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Autore: DiDi_Sunshine    28/10/2011    0 recensioni
"Perchè mi sento così diversa?". È solo uno dei tanti interrogativi che si pone la piccol a Jade Watson, di solo dodici anni. Perchè lei si sente distante dai suoi coetanei, dal mondo che la circonda. Fino a quando non scoprirà una verità incredibile quanto improbabile che la coinvolgerà a tal punto da farle rischiare la vita...
Dal capitolo uno:
"-Ora capisco perchè l'hanno chiamata Jade- disse incantata. Victoria guardò la piccola e rimase stupita da quello che vide: la bambina si era svegliata, probabilmente per il rumore delle voci delle ragazze, e aveva due enormi occhi smeraldini, tanto simili al colore della pietra che portava il suo stesso nome. Jade osservava le due donne facendo guizzare lo sguardo da una all'altra."
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao mamma

 

Dai Jade, forza e coraggio, ancora cinque minuti e per oggi è finita”.

La lezione di matematica stava diventando qualcosa di veramente pesante. Non solo erano quasi due ore che una ventina di innocenti ragazzi stavano ascoltando una noiosa materia con una noiosa insegnante, ma era anche l'ultima lezione del venerdì pomeriggio e questo implicava una buona dose di stanchezza.

Però Jade Watson sapeva perfettamente che non poteva assolutamente perdersi neanche un secondo della spiegazione della professoressa, altrimenti per lei sarebbe stato impossibile recuperare. Così usò tutta la sua forza di volontà per alzare la testa dal banco e per concentrarsi sulla lavagna. Stavano studiando Ruffini, questo lo sapeva, ma i numeri scritti cominciarono pericolosamente a vorticare su loro stessi, costringendola ad abbassare lo sguardo.

La dislessia stava letteralmente peggiorando. Per lei era sempre stato complicato studiare e andare a scuola. Lettere e numeri si confondevano spesso nella sua testa e, nonostante fosse una ragazza intelligente a detta dei professori, faceva sempre molta fatica a leggere e a scrivere, cosa che diventava sempre più spesso motivo di scherno per i suoi compagni.

Purtroppo non poteva permettersi né un'insegnate di sostegno che la aiutasse, (né tanto meno la voleva), né una scuola in cui ci fosse una classe per ragazzi dislessici. Di conseguenza Jade studiava a più non posso e faceva come meglio poteva, anche se difficilmente i suoi voti erano alti.

Jade tentò di rialzare lo sguardo, ma questa volta tentò di cercare di capire il teorema basandosi sulla sua memoria, che difficilmente la tradiva, in quanto particolarmente sviluppata.

La campanella segnò la fine delle sue torture. Mise nell'astuccio le penne, fece lo zaino e scattò in piedi, ignorando come sempre le urla dell'insegnante che tentava invano di assegnare i compiti per la lezione successiva. Corse fino all'uscita velocemente e quando finalmente arrivò nel giardino della scuola si sentì finalmente libera. Stare nei posti chiusi la soffocava, probabilmente soffriva di una leggera claustrofobia.

Jade alzò gli occhi al cielo. La pioggia sembrava voler concedere a Londra un po' di tregua. Si mise l'Mp3 nell'orecchio e si incamminò verso casa sua. Abitava vicino alla scuola, praticamente attaccata al Greenwich Pier, a sue traverse da lì.

Londra le piaceva molto come città, soprattutto per i suoi immensi parchi. Sì, c'era molto, moltissimo a dir la verità, inquinamento, ma gli spazi verdi non mancavano e questo le dava un non so che di sicurezza.

Arrivò in Canterbury Street in dieci minuti. La sua casa era sicuramente la più piccola della via. Mentre le altre dimore sembravano quasi dei castelli, degli antichi feudi medievali, la sua era una casetta di due piani scarsi color crema. Aveva un giardinetto minuscolo, ma allo stesso tempo ben curato. Jade entrò in quella che aveva come numero civico 28.

Casa, dolce casa” pensò sghignazzando mentre cercava la chiavi della porta nello zaino. Poi sentì qualcosa che le si appoggiava alle gambe. Abbassò la sguardo: un bellissimo gatto persiano stava cercando di attirare la sua attenzione. Aveva il musetto schiacciato e il pelo folto, di diversi colori. Jade si chinò per accarezzarlo. Aveva sempre avuto un rapporto speciale con gli animali, sembrava che la amassero.

-Ciao Minou- le disse mentre le grattava la testa. Il nome era quello del gatto degli Aristogatti, cartone di cui Jade andava matta. L'animale cominciò a fare le fusa e a miagolare. Jade rise: quella gatta faceva un verso davvero strano.

La ragazza infilò al chiave nel chiavistello e aprì la porta. Amava casa sua: era piccola, ma incredibilmente accogliente. Era addobbata con centinaia di foto di lei quando era piccola, di lei con Minou, di lei il primo giorno di scuola e tante altre ancora. Il salotto aveva solo una piccola televisione e una poltrona molto vecchia, ma incredibilmente comoda. Jade appoggiò lo zaino su di essa mentre dalla cucina qualcuno disse:-Jade, tesoro, sei tu?-.

-Sì, nonna!- rispose la ragazza mentre un'anziana signora le si avvicinava e la abbracciava. Jade sapeva che non era veramente sua nonna, ma l'aveva cresciuta come se fosse non solo sua nipote, ma sua figlia. Le aveva sempre dato tutto quello che una bimba doveva avere e, anche se i problemi economici erano sempre più gravi, non aveva mai pensato di lasciarla in orfanotrofio. Si chiamava Katherine Martin e aveva più anni di quelli che dimostrava. Portava i capelli bianchi legati in una coda e il viso non era segnato da rughe, cosa che le conferiva una certa dose di giovinezza. Indossava una lunga gonna rossa che le arrivava sopra le caviglie e una maglia bianca a maniche lunghe.

-Com'è andata a scuola, tesoro?- le chiese mentre si sedevano al tavolo in cucina. Glielo domandava sempre perchè la malattia della ragazza la preoccupava notevolmente.

-Come al solito, non è successo niente di che. Però ho preso B in storia, grazie alla tua spiegazione- rispose Jade sorridendo alla donna. Minou, che era entrata sua volta, si acciambellò sulla gambe della ragazza e ricominciò a fare le fusa.

-Questo gatto è davvero un ruffiano- disse semplicemente Jade sorridendo mentre lo accarezzava. -Domani andiamo vero?- chiese poi con uno sguardo misto tra speranza e tristezza.

La signora Martin fece un sorriso malinconico. Ogni venerdì pomeriggio Jade tornava a casa e aspettava il momento giusto per fare quella fatidica domanda. Prese la mano della nipote e la strinse. -Certo tesoro, adesso vai a studiare-.

Jade rispose alla stretta e si alzò sorridendo per dirigersi in camera sua, dove teneva i libri. La signora Martin nel frattempo prese un respiro profondo. Sin da quando era piccola aveva accompagnato Jade al cimitero. Non aveva mai creduto alle storie degli zombie che ti mangiano il cervello quindi non aveva mai avuto paura. Katherine sapeva che Jade voleva andarci per andare a trovare sua mamma. Non l'aveva mai conosciuta perchè era morta di parto. Lei le aveva solo potuto dare il nome. Jade desiderava andarci il sabato pomeriggio perchè c'era meno gente e poteva rimanere un po' sola a parlare con lei. Katherine di solito si allontanava, ma sentiva che le diceva come andava la scuola, come si divertiva a suonare la chitarra, quanto le mancavano sia lei che suo padre.

Katherine si avviò in salotto. Poco dopo si fermò: Jade stava guardando una foto di suo padre insieme a sua madre. La foto ritraeva i due abbracciati. La donna, con i suoi capelli rossi e gli occhi scuri era stretta al marito, che sembrava il suo esatto contrario. Jade aveva le lacrime agli occhi.

-Ehi tesoro, sai che mamma e papà non ti vorrebbero vedere così vero?- le chiese la signora cercando di sorridere mentre andava a d abbracciarla.

-Nonna, io assomiglio a papà vero?- chiese lei mentre si stringeva tra le braccia ormai deboli della signora Martin.

-Oh sì, tesoro. I capelli biondi e gli occhi verdi li hai presi da lui. Anche il fisico mingherlino è suo. Sembra quasi che un colpo di vento ti possa portar via!- rispose Katherine sorridendo.

-E dalla mamma che cosa ho preso?- chiese con un sguardo sconsolato la ragazza.

Katherine ci mise un po' per rispondere. Di sicuro non aveva ereditato molto da Roxanne. Il fisico era innegabilmente quello del padre e perfino i gusti erano quelli di Andrew.

-Il carattere-.

Jade la guardò stranita. Aveva gli occhi velati dalle lacrime.

-Tua madre era una donna forte e anche tu lo sei. Devi solo credere in te stessa- disse la donna mentre scompigliava i capelli cortissimi alla nipote.

Katherine si allontanò, ma potè giurare di aver sentito sua nipote dire :-Ciao mamma, domani vengo a trovarti promesso. Salutami papà- prima di appoggiare la foto e andare in camera.

   
 
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