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Autore: Night Sins    27/10/2011    1 recensioni
Katelyn Moreau era in pericolo. Nonostante tutte le cose che lui e Peter avevano fatto quattro anni prima, Kate era di nuovo in pericolo. Non aveva tempo per seguire le procedure e la legge, nonostante questo significasse mancare alla parola data a Peter, Neal doveva evadere dal carcere e tentare di fare qualcosa.
Ma nessuno lo aveva avvertito che Peter e Kate si erano trasferiti.
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Neal Caffrey, Peter Burke, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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NdA. Volevo solo dire 'scusate'. E ricordare che son passati quattro anni... ;)



The clothes

“Dov’è Ka- Debbie?”
“A casa di June. È la signora che la tiene quando sono a lavoro, e El non può pensarci sempre”, spiegò Peter, concentrato sulla strada.
“Portami da lei”, chiese ancora il ragazzo.
“Neal”, ammonì Peter.
“Che c’è di male? Sono con te, non infrango nessuna regola… Ti prego.”
Il federale sospirò. “E sia, ma prima devi vestirti decentemente.”
Neal lo guardò sorpreso. “Non pensavo ti avrei mai sentito dire una frase del genere! Mi- Mi porti a fare shopping, per caso?”
“No, andiamo a casa mia.”
“Apprezzo l’offerta, seriamente, ma… credo che i tuoi vestiti mi stiano un po’ grandi”, fece notare il truffatore.
“Non voglio prestarti dei miei vestiti.”
“E allora cosa?”
Peter si voltò appena a guardarlo, uno strano sorriso sul volto, ma non rispose.

*

Erano quasi arrivati a casa sua, quando il cellulare del federale squillò.
“Burke”, rispose. “Sì? Sì, certo che è con me. Ho dovuto fare… una deviazione. Sì, tutto a posto. Grazie.”
“Chi era?”, domandò Neal, una volta che ebbe riattaccato.
“Uno dei miei uomini”, rispose e gli indicò la propria cavigliera.
Il truffatore alzò l’orlo dei pantaloni; il led, prima verde, era ora rosso.
“Siamo usciti dal percorso che dovevo fare per portarti al motel”, spiegò Peter. “Ogni volta che esci dal tuo raggio di permesso scatta l’allarme e, se non sei accompagnato da un agente federale, sei ufficialmente un evaso- di nuovo. E quando ti avrò trovato - di nuovo - tornerai in cella per il resto della tua vita e non potrò fare niente per aiutarti.”
“Direi che sei stato più che chiaro al riguardo.”
“Ottimo.”
“Quant’è il mio raggio?”
“Due miglia dal motel”, rispose l’agente, parcheggiando.

*

Peter lo aveva preceduto all’interno della casa ed ora, dopo aver salutato Satchmo, che aveva fatto le feste anche al nuovo ospite, lo stava guidando su per le scale. Neal, intanto, si guardava intorno, curioso, e Peter riusciva quasi a vederlo, tentare di memorizzare più informazioni che poteva.
“Hai detto che non volevi prestarmi tuoi vestiti, eppure mi hai portato in quella che ha tutta l’aria di essere la tua camera da letto”, commentò il truffatore, una volta nella stanza. “Se volevi stare da solo con me non importava trovare questa scusa, lo sai.”
Peter non diede segno d’aver notato le sue parole, prese una scatola da sopra l’armadio e la posò sul letto. “Dovrebbero starti ancora.”
Neal l’aprì e osservò con sorpresa i vestiti che conteneva. “Dove li hai presi?”
“Erano rimasti a casa mia; li ho trovati durante il trasloco. Non è molto, ma per ora devi accontentarti.”
Il più giovane sorrise, il federale non era sicuro di esser riuscito a suonare così indifferente come voleva, e gli si avvicinò.
“Grazie”, disse contro le sue labbra, baciandolo quasi timidamente.
Peter ricambiò, in un primo momento con lo stesso timore, ma facendosi velocemente più urgente. Posò una mano dietro il suo collo e l’altra dietro la sua schiena, avanzando e spingendolo verso il letto mentre Neal lo liberava dalla presenza della scatola, alla cieca, facendola cadere malamente a terra con una mano.
Il federale lo fece sdraiare e scese a baciargli il collo.
“Cristo, Peter!”, gemette contro il suo orecchio, aggrappandosi maggiormente a lui, “mi sei mancato da impazzire”, continuò, mentre l’altro gli toglieva la maglietta che indossava.
“Ricordatelo, prima di darti nuovamente alla carriera criminale.”
“Questo è un ricatto”, piagnucolò il truffatore.
“No, solo un consiglio”, lo corresse Peter, spogliandosi della giacca e riappropriandosi nuovamente delle sue labbra mentre si sfilava la cravatta.
“Immagino questo significa che alla signora a cui hai lasciato Debbie non dispiaccia tenerla un po’ più del dovuto”, Neal commentò quel gesto aiutandolo a spogliarsi a sua volta.
“Una delle nipoti di June va in classe con Debbie e l’ha invitata anche a pranzo”, rassicurò il federale.
“Quanto mai provvidenziale…”


The lunch

“Per caso ha suonato il mio cellulare, prima?”, domandò Peter, rientrando in camera solo con i pantaloni addosso.
“Sì.”
“E tu hai risposto”, continuò, avvicinandosi all’armadio per prendere una camicia.
“Ovvio.”
“E?”
“E June ci ha invitato a pranzo”, rispose, arrivandogli alle spalle solo per togliergli di mano la cravatta che aveva appena preso e rimetterla a posto prima di sceglierne un’altra e allacciargliela al collo.
“June? Ci?”
“Esatto. E’ una donna molto cordiale. Le ho detto che non saresti stato d’accordo, ma ha insistito così tanto”, terminò, sistemando il nodo che aveva fatto e sorridendo.
Peter sospirò.
“Tanto dobbiamo andare a prendere Debbie e mangiare. Che cambia se lo facciamo lì, se ci ha invitato?”
“Cambia che tu non dovresti andartene tranquillamente in giro e io non posso approfittarmi sempre della sua gentilezza. Fa già tanto a tenere Debbie quando sono a lavoro e no, non osare commentare quanto è appena successo”, ammonì alzando l’indice della mano destra davanti al suo volto.
Neal alzò le mani in segno di resa, anche se il sorriso sulle sue labbra era sfacciato. “Ma non è approfittarsene se ti invita lei.”
Il più grande si mise la giacca in silenzio.
“Peter…” chiamò ancora il ragazzo, preoccupato.
“Non è così semplice il mondo, Neal”, replicò l’altro, tornando a guardare nell’armadio.
“Può esserlo.”
“Sì, se non segui le regole”, rispose Peter, voltandosi con le mani dietro la schiena, “e basta poco per farti felice”, terminò abbassandosi a baciarlo e contemporaneamente posò un cappello sulla testa di Neal.
Quando si allontanò, poté vedere il volto del giovane nuovamente sorpreso mentre prendeva il fedora e lo rigirava tra le dita prima di posarselo nuovamente in testa.
“Ecco, finalmente, di nuovo Neal Caffrey”, sorrise il federale.

*

Mezz’ora più tardi, la cameriera di June li aveva fatti accomodare in salotto. “La signora e le bambine sono in giardino, le vado a chiamare”, informò la donna.
“Grazie”, disse Peter, mentre Neal si guardava intorno ammirato.
“Non pensarci”, l’ammonì il federale.
“Cosa?”
“Non pensare a niente a cui possa pensare la tua mente criminale.”
“Andiamo, Peter.”
“So come pensi”, replicò serio e, nonostante tutto, Neal non poté evitare di sorridere compiaciuto.
“Comunque, non mi avevi detto che June abitasse in una così bella e elegante villa”, riprese il truffatore, dopo poco.
“Grazie”, rispose la padrona di casa, appena entrata nella stanza seguita da sua nipote e Debbie, che stavano confabulando tra di loro.
“Tu devi essere Neal”, continuò, raggiungendolo e porgendogli la mano destra.
“Esattamente. Lieto di conoscerla, ma’ame”, salutò, prodigandosi in un baciamano.
“Mi ricordi Byron, il mio defunto marito; gli saresti piaciuto”, commentò June, con una risata che attirò l’attenzione delle bambine, facendole ridere a loro volta.
Neal si voltò nella loro direzione e rimase a fissare Debbie, in silenzio. Peter chiamò a sé la figlia.
“Lui è Neal”, le disse, indicandolo.
La bambina rimase a fissarlo a propria volta. Il truffatore si fece un attimo perplesso, poi le sorrise e si inchinò, togliendosi il cappello.
“Buon pomeriggio, principessa Debbie, sono contento di fare la vostra conoscenza”, disse, allungando la mano.
La piccola gli diede la propria. “Piacere, Neal.”
Il ragazzo sorrise e poi si voltò verso l’altra bambina. “E tu come ti chiami, principessa?”
“Samantha”, rispose lei, “ma non sono una principessa.”
“No?”, chiese conferma Neal, stupito.
“No. Io sono una guerriera!”
Neal rise. “Mi scusi. Piacere di conoscerla, guerriera Sam.”
“Piacere. Tu cosa sei?”
“Samantha!”, la richiamò June.
“Nessun problema”, intervenne il truffatore. “Io sono un mago.”
Le piccole lo guardarono a bocca spalancata.
“Non è vero!”, disse Debbie.
“Sì che lo è”, replicò Neal, e poi si rivolse alla padrona di casa. “June, per favore, avresti un mazzo di carte da prestarmi?”
La donna sorrise. “Vado a prendertelo subito”, disse allontanandosi.
“Cosa hai intenzione di fare?”, domandò Peter, sospettoso.
“Niente di che, solo un giochetto.”
Pochi attimi dopo, June tornò con le carte da gioco. Neal le estrasse dalla scatola e le mischiò velocemente, aprendole poi a ventaglio e abbassandole davanti a Debbie, in modo che si vedesse solo il retro.
“Scegli una carta e falla vedere agli altri, se vuoi”, disse.
La bambina studiò bene tutte le carte, poi ne scelse una e la fece vedere a tutti, mentre Neal si tappava gli occhi con una mano. Era il tre di cuori.
“Fatto”, annunciò Debbie.
Il truffatore tolse la mano dal viso e sistemò le carte, dividendo il mazzo a metà. “Mettila lì”, chiese, e quando la piccola l’ebbe fatto, mischiò nuovamente.
“Alza”, disse allungando la mano verso di lei.
La bambina lo fece e Neal prese la carta che si trovava ora in cima al mazzo. ”Sono sicuro che sia questa”, disse, mostrando a Debbie e agli altri il fante di fiori.
Debbie e Samantha risero.
“Non ci sei andato nemmeno vicino”, disse Sam.
Il truffatore fece una faccia pensierosa, rigirandosi la carta tra le dita e facendola sparire. Un “oh” di sorpresa si levò dalle due bambine.
“Debbie”, chiamò Neal, “tu sai dove Peter tiene di solito il portafogli?”
La piccola annuì. “Lì”, disse indicando la giacca del padre, all’altezza del cuore. Il truffatore seguì il dito con lo sguardo e sorrise a Peter che, nel frattempo, aveva portato la mano alla tasca interna della giacca.
“Cosa-”
Il federale aveva un’espressione sorpresa mentre tirava fuori una carta, che si rivelò essere proprio il tre di cuori.
“E’ quella!”, esclamò Debbie, stupita, e applaudì, seguita da Samantha.
“Dov’è il mio portafogli?!”, domandò invece Peter, serio.
“Ops.” Neal alzò le spalle e prese l’oggetto dalla tasca posteriore dei propri pantaloni. “Eccolo qui. Allora, sono o non sono un mago?”, chiese alle due piccole donne tra il suo pubblico.
“Lo sei!”, risposero entrambe.
June si intromise con una risata e informò tutti che il pranzo era pronto e, quindi, avrebbero fatto meglio ad andare.
   
 
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