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Autore: Serpedoro    04/07/2006    7 recensioni
Ci sono persone in grado di gioire della felicità altrui come se fosse la loro.
Persone che hanno una generosità d’animo tale, da essere capaci di condividere le attenzioni che sono loro di diritto con qualcun altro ed esserne contente. Che abbia il loro stesso sangue a scorrergli nelle vene o meno. Incapaci di vedere la sostanziale differenza che sussiste tra l’affinità elettiva e il vincolo parentale.
Mio fratello non è fra queste persone.
Non lo è mai stato e per quanto si sforzi di adeguarsi, o di seguire queste persone, non lo sarà mai.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Regulus Black
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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I miei omaggi gente!
Dopo la bellezza di due mesi d’assenza, rieccomi qui! Lo so, avevate sperato fortemente che questo momento non arrivasse mai e invece…
Prima che vi gettiate a capofitto nella lettura di questa nuova storia che, come sempre nel mio stile, è l’emblema dell’allegria, della gioia e del happy ending…
… ehm… ¬_¬
Ok, la pianto.
Dicevo, prima di leggere la storia, eccovi le solite noticine personali di rito.
Un grazie particolare quindi a coloro che hanno letto e una gratitudine immensa a chi ha addirittura recensito“Oltre ogni cosa”: la storia che mi ha fatto perdere il saluto di James. ç_ç Per cui in piedi gente! E prodigatevi in un’ola da stadio per Ellie, mike, alechka e Joy!
Sono felice che nonostante tutto la storia ti sia piaciuta Ellie e mi auguro che poi ti sia ripresa in tempi brevi dallo shock! Io per conto mio, da quando l’ho postata, ho relegato quella storia in un angolino disperso del mio computer. Non escludo un giorno di arrivare addirittura a rinnegarne la maternità. Chissà che James non torni a rivolgermi la parola…
Quanto a mike, alechka e Joy… Beh, ragazze, sarei persa senza di voi!
Siete il mio sostegno, il mio supporto… mi raccomando, non ritirate gli assegni tutte insieme altrimenti mi mandate nuovamente in rosso, e poi come faccio a camuffare un'altra assenza così lunga ora che il sito funziona?!
Scherzi a parte, sarei davvero persa senza di voi. Siete splendide *-*
Donc! Se dopo tutto ciò è ancora miracolosamente rimasto qualcuno, allora non mi resta che augurare come sempre a questi temerari “Buona lettura!” ^-^












Ci sono persone in grado di gioire della felicità altrui come se fosse la loro.
Persone che hanno una generosità d’animo tale, da essere capaci di condividere le attenzioni che sono loro di diritto con qualcun altro ed esserne contente. Che abbia il loro stesso sangue a scorrergli nelle vene o meno. Incapaci di vedere la sostanziale differenza che sussiste tra l’affinità elettiva e il vincolo parentale.
Mio fratello non è fra queste persone.
Non lo è mai stato e per quanto si sforzi di adeguarsi, o di seguire queste persone, non lo sarà mai.

Avevo quattro anni, e lui otto, quando mi disse per la prima volta che mi odiava.
Non avevo neanche la più pallida idea allora di che cosa significasse odiare qualcuno, ma dalla sua espressione, dal suo tono e dalla violenza con cui me lo disse, capii all’istante che doveva essere qualcosa di terribile.
Spaventato dalle possibili conseguenze, tentai immediatamente di scusarmi. Ottenni solo uno spintone.
Caddi per terra e rimasi lì, piangendo a dirotto, mentre lui se ne andava di gran carriera continuando ad inveire contro di me.
Avevo rotto il suo set di gobbiglie.
Buffo a pensarci ora, ma dopo quel giorno, quella è stata l’unica cosa sua che abbia rotto involontariamente.
Singhiozzavo disperato, certo di star piangendo tutte le mie lacrime… come solo un bambino può illudersi di poter fare…
Non erano i rimproveri da parte dei nostri genitori che mi spaventavano, mio fratello mi odiava e cosa poteva esserci di peggio?
Attirata dal mio pianto, mamma giunse nella nursery e non appena mi vide, mi prese in braccio tenendomi stretto e cullandomi consolatoria.
Mi chiese che cosa fosse accaduto e io le raccontai il gravissimo torto che avevo commesso.
Allora non potevo certamente rendermene conto, ma Sirius non era furibondo perché avevo distrutto il suo set di gobbiglie, era furibondo perché avevo distrutto la sua vita e il set di gobbiglie non era altro che la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.
Un vaso che oscillava pericolosamente da quando ero nato, spargendo acqua su acqua a destra e a manca.
Sirius non era più l’erede maschio della nostra famiglia, il piccolo di casa al quale elargire coccole e vezzi.
Con la mia nascita era diventato automaticamente “il grande”, quello che doveva fungere da irreprensibile esempio.
Ed ero io quello che veniva preso in braccio quando si andava a fare una passeggiata, mia la fetta di torta che aveva sopra la ciliegia candita, mie le attenzioni di coloro che si recavano in visita a casa…
Lei doveva avere cognizione di tutto questo e forse aveva sperato che Sirius sarebbe riuscito a superare la cosa col tempo, o che perlomeno sarebbe riuscito a trattenersi finchè fossi stato un po’ più grande, ma certamente sapeva che le parole che mio fratello mi aveva rivolto, non erano semplicemente il frutto di uno scatto di rabbia.
Facendo buon viso a cattivo gioco, mi fece saltare sulle sue ginocchia, sorridendo rassicurante, e mi disse che non avevo assolutamente nulla da temere e che sì, l’odio poteva essere una brutta cosa, ma che poteva somigliare molto anche all’amore talvolta e che Sirius non era bravo a gestire le proprie emozioni; in più, se Sirius non avesse tenuto realmente a me, non si sarebbe mai arrabbiato così tanto…
Sembrava così sincera mentre mi spiegava ciò che era successo e poi… era mia madre. Come avrei potuto non crederle?

Generalmente Sirius tendeva ad ignorarmi e ci riusciva davvero bene.
Un paio di volte ebbi addirittura delle crisi isteriche, temendo di essere diventato invisibile, ma dopo quel fatidico giorno, dopo le parole di nostra madre, mi convinsi che quel suo essere tanto scostante e irritato non era dovuto ad altro che all’incapacità di gestire il suo affetto nei miei confronti e se dargli il tormento era il solo modo per indurlo a dimostrarmi che ero importante per lui, allora non avrebbe avuto pace.
Imparai in fretta quali erano gli argomenti e gli oggetti che bastava sfiorare appena per rendere Sirius pazzo di rabbia e cominciai a sfruttarli senza esitazione, continuando a tormentarlo finchè non reagiva.
Divenni talmente bravo in questo che anche le reazioni di Sirius cambiarono di intensità, ma a me non importava.
Stavo di gran lunga peggio quando riusciva a mantenere il controllo, che quando mi buttava a terra o mi dava un pugno.
Se penso alla gioia con cui accolsi le sue prime, spontanee rappresaglie nei miei confronti…
Ero un bambino veramente patetico, non c’è che dire.
Soprattutto perché, preso dal sacro fuoco della mia missione, ignorai completamente il cambio d’atteggiamento di mamma e papà, per cui se io angariavo Sirius ero piccolo e se Sirius angariava me era un caratteriale.
E non starò lì a pontificare su come i nostri genitori abbiano gestito nel peggior modo possibile la situazione, perché se avessero difeso Sirius e non me, forse le cose avrebbero seguito lo stesso identico corso, solo al contrario.
Le circostanze di per sé non erano rosee, ma io riuscii a peggiorarle, vedendo la disparità fra noi come un possibile punto di incontro, un’occasione da sfruttare.
Qualora Sirius avesse ceduto, mi sarei schierato a bacchetta tratta dalla sua parte e insieme avremmo osteggiato i nostri genitori e nulla avrebbe potuto sciogliere un simile legame! Un piano davvero brillante… peccato solo che Sirius fosse terribilmente orgoglioso e che non abbia mai ceduto neanche per sbaglio davanti ai nostri genitori.
Almeno per se stesso…

Immagino che la partenza per Hogwarts costituì una vera e propria liberazione per lui, ma per me fu un colpo durissimo.
Dieci mesi lontani.
E nonostante le insistenze, le richieste e le minacce da parte dei nostri genitori, Sirius si rifiutò categoricamente di tornare per le vacanze di Natale e quelle di Pasqua.
Dieci mesi…
In cui lui cominciò a crearsi una nuova vita e a farsi delle amicizie che avrebbero rimpiazzato la nostra famiglia… e in cui io languii nella folle speranza di ricevere qualche riga da lui, fosse anche solo una dove mi scherniva dicendo “adesso che non ti ho più fra i piedi, tutto mi sembra più bello”.
Ovviamente nulla arrivò mai e quando Sirius tornò, trovò la sua camera in pezzi.
Tutto ciò che avesse avuto per lui un valore era finito sotto le mie abili manine e poco importò che papà, dopo la dèfaillance iniziale, avesse aggiustato ogni cosa con un Reparo, o che gli elfi domestici avessero rimesso prontamente a posto ogni cosa: quel che gli avevo fatto restava.
Aspettai l’inevitabile scoppio che mi ripagasse del male di quelle balorde speranze deluse, ma mi scoccò solo uno sguardo di disprezzo, dopodichè si isolò in camera sua.
Un anno di magia e la bacchetta che non abbandonava mai lo resero inavvicinabile per me.
Frustrato dall’impossibilità di avere il benchè minimo contatto, e avendo ormai mutato la maggior parte dei miei buoni propositi in ripicca, per la prima volta in tutti quegli anni feci realmente caso alle parole dei nostri genitori.
Non avevano gradito la collocazione di Sirius a Grifondoro, così come non gradivano i proprietari dei gufi che piombavano quasi ogni mattina in casa recandogli lettere.
Mezzosangue e babbanofili
Senza avere una perfetta cognizione degli uni e degli altri, cominciai a sputare veleno su entrambi e decisi che avrei fatto qualsiasi cosa per essere smistato a Serpeverde.
Credo che il mio atteggiamento nei confronti dei nostri genitori, in quel periodo, si possa definire solo col termine di piaggeria e fu obiettivamente nauseante il modo in cui calcai la mano in tal senso, quando mi accorsi di quanto incidevano su Sirius i paragoni che mamma e papà facevano fra noi.
Tuttavia, una piccola, recidiva, parte di me, che ancora credeva fermamente che io e Sirius potessimo diventare indivisibili, si rallegrò delle sue reazioni violente e delle sue urla… ma vacillò di fronte a quelle lacrime che tentava di trattenere fino all’ultimo.
Perché Sirius non aveva mai fatto così né per sè, né per me, ma non sopportava che si gettasse fango sui suoi amici e l’estate durava sempre troppo poco, perché potessi comprendere appieno la portata di ciò che avevano creato tutti quei mesi di distanza.
Quando ricevetti anch’io la lettera da Hogwarts, pensai che sarebbe tornato tutto come quand’eravamo bambini e che magari, le cose si sarebbero finalmente sistemate fra noi.
Alla fine della cena, il giorno del mio Smistamento, lo cercai con gli occhi e quando mi ignorò, diedi il peggio di me in attesa della solita reazione.
Sirius aveva già il piede sul primo gradino della scalinata per salire alla sua Torre quando fece per voltarsi, ma non arrivò mai a guardarmi.
Un ragazzo coi capelli castani gli poggiò una mano sul braccio scuotendo la testa, come a dirgli che non ne valeva la pena, mentre un altro, dai capelli corvini e con dei ridicoli occhiali, gli cinse le spalle con un braccio trascinandolo via da me.
I suoi amici… coloro che avevano preso il posto che avrebbe dovuto essere mio…
Non erano nemmeno giunti alla fine della rampa quando sentii la sua risata, ed era una risata autentica, sentita.
Non ricordava già più, non gli importava già più…
Odiai quei due con tutte le mie forze, con tutto me stesso, come non mi era mai capitato… e fu in quel momento che la verità di ciò che avevo fatto mi colpì come un fulmine.

Da quel giorno, per gli anni in cui rimanemmo entrambi a Hogwarts, io e Sirius abbiamo litigato e ci siamo picchiati e affatturati spesso, almeno una volta alla settimana.
Chiaramente non speravo più in un bel niente, ma avevo ancora bisogno di un legame con lui e quelle, erano le uniche cose che potessi ottenere ormai.
Veramente patetico… nonchè “idiota”, come amava ripetermi spesso.
Agire in funzione di un’altra persona è uno sbaglio. E agire in funzione dell’affetto di una persona quando hai passato la vita a coltivare il suo odio è follia.
Qualcosa di controproducente in ogni caso.
Ma in coscienza non posso dire nulla su ciò che è successo. Perché dal momento in cui la McGranitt mi calò quel cencio sulla testa, ho sempre deciso io del mio destino…

« Il padrone aveva detto a Kreacher di avvisarlo »

Mi volto a guardare la soglia, evidentemente è già ora… « Sì. Devo assentarmi per un giorno intero »
« Il padrone desidera che Kreacher gli prepari un bagaglio leggero? »
« Non ho bisogno di alcun bagaglio, ma non posso essere solo nel posto dove sto andando e voglio che tu venga con me »
« Kreacher è onorato di poter accompagnare il padrone » dice, prodigandosi in uno di quei suoi inchini talmente profondi da fargli sfiorare il pavimento con la faccia.
Vorrei dirgli che non ha alcun motivo per sentirsi onorato dalla mia richiesta, ma il concetto di sfruttamento è qualcosa di impossibile da inculcare nella mente di un elfo domestico, per cui non ha importanza.
Rigiro fra le dita il medaglione che ho comprato in una gioielleria babbana di High Street Kensington.
È d’oro ed è davvero dozzinale, ma è giusto che sia così. Ha un suo perché che sia così
Chiamiamolo pure “trauma infantile”, ma non tollero che mi si menta e se devo cadere definitivamente a fondo, allora non sarò solo.

Sto per diventare il modello di virtù che i miei hanno sempre cianciato che fossi, sebbene non sia esattamente quello che avevano in mente… Ma dato che a parte il diretto interessato nessun altro saprà mai ciò che mi appresto a fare, anche questo non ha più molta importanza credo…

« Andiamo Kreacher »

È finito il tempo in cui vivevo solo per avere un minimo di attenzione.






  
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