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Autore: picci 1989    31/10/2011    1 recensioni
"E' ancora vittima dei suoi sogni"
"E' un fatto raro,ma si,temo che sia ancora vittima dei suoi sogni"
(EPILOGO)
Una storia inusuale, uno scambio di ruoli, uno scambio di vite e di scelte, perchè alle volte gli innocenti una scelta non la possono avere...devono vivere..a dispetto di tutto!
Genere: Dark, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaise Zabini, Ginny Weasley, Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione
Note: Lemon, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Contesto generale/vago
Capitoli:
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C21(BG)

La strana intimità di quelle due rotaie.

La certezza di non incontrarsi mai.

L’ostinazione con cui continuano a corrersi di fianco.

( Alessandro Baricco)

 

Capitolo Ventuno: “ Nugae

 

Vorrei poter dire che dopo quel giorno venne la fine.

Una di quelle fini belle con il velo da sposa di Ginevra e i sorrisi sereni di coloro che erano scampati alla guerra o le risate isteriche di uno scampato al pericolo.

Non sto parlando di una fine qualsiasi, no, stiamo parlando di un lieto fine; come tutti vorremmo; dopo la guerra, la fine di tutte le sofferenza… ma non fu così.

Se la guerra è bruciore, il dopoguerra è follia lenta che si tramuta in disperazione. Sono cani che si contendono a morsi un cadavere in decomposizione.

Sono ossa che vengono spezzate per essere ricomposte nuovamente da un macellaio che qualcuno continua a chiamare chirurgo.

Sono bambini che giocano fra le rovine di case bruciate o distrutte.

Sono famiglie che attendono dispersi, il pianto degli orfani che non attendono più.

Terre distrutte dalla siccità dove non cresce erba e il contadino non coglie i frutti che troppo maturi si schiantano in terra con il rumore fosco dei corvi che straziano i corpi.

Il Dopoguerra sono nemici che si odiano e continuano a distruggersi in modo differente. Perché se la guerra è odio, il dopoguerra è distruzione.

E poi dopo il dopoguerra arriva la vita.

Ma se i guerrieri muoiono in guerra ci sarà un motivo no?

 

BENIJAMIN

 

Non sono mai stato un gran chiacchierone, non ho mai considerato necessario dover parlare tanto, perché è difficile parlar tanto senza finire per parlare troppo.

Eppure ora mi ritrovavo a dover spiegare tante cose che io stesso non avevo capito, ero sempre stato servo dei Malfoy da quando la mia colpa mi aveva condotto da Lucius. No, non provavo vergogna per quello che avevo fatto. Una vita per una vita è sempre uno scambio equo. Il signor Lucius in questo era stato molto astuto.

Benijamin puoi scegliere da te, continuare a fuggire ai tuoi strozzini e finire sgozzato da qualche parte oppure puoi vendermi la tua vita”

“Vendere la mia vita?”

“Tu hai un debito con me di ventiduemila galeoni, un debito simile non potrai saldarlo neppure se lavori una vita intera” avevo fissato ancora una volta quell’uomo senza capire il significato del suo compromesso.

Ma allora come…”

“Credo che due vite possano bastare però”

“Vuoi che io divenga il tuo servetto?”

“Non solo, di servi ne ho a decine, mi serve la tua vita” aveva ripetuto ancora.

“La mia vita non è in vendita” lui aveva riso di gusto continuando a fissarmi intensamente. Tirai ancora la giacchetta che mi andava corta di maniche e soffia su con il naso.

“Sei il figlio di un commerciante Benjamin dovresti sapere che tutto e tutti sono in vendita, l’importante e dar loro un prezzo” sobbalzai ancora al ricordo del negozio di mio padre che il cattivo Lucius mi aveva ricordato. Il negozio lo avevo venduto otto mesi prima, ma non ero riuscito a saldare per intero il mio debito.

“Tutto ha un prezzo…” mi arresi  balbettando, Lucius approvò sorridendo e poi aveva continuato.

“Il tuo prezzo è ventiduemila galeoni, ma dovrai vendermi la tua vita per intero” avevo annuito e da lì era cominciata la mia plurivita* a casa Malfoy.

Lucius pochi mesi dopo conobbe la dolce Narcisa, lo vidi cambiare davanti ai miei occhi, quella mente così fredda e razionale totalmente annichilita e asservita a quella giovinetta dai fluenti capelli biondi che era sua moglie. L’amore che c’era fra quei due era talmente intenso che trascendeva la mia concezione. Una volta chiedendo il perché a Lucius lui mi aveva risposto.

“Tu, Joe, non potresti mai comprendere, nella tua vita hai amato solo il gioco e quello non ti ha mai ricambiato”

“Io non ho mai amato il gioco quanto Lei ama sua moglie” avevo ribadito, lui aveva sorriso nuovamente e aveva detto.

“Io darei la mia vita per mia moglie e è la stessa cosa che hai fatto tu per il gioco. Hai dato la tua vita per lui ma dato che non ti ha mai ricambiato sei finito a lavorare per me”

Era stata l’ultima volta che aveva parlato di amore con il signor Malfoy.

La signora Narcisa invece era una donna molto differente. Lei amava il bello e circondarsi di questo e più di ogni altra cosa amava Lucius ed era ricambiata allo stesso modo. Sapevo quando Lucius le aveva comprato qualcosa di nuovo perché i suoi occhi si illuminavano come quelli di una bambina e prendeva a ridere.

Con Lei spesso mi intrattenevo a parlare d’amore. Lei non credeva che potesse esserci qualcuno che al mondo non poteva essere felice perché toccato dall’amore. Io le raccontai che l’unico amore della mia vita era stato il gioco, ma lei mi rispose che era una sciocchezza. Mi sembrò inutile insistere nel diniego, la Signora Malfoy quando decideva una cosa non c’era nessuno che la potesse convincere del contrario.

Fu Lei a insegnarmi la sottile arte dell’ascoltare senza intervenire troppo spesso, a lei non piaceva essere interrotta ed ebbe a dire più di una volta che la maggior parte delle interruzioni  non avevano davvero una grande importanza o utilità quindi che le facevo a fare? Amava leggere poesie la signora Malfoy e io mio malgrado mi ritrovai davvero accorato ad ascoltare quei sentimenti che sporgevano da ogni frase.

Joe, perché mio marito ti chiama così, pensavo che il tuo nome fosse Benijamin” mi guardò intensamente e compresi che quel giorno Narcisa Malfoy avrebbe desiderato essere risposta e lo feci.

Joe è il nome che mi ha dato il Signor Malfoy quando ho venduto la mia vita a lui” ella sgranò gli occhi e mi afferrò di riflesso la mano.

Come è possibile che tu, un mago, possa essere divenuto uno schiavo, alla stregua di un elfo domestico” sospirai lasciando che la mia mano si allontanasse dalla Signora Malfoy.

“Signora Malfoy, nella mia vita ho amato una sola cosa, il gioco, quest’ultimo però è un’amante davvero volubile così mi sono ritrovato indebitato e senza vostro marito mi sarei ritrovato perso, per sempre” la donna aveva stretto nuovamente la mia mano e con una dolcezza che pensavo fosse estranea a tutte le persone del suo rango me la carezzò leggermente.

“Oh Benijamin tu dovresti smetterla con queste sciocchezze. Non sono le cose di cui ci innamoriamo che cambiano la nostra vita, sono le persone” la fissai sorpreso e anche imbarazzato, la mia mano fra le sue e un rossore mai provato sulle guance, quando i nostri sguardi si incrociarono capì e lasciai andare nuovamente la mia mano.

Singora Malfoy sarò sempre il vostro più umile servo” ella non rispose intenta com’era a lanciare sguardi circospetti verso la sua mano e poi ancora verso di se.

Anche quella fu una delle ultime discussioni che feci con la Signora Malfoy perché due giorni dopo fui inviato alla casa nobiliare di Robert Granger e ne divenni il suo scrivano personale. Tutti i suoi documenti, passavano fra le mie mani. I più importanti arrivavano sulla sua scrivania gli altri venivano bruciati o gli veniva risposto con un diniego netto.

Robert Granger era una persona arida di qualsivoglia sentimento, anche la sua moglie purosangue lo lasciava del tutto insensibile. Li ricordo nello studio. Lei davanti alla scrivania e lui dietro a quella che progettavano l’eventualità di far figli.

“Mi occorre un erede, oramai sei troppo al di là negli anni mi algida sposa per pretendere un erede maschio ma mi occorre ugualmente un erede” ella aveva annuito, come se  stessero parlando dell’ultimo vaso da acquistare, perché la signora aveva una vera  e propria fissazione per quei maledetti oggetti.

L’unica donna che portava il Signor Robert a provare qualche sentimento fu Nicolae Vane, la governante babbana.

Un giorno finì di scrivere la corrispondenza una mezz’ora prima del solito e stavo per entrare nello studio occupato dal signore quando mi resi conto che non era solo, la governante era in quella stanza e ripuliva lentamente i libri alle spalle del Signor Granger, era molto silenziosa e i bordi della veste non sfioravano nemmeno la sedia del signore ma ugualmente egli era in tensione. Lo si poteva percepire dalla linea rigida delle spalle.

“Smettila” aveva sbottato all’improvviso, il Signor Robert.

Lei non aveva replicato nulla, aveva bloccato il braccio, si era voltata verso di lui e si era inchinata leggermente poi si era allontanata da quella scrivania.

Velocemente ero entrato nella stanza rendendomi conto che sarei risultato in ritardo se avessi continuato la mia azione di spionaggio.

Alcuni mesi dopo in quello stesso studio potei vedere una scena singolare.

La Signora Granger sostava nuovamente di fronte alla scrivania del marito.

“Credo che le tue visite stiano divenendo troppo frequenti”

“Tre mesi fa mi avete detto che volete un erede, ma lasciate le prime due settimane non mi avete fatto più visita. Devo intendere che non vi interessa più” aveva l’aria piccata la nobildonna e lo stesso Robert se ne rese conto perché replicò.

“Moglie vi ho mai dato modo di dubitare della mia fedeltà?” ella dissentì con forza

“Questa non è una scenata di gelosia, non ne sono mai stata avvezza, è solo praticità. Dovervi attendere per alcune ore mi spossa” il Signor Robert aveva annuito.

“Verrò da voi ogni lunedì e ogni venerdì” rispose secco, elle strinse le labbra ma non replicò e uscì dalla stanza.

Poche ora dopo entrò la governante e prese nuovamente a spolverare la biblioteca alle sue spalle, questa volta il Signor Robert non sembrava più infastidito anche se il nervosismo era rimasto.

“Smettila Nicolae” disse infine alzandosi dal suo scanno, sembrava stanco per qualcosa “Si signore” rispose ella e lui la inchiodò fra la libreria e lo scanno in modo tale che la governante non potesse uscire.

Nicolae che cos’è quel Si Signore ? Siamo soli” ella aveva abbassato lo sguardo, improvvisamente meno spavalda.

“Questo non cambia che voi rimaniate il mio padrone e non posso ne guardarvi ne parlare con voi” aveva replicato ancora, cocciutamente incatenata con lo sguardo al pavimento in marmo.

“Deve essere per forza così?” non potevo pensare che quella voce dolce provenisse davvero dal Signor Robert Granger.

“Si, deve esserlo per forza così come voi domani giacerete nuovamente con quella donna” aveva alzato lo sguardo Nicolae e vi avevo colto stille di pianto.

“E’ mio dovere coniugale partorire un erede con la mia sposa” aveva risposto rigido a quello sfogo così femminile ma quegli occhi lo avevano visto capitolare pochi secondi dopo. Con mia somma sorprese il Signor Granger aveva stretto fra le braccia quella creaturina.

Nicolae, mio Dio, cosa mi è successo” aveva sussultato come se invece di abbracciarla le avesse dato un pugno in pieno ventre.

“Oh Robert” aveva detto solo, poi erano rimasti avvinti e io avevo preferito non vedere cosa continuassero a dirsi o a farsi.

Avevo la macabra sensazione che tutto avrebbe avuto un tragico epilogo.

Non avrei mai immaginato che l’epilogo sarebbe stato così tragico, è proprio vero che quando l’amore non riesce a cambiare le persone tende a cambiare le situazioni e a cambiarle in peggio.

 

DRACO

 

Il Salvatore del Mondo Magico, il famoso Draco Lucius Malfoy, purosangue e migliore amico di Harry Potter e Ronald Bilius Weasley, grandi nomi anch’essi, aveva trovato rimedio alla sua popolarità rifugiandosi in un appartamento anonimo della Londra ibrida, nel mezzo esatto di Londra, fra babbani e maghi.

Aveva rinunciato al castello grottesco della sua famiglia ma non aveva rinunciato ai suoi soldi che ora spendeva di malavoglia come un rampollo annoiato qual’era.

Dicono che le persona hanno bisogno di un sogno per poter sopravvivere, non importa se questo sogno sia puro o nero ed infausto.

Il sogno di Draco era di poter ottenere la sua vendetta, ora l’aveva ottenuta ma se ne chiedeva il perché. Cosa aveva aggiunto la vendetta che rendeva la sua vita così satura e allo stesso tempo repellente a suo dire.

Repellente, come scoprire che il Bagno dei Prefetti era esploso pochi minuti dopo, era stato inutile ritornare sui suoi passi, cercare di sollevare massi, spegnere l’incendio, non aveva trovato Hermione e non aveva trovato Blaise, l’esplosione se li era mangiati entrambi.

Avvinti nella morte come non lo erano mai stati nella vita.

Questo è il commento migliore che aveva raccolto dai detriti di quel mondo oramai morto. Il mondo dei Purosangue. Il suo nuovo mondo e insieme un mondo che non gli apparteneva. Lui non poteva arrivare a odiare tanto una persona che non possedeva il suo stesso sangue. Non poteva credere che nelle vene scorresse sangue differente. Lui non era quel tipo d’uomo, non era Blaise.

“Eppure siete stato voi a consegnare la Signorina Granger a quel individuo” non approvava Joe, non  approvava quello che era stato costretto a fare e non approvava che ora la giovane fosse morta.

Non si stupiva più di quella singolare intrusione nella sua mente ad opera di quell’insulso riflesso, perché Joe, dopo aver esaurito la sua verità, aveva abbandonato la sua umanità ed era tornato solo un riflesso dello specchio.

“Non accetto consigli da te” non era vero, continuavo ad accettare suoi consigli, era l’unico che me ne deva ed era l’unico con cui parlavo oramai da almeno sei mesi.

“Dovrebbe trovarsi un’occupazione” rispose ancora Joe, dalla specchio velato.

“Sono troppo ricco per averne voglia”

“Un lavoro non serve solo a raccogliere soldi” lo occhieggiai divertito, il suo sorrisetto ironico era sparito. Quello si che mi metteva i brividi.

E a cos’altro potrebbe servire?”

“I soldi non dureranno per sempre” non aveva risposto, non lo faceva mai, un giorno avrei gettato quello specchio dal balcone e lo avrei distrutto.

“Me li farò bastare per il tempo necessario” mi alzai dal divano, non ne avevo più voglia, infilai il giubbotto e uscì dall’appartamento.

Ero in strada.

Avevo bisogno d’aria, Joe alle volte riusciva a togliermela l’aria, a mozzarmi il fiato, ad uccidere i miei pensieri.

Dovevo sbarazzarmi di lui, dovevo sbarazzarmi dello specchio.

Ma Joe era l’unico tassello che ancora mi ricongiungeva alla mia famiglia, lui era la mia famiglia ancora in vita ma allo stesso tempo non lo era.

Non era nessuno ed insieme era tutto.

 

Dove fuggi?” mi voltai al suono della sua voce.

Ero di nuovo nel mio appartamento, le persiane tirate, una penombra innaturale, il velo sullo specchio sembrava assomigliare ad un sudario.

La sua voce, l’avevo sentita.

“Da chi fuggi” la seconda voce, il sangue mi si congelò nelle vene, quella era un’altra voce conosciuta.

Mi sentì trascinare sul divano, sprofondarci, le mani tremavano in modo incontrollato, il sudore scendeva lungo la schiena.

“Guardalo come trema, sembra una foglia” le parole era sospinte dalla brezza di un ghigno, il suo ghigno.

“Io direi un volgare ratto di cloaca” sarcasmo, fonemi gelidi.

“Dove siete?” avevo la voce incrinata dalla paura, il divano stesso contribuiva a precipitarmi in quello stato di agitazione.

“Siamo al tuo fianco, dove potremmo mai essere” era di nuovo la sua voce mi voltai a fissare oltre la spalla imbottita del divano e mi salì un urlo alle labbra.

Era lei.

Apparsa all’improvviso reale e insieme frutto di un incubo raccapricciante. Sembrava la pallida mietitrice, con il suo mantello lungo e nero e quegli occhi d’ambra che mi fissavano immensi. Quante volte avevo detto che quegli occhi erano belli, avevo sempre mentito, ora erano belli.

Inquietanti ma perfetti.

“Sei davvero tu?” i suoi occhi guizzarono sulla mia figura e un sussurro roco, come proveniente da un mondo lontano mi rispose da se, stava ridendo di me.

“Sei davvero tu” era la seconda voce ad aver imitato la mia per farmi il verso, la voce di qualcosa di raccapricciante e insieme di insensatamente crudele. Come faceva lui a continuare a stare con lei.

“Non sono più io “ rispose alla fine di quel teatrino macabro la pallida mietitrice, il mantello scivolò in un lato ed insieme il mio cuore urlò. Non sono il mio cuore anche la mia bocca lo seguì.

Il viso che nella parte alta era sempre di pallida porcellana, nella parte inferiore era scarnificato dalla pelle, dai tendini e i denti bianchi e perfetti spiccavano del tutto scoperti in quel ghigno che tutti noi biologicamente abbiamo nascosto sotto le labbra…il fuoco doveva averle prese per prime.

Erano sempre state irresistibili.

Cercai di alzarmi dal divano ma ella si sporse in avanti e mi bloccò. Le sue mani, no non stavo fissando le sue mani, fissavo le sue falangi, pallide ossa collegate da carne virulenta e sangue raggrumato. Erano su di me.

“Lasciami” piagnucolai, ero di nuovo un bambino.

“Lascialo” le sue mani mi lasciarono andare ed ella si ritirò nuovamente nelle ombre dell’appartamento. Mi aveva lasciato come aveva detto lui. Perché faceva quello che lui diceva? Perché adesso era così remissiva come…

“Avvinti nella morte come non lo siamo mai stati nella vita” decisi finalmente a voltare il capo, ed eccolo, anche lui era una terribile e virulenta visione. Un ammasso di carni scempiate, ossa schioccanti e pelle che cadeva a brandelli – che cadeva a brandelli sul mio tappeto nuovo.

Indossava un mantello anch’egli, con un cappuccio e a fodera rossa lo faceva apparire ancor più spettrale con quelle orbite vuote e quel ghigno demoniaco ma lo avevo già visto tramutarsi in mostro e rivedere il suo volto non mi scompose come era successo prima.

“Non ti incuto terrore soldatino?” in balia di due incubi che non volevano saperne di farlo sollevare dal divano, grandioso! Dove era finito quel maledetto Black quando gli serviva?

“Non hai mai fatto paura a nessuno, nemmeno da vivo”

“Ma sono i morti che fanno paura, soprattutto quelli che camminano, parlano e…uccidono” era avanzato verso di me ad ogni verbo poi sull’ultimo si era piegato fino all’altezza del mio viso, era così vicino che potevo percepire quell’odore di morte e putrefazione “BUU!” e poi rise di nuovo, latrò di nuovo, come latra una lupa dopo esser stata violentata dal maschio per essere ingravidata.

“E’ veramente coraggioso il nostro soldatino, peccato che non lo sia stato nel momento giusto” capì a cosa si riferiva e mi voltai repentinamente a fissare la mietitrice che mi restituì quel suo magnifico sguardo gelido e insieme caldo di colpa e di tradimento.

“Io ci ho provato, te lo giuro Hermione, ho provato a salvarti. Quando mi sono reso conto che il Bagno dei Prefetti era esploso mi sono precipitato su. Ho smosso pietre o spento il fuoco ma non ho trovato i corpi. Non c’eravate più.”

“Non hai cercato bene” la voce fredda di lui.

Lei non parlava, rimaneva immobile e fredda.

“Te lo giuro, Hermione, sono tornato indietro”

“Tu sei tornato indietro per salvarci?” si era nuovamente spianta verso il divano, quelle mani scheletriche si strinsero sull’imbottitura del divano.

“No, sono tornato indietro per salvarti” lei si avvicinò ancora e mi continuò a fissare con quei meravigliosi occhi.

“Ti ho amato così tanto e senza accorgermi” sentì uno sbuffo sulla sua sinistra, lui era contrariato dalla scelta delle parole della compagna “Non sapevo che cosa fossero i sentimenti prima di incontrare te, prima di amare te” ancora uno sbuffo, me la risi sotto i baffi e tornai a fissare i suoi occhi, volevo allungare una mano a sfiorarla ma provavo raccapriccio.

“Te lo giuro, sono tornato indietro per salvarti” un rumore roco, il suo sembrava davvero una risata, ma la mancanza di labbra rendeva quella risatina macabra e triste.

“Ma non ci sei riuscito,” il suo sguardo si allontanò seguendo il movimento della testa che tornava nell’ombra dell’appartamento “Non sei riuscito a salvare lui” avrei voluto dirle che non ci avrei nemmeno provato e che l’idea non si era mai affacciata alla mia mente ma continuai a tacere “E non sei riuscito a salvare nemmeno te stesso, mio piccolo amore” aveva usato ancora quel termine.

“No, Malfoy, non era una stupida la nostra piccola. Sapeva quel che voleva. Solamente voleva delle cose impossibili” le cingeva le spalle mentre ella abbassava lo sguardo precludendo i suoi sentimenti a me.

“Addio”

Aveva sussurrato proprio quello e poi avevo spalancato gli occhi.

 

GINNY

 

Mi ero sposata sette anni, ottantadue giorni e due ore dopo la mia prima cotta adolescenziale. Mi ero sposata dopo tre anni, ottantadue giorni e dieci ore dopo il mio primo bacio d’amore. Mi ero sposata un anno, ottantadue giorni e nove ore dopo la mia prima volta.

Mi ero sposata due mesi e ventidue giorni dopo la Seconda Guerra Magica, con la persona con cui avevo fatto tutte quelle cose prima: Harry James Potter.

Il mio Harry James Potter.

La  cerimonia era stata bellissima; un prato tagliato all’inglese di un verde simile agli occhi dello sposo. Una cappella semplice creata da un vecchio nido di rami, era stata mia madre ad incantarla per l’occasione. Ah la mamma! Quanto aveva pianto la mamma quando mi aveva visto con indosso il mio vestito bianco, il suo vestito bianco.

Era semplice come avevo sempre desiderato, aveva il colletto alto e una scollatura fittizia a forma di cuore coperta da un velo, si stringeva in vita e scendeva semplice fino ai piedi, dove calzavo ballerine bianche, fortunatamente comode.

Le maniche cadevano lunghe sulle mani a coprirle lasciando scorgere solo le dita, tra cui l’anulare dove avrei infilato l’anello più prezioso della mia vita: la vera.

Una vecchia leggenda magica sostiene che la vera in oro viene posta sopra quel dito perché al di sotto pulsa una piccola vena che ha un collegamento diretto con il cuore. Era un’idea così romantica che al solo pensiero sarei scoppiata a piangere di nuovo se non fosse entrata Lavanda, la fidanzata di mio fratello, a spettegolare sugli abiti delle invitate e su alcuni cappelli che mi proposi io stessa di vedere perché mi sembravano davvero eccessivi anche per le inglesi.

Attraversai di corsa lo spazio che mi separava da Harry che sorrideva ironico durante tutto il tragitto concitato e quando mi fermai dinanzi a lui arrossì come una mela matura e cercai il suo appoggio che subito mi diede.

Ero la donna più felice del mondo. Avevo sposato il mio principe azzurro.

La vita è davvero strana, io che non meritavo davvero niente dalla precitata vita avevo vinto il mio principe azzurro e invece il testimone di mio marito, Draco, che era sempre stato l’uomo più gentile e cortese al mondo, non aveva vinto nulla.

Anzi sembrava più infelice di prima.

Di prima della Granger.

Di tutte le persone che avrei mai potuto credere cadessero in depressione l’ultima era proprio Draco. No forse l’ultimo era mio fratello Ron, ma se non l’ultimo avevo sempre creduto che Draco sarebbe stato il penultimo o che comunque se la sarebbe potuta tirare con mio fratello. Perché?

Non perché era la persona più gaudiosa del mondo ma perché era sempre stato così forte, con tutti e per tutti. Adesso vederlo così fragile mi spezzava il cuore e lo spezzava anche a Harry e a Ron.

Loro, i maschi, credevano che la sua vuota esistenza era dovuta alla sua nuova identità perché si oramai lo sapevano tutti, Draco Malfoy, il timido e secchione Draco Malfoy era diventato Sir Draco Lucius Malfoy, ultimo rampollo della famiglia ultimamente ritrovata Malfoy.

In due parole? Lo scapolo d’oro di Londra.

Questo era quello che pensavano i maschi che non hanno mai capito nulla d’amore, nemmeno se lo vedono sgambettare davanti agli occhi potrebbero capire qualcosa d’amore. Ah!

Io credevo che la disperazione di Draco provenisse dai sensi di colpa per aver permesso che la Granger, già proprio lei, si suicidasse nel Bagno dei Prefetti con il suo quasi marito, Blaise Zabini.

Naturalmente il suicidio era stato il diversivo con cui la Gazzetta aveva coperto uno degli omicidi d’onore più chiacchierati del dopoguerra. Altro che suicidio romantico, tutti noi sapevano che la glaciale Regina aveva un debole per Draco ma nessuno sapeva che Draco aveva praticamente un’ossessione per lei a pari. Ossessione che poteva rivelarsi amore o solo…malattia mentale.

Era questo il motivo che mi aveva spinto a bussare per mezz’ora alla porta del suo appartamento e lo stesso motivo che mi aveva spinto ad entrare senza essere invitata. Ed eccolo lì, lo scapolo d’oro, troppo ricco per lavorare, troppo povero per essere felice. Dormiva imprigionato in quei suoi maledetti incubi.

Ed ecco la prova che l’ossessione si era tramutata in malattia dopo che era scaduto l’amore.

“Hermione te lo giuro… borbottava il suo nome nel sogno, borbottava il suo nome ed era terrorizzato. Lo afferrai per le spalle e lo scossi ma non sembrò riscuotersi.

“Draco!” urlai alla fine, scuotendolo con più forza e lui allora spalancò gli occhi.

 

DRACO

 

La prima cosa che vidi aprendo gli occhi fu Ginny che mi fissava con uno sguardo pericolosamente simile a quello di Molly quando fissava gli amati gemelli dello scherzo. Mi diceva qualcosa, magari che dovevo smetterla di farmi seghe e cominciare a trovarmi un lavoro da babbano o da mago.

La osservai, come si fa con le immagini del televisore in mute, la scrutavo per analizzarla. Era affascinante fissarla senza sentirla. La continuai ad osservare con fare critico come facevo oramai da un po’.

I suoi capelli erano sfibrati ma sempre di quel rosso che avevo paragonato a un tramonto e che Hermione aveva tanto preso in giro. Quel rosso intenso che poco si accordava con la pelle pallida che sembrava risplendere, avevo parlato anche di quella in una mia poesia.

Era la sposa più bella che avessi mai visto.

Ora la vedevo e non potevo riconoscerla perché ho capito che anche il dolore, col tempo, si trasforma. Come l’amore e l’amicizia. E Lei era cambiata ancora e nuovamente, o forse non era mai stata diversa da quel giorno e da quelli che li seguirono, solo che adesso non aveva più alcuno ostacolo e la vedevo per quella che era davvero.

Una sposa. Una bellissima sposa. Ma solo una sposa.

“Mi vuoi consumare?” lei aveva capito che non mi interessava quando l’avevo invitata a ballare il giorno delle nozze e le avevo fatto le congratulazioni per aver appena ucciso la sua vita sessuale. Lei aveva riso commentando che almeno lei ne aveva una. Avevo riso anche io e mi ero staccato da lei.

Credevo che la fine di un amore così grande e duraturo come il mio non ricambiato amore per Ginevra sarebbe durato per anni portandosi dietro imbarazzanti silenzi e inviti a cena di amici mancati. Ma non era stato così.

“Temo ci pensi già tuo marito” lei ghignò soddisfatta della mia repentina risposta, finalmente soddisfatta di avermi riscosso dal mio sogno.

“Oh sapessi come è divertente, infatti proprio l’altra sera, era in cucina tutta intenta a pelar le patate quando Harry è arrivato da dietro..”

“E io mi fermo qui, vorrei poter ancora entrare in quella cucina e poter mangiare le tue deliziose patate senza dover pensare a termini come arrivare e da dietro” lei rise di gusto e io mi sentì fiero di esserci riuscito.

“Come siamo maliziosi, credo sia tempo di cambiar acqua al pesciolino”

“Oh Ginny, non è possibile averla vinta con te! Vivere con quattro fratelli maschi ti ha reso una donna davvero abile dei doppi sensi” la sentì nuovamente sogghignare e alzarsi dal divano.

“Forza è ora di andare Sir. Malfoy” scossi il capo e mi alzai, cercando il mio giaccone. Dove diavolo lo avevo messo?

“Passeggiata giornaliera?” annuì, lei, Harry e Ron si davano il cambio ogni giorno per portarmi a cambiar aria, avevo smesso di resistere due settimane prima, rendendomi conto che li rendeva felice. Chi ero io per intristirli?

Dove diavolo era finito il mio giaccone?

“Se stai cercando la giacca è lì sul divano appoggiato allo schienale” disse Ginny le sorrisi grato e sollevai la giacca ma nel farlo mi resi conto che sotto di esso spiccavano quattro piccoli fori anneriti.

“Non ti sarai messo a fumare” sussultò Ginny avvicinandosi al divano, ma io presi a tremare nuovamente. Non erano sigarette spente. Erano stretti fori di dita scheletriche provenienti dall’inferno.

“Andiamocene, subito”

 

EHI TU!

 

Quando ero piccola avevo immaginato tanti avvenimenti diversi che potevano succedervi ma mai avrei creduto di ritrovarmi così. Sbattei ripetutamente la schiena contro la sacchetta nera della spazzatura.

Una sacchetta, anzi due sacchette, come poltrona, mentre fissavo rapita un frammento che doveva appartenere a un vecchio specchio. Riuscivo a osservare una parte del mio viso alla volta.

Decisamente non me l’ero immaginata così la mia vita.

Per un certo periodo della mia vita volevo diventare un esploratrice dei mondi sconosciuti. Immergermi nelle paludi o sparare a creature terribile ma mia mamma aveva bloccato sul nascere quell’ipotesi di vita.

“Non ci sono più terre inesplorate”

Ma madre, non sappiamo con certezza se ci sono terre inesplorate o meno se nessuno le ha mai esplorate”

“E’ così e basta” non si poteva dire che sua madre non avesse il dono della sintesi, la democrazia soffriva di gravi mancanze effettivamente.

E così si era dovuta trovare un'altra vita da vivere ma nessuna di quelle che poteva seguire l’attirava. Voleva arrampicarsi sulle montagne più alte del mondo o inabissarsi negli oceani più neri. Voleva conoscere i nomi di tutte le stelle e sapere il cognome di tutte le piante.

“E’ sciocco” la rimbottava sua madre “Finirai come una fallita e io non muoverò un dito per fermarti nel tuo tracollo” ed effettivamente mentre la vita sceglieva per lei questa strada così poco edificante, sua madre non aveva mosso un dito. Certo era momentaneamente occupata ad essere morta però avrebbe potuto indicarle la strada desiderata prima.

“Ehi tu, passami quella sacca” mi voltai stancamente e tenendo lo specchietto in equilibrio con la mano destra avevo afferrato la sacca e l’avevo tirata a quello che mi stava quasi di fronte.

L’amico di quello che mi stava di fronte approfittando della mia disattenzione aveva afferrato il mio specchietto.

Ridammelo” avevo urlato scioccata, non era mio, niente in quel posto e con quella gente mi apparteneva se non quella vita che non mi ero scelta.

“Ehi tu, stà zitta che qui si cerca di dormire” aveva risposto quello a cui avevo passato la sacca che aveva sbattuto sotto la guancia e aveva chiuso gli occhi.

No, non avrei mai scelto da sola la strada della barbona ma era l’unica cosa che mi rimaneva prima di togliermi la vita in modo definitivo. Quella e lo specchietto.

Il mio nome non contava più, mi avevano ribattezzato Ehi tu, se avessi passato con loro almeno un anno avrei avuto l’onore di poter scegliere un sopranome e se mi andava proprio bene avrei avuto un posto fisso dove poter dormire nella spazzatura.

No, non era quella la vita che sognavo da bambina.

“Tienitelo il tuo specchietto del cazzo, tanto non funziona” lo riafferrai subito, indispettita. Il mio specchietto non aveva niente che non andava.

“Sei tu che non sai come si usa” avevo replicato continuando a stringerlo al petto.

“Eh tu, io so cosa dico,” poi aveva dato una spinta a quello che provava a dormire con la sacco sotto al mento “Frank” ah! Il privilegio di un nome proprio di persona lo prendevi dopo i tre anni “Frank, io non ho gli occhi chiari?” Frank aveva alzato la faccia dalla sacca per lanciare uno sguardo truce al ladro di specchietti.

“Naso a pippa hai degli stramaledetti occhi chiari ma cosa cazzo mi svegli a fare per chiedermi dei tuoi occhi” sbuffò sonoramente e si lasciò cadere sulla sacca per poi mollare una pedata a Naso a pippa che aveva osato il sacrilegio.

“Ehi tu, hai sentito? Io ho gli occhi chiari” e si alzò per dirigersi al suo di posto, più in disparte, e ora mi dava le spalle.

“Bravo”  risposi sarcastica

Se guardi invece nello specchietto vedi invece degli occhi neri” lo fissai scioccata, occhi neri? Occhi neri nello specchietto? Cominciai a tremare, lo specchietto era proprio sopra il mio cuore e ora?

Tremando lentamente lo staccai da lì e fissai il frammento con sguardo timoroso. Possibile che Naso a pippa avesse trovato dell’alcool e fosse ubriaco? Poi fissai meglio lo specchietto e sbiancai.

No, Naso a pippa non era ubriaco.

“Buonasera Signorina da quanto tempo”

 

 

DRACO

 

Passai un bel pomeriggio con Ginny, era piacevole girare per i parchi e incontrare babbani ignari o maghi più che consapevoli di incrociare Sir. Malfoy e la Signora Potter.

Dopo la passeggiata Ginny mi costrinse ad andare a cena da loro, quando finalmente mi piegai alle sue insistenze informò subito Harry che fu un gravissimo errore.

Harry quando arrivammo a casa era attorniato non solo da Ron, Lavanda e annessa famiglia come mi ero arreso a pensare, ma da almeno un’altra ventina di persone, di cui sei erano sicuramente ragazze single e in cerca di marito.

In quel momento pensai di poter concludere il lavoro cominciato da un certo tizio senza naso, ma non volli rendere vedova Ginny prima del tempo così sorrisi forzatamente e gli strinsi in modo energico la mano me l’avrebbe pagata cara.

Tre ore, e quattro ragazze respinte più o meno sensibilmente, dopo varcai la porta del mio appartamento. Era notte fonda e mi appariva modificato in qualcosa.

Mi chiusi la porta alle spalle e feci un passo in avanti verso il piccolo salottino.

In che cosa era mutato quel dannato appartamento?

L’odore.

Dolce e amaro insieme saturava l’aria.

Ma cosa diavolo...

L’abajur si illuminò all’improvviso, costringendo il mio cuore ad uno spasmo e i miei piedi a balzare all’indietro facendo sbattere dolorosamente il mio polpaccio contro il tavolino in ferro e vetro che fremette.

La luce si diffuse per la stanza rompendo la quiete e l’ignoranza che le tenebre avevano coperto e mi ritrovai a fissare nuovamente il mio incubo.

Il salotto era perfettamente ordinato tranne che per due piccoli particolari. Il primo era il maledetto specchio senza più la protezione del drappo e la seconda era naturalmente lei. Mi voltai in cerca del secondo incubo ma non lo trovai. Peccato stasera mi sentivo di buon cuore, avrei offerto da bere per tutti!

Clap, Clap
un rumore basso intervallato da un rumore di vetro scocco
. Due occhi lucidi ma perfettamente allenati per scorgere anche il più piccolo movimento. Dannazione ogni volta che la vedevo quei dannati occhi erano sempre più belli e gelidi.

“Cosa ci fai tu qui?” forse anche lei si stava stancando di sentirmi ripetere quella frase tutte le volte.

Seduta sulla poltrona, sguardo affilato e mani congiunte che stringevano una bottiglia, sedeva un Hermione Granger molto differente da quella del pomeriggio. Sembrava la stessa che avevo dimenticato a scuola, qualche tempo fa.

Ma bravo ti ricordi di me” posò la bottiglia sul tavolino dove era la lampada, il mio tavolino di legno di frassino da poco ritirato dall’antiquario e divaricò le braccia facendo segno a qualcuno, mi fissai intorno per vedere anche lui, ma lui sembrava non esserci… ancora.

Poi le richiuse d’improvviso in modo che le mani battessero fra loro, in un terzo derisorio applauso.

“Signori applaudite al mio caro amico!” la voce si trascinava lenta, strascicata come se l’incubo stavolta non avesse la sua solita voce ad effetto ma che avesse ingogliato qualcosa che la facesse biascicare. Afferrò nuovamente la bottiglia e bevve avida come faceva Barty Crouch Jr. quando si era infiltrato nella scuola al Torneo Tre Maghi per uccidere Harry. Ma non era Pozione Polisucco, mi ritrovai ad arricciare il naso, si sentiva una forte puzza di vino rosso tendente all’aceto, vino di pessima qualità.

“Applaudite a Draco, come ti chiami? Si ora ricordo, Lucius Malfoy, un ex mezzosangue imbranato che io ho reso bello, elegante e spregiudicato!” gli incubi non avevano mai parlato così, cosa cavolo avevo mangiato stasera e dove cazzo mi ero addormentato? Sperai di non trovarmi nessuna di quelle ragazze al fianco la mattina dopo.

Pausa ad effetto, o solo per bere ancora.

“Applaudite a questo Assassino che mi ha consegnato al mio Carnefice per poi correre ad aiutare la gente che lo aveva sempre disprezzato. Voi. E adesso passeggia per i parchi londinesi e lo chiamano Sir. Passeggia per i parchi londinesi con la sua amante e novella sposa di Potter. La sua Ginevra dai capelli di tramonto” no, decisamente nessuno incubo che avevo mai fatto era così dannatamente reale come quello che stavo facendo ora. Quell’Hermione sembrava proprio Hermione. Non osai crederlo, la prima volta ero corso ad abbracciarla per poi trovarmi davanti il niente.

Fece un’altra pausa per bere.

Se sei qui, non sono un assassino” risposi all’improvviso folgorato, volevo che continuasse quel maledetto incubo, era il più veritiero che avevo mai fatto.

“Se fosse per te, sarei carbonizzata o comunque cotta a puntino come lo scheletro che hai visto nel tuo incubo oggi pomeriggio” la fissai sconvolto, ora facevo anche incubi in serie? Non era mai successo nemmeno quello, segui la corrente Draco, continuiamo questo maledetto incubo.

E allora chi devo ringraziare per il fatto che sei ancora viva?” lei mi ghignò in faccia, quella bellissima bocca, in questo maledetto incubo, era come la ricordavo, con quelle labbra dischiuse in un sorriso velenoso.

“Oh devi ringraziare il Signor. Black naturalmente!” come chiamato apparve la sua figura allampanata all’interno del riquadro e mi sorrise con quel sorrisino malizioso che mi metteva i brividi.

Joe? Che cosa sta succedendo?”

“Oh la signorina non dice il falso. Sono stato io a salvarla dal Bagno dei Prefetti” lo fissai con la bocca aperta. Eravamo ancora nella mia testa? Oddio.

“E il Signorino?” chiesi senza fiato e mi beccai un occhiata omicida dalla fu signorina Granger.

“Non lo meritava” rispose Hermione

“Non ho fatto a tempo” rispose Joe.

Ok stavo decisamente impazzendo, forse era meglio far compagnia al mio incubo e versarmi un po’ di whisky, mi avvicinai al mobiletto dei liquori e presi la bottiglia, la studiai attentamente stringendo il bicchiere di cristallo e lo posai nuovamente sulla mensola. Svitai la bottiglia e ingurgitai un sorso. E tornai al centro del soggiorno, continuando a stringere il whisky nella mano sinistra.

“Va bene, fatemi capire come Lei” indicai Hermione che continuava seduta sulla mia poltrona a sorseggiare la bottiglia di vino senza controllare i sorsi e alcune gocce cadevano sulla mia poltrona macchiandola. Una fortuna che fosse tutto un dannato sogno. “ si è salvata da quell’inferno e come Lei” stavolta indicai l’immagine dello specchio “l’ha miracolosamente salvata.

“Oh, niente di miracoloso Sir, ero in un angolo del Bagno totalmente alla mercè di quel pazzo e mi sono voltata a fissare uno specchio che era sulla mia destra, mi sono detta Meraviglioso, morirò guardandomi allo specchio! Ma all’improvviso sono sbucate due mani e mi hanno tirato fuori dall’inferno e mi sono ritrovata nella mia stanza. Il Signor. Black mi ha curato dalle ferite e da alcune bruciature e poi mi ha trasportato attraverso il mio specchio in quello di casa mia. Ho preso alcune cose e poi sono passata per la tua soffitta per poi rifugiarmi in un posto sicuro. Sgranai gli occhi chiedendomi come la mia mente fosse arrivata a fare delle ipotesi così fantasiose e a farle partorire alle labbra fallaci di quella bambola delle fattezze di Hermione.

E tu lo sapevi Joe?”

“Certo Signorino, le ho fatte insieme con lei queste cose”

Ma tu eri tanto contrariato che l’avessi uccisa”

“Non ho mai detto di essere contrariato per averla uccisa, bensì per il suo comportamento nei suoi confronti” spalancai la bocca, uno psicologo avrebbe detto che questo incubo era la mia reazione al lutto ma mi sentivo davvero spiazzato.

Hermione sorseggiò ancora dalla bottiglia prima di lasciarla cadere, ci fissavamo e la bottiglia crollava lentamente verso il mio tappeto, i suoi occhi con quello sguardo di sfida. Mi mancava quella lotta continua, mi mancavano le sue parole crudeli e la sua voglia di sfidare la vita. Non credevo di poterlo dire ma lei mi mancava.

La bottiglia si infranse sul pavimento, spalancai maggiormente gli occhi ma non mi svegliai. Perché Hermione rimase seduta lì dov’era a fissarmi con quello sguardo soddisfatto di una bambina dispettosa.

Non mi importava più interrompere quel sogno, feci pochi passi e le fui di fronte.

Smettila Granger, non sei a scuola, non sei più la regina, non sei più nemmeno una purosangue. Non sei più nulla” Hermione si alzò dalla mia poltrona, riuscendomi a non sfiorare e alzò il suo sguardo su di me. Anche ora che era in piedi e cercava di mantenere un certo contegno costretta com’era ad allungare il collo per potermi guardare in viso. Era, infatti,più bassa di me di una decina di centimetri. La vidi fremere e quasi ringhiò.

“Sarò sempre più di te, sangue o non sangue, io resto sempre una strega migliore di te” aveva ancora quell’espressione orgogliosa che le ricordavo sul viso e malgrado il pungente odore di vino sentivo ancora quel suo odore di donna che mi aveva sempre mandato in confusione. E lo ero anche adesso, quel sogno doveva finire.

“Sei soltanto una donna morta” la sua espressione divenne di fuoco e i suoi incisivi pungolarono il labbro inferiore poi fece qualcosa che non potevo credere fosse possibile: mi colpì con uno schiaffo.

“Questo lo può fare una donna morta?” intrappolai la sua mano fra le mie, il bruciore lo avevo già dimenticato preso com’ero dallo stupore che quella donna piombata nel mio appartamento stava producendo su di me.

Scossi la testa totalmente asservito a quello sguardo così caldo. La mano che stringeva la sua divenne improvvisamente di fuoco e l’elettricità passò attraverso le mie mani.

“Credi che una donna morta possa fare questo” avvicinò il suo viso al mio e vi posò le labbra, erano bellissime e sentì qualcosa spezzarsi mentre che le mie mani la stringevano intensamente.

Non esisteva più il tempo, non esisteva più lo spazio e insieme esistevano ancora, più ingombranti di prima come il tavolino dove mi fece sbattere la mezzosangue o la poltrona dove io la feci risedere, lei rise e io mi ritrovai a ridacchiare.

Era davvero viva e mi voleva ancora.

Le presi la mano delicatamente e la feci alzare dalla poltrona, ricordavo ancora quello che mi aveva detto la prima volta, sembrava passata un’eternità da quella notte.

“Mi concedi questo ballo?” lei sorrise consapevole della mia frase ma scosse piano la testa.

“Non c’è la musica e non ho le scarpe adatte” le sorrisi ancora mi sentivo un idiota a sorridere così tanto, non lo facevo davvero da troppo tempo.

“Non importa” la avvicinai al mio corpo e la strinsi ancora “la musica può stare nella tua testa e le scarpe…nemmeno io ho quelle adatte” la sentì ridere sul mio petto e le sue mani strusciare lungo le mie spalle a cingermi la vita.

Era bello il mondo…

 “Oh Hermione, la mia Hermione Granger” lei si bloccò nell’atto di restituire il bacio e mi chiesi cosa le avessi detto di sbagliato.

“Hermione Granger è morta” la fissai allarmato e strinsi la sua vita sottile, non volevo vederla sparire nuovamente, maledissi la mia mente annebbiata.

“Tu hai detto…” lei scosse ancora il capo.

“Io ti ho detto che non sono una donna morta ma non ti ho detto che Hermione Granger, non lo sai? Hanno celebrato il mio funerale un mese e mezzo fa” si allontanò da me e incrociò le mani sul petto, aveva il viso pensoso e notai una stanchezza nuova.

“Allora tu chi sei?” lei si voltò nuovamente a guardare, aveva gli occhi di cristallo tanto erano sottili e facili al pianto. Il silenzio ricadde piano.

“Non lo so” era un mugugno, una preghiera, mi sembrava così fragile e così poco cattiva che mi chiesi se lo fosse mai stata realmente.

“Nemmeno io” si avvicinò nuovamente a me e riprese a baciarmi con un trasporto tutto nuovo e io non era da meno. Un trasporto così intenso che lo si poteva definire disperazione e bisogno estremo di un’anima in cui versare il proprio tormento fino a perdersi per poi ritrovarsi insieme. Due punti interrogativi in quel mondo di punti esclamativi.

Due incognite in un mondo di certezze.

“Che cosa mi hai fatto mezzosangue?”  eravamo nella mia stanza da letto e io non sapevo nemmeno come ci eravamo arrivati, potevamo anche esserci materializzati al suo interno. La fissai intensamente, la stanza aveva smesso di girare e anche lei mi fissava di rimando guardandomi intensamente poi feci qualcosa che non avevo mai fatto; presi l’iniziativa.

Strinsi le mani a coppa sulle sue guance e la cominciai a baciare, sentì le sue piccole mani artigliarmi le spalle per poi accarezzarmi tutta la schiena.

Le mie mani scesero sulle sue spalle e le spinsi via il capotto che rotolò a terra. Lei mi fissò nuovamente con quegli occhi maledettamente affascinati e che mi erano tanto mancati.

“Dimmi cosa mi hai fatto … Dimmelo!” era un ordine? Non lo sapevo, la voce con cui l’avevo pronunciato non la si poteva definire una voce imperiosa. Sembrava quasi che la stessi implorando, ma di fare cosa? Rompere l’incantesimo o continuare e dannarmi per la vita.

“Non lo so” tartagliò Hermione.

La stavo spogliando? Ero davvero io?

“Te lo dico io piccola strega…” ma me ne rimasi in silenzio, come inebetito, le avevo tolto tutti i vestiti e ora la contemplavo nuda, mia…almeno per le prossime ore. E all’alba? Mi avrebbe cacciato di nuovo in malo modo?

E che tipo di vita insieme avremmo mai potuto condurre insieme?

Nascosta nel mio appartamento perché per tutto il resto del Mondo Magico era considerata morta. Morta per causa mia.

Eppure lei era nel mio appartamento, continuava a volere me, ritta con quello sguardo preoccupato negli occhi mentre i miei occhi la fissavano con ansia.

“E’ follia?” provò a dire vedendo che non continuavo a parlare.

Lei era lì per me, pronta a giacere con l’assassino e il ladro della sua identità, le dovevo un minimo di sincerità, sospirai lentamente e mi avvicinai nuovamente a lei, non volevo che la mia piccola volpe si raffreddasse.

“Peggio” aggiunsi, gli occhi che ammiravano ciò che le mani volevano toccare, ma continuavo a rimanermene immobile, le mani lungo i fianchi che non la sfioravano, continuando a fissare il suo corpo.

Meritava le parole che stavo per dirle? Fissai il suo viso; l’espressione esasperata, poi sorpresa e dopo confusa. Gli occhi liquidi di desiderio trattenuto. Le labbra socchiuse come preparata al rifiuto.

“E’ amore” risposi in fine, uscito sconfitto dalla mia battaglia interiore.

Ero totalmente e incondizionatamente innamorato di lei ma di quegli amori che non rendono felici perché sono al di là della gioia e del dolore, sono così, protesi verso il sublime, verso l’immensamente bello e contemporaneamente l’enormemente brutto.

Io l’amavo non c’era da aggiungere nient’altro.

 

Fine

 

Ed eccomi giunta alla fine, non è l’ultimo capitolo, fra due settimane da oggi pubblicherò l’epilogo di questa storia. È sempre triste dire “addio” ad un racconto, i personaggi continuano a vivere intorno a me e dare una vera e propria fine non è mai stato il mio forte.

Questa lettura, chi di voi è riuscita a compierla dall’inizio alla fine è figlia di una riflessione psico – sociale che divide gli addetti ai lavori da molti anni.

La personalità di un individuo come si crea?
Una persona “cattiva” è cattiva perché non ne può fare a meno o per quello che gli si crea attorno, il suo backgraund, i suoi rapporti.

Il titolo “Bad Girl – Cattive compagnie” racchiude un’ambiguità di forma.

La cattiva compagnia chi è? Hermione per Draco o il contrario?

Vi lascio questa domande, sperando in una considerazione finale di tutti coloro che hanno letto questa storia.

 

Note

 

1. La citazione è di Alessandro Baricco

 

2. Nugae è il nome della raccolta di poesia di un autore latino, Catullo, dedica interamente all’amore. Con questo termine i latini indicavano le “sciocchezze”. L’amore per i Romani naturalmente era una sciocchezza che rendeva l’uomo debole e non più degno del genere maschile.

 

3. Il nome di Benijamin o Benjamin, entrambi vengono utilizzati per Beniamino è il vero nome di Joe Black, qui figlio dell’inquietante proprietario di Magie Sinistre, personaggio della Rowling. Ma sia Benijamin che Joe sono invece personaggi di fantasia: la mia.

4. Avvinti nella morte come non lo erano mai stati nella vita. Frase che sovente la si trova come iscrizione funebre. Non mi sono riferita ad una in particolare ma sicuramente questa ricalca qualche più simile iscrizione tombale.

 

5. “No, Malfoy, non era una stupida la nostra piccola. Sapeva quel che voleva. Solamente voleva delle cose impossibili” citazione più o meno colta fregata a una pagina di Facebook, che ringrazio, cercate: A Midsummer Night’s dream.

 

L’Epilogo sarà on line il giorno 14 Novembre 2011

 

Martina

  
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