. Forse non così consapevolmente, ma non si sarebbe lasciato prendere la seconda volta…

Ciò che vorrei sapere ora è ciò che pensate, o provate, per meglio dire. Credete sia giusto, che William muoia così? O davvero, lo immaginavate di nuovo dietro le sbarre, o in fuga?

Fatemi sapere, credo che questo cap sia importante. Mi sto dando alla macchia ultimamente, ne sono consapevole, ma devo finire questa storia il prima possibile, prima che mi riprenda la crisi dello scrittore, e prima di venire sommersa dai miei sempre più pesanti impegni universitari. Prometto che alla fine dedicherò a ognuno di voi tutto lo spazio dovuto.

Cercherò di aggiornare il prossimo cap il prima possibile, come ho fatto con questo.

 

Baci

 

Lhea

 

 

 

 

 

  
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