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Autore: Dony_chan    27/10/2011    3 recensioni
Eccomi qua, con questa raccolta salvata nel computer da parecchi mesi…
Mi sembrava carino ripercorrere alcuni episodi da me inventati della preadolescenza e adolescenza dei nostri cari protagonisti!
Spero che l’idea piaccia anche a voi, e se mi lasciaste una piccola recensione, ne sarei contenta!
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Chapter 2 : 13 anni …
 
 
Ran si strinse nelle spalle e si sistemò i pantaloncini di educazione fisica meglio che poté. In quegli ultimi due giorni ogni movimento le risultava difficile e aveva la forte paura che qualcuno, oltre Sonoko, potesse scoprire il perché.
La professoressa fischiò e altre due studentesse partirono per la loro prova di salto in lungo, mentre Shinichi e Sonoko tornavano dalla loro.
Stavano litigando, come al solito, quasi sicuramente perché Shinichi aveva preso in giro la ragazzina per il suo scarso risultato.
“Ti ripeto che le qualità di una donna sono diverse. Noi non conquistiamo gli uomini con un paio di saltelli” si stava difendendo Sonoko, convinta.
Shinichi la guardò perplesso. “Ma che stai blaterando?”.
Sonoko sospirò e sventolò una mano per far cadere l’argomento, e si avvicinò a Ran, prossima nella prova fisica.
“Mi batterai anche questa volta, vedrai. Non sarà un problema” le sussurrò Sonoko all’orecchio e le fece l’occhiolino.
Ran annuì non molto convinta e andò a posizionarsi poco distante da Miyo, una sua compagna di classe che non piaceva molto a Ran per via del suo atteggiamento da snob.
Proprio con lei devo gareggiare? Con quelle gambe chilometriche mi batterà sicuramente!, pensò Ran, demoralizzata.
Miyo la guardò con altezzosità e le rivolse un sorriso di sfida.
La professoressa disse loro di prepararsi e pochi secondi dopo fischiò, per farle partire. Già nella corsa, Ran era impacciata e venne facilmente superata da Miyo.
Ed ecco che si avvicinava la pedana di stacco. E poi c’era il salto, il maledetto salto, che in un altro momento avrebbe sicuramente eseguito alla perfezione.
Eccolo, eccolo, eccolo...
Quando fu alla pedana di stacco non ce la fece, evitò il salto e finì direttamente nella sabbia. Miyo andò oltre il suo record e, quando si rialzò e vide che Ran non si era più mossa da dove l’aveva vista l’ultima volta, scoppiò a ridere, seguita da alcune sue amiche e dai ragazzi.
Nascondendo la vergogna, Ran evitò lo sguardo perplesso della professoressa e andò a mescolarsi in mezzo alla piccola folla dei suoi compagni.
Notò con piacere che Sonoko era una di quelle che non si era messa a ridere, anzi, stava riprendendo tutti.
Ran la tirò per un braccio e le fece segno di smettere.
“Ran, non puoi fargliela passare liscia” sbottò Sonoko, incrociando le braccia al petto.
La giovane scosse stancamente la testa e si posò una mano sulla pancia. Non stava affatto bene, si sentiva fitte fortissime su tutto l’addome.
Sentì una pacca sulla spalla e un secondo dopo il volto divertito di Shinichi fece la sua apparizione. “Ehi, Ran, ma che ti è successo? La sabbia ti ha spaventata?” chiese ridendo ancora.
Quella fu l’ennesima sconfitta. Sentì gli occhi bruciare, ma si costrinse con tutte le sue forze a non far uscire nemmeno una lacrima.
Prima che Shinichi potesse accorgersene, Ran gli mollò uno schiaffo abbastanza forte che gli lasciò il segno rosso sulla guancia.
Calò il silenzio tra i pochi spettatori, e per fortuna la professoressa non se n’era minimamente accorta.
“Ehi, ma che ti prende?!” sbottò Shinichi, offeso.
Ran si rese conto un secondo dopo della stupidaggine che aveva appena fatto. Shinichi non c’entrava nulla, e lei si era fatta trasportare dal nervoso e dai suoi sbalzi d’umore.
L’amico si stava massaggiando la guancia arrossata e senza pensarci lei allungò la mano per scusarsi, ma Shinichi la fraintese. Si scansò velocemente e la guardò risentito.
“Vuoi darmene un’altra?” chiese sarcastico.
A quella frase, Ran non trattenne più una sola lacrima, e cominciò a piangere. “Scusami” mormorò pianissimo e corse velocemente dentro alla scuola, senza chiedere il permesso all’insegnante.
Dietro di lei sentì dei passi altrettanto affrettati, quasi sicuramente di Sonoko, ma in quel momento voleva stare sola.
Aveva appena mollato una sberla al suo migliore amico, per una stupida domanda che le aveva rivolto. Era arrabbiata con sé stessa, perché non sapeva fare le piccole cose che di solito riusciva a fare benissimo, e se l’era presa con lui.
Si asciugò le lacrime col dorso della mano e fermò la sua corsa nel bagno femminile del piano terra. Aprì immediatamente il lavandino e si sciacquò la faccia, per non far vedere a Sonoko le sue lacrime.
L’amica entrò in bagno qualche attimo dopo, con il fiatone. Sorrise agli occhi arrossati dell’amica e disse, per consolarla, “Tu ti lamenti, ma non hai idea di come correvi veloce poco fa. Non sono riuscita a starti dietro!”.
Ran abbozzò un sorriso e si poggiò sul muro freddo del bagno. Uffa, perché aveva reagito così? E Shinichi, cosa avrebbe pensato di lei? Non le avrebbe mai più parlato, vero?
“Sonoko... io voglio tornare normale” disse Ran, la voce rotta.
Nuove lacrime le rigarono le guancie e si sentì terribilmente stupida. Sonoko prese dei fazzolettini di carta e asciugò premurosa le lacrime dell’amica.
L’abbracciò forte a sé e, in quel momento, Ran si sentì consolata. Aveva bisogno di una presenza femminile, ma purtroppo sua madre era in viaggio di lavoro e prima di domani non sarebbe tornata.
“Se fossi stata in te, sarei andata giù più pesante, con Kudo!” disse Sonoko, il pugno chiuso e l’aria seria.
Ran rise, asciugando le lacrime ribelli che continuavano a scendere.
“Non poteva sapere, non ha colpe. E non saprà mai!” concluse Ran, seria e sicura.
Sonoko si ammorbidì e sorrise. “Ovvio, non capirebbe. È ancora un poppante, vive nel mondo dei sogni. Noi ragazze siamo avanti!”.
Ran buttò via i fazzolettini e si guardò allo specchio. Come ogni volta che piangeva, il suo naso si arrossava esattamente come i suoi occhi.
“La professoressa ci sgriderà” disse Ran, rendendosi conto solo in quel momento di aver piantato lì la lezione senza chiedere il permesso.
“Capirà. Ora, fai un bel respiro e poi torniamo, ok? E se Miyo prova a fiatare... l’atterrerò con una mossa segreta!”.
Ran rise un’altra volta e poi prese quel bel respiro. Ok, ce la poteva fare.
 
 
Shinichi non le parlò per il resto della giornata, ma a Ran andava bene così. Prima di chiedergli scusa, aveva bisogno che lui sbollisse la rabbia.
Alla fine delle lezioni, la ragazza si trattenne vicino agli armadietti per aspettarlo. Sapeva che ci metteva un’eternità a cambiarsi dopo il suo pomeriggio di calcio, però lei aveva comunque finito alla svelta il suo corso di pianoforte per non essere in ritardo.
Quando sentì dei passi farsi più vicini e il chiacchiericcio aumentare, si nascose dietro ad una colonna presa dal panico. E se lui non l’avesse perdonata? Oppure avesse fatto domande insistenti? Naturale che avrebbe voluto delle spiegazioni, gli aveva mollato un sonoro schiaffo.
I ragazzi della squadra di calcio si cambiarono velocemente le scarpe e si diressero verso l’uscita.
“Ciao, Shinichi!” salutarono alcuni.
Lui contraccambiò leggermente cupo. Ran inspirò e si sporse dalla colonna, camminando incerta verso di lui. Si aspettavano ogni giorno, anche dopo i corsi o gli allenamenti per andare a casa insieme. Forse lui non si aspettava di vederla ancora lì, alle quattro e mezza passate.
E infatti, non appena Ran fu vicina, Shinichi alzò lo sguardo su di lei sorpreso.
Nessuno dei due disse nulla, ma Ran fu sollevata nel vederlo più rilassato e non più arrabbiato.
“Ciao” cominciò lei.
“Ciao” rispose Shinichi, abbassando lo sguardo. Mise via le scarpe e chiuse l’armadietto. Senza degnarla di uno sguardo, si avviò da solo verso l’uscita.
Ran, ancora più giù di morale, lo seguì velocemente fuori e si mise al suo passo, mantenendo però una certa distanza.
“Dimmelo, se vuoi sferrarmi un altro schiaffo, così mi difendo. Sei un po’ permalosetta in questo periodo, Ran” disse lui, freddo.
Ran sussultò e abbassò lo sguardo. Cavolo, era ancora arrabbiato.
“Volevo chiederti scusa. Davvero, non so cosa mi sia preso” mormorò la ragazza, sentendo nuove lacrime premere per uscire.
“Scuse accettate” disse Shinichi dopo un po’, meno duro di prima. Smise di camminare e le bloccò un braccio, facendola indietreggiare. “Ma si può sapere che ti è passato per la mente? Ho il diritto di sapere cos’è stato a farmi prendere a pugni” disse ironico, indicandosi la guancia.
Ran si morse il labbro, incerta. A lui, non voleva proprio dire niente. Raggirò la domanda alla bell’e meglio. “Scusa, davvero scusa. In questi giorni sono un po’ suscettibile e giù. Mi manca mia madre e... bè, non posso dirti altro” balbettò alla fine Ran, arrossendo.
Shinichi mollò la presa sul suo braccio, ancora comunque spaesato. “Non ho capito molto, però... tu stai bene?”.
Ran alzò lo sguardo e cercò di sembrare convinta il più possibile. “Certo! È solo stata una brutta giornata. Adesso... è meglio che vada. Ci vediamo domani a scuola!” tagliò corto la ragazzina e lasciò lì come uno  
stoccafisso il suo amico, ancora ignaro del vero motivo per cui lei era così irritabile e lunatica.
Appena fuori dalla scuola, Ran trovò parcheggiato un taxi e, appoggiata alla portiera, stava sua madre.
Proprio sua madre.
“Mamma!” esclamò Ran, correndole incontro.
Eri alzò lo sguardo su sua figlia e spalancò le braccia di modo che potesse abbracciarla. “Ti è piaciuta la sorpresa? Sono tornata un giorno prima solo per te!”.
Ran affondò il viso sul petto della madre e si sentì rincuorata. Aveva proprio bisogno di lei.
“Ascolta, sono appena passata da tuo padre. Ho preso un po’ delle tue cose, starai con me per qualche giorno, ti va?”.
Ran annuì, perché non ce la faceva a parlare. In quel momento Shinichi uscì a sua volta dal cortile della scuola e guardò nella loro direzione.
Eri lo salutò e gli chiese se avesse bisogno di un passaggio.
Shinichi puntò il suo sguardo su Ran, e sorrise vedendo la sua amica più serena. “No, ma grazie. Faccio volentieri due passi”.
Si salutarono e madre e figlia entrarono nel taxi sorridenti.
Eri carezzò i capelli a Ran, notando che ogni volta che la vedeva lei era sempre più carina.
“La mia piccolina... ora è proprio una signorina!”.
 
 
 
 

 
 
Ciao a tutti! Ecco postato anche il secondo capitolo ;)
Volevo precisare una cosa: racconto che Ran è corsa ad aspettare Shinichi dopo un corso di pianoforte... l’idea l’ho presa dal film 12, ‘Lo spartito della paura’, dove si vede Ran che suona il piano mentre i detective boys cantano in coro :)
Volevo ringraziare SailorKilari per aver recensito il primo capitolo, Debby_Akai per aver inserito la storia tra le preferite, ChibiRoby per averle messa tra le seguite e tutti coloro che hanno solo letto!
Grazie, ci si vede- spero!- al terzo capitolo..
Un abbraccio,

Dony_chan 
 

  
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