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Autore: Camelia Jay    29/10/2011    5 recensioni
Quando la sorpresa è dietro l'angolo...
Violet si rifugia in una nuova città iniziando a frequentare un nuovo istituto, convinta di poter ricominciare tutto daccapo. Tuttavia i guai continuano a seguirla e ben presto accade l'inaspettato: David Kincy, la star del momento, cantante rock amato dal pubblico femminile, un giorno bussa alla porta di casa sua. Nonostante l'immenso sconcerto di Violet, le sorprese ancora non sono finite.
Le cose si complicano con vecchi rancori che tornano a galla, inimicizie, bugie e vendette. Cinque ragazze, ognuna delle quali ha uno scopo da raggiungere.
Il culmine verrà raggiunto non appena Violet scoprirà di un diario, il diario di Annabelle.
[...] Ma si sentiva debole e spossata. Decise che per un po' sarebbe stata al suo gioco.
Poi, solo poi, si sarebbe vendicata.
Una vendetta pianificata, inaspettata e spietata.
Okay.
Questa fu la risposta. E fece partire la musica, stavolta una melodia più gradevole al suo orecchio stanco [...]
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Due_

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Circa nove mesi dopo

Giovedì 7 aprile 2011

Scribacchiando l’ennesimo autografo a una ragazzina sedicenne dai capelli corti che fremeva dalla gioia, David Kincy si lasciò sfuggire uno sbadiglio. Quella mattina si era alzato alle sei, e adesso erano quasi le undici. Da qualche giorno dormiva solo poche ore, un po’ per tutti gli impegni in attesa di lanciare il nuovo album, un po’ per la recente svolta che aveva avuto la sua vita sentimentale.

La sessione di autografi aveva l’aria di durare ancora molto, vista la fila di persone – soprattutto ragazzine liceali in fibrillazione – che attendevano solo di stare davanti a lui e agli altri membri della band.

Con un sorriso un po’ forzato a causa della stanchezza, David salutò la sua fan che fece subito posto a un’altra. Di fretta, lui cominciò a farle l’autografo, e sussurrò qualcosa ad Arthur Backman, secondo chitarrista, di fianco a lui, anche questo impegnato nelle firme. «Chi ha avuto la bella idea di farci tenere una sessione di autografi proprio oggi? Io sono stremato!»

«Non chiederlo a me» rispose il chitarrista, allo stesso modo assonnato «io ho solo accettato senza discutere, come sempre. È il prezzo del successo, Dave.»

«Non pensavo di non essermi ancora abituato al prezzo del successo.»

Restituì anche quest’autografo. La sua mano doleva ormai, e sempre negli stessi punti. Si sentiva come se avesse appena finito di scrivere un romanzo di un migliaio di pagine a mano. Sfortunatamente, era ancora ben lungi dal termine di quella sevizia. Fu lì che desiderò per un momento essere ambidestro, per poter alternare le due mani. Poi però avrebbe avuto ben due mani dolenti, e non solo una. «Chissà come faccio domani a suonare la chitarra, con la mano in queste condizioni» continuò, facendo attenzione che nessuno all’infuori di Arthur udisse la conversazione.

«Tanto domani non siamo in studio di registrazione, non ricordi?»

David s’illuminò di una gioia improvvisa. «Già, per fortuna, perché non ce la faccio davvero più.»

Arthur, continuando a firmare autografi uno dietro l’altro, fissò per qualche secondo il suo compagno. Tra tutti era sicuramente il più sfinito. Non ci voleva, non poteva succedergli tutto così, in un colpo solo. Si chiese se fosse il caso di fargli quella domanda che lui e gli altri avrebbero voluto rivolgergli ormai da giorni, ma erano stati zitti per timore di peggiorare la situazione. Tuttavia, sebbene non fosse quello il momento più adatto, la fece lo stesso: «Io e i ragazzi ci chiedevamo…» abbassò ulteriormente il tono – non era di certo quello il momento per una fuga di notizie. Rimase un’altra frazione di secondo in silenzio. «Be’… sai, con il fatto di Annabelle…»

«Sto benissimo, grazie» rispose David, senza guardarlo negli occhi, fingendosi impegnato con gli autografi.

Mentiva. Si vedeva. Non stava affatto bene. La sua morale gli diceva di non cercare più in alcun modo e per nessuna ragione di ricontattare Annabelle, e a sua volta di non rispondere ai suoi tentativi di comunicare con lui, eppure era solo questo a frenarlo. Se avesse dovuto ascoltare i propri sentimenti, si sarebbe già rimesso insieme a lei.

La loro storia era durata parecchi mesi, cominciata subito dopo che lui si era lasciato con la sua ex. Lei era una persona stupenda. O almeno così gli sembrava. Avrebbe voluto stare con Annabelle fino alla fine dei suoi giorni, se non fosse stato per quel fatto, che pensò sarebbe stato meglio non aver scoperto. Pochi giorni prima l’aveva vista casualmente in giro a sbaciucchiarsi con un altro, convinta che lui fosse ancora in studio. Ma quella sera era uscito prima.

Quando le aveva parlato, lei aveva cercato in tutti i modi di giustificarsi. La goccia che aveva fatto traboccare il vaso era stata quando lui le aveva chiesto chi fosse questo tizio. Lei aveva risposto che lo conosceva da un paio di giorni.

David non riusciva a credere che lei avesse potuto tradire la sua fiducia con così tanta facilità. Non poteva sopportarlo. Chissà quante altre volte lo aveva fatto, e lei, da astutissima attrice, gli aveva fatto credere tutto ciò che voleva. L’aveva manovrato come una marionetta. Non poteva perdonarla. Però una parte di lui voleva.

Pensandoci, non si rese nemmeno conto che erano già passati dieci minuti. Fortunatamente la fila di gente cominciava a diminuire. Scosse violentemente la testa in modo da non rimuginare più su Annabelle Jenner.

«Dai, su col morale» sentì la voce di Arthur provenire dalla sua destra «domani sera facciamo baldoria, stiamo fuori fino alle cinque del mattino e poi dormiamo fino a pomeriggio inoltrato.»

David sorrise a quella proposta, poi però ricordò. «Fino alle cinque del mattino mi sembra un po’ esagerato. Sabato non posso permettermi di alzarmi tardi.»

«Come mai? Hai qualcosa in programma per sabato mattina?»

«Esatto.»

«Qualcosa che dovremmo sapere?»

Si stava riferendo ad Annabelle, ne era sicuro. «No, nulla in particolare.»

«Magari cerca di dimenticarla, che ne dici?»

«Dico che io l’ho già dimenticata.»

«Non mi sembra…» Arthur fece una pausa per firmare l’autografo a una ragazza particolarmente carina, rivolgendole un sorriso aperto. Arthur, il solito. «O almeno, non in modo definitivo. Ti do un consiglio, molto banale ma efficace: cerca di conoscere altre ragazze.»

Ora che dopo tanto tempo era di nuovo single, l’idea di approfondire la conoscenza con altre ragazze a Dave sembrava strana. Aveva perso l’abitudine dopo Annabelle e la ragazza che era venuta prima di lei – quella che subito prima di mettersi con Belle l’aveva mollato senza alcun preavviso. «Dovrei?»

«Altroché! Quand’è la prima occasione?»

David si fermò. Chiacchierando, non si era accorto che il dolore alla mano destra si era intensificato. Osservò la fila di persone per ricontrollarne la lunghezza. Storse le labbra. Non è che ne abbia molta voglia, pensò. «E che ne so, io» concluse.

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Venerdì 8 aprile 2011

Violet Ross era appena entrata nel parcheggio della scuola quando avvertì la presenza di qualcuno dietro di sé. Fece appena in tempo a provare un brivido che si girò vedendo una ragazza minuta, dall’aria indifesa, capelli ricci color nocciola proprio come gli occhi, un sorriso splendido e largo, con la dentatura bianca e perfetta. Giocherellava nervosamente con le mani davanti al petto, impaziente di poter parlare.

Violet non fece in tempo a farle cenno di chiederle cosa volesse dirle, che lei partì liberamente con la sua tipica vocina acuta ed entusiasta: «Li ho trovati!» disse in tono allegro e cantilenante.

L’altra aggrottò un sopracciglio, seguendo con lo sguardo la sua mano che s’intrufolava nella tasca dei jeans estraendo due foglietti di carta. La riccia glieli sventolò davanti, e Violet provò una sensazione simile a un’esplosione di emozioni dentro di lei. Sbarrò gli occhi in maniera del tutto spontanea. «Come hai fatto?»

«In poche parole, è stato quasi impossibile. Ho dovuto contrattare con un tizio su Internet trovato per caso che alla fine me li ha ceduti a metà prezzo. Non sono in prima fila ma è già tanto che li abbiamo trovati. E poi si dovrebbe vedere bene comunque. Quel tizio voleva portarci la sua ragazza ma lei lo ha lasciato prima che potesse dirglielo.»

A Violet sembrava troppo bello per essere vero. Allungò la mano destra per toccarli, come se non fosse del tutto sicura che questi fossero veramente davanti a lei. Ne prese uno, sfilandolo dalle sottili dita della ragazza e contemplandolo, girandolo dai diversi lati.

Un biglietto per il concerto dei Bright04, proprio lì in piena città. Programmato per un mese e mezzo più tardi.

Assunse un sorriso di soddisfazione, alzò ancora lo sguardo verso la sua interlocutrice e le diede il cinque. Poi entrambe misero a posto il proprio biglietto. «Più tardi ti do i soldi.»

Un cellulare squillò. Violet si rese conto che era il proprio, perché ancora non aveva disattivato la suoneria. Era un sms.

«Ancora lui?» le chiese la riccia con aria di rassegnazione.

«Christina, io non posso farci niente, è lui che è deficiente.»

«Non puoi solamente ignorarlo?»

Violet rimise a posto il telefonino, attivando l’opzione silenzioso, dopo aver letto con noncuranza il messaggio. «Cosa credi che stia facendo, ormai da… mesi? E mesi. È sempre stato una testa calda.»

«E cambiare numero di telefono no?»

Guardò Christina quasi divertita. «Ma lo sai che certe volte mi sembri proprio un fidanzato geloso? Sì, ecco che cosa sei, un fidanzato geloso.»

Detto questo, le due entrarono affiancate nell’edificio scolastico.

Proprio qualche mese prima, era Violet la nuova arrivata in quella scuola, e tutte le volte che camminava lì dentro con sicurezza, si ricordava di quando era goffa e ingenua i primi giorni all’interno di quelle mura.

Non si era sentita per nulla a suo agio a camminare per la prima volta in quei corridoi. Una parte di lei era convinta che da un momento all’altro sarebbe potuto spuntare il suo ex da dietro l’angolo a peggiorare la situazione ulteriormente. Poi aveva deciso che era assurdo, e si era rammentata il motivo per cui se n’era andata da quel posto che oramai non avrebbe mai più chiamato casa e dalla sua vecchia scuola. Il momento in cui aveva varcato la soglia dell’aula della sua prima lezione era stato di certo uno dei più lunghi della sua vita, e anche uno dei più drammatici; si sentiva ansiosa e impaurita. Cos’avrebbe trovato, in quella stanza dove tutti quegli studenti mai visti prima adesso la stavano guardando con diffidenza? Si sentivano come se il loro equilibrio fosse stato spezzato, come se qualcuno avesse invaso il loro territorio.

Poi ricordava il momento in cui una ragazza dai capelli lisci come la seta di uno splendente colore biondiccio le aveva fatto lo sgambetto mentre stava andando a sedersi in un banco vuoto che era stato messo a disposizione per lei. Aveva fatto un tonfo per terra che non si sarebbe mai più dimenticata – c’era mancato poco che si spaccasse il naso, ma forse era proprio quello che la ragazza desiderava. Dopo i primi venti secondi aveva trovato un nuovo nome da annotare sulla sua lista nera: Ashley Stark. Fisico perfetto, stile alla moda, e non esagerava neanche con il trucco.

La ragazza stava sghignazzando tra sé e sé, appena udibile in mezzo alle fragorose risate degli altri compagni, quando un’altra figura aveva aiutato Violet ad alzarsi: è così che aveva conosciuto Christina Bulter. Aveva un perenne sorriso stampato in faccia e i capelli ricci che le danzavano sulle spalle mentre camminava. Era l’allegria fatta persona. Da quel giorno non se ne era più staccata, un po’ perché era la prima persona che le aveva dimostrato solidarietà lì dentro, un po’ perché anche lei a sua volta ci teneva alla sua compagnia. Da lì pian piano era cominciata la sua vita scolastica che era destinata a divenire sempre più normale, e dopo poco instaurò una routine. Si stava ricostruendo, mattone per mattone, una vita sociale, dopo tanto tempo. Tutto era di nuovo normale, e sembrava destinato a rimanere così.

Un giorno Christina le aveva detto: «Allora ti trovi davvero bene qui. Sei brava a socializzare, invece a me dicono sempre che sono troppo chiacchierona. Pensi che sia davvero così logorroica?»

Forse solo un pochino aveva pensato Violet con un sorriso, e poi aveva scosso la testa, e Christina aveva fatto un sospiro di sollievo.

«Come mai ti sei dovuta trasferire?»

Violet aveva esitato a quel punto. Poi però non era riuscita a trovare niente di meglio da dire se non la pura verità: «Più che altro è stata una mia scelta. Mio padre aveva una cospicua offerta di lavoro qui ma era incerto se accettarla. Alla fine l’ho convinto.»

«Una tua scelta?»

«Non… andavo d’amore e d’accordo con gli altri, ultimamente. Ed era un periodo abbastanza stressante.» Aveva evitato di proposito di raccontare di quel miserabile sgorbio che si era intromesso nella sua vita, e ancora non sapeva di preciso quando l’avrebbe fatto. Era sua amica, un giorno avrebbe dovuto raccontarglielo. Fortunatamente Christina non aveva mai insistito perché lo facesse.

«Be’, c’è un lato molto positivo in tutto questo.»

«E cioè?»

«Ho sentito che David Kincy dei Bright04 avrebbe una casa da queste parti. Non sarebbe meraviglioso scoprire dov’è situata?»

«Sempre che ci sia davvero e non sia solo una voce inventata. Non mi sorprenderebbe.»

«Uffa, permettiti anche tu di fantasticare, una volta ogni tanto. Male non fa.»

Violet sorrise e si convinse che i tempi erano cambiati, e poteva anche concedersi di stare tranquilla e fantasticare qualche volta in più. «E allora sentiamo, cosa faresti se lo scoprissi?»

«Mmm» rispose poco convinta «non so se però avrei il coraggio di andare a suonargli il campanello!»

«Ma allora spiegami che senso ha!» le due cominciarono a ridere. A Violet sarebbe piaciuto in contrare David, il membro più giovane dei Bright04 – diciannove anni compiuti da poco – ma al momento aveva altri pensieri per la testa. Il primo di tutti era che doveva scordare fino al più piccolo particolare la sua vita passata, perché ora era tutto cambiato.

Da un po’ di tempo la fortuna aveva cominciato a bussare alla sua porta.

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Violet stava riponendo un libro pesante nell’armadietto, sbuffando. Non vedeva l’ora di tornare a casa e starsene in panciolle tutto il giorno, tanto era arrivato il fine settimana. Però le mancava ancora una lezione di matematica, e la cosa la infastidiva non poco. Christina le arrivò alle spalle come suo solito, con una rivista di gossip aperta tra le mani e chiedendole se aveva messo il biglietto in un posto più sicuro della sua tasca dei jeans.

«Ma smettila» le rispose Violet «credi che non sappia tenere al sicuro un biglietto?»

Stava per richiudere l’armadietto quando diede ancora un’occhiata all’interno, soffermandosi. Lo analizzò come se fosse la prima volta che lo vedeva: era tutto tempestato di foto, esclusivamente di persone famose, e la maggior parte di queste immagini raffigurava i Bright04 al completo, o il cantante per conto suo, in un primo piano o in posa. Qualunque foto del ragazzo guardasse, Violet non riusciva a non rimanerne affascinata. David Kincy era semplicemente stupendo, anche se né lei né nessuna delle sue fan sarebbe mai potuta arrivare a lui. Era il prototipo del ragazzo perfetto: lineamenti dolci, quasi infantili, occhi celesti e limpidi come il mare all’alba, folti capelli corvini, fisico da modello, sorriso smagliante; insomma, in poche parole la descrizione che qualsiasi ragazza farebbe a proposito di come vorrebbe che fosse “quello giusto” esteticamente. Ridacchiò immaginandosi all’altare insieme a lui, vestita di bianco e con uno strascico lungo dei metri, poi scacciò il pensiero e tornò al mondo reale.

«E quindi facciamo domani pomeriggio, d’accordo?»

Christina aveva appena finito uno dei suoi interminabili discorsi che Violet non aveva minimamente ascoltato, quindi quest’ultima la guardò piuttosto spaesata. «Che hai detto, scusa?»

«Non dirmi che devo ripeterti tutto.» Christina sbuffò, poi fu come se avesse rimesso indietro il nastro e l’avesse fatto ripartire. «Dicevo, per la ricerca che abbiamo da fare per la prossima settimana, non è che mi potresti dare una mano? In cambio prometto di aiutarti in matematica! Oggi sono impegnata, devo studiare storia… però domani pomeriggio sono in casa tutto il giorno! Per favooore!»

Violet stava per dare la sua conferma, ma si frenò a un certo punto ricordandosi di una cosa importante che doveva fare lei l’indomani. «Oh, mi dispiace, però domani abbiamo ospiti a pranzo e i miei vogliono che io rimanga a casa. Però posso sempre venire più tardi.»

«Ah d’accordo. Di chi si tratta se posso chiedertelo?»

«Mah» disse lei con un’alzata di spalle, «mio padre ha scoperto che un suo vecchio amico del liceo abita ancora qui e l’ha invitato insieme a tutta la sua famiglia. So solo che hanno un figlio grande, niente di più.»

Christina assunse un’espressione di maliziosa complicità, e le scoccò un’occhiata che non lasciava spazio a dubbi. «Aaah hanno un figlio grande.»

«Sì, Christina, hanno un figlio grande» cercò di smorzare il suo futile entusiasmo. Non sapeva se Christina era il tipo da correre dietro a ogni ragazzo carino che passa, ma lei non lo era. Almeno, non più.

Christina Bulter abbassò gli occhi sulla rivista che stava leggendo, con le pagine decorate da tante foto di personaggi famosi. Gli articoli erano scritti con un carattere piccolo e colorato. «Comunque, per cambiare discorso, pare che David Kincy si sia lasciato con la sua ragazza con cui stava da parecchi mesi, ma pare anche che la notizia sia arrivata un paio di settimane in ritardo. Significa che David ha potuto rimanere in pace per due settimane senza che nessuna ragazza gli rompesse le scatole. Sembra anche che la sua ex, una certa Annabelle Jenner, stia facendo l’impossibile pur di tornare con lui.»

Violet fece un’alzata di spalle. «Quindi?»

«Ma come, pensavo che t’interessasse.»

«Dovrebbe importarmi se sta o non sta con qualcuna? Tanto quante speranze ho di vederlo o conoscerlo, nella mia vita? I suoi affari privati m’interessano il giusto.»

«Va be’… però è stato lui a lasciarla. Che sia un segno di qualcosa? C’è scritto anche che il motivo era che erano incompatibili, che si era reso conto che entrambi erano in cerca di qualcosa di diverso.»

«Balle.»

«Perché balle?»

«Perché è quello che dicono tutti. Non può essere sempre la medesima storia, Christina. Prima o poi i lettori finiranno per annoiarsi di tutte queste storielle sentite e risentite da bocche diverse.»

«Quindi cosa pensi che sia successo, in realtà?»

Violet parve rifletterci un attimo, poi però sospirò. «Lo ignoro.»

Christina si rassegnò, vedendo la sua argomentazione andare in fumo. «Era una semplice curiosità, però ora che ci penso, le probabilità che tu veda David Kincy ci sono, e sono molto alte.»

«Ah sì?»

Christina indicò la tasca dove aveva messo il biglietto, e a quel punto riuscì a strappare all’amica un sorriso di entusiasmo, che le invadeva la testa a spruzzi, come quando si salta sopra una pozzanghera, tutte le volte che ci pensava.

Violet vide una massa di studenti dirigersi in direzioni diverse, tra cui anche la faccia molto familiare di Ashley Stark e di altri conoscenti, rendendosi conto che non mancava molto all’inizio della lezione. Poi guardò l’orologio sul muro, con la lancetta rossa dei secondi che si spostava incessantemente. «Credo sia ora ormai.»

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Sabato 9 aprile 2011

Il mattino dopo le prime parole che Violet udì furono: «Insomma, Violet, ti vuoi alzare sì o no? Gli ospiti arriveranno a momenti, devo tirarti giù dal letto?»

La ragazza aprì gli occhi di scatto, capendo che aveva dormito troppo. Guardò la sveglia e sussultò. Sua madre l’aveva chiamata infinite volte ma lei non aveva sentito, e gli ospiti sarebbero arrivati tra poco, mentre lei era ancora infilata sotto le coperte.

Accidenti!

Si buttò giù dal letto, inciampando nel lenzuolo e imprecando, successivamente corse in bagno facendo una doccia veloce. Non aveva il tempo di rilassarsi sotto l’acqua calda come faceva di solito.

Perché proprio oggi? Non è mai successo che non riuscissi ad alzarmi. Mamma sarà furiosa.

Violet uscì dalla doccia asciugandosi velocemente i capelli con il fon, e intanto cercò di ricordare cos’avesse sognato quella notte, ma senza successo. Si fermò solo per vestirsi in fretta, ma i capelli erano ancora mezzi bagnati, e sentiva ancora qualche goccia che sgorgava dalle punte per poi scorrerle giù per la schiena.

Il campanello suonò dal piano di sotto.

Violet ringhiò tra sé e sé.

Ok, ok, ci sono.

Terminò di asciugarsi velocemente mentre sua madre la chiamava insistentemente, e fece appena in tempo per scrutare la confezione del suo profumo preferito su una mensola: la boccetta era di vetro rosa e a forma sferica, avvolta da un fiocchetto bianco di raso che le conferiva un’aria più graziosa. La fragranza era ai fiori, ma Violet era riuscita a individuarvi sicuramente anche una punta di limone, grazie al suo olfatto fino. Si spruzzò con rapidità un goccio di quel profumo, rimise la boccetta nella stessa posizione dove l’aveva trovata e corse giù dalle scale facendo due gradini per volta, cominciando a sentire il gradevole odore sul proprio corpo. Poi rallentò, e cominciò a udire alcune voci non familiari. Rimase lì con le orecchie tese per qualche secondo, prima di svoltare l’angolo e farsi vedere. Sua madre si era appena voltata e la stava guardando con aria di rimprovero. «Alla buon’ora» disse, tramutando poi il broncio in un sorriso quando si girò di nuovo.

Violet si trattenne dal fare una smorfia, e squadrò le tre persone dalle quali provenivano le voci sconosciute. Un uomo e una donna di mezza età, entrambi con i capelli scuri, i visi che ricordavano a Violet qualcosa, anzi qualcuno. Sollevò un sopracciglio, vedendo una terza figura girata di spalle. Per una frazione di secondo che a lei sembrò un’eternità, studiò la persona che le dava di schiena come se in quel momento non dovesse essere lì, come se… nemmeno lei riusciva a spiegarselo. Non appena salutò, anche questa terza persona si girò, puntando gli occhi dritti nei suoi, penetrandoli.

Per un momento, Violet pensò di avere un’allucinazione. Poi rimase immobile come una statua e sentì le gambe cederle, e sarebbe caduta se non si fosse retta alla parete, ma cercò di non farlo notare. Rimase a occhi sbarrati, non avrebbe saputo dire per quanto.

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Jade's place:

Mi raccomando, leggetele le note in alto a destra a inizio paragrafo, quelle che indicano la data, altrimenti c'è caso che ci si possa confondere. Non farò molti altri sbalzi di tempo... però è sempre meglio leggerle =)

Non ho molti commenti da fare... tutto è già nel testo, a mio parere. Chi ha appena visto Violet? E cosa le succederà?

Abbiamo visto nello scorso capitolo Annabelle che confessava i suoi "sentimenti" per David... mentre adesso, a distanza di mesi, si sono lasciati. Che cos'è successo in tutto questo lasso di tempo? Uno dei fini della storia è scoprirlo, oltre allo scopo principale che capirete prossimamente :P

Jade vi raccomanda di andare anche a leggere l'altra sua fanfiction, Superbia e Presunzione, che parla di Nicole Hicks, una ragazza cattiva cattiva e mooooolto buffa :P

Altre fic che vi consiglio caldamente sono quelle di mistress_chocolate, che è agli esordi con The Edge Of Love, che racconta di due ragazzi... be'... dal carattere un po' "difficile" che si scopriranno a vicenda...

In più, ultima ma non ultima, The Goldenfish's Destiny di ThePoisonofPrimula, dove verrete deliziati da un'otaku dai capelli azzurri scaraventata in un collegio piuttosto bizzarro! E, sempre sua, anche True Love Is Like A Ghost, sempre tratta dalla prima.

Vi saluto, il prossimo capitolo mi ha coinvolta molto... nel senso che quando l'ho scritto mi emozionavo parecchio xD (okay... o___o be' non pregiudicatemi perché vengo coinvolta in quello che scrivo xD)

Jade

PS: qualunque riferimento a fatti o persone reali è puramente casuale (lo dico perché potrebbero esistere decine di Violet Ross o David Kincy a questo mondo...)
PPS: ogni tanto cambierò banner a inizio capitolo, mettendo un personaggio diverso a seconda della voglia che ho o a seconda dell'importanza dello stesso :P

   
 
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